Il ballo del quaquaraquà




Camera, 10 ottobre 2013. Si discute del finanziamento pubblico dei partiti. Il deputato M5s Riccardo Fraccaro infiamma l'aula dando del "ladro" a tutti gli altri colleghi, che si incazzano. Sembra un dramma. Poi prova a buttarla sull'ironico il Pd Gianclaudio Bressa, che dice ai 5 stelle: "Siete solo chiacchiere e distintivo", come disse Robert-De Niro Al Capone nel film gli intoccabili. Si rischia la nuova rissa. Parla Riccardo Nuti, M5s, e ributta citando Leonardo Sciascia: siete solo "quaquaraquà!". E qui che si trasforma in farsa. Il deputato Pd Ettore Rosato non vuole incassare, però incespica con la lingua e accusa Beppe Grillo di essere un "qua-QUARA-quaquà". E a Montecitorio tutti iniziano a ballare con Romina Power il ballo del qua qua....

Alfano e il mitico Mentana




Ore 8, 05 di giovedì 3 ottobre. Diretta Tg la7, collegamento con Lampedusa. C'è il ministro dell'Interno, Angelino Alfano. Preoccupatissimo di chi conduce il tg che lo ospita...

La furia di Pannella su Epifani: "maiale, zozzone, avvoltoio"



La mattina di venerdì 13 settembre 2013 davanti a Montecitorio Marco Pannella ha partecipato a una manifestazione sull'eutanasia promossa dalla associazione Luca Coscioni. Nell'intervento il leader radicale ha avuto parole di fuoco nei confronti del segretario Pd, Guglielmo Epifani, cui contesta il radicalismo giustizialista mostrato in tv nei confronti della vicenda di Silvio Berlusconi, sui referendum promossi da Pannella e delle ipotesi di amnistia. A Epifani il leader radicale ha dato prima del "gran zozzone", poi del "maiale", infine dell' "avvoltoio", arricchendo così il già nutrito vocabolario zoologico della politica italiana.

Berlusconi dissanguato da Pdl e Forza Italia, si incazza con i suoi eletti morosi



Silvio Berlusconi si è letteralmente svenato per le sue due creature politiche nell'ultimo anno. A febbraio 2013 ha firmato un assegno personale da 15 milioni di euro per coprire una parte dei debiti della vecchia Forza Italia. Quei soldi sono subito stati girati però al Pdl, che si è visto saldare un vecchio debito azzurro da 14.807.342 euro. Ma non è bastato: ad aprile il cavaliere ha firmato un altro assegno da 2,8 milioni di euro girato al Pdl come “prestito infruttifero con scadenza 30 aprile 2014”. Come se tutto ciò non bastasse, il Cavaliere ha ancora garantito con fidejussioni personali da 102.720.617 euro i conti assai dissestati di Forza Italia, che nel 2012 ha chiuso un bilancio in rosso di 25,5 milioni di euro accumulando un disavanzo patrimoniale complessivo di 65,9 milioni di euro. Sempre Berlusconi ha aumentato le fidejussioni personali anche nei confronti del Pdl, portandole da 4 a 14,8 milioni di euro. I due partiti politici gli stanno costando un vero sproposito. E soprattutto le tasche del Cavaliere sono le uniche ad essere state svuotate: né dirigenti, né eletti, né elettori si stanno svenando per il leader del centrodestra. Per il Pdl sono addirittura tracollate le quote associative annuali: nel 2011 ammontavano a 13,7 milioni di euro, nel 2012 sono scese ad appena 40.710 euro. O nessuno si è più iscritto, o certo non ha pagato la propria quota. Stessa taccagneria da parte dei parlamentari Pdl. Tanto che a questo punto Silvio si è incazzato. E andrà a caccia dei portafogli degli eletti. Nel bilancio Pdl si annuncia infatti che “è impellente il recupero più ampio possibile degli arretrati dei versamenti mensili dovuti dai parlamentari e dai consiglieri regionali”.

Forza, taglia!


http://www.liberoquotidiano.it/blog/1271093/FORZA-TAGLIA.html


Dice il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni: “Vogliamo rilanciare l'economia riducendo le tasse su lavoro e imprese. Non possiamo farlo aumentando il debito, quindi dobbiamo ridurre le spese”. Siccome siamo in recessione, non si può tagliare gli investimenti: “Vogliamo ridurre”, continua Saccomanni, “le spese correnti ma non è un lavoro che consenta nel giro di poche settimane di reperire miliardi di euro come se avessimo la bacchetta magica”. Vero: ci vuole tempo per vedere i risultati di un taglio alla spesa. Infatti è per questo che immaginavamo che dal primo giorno le forbici di Saccomanni fossero già in azione. Invece deve esserci qualcuno che si è messo di traverso. Perchè il ministro spiega che oggi la spesa pubblica ammonta a 800 miliardi e tolti “redditi da lavoro, prestazioni sociali, interessi, spese in conto capitale, il totale su cui si può lavorare ammonta a 207 miliardi di euro”. Micca noccioline: in una somma così ci sarà abbastanza panna cui attingere, no? Però... Sì, c'è un però che fa capire lo stesso Saccomanni: “analizzeremo i tipi di spesa su cui intervenire più rapidamente, ma sia chiaro che i tagli indolori non esistono”. E ancora: “nessuno si illuda che vengano fuori spese misteriose da tagliare senza che nessuno protesti”. Ecco, se il ministro dell'Economia mette le mani avanti così, significa che fino ad ora qualcuno le ha già messe davanti alle sue forbici per fermarle. Noi quel qualcuno lo conosciamo bene, perchè sono anni che ci sgoliamo per fermare il partitone della spesa pubblica. E' la sinistra che in quella panna è sguazzata in questi anni, costruendo sulle tasche di tutti gli altri italiani carriere politiche e sindacali personali, gruppi di potere e di consenso. Poi certo, il partito della spesa pubblica ha una sua trasversalità: ma il suo cuore è li, al centro del bandierone rosso.
E' per questo che oggi viene voglia di gridare a Saccomanni: “Forza, taglia!” E non sarebbe male che l'urlo, la spinta, l'affiancamento al ministro senza se e senza ma venisse proprio da chi oggi desidera ridare vita a “Forza Italia”. Perchè quel programma “meno tasse” e “via la panna della spesa pubblica”, era proprio alle origini di quel movimento nel 1994. Dunque, Forza, taglia! E taglia per ridare una possibilità a questa Italia.
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Vista la necessità assoluta di non piegare ulteriormente i cittadini di questo Paese dopo l'anno e mezzo che hanno passato, avremmo voluto Enrico Letta e i suoi ministri con quelle forbici in mano a tagliare e ritagliare giorno e notte dai primi di maggio per trovare quelle risorse fondamentali con cui abbassare una pressione fiscale ormai intollerabile e rimettere qualche soldo nelle tasche di cittadini e imprese invece che in quelle dei pochi privilegiati che oggi vivono e si arricchiscono con quella panna. Ma non è ancora così tardi, e se quel “però” ripetuto da Saccomanni è un Sos lanciato per avere una mano con chi lo ostacola dentro maggioranza e governo, eccola qui la mano tesa. Tagliare si può, e qualsiasi dolore è lenito da un utilizzo saggio di quelle risorse ottenute. Tagliare si può anche in breve tempo, e su questo una vera lezione l'ha data durante il governo di Mario Monti il suo commissario alla spending review, Enrico Bondi. E' grazie ai suoi tagli che è stato evitato per sempre (non per tre mesi) un aumento dell' aliquota intermedia Iva dal 10 all'11%. Ed è stato spostato e coperto per un anno (non per tre mesi) anche l'aumento dell'aliquota ordinaria Iva dal 21 al 22%. Bondi mica disse che era impossibile, che poi qualcuno gli avrebbe fatto il broncio. In pochissime settimane ha guardato che cosa si spendeva, e ha tagliato. Può avere sovrastimato quella riduzione, che però ha funzionato per quasi 8 miliardi di euro strutturali. Quindi si può. E si deve:la panna è ancora molta, e perfino il risultato del governo Monti (che pure c'è stato) si è rivelato timido: nel 2012 la spesa pubblica si è ridotta di mezzo punto di Pil finalmente andando in contro-tendenza, ma il Pil si è impoverito di più scendendo del 2,4%. Anche quel taglio dunque è stato modesto. C'è tanto spazio, anche per non fare diventare distorsione della spesa pubblica qualche nuova protezione sociale che doveva essere temporanea (come quella della cassa integrazione in deroga). E allora, forza Saccomanni. Forza, taglia!

Il terribile dubbio della Boldrini: che mi metto al gay pride?



Laura Boldrini parteciperà per la prima volta al gay pride di Palermo insieme al ministro Josefa Idem. Con un dubbio in testa: come vestirsi per una sfilata così variopinta? Il guardaroba del presidente della Camera in questi tre mesi è sembrato assai austero, con poche variazioni sul tema. Uniche eccezioni: sciarpe e pashmine dai colori cangianti e soprattutto la vera passione della Boldrini: gli orecchini. A vedere le foto nelle occasioni ufficiali, il presidente della Camera ne deve avere una collezione importante, assai simile a quella di scarpe che rese celebre Ia first dittatrice delle Filippine, Imelda Marcos. Non le sarà difficile trovare quello adatto al gay pride...


Quei 180 dipendenti se li paghino i Pd di Roma

Il governo di Enrico Letta si fa bello abolendo il finanziamento pubblico ai partiti. E' in gran parte falso, ma comunque ipocrita. Primo perché soldi pubblici arriveranno ancora per tre anni. Secondo perché ai partiti è dato un premio speciale. detrazioni al 52% per chi dona loro fino a 5 mila euro. Tanto per capirci quei 5 mila euro donati alle Onlus consentono una detrazione oggi del 19%, dall'anno prossimo del 26% (la metà esatta). E' ingiusto: i partiti OCCUPANO lo Stato, le Onlus si sostituiscono allo Stato dove colpevolmente manca. Di fronte a questa cinghia fasulla da tirare il tesoriere del Pd, Antonio Misiani, ha trovato l'uovo di Colombo: con la scusa dei soldi pubblici che mancano, ha annunciato a 180 dipendenti del partito che li manderà in cassa integrazione. In deroga, naturalmente: 18 mesi di stipendio pagati tutti dai contribuenti italiani. Così che cambia? Io un'idea ce l'ho: quei 180 dipendenti siano stipendiati tutti dai circa 60 parlamentari del Pd (Enrico Letta compreso) che vivevano a Roma già prima di essere eletti. Prendono 3.500 euro al mese di diaria per le spese di soggiorno a Roma (che non hanno) e 1.100 euro al mese di rimborso taxi per raggiungere l'aeroporto e volare a Roma (per loro grottesco). Con quei soldi si pagano almeno 120 dipendenti del Pd...

Il giurista più amato da Travaglio e Grillo: Berlusconi? Eleggibile!





Silvio Berlusconi è eleggibile, perché ormai è stata interpretata così la famosa legge del 1957. E non una, ma due volte. Quelle pronunce della giunta per le elezioni nel 1994 e nel 1996 (poi ripetute nel 2002 e nel 2006) fanno ormai giurisprudenza e integrano quella legge, rendendo inutile la discussione. A chiarirlo è stato- nel silenzio generale, Gustavo Zagrebelsky intervistato da Piazza Pulita. Una vera sorpresa, perché Zagrebelsky è amato (oltre che dal Pd) sia da Beppe Grillo che da Marco Travaglio, che lo volevano al Quirinale per la sua indipendenza. Proprio i due che volevano fare fuori Berlusconi con quella leggina sono stati "fregati" da quello che apertamente hanno definito "il più grande giurista italiano".