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Ministeri? Tutto questo caos per spostare una classe di liceali!


 Un appello al sindaco di Roma, Gianni Alemanno e al presidente della Regione Lazio, Renata Polverini: possiamo smetterla con questa sceneggiata sullo spostamento dei ministeri da Roma? Sono giorni che entrambi alzate i toni su questa battaglia epica. “Giù le mani da Roma, i ministeri non si toccano…”, e facezie simili in piena campagna elettorale. Per carità, quando perfino un ex capo dello Stato come Carlo Azeglio Ciampi, grida alla secessione e mette in guardia per un “colpo all’unità di Italia”, tutto diventa possibile. Ciampi ha la sua età e dopo una vita gli si può perdonare tutto. Ma Alemanno e la Polverini sono giovani e intelligenti e al di là delle opportunità o meno in piena campagna elettorale di fare sgambetti ogni giorno nel centrodestra, dovrebbero conoscere le reali dimensioni del problema. La Lega- forse per motivi elettorali, forse anche con qualche ragione- vorrebbe trasferire a Milano i due ministeri simbolo della loro battaglia: quello sul federalismo-riforme istituzionali guidato da Umberto Bossi e quello sulla semplificazione normativa guidato da Roberto Calderoli. Si può condividere o meno la proposta, certo, ma farne un drammone non è da persone sensate. Quei due ministeri sono senza portafoglio, e quasi non esistono. La dimensione del problema è se trasferire o meno due classi di un liceo: 30 persone oggi guidate da Calderoli e 32 persone guidate da Bossi. La classe di Calderoli per altro è composta da 19 collaboratori di sua fiducia che si è portato il ministro e da 11 dipendenti veri e propri del ministero. Quella di Bossi da 15 collaboratori di fiducia e da 17 addetti del dipartimento. Quindi per la pianta organica il problema riguarda solo una classe: 28 dipendenti ministeriali. Una parte comunque dovrebbe restare a Roma per il coordinamento con la presidenza del Consiglio. Quindi tutto il problema sarebbe se spostare o meno da Roma a Milano venti ministeriali. Il budget complessivo gestito da Bossi e Calderoli è inferiore ai 3,5 milioni di euro: una goccia nel bilancio di palazzo Chigi. E’ un problema che sembrerebbe irrilevante per un consiglio circoscrizionale. E’ possibile che il sindaco della capitale di Italia e il presidente di una regione fra le più importanti facciano di queste venti persone un caso mondiale danneggiando apertamente il centrodestra nel ballottaggio a Milano? Vale davvero la pena per così poco? E se i cittadini vedono questa gran cagnara per problemi così piccoli, che idea mai possono farsi della politica? Sindaco e presidente della Regione, chiudiamola qui con la querelle sulla classe liceale da spostare o meno a Milano. Ci sono ben altri problemi in città da risolvere  e affrontare.

Il titolo del Giornale contro Tremonti? L'ha fatto Berlusconi. Parola di Verdini



C’è una parola proibita giovedì mattina alla Camera dei deputati: Giulio Tremonti. E’ una parola magica per fare chiudere a doppia mandata tutte le porte. Eppure in aula si parla proprio di lui: stanno discutendo e votando il Documento di economia e finanza (Def) che porta la firma del ministro dell’Economia insieme a quella del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Nessuno dei due autori però appare a Montecitorio. E l’assenza, in un momento così, più che parlare grida. Ma quel nome ieri era vietato farlo. Proibitissimo nelle fila del pdl. Chi si avvicina a Marco Milanese, deputato campano e primo assistente del ministro dell’Economia sente sibilare una sola frase: “E’ nero, nerissimo”. Tutti capiscono, e vanno al titolo sulla prima pagina del Giornale di ieri, “Tremonti aizza la Lega”. Ma perfino lui il nome del ministro non lo pronuncia. Ammutolisce subito Osvaldo Napoli, vicepresidente del gruppo parlamentare, uno che di solito devi imbavagliare per farlo tacere un attimo: “E’ arrivato l’ordine”, spiega sottovoce, “e del caso Tremonti nessuno di noi deve parlare. Bisogna sopire, fare calmare le acque...”. Ha ragione lui. Ecco Daniela Santanchè, inconfettata in un alone fucsia, dall’abitino con vistoso spacco, alla borsetta alle calze a rete: “Tremonti? Ah, no, io di questo non parlo assolutamente. Nemmeno con la tortura mi strapperete una parola”. E alla tortura la poveretta si rassegna, perché sfuggire al giornalista le costa caro. Una sorta di polipo l’agguanta e se la prende sotto braccio non mollando la presa per dieci minuti. E’ l’uomo simbolo dei responsabili, Domenico Sicilpoti. E’ alto come una gamba della Santanchè, poveretto, e sta lì aggrappato  e gongolante come una luna piena a difenderla dalle domande indiscrete. Poco più in là c’è un ministro giovane e informale come Giorgia Meloni. Non si trincera dietro l’ordine di scuderia. Ma il risultato è lo stesso: “Lei fa il suo lavoro. E io il mio: non mi interessa dirle nulla sul caso Tremonti”. Sarà che “il caso non esiste”, come sostiene il vicepresidente della Camera, Maurizio Lupi, ma l’assordante silenzio rimbomba dappertutto. C’è perfino un ex vice Tremonti come Nicola Cosentino. Lui quei dissidi li ha vissuti da vicino, qualcosa sa. E’ gentile, ma lapidario: “non me ne importa nulla. Ho altro a cui pensare”. E infatti si acquatta sui divani di un corridoio di Montecitorio, trascinandosi un assessore della Regione Campania e il fedelissimo presidente della provincia di Napoli, Luigi Casero. Fuori le agende, e via a organizzare la campagna elettorale da quelle parti: il 6 a Napoli, il 7 a Benevento, poi Pozzuoli. E Cicchitto? Dove parla Cicchitto? Ah, “in un hotel con al massimo 350 posti così siamo sicuri di riempire la sala”.
Per rompere la consegna del silenzio ci vuole uno che se ne frega. C’è, c’è, anche nella caserma Pdl. Basta sentire il vocione in mezzo al cortile di Montecitorio. Denis Verdini è lì a vaticinare ai fedelissimi il risultato delle prossime amministrative. Fulmina Lupi che gli chiede risorse per gli ultimi sondaggi: “mancano quindici giorni, sono soldi buttati via!”. Tira le orecchie a chi sembra scettico sul risultato di Milano. E sciorina sondaggi che non possiamo riportare per legge, ma che dicono che Pdl e Lega sono già maggioranza in consiglio e che Letizia Moratti è in grado di farcela al primo turno. Spiega a Vito Bonsignore le regole dei prossimi congressi Pdl: “tesseramento che peserà al 70 per cento. E che deve essere chiuso inderogabilmente entro il 31 luglio”. Assicura Gateano Pecorella che si è ricordato di quella commissione che aveva promesso di fare. E finalmente si concede al cronista sul caso Tremonti. Prima sentenza: “sì, il caso esiste. Ma è un po’ amplificato dai media e da chi ha qualche interesse in ballo”. Poi la domanda la fa Verdini: “Secondo te chi l’ha fatto quel titolo sulla prima pagina del Giornale?”. E chi l’avrà fatto? Il direttore? Il vicedirettore? “Ma noooo! L’ha fatto Berlusconi di suo pugno…”. Povero Verdini. Non sapeva che proprio in quell’attimo le agenzie battevano la dichiarazione ufficiale del premier con cui prendeva le distanze dal quotidiano. Ma lui è convinto, convintissimo: “è solo questione elettorale. Il Pdl sat recuperando sulla Lega e c’è un po’ di nervosismo in giro. Ma poi si appiana”. Sui giornali scrivono che Tremonti sia irritato per l’appoggio a Mario Draghi alla Bce… “Cazzate”, le liquida perentorio Verdini, “ma ti sembra? Soluzione ideale per Tremonti che si toglie Draghi dalle balle…”. Dopo tanto silenzio, una parola chiara. Gli altri tacciono. Raffaele Fitto preferisce buttarsi sorridendo in un capannello dove svetta un Pierferdinando Casini di ottimo umore: “dai, che anche tu sei dei nostri, vieni qui ad organizzare il dopo Berlusconi!”. Il povero Fitto finisce così dalla padella alla brace. E sbianca insieme al sopraggiunto Altero Matteoli quando Casini sale di tono in modo che tutti lo sentano: “così facciamo un po’ di pulizia di certi vecchi babbioni…”.
Ma ecco, in un angolo l’uomo-miccia del Pdl. Giorgio Straquadanio, l’incendiario più noto del Transatlantico. Lo penseresti lì intento a vuotare barili di benzina sulle fiamme che divampano, e invece anche lui pompierissimo. Di più: sembra il direttore della Pravda dei bei tempi. “Berlusconi contro Tremonti? Falso, falsissimo”. Per darsi un tono ancora più credibile sfodera il suo telefonino e mostra un sms di Alessandro Sallusti, che fa saltare un appuntamento con lui a Milano: “scusa, ma sono andato fuori, perché se mi prende Silvio…”. All’occhio del cronista non sfugge la data, un po’ passatella… Ma è chiara l’antifona. Fatta la domanda, bisogna ascoltare venti minuti di lodi sperticate al tremontismo che è la filosofia economica pura del berlusconismo. Al povero lettore la risparmiamo. Poco più in là c’è Milanese che spiega a un giornalista de La Stampa che anche questa volta l’incendio verrà domato, perfino sulla guerra in Libia: “La Lega preparerà la sua mozione imponendo al governo che mai e poi mai si invieranno là truppe di terra. Al massimo questi 7-8 aerei a sganciare qualche bombetta. Sarà un successo politico per Umberto Bossi…”. Amen. Il caso è chiuso.

l'Italia giocava? Solo i Bossi e Calderoli's boys lavoravano come sempre



 Durante la disfatta azzurra di Italia- Slovacchia molti nei ministeri erano talmente presi dalla partita da non potere rispondere al telefono. Nella segreteria del ministro delle Pari Opportunità, Mara Carfagna, solo durante l'intervallo qualcuno si è degnato di rispondere. E solo lo staff della Lega ha risposto al primo colpo: i Bossi e Calderoli boy's non stavano guardando l'Italia. Prova effettuata da Franco Bechis dal primo minuto della partita 






Ministero Titolare Ufficio Secondi per avere risposta
Commercio estero Adolfo Urso centralino 1.972
Pari Opportunità Mara Carfagna segreteria ministro 1.863
Salute Ferruccio Fazio centralino 1.122
Sviluppo Economico int. Silvio Berlusconi centralino 274
Economia Giulio Tremonti centralino 137
Infrastrutture Altero Matteoli centralino 42
Turismo Michela V. Brambilla centralino 31
Lavoro Maurizio Sacconi centralino 27
Giustizia Angelino Alfano centralino 22
Politiche Ue Andrea Ronchi segreteria ministro 21
Beni Culturali Sandro Bondi centralino 13
Difesa  Ignazio La Russa gabinetto 12
Pubblica istruz Maristella Gelmini centralino 11
Difesa  Esercito centralino 11
Interno Roberto Maroni centralino 9
Ambiente Stefania Prestigiacomo centralino 9
Politiche agricole Giancarlo Galan centralino 7
Pa e Innovazione Renato Brunetta centralino 6
Camera deputati Gianfranco Fini centralino 5
Rapporti regioni Raffaele Fitto segreteria ministro 5
Gioventù Giorgia Meloni segreteria ministro 4
Difesa  Marina militare centralino 4
Senato Renato Schifani centralino 3
Esteri Franco Frattini centralino 3
Rapporti Parlamento Elio Vito segreteria ministro 3
Attuazione programma Gianfraco Rotondi segreteria ministro 2
Difesa  Aeronautica centralino 2
Pres. Cons. min. Silvio Berlusconi centralino 2
Semplificazione Roberto Calderoli segreteria ministro 1
Riforme e federalismo Umberto Bossi segreteria ministro 1




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