Trovato il Papa nero, Lombardi torna dal Papa bianco. Il Vaticano è stato senza portavoce nella bufera Veltroni-Sapienza
INCHIESTA MASTELLA- C'è anche polpa sulle sponde del Sele
Da Italia Oggi in edicola:
Carlo Camilleri non è solo il consuocero di Clemente Mastella. Non è solo l'uomo di raccordo per tutte le nomine campane dell'Udeur. È anche segretario generale dell'Autorità di bacino del fiume Sele. L'autorità della riva sinistra, perché ce ne è anche una per la riva destra. Sarebbe toccato a lui e ai suoi tecnici dare il parere decisivo per la costruzione di un villaggio turistico a Sapri che stava a cuore ai mastelliani locali. Tutti danno parere negativo. I suoi tecnici avvertono: «Se lo chiede, è negativo!». Lui guarda il progetto. Dice «Ma sono dei pazzi, lì mi scoppia il tubo sotto il centro abitato e salta tutto il paese». Sono dei pazzi, ma il villaggio si deve fare. Basta non fare la domanda, dare un parere generico (...) L'intercettazione, contenuta nella maxi-ordinanza sul caso Mastella, risale all'estate scorsa. Camilleri è al telefono con un certo Antonio Barbieri, interessato al progetto di villaggio turistico. Sentendosi ringraziare risponde: “... ci mancherebbe. A disposizione... E' un dovere da parte mia. Ma deve ringraziare il cielo che ci stai tu. Perché poi... vedi... il tecnico mi ha confermato quello che mi hanno detto i miei. Perché là... sai che cazzo hanno fatto per passare... sono dei pazzi! (...) camminano sul vecchio programma di fabbricazione e poi concedono a tutti queste cose come variante alla... Questo intervento sta a monte dell'abitato. Che cosa hanno fatto? Hanno pensato bene poi... nel centro del paese- perché attraversa tutto il paese il vallone... di intubarlo, Per cui io non solo non mi ritrovo con le sezioni aperte che- bene o male- se sondo non faccio grandi danni e può darsi che allago solamente senza fare niente... no. Ma essendo incubato... dice... quello mi scoppia il tubo...». Può saltare in aria un paese, ma pazienza. E' stato sufficiente dare un ok più generico, che non affrontava il fatto. E il favore al potente mastelliano locale è stato fatto. Ci sono anche fatti di questo tipo nelle centinaia di pagine dell'inchiesta della procura della Repubblica di Santa Maria Capua a Vetere. Fatti gravi, non di solo costume campano. Perché sono altrettanto preoccupanti le decine di pagine che raccontano i concorsi per l'assunzione o per le consulenze all'Autorità di bacino del Sele, riva destra o riva sinistra non importa. Ingegneri, geometri, geologi, tecnici che dovrebbero essere superqualificati perché si occupano della sicurezza di un intero territorio, di decine di migliaia di cittadini. Viene lottizzata la commissione di esame, ma qualche esterno qualificato bisogna pur inserirlo. Servono 6 ingegneri, 8 geometri, altrettanti geologi. Tutti gli esami si riducono a una farsa. Perché i candidati sono accompagnati da auguste sponsorizzazioni: il sindaco di quel paesino, l'assessore di quell'altra città, il dirigente Udeur, l'assessore regionale. Un ingegnere super-raccomandato si presenta e fa scena muta. Dramma, ci sono anche esterni, non è stato in grado di rispondere alle domande più elementari della selezione. Se ne rende conto anche lui, rassegnandosi alla sconfitta. Camilleri però non demorde: insiste con i commissari di esame, prova ogni strada possibile, giunge perfino a minacciare velatamente il presidente della commissione. Alla fine il candidato che non dice una parola esce fra gli ammessi. Con una furbata: non può essere fra i 6 ingegneri, perché anche esterni hanno assistito all'esame imbarazzante e non sarebbe stato motivato. Finisce però quarto fra i geometri e il posto così è ottenuto. Purtroppo fra i candidati ce ne era anche uno bravo, bravissimo. Esame straordinario. Perfino un buon cognome: Iervolino. Parente? Macchè. Raccomandato da qualcuno? Niente, nemmeno da un segretario di una comunità montana. Al concorso si è presentato con le sue gambe. Irritazione di Camilleri: “ma come ha fatto, nemmeno uno sponsor?”. Già, come è possibile in Campania, in un concorso pubblico? Soluzione di un esaminatore: “peccato, così bravo. Credo proprio che sarà fra i primi esclusi...”. Secondo escluso. Così non si correva proprio il rischio che entrasse. CI sarebbe da ridere, come c'è da sorridere per molti altri episodi contenuti in quella inchiesta. A dire il vero per quasi tutti i fatti imputati direttamente ai coniugi Mastella. Ma gestire così un'Autorità di Bacino è ben altra cosa. E non fa ridere: quando una frana si abbatte su Sarno, quando un'alluvione sommerge interi paesi, quando parti intere dell'Italia vivono in continua emergenza ambientale rischiando tragedie, è anche perché un ingegnere che ci sapeva fare si trova senza lavoro e uno che non sa rispondere alle domande- ma è raccomandato- trova alla fine almeno un posto da geometra. In un'inchiesta in più parti zoppicante (lo riconosce anche il gip che ha cassato molte richieste dei pm), dove si scambia la barzelletta per un reato, ci sono fatti gravi che la giustificano. Uno spaccato tutt'altro che minore del cancro che divora questo paese e lo ha messo in ginocchio...
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DA ITALIA OGGI IN EDICOLA/ Il comandante Bassolino e il suo esercito di spazzini
DA ITALIA OGGI IN EDICOLA- Rifiuti, Di Pietro: qui lo dico e qui lo nego
Parole pesanti quelle che Antonio Di Pietro ha usato nel pieno della crisi rifiuti di Napoli, prima attaccando il governatore della regione Campania, Antonio Bassolino. Poi prendendosela con il collega Alfonso Pecoraro Scanio e con i Verdi: «Chi si oppone agli inceneritori? Bisogna chiedersi se, oltre ai mali della camorra, non vi sia qualche responsabilità, di chi si è sempre opposto alla loro realizzazione», ha tuonato il titolare delle infrastrutture. Di Pietro come sempre ci ha azzeccato. C'era qualcun altro pronto a bloccare gli inceneritori, deciso a metà 2006 perfino a revocare i finanziamenti per la loro costruzione. Ma non era un Verde: era proprio lui, il leader dell'Italia dei valori. È stato il nostro Giampiero Di Santo a scovare l'intemerata dall'allora neo-ministro delle Infrastrutture. «Gli inceneritori, o termovalorizzatori», tuonò Di Pietro all'epoca, «sono finanziati in Italia con soldi pubblici in quanto equiparati alle energie rinnovabili. Senza i contributi pubblici gli inceneritori non potrebbero esistere. Meritano questo investimento? La risposta che mi sono dato è del tutto negativa. La costruzione degli inceneritori nasce da due fattori: scarsa informazione e comportamento sociale sbagliato. La scarsa informazione porta a pensare che gli inceneritori siano una soluzione all'avanguardia, che siano necessari e che, in ogni caso, rappresentino il male minore. Gli inceneritori non sono una soluzione innovativa, è vero il contrario; i primi sono stati realizzati più di quarant'anni fa e i Paesi che li hanno adottati inizialmente non li costruiscono più e li usano sempre meno. Inoltre è stato dimostrato che la cenere prodotta diventa un rifiuto tossico». E aggiunse, minaccioso, «Per queste ragioni, l'Italia dei Valori si opporrà alla costruzione di nuovi inceneritori, anche con la richiesta dell'abolizione dei finanziamenti fino ad oggi disposti, e proporrà interventi legislativi a favore di una riduzione dei rifiuti all'origine e di sostegno alle aziende impegnate nel settore del riutilizzo dei rifiuti». Naturalmente, come spesso capita nei proclami dei politici italiani, la minaccia restò lì senza seguito. Servì a procurarsi qualche lode utile alla bisogna dal blog di Beppe Grillo, gli applausi degli ambientalisti e l'assoluta tranquillità dei produttori di inceneritori che ben sapevano quanto sarebbe avvenuto: nulla. Fra gli applausi anche quello del povero Pecoraro Scanio, convinto di avere trovato un alleato insperato. E ora sbertucciato pubblicamente con quel paragone certo non esaltante fra chi blocca gli inceneritori per ragioni politiche e la camorra che lo fa per ragioni squisitamente economiche. L'episodio vale la pena di essere raccontato perché segnala quanto sia inutile la politica in Italia. E terribilmente lontana dalla vita reale. Al massimo sventola per qualche ora la soluzione dei problemi, una dichiarazione di agenzia, un post sul blog per chi si sente più al passo con i tempi, una bella comparsata ancient regime nel salottino di Bruno Vespa. Ma i problemi reali, come i rifiuti, restano lì irrisolti, e prima o poi chi deve farci i conti tutti i giorni esce dall'inganno dello spot. Perfino Di Pietro, che si è costruito con abilità un'immagine di politico pronto a rimboccarsi le maniche e calarsi nella vita reale, dalla fiction esce assai raramente. Ora sui rifiuti della Campania anche senza inceneritori si sono bruciati le dita generazioni di amministratori locali e nazionali, un Di Pietro in più o in meno non fa grande differenza. Ma il danno che ancora una volta è stato provocato all'immagine dell'Italia più ancora che a quella Regione è così grave che varrebbe la pena uscire dalla solita commediola che ieri ancora una volta è andata in scena alla Camera dei deputati dove il governo è andato a riferire gli ultimi sviluppi. Al di là delle responsabilità passate e anche recentissime, che abbiamo documentato in questi giorni, il presidente del Consiglio Romano Prodi ha finalmente adottato un atto di governo. Si potrà discutere l'ennesima scelta di un commissario governativo di emergenza: ce ne sono a bizzeffe, in carica ancora dopo anni (sui rifiuti ne era stato nominato uno nuovo dieci giorni prima, Paolo Costa è ancora in sella a gestire l'emergenza Dal Molin sulla base Usa, per anni ne è restato uno per mucca pazza...). Ma la scelta di Gianni De Gennaro, l'utilizzo dell'esercito e le prime azioni attivate sono un atto di governo e un modo per affrontare l'urgenza della realtà. Ha ragione palazzo Chigi: in questo momento serve dare una mano a De Gennaro a portare via i rifiuti, non è questione di bandiere politiche. Poi ci sarà tutto il tempo per capire le responsabilità, affrontare i processi e continuare il teatrino. I verdi avranno la loro bella parte, ma chi ha governato cinque anni prima non è stato meno ambientalista...
RIFIUTI VERDI MARCI- La sceneggiata di Pecoraro & c
CONDONO DI PRODI AI COMUNI ANTI-RIFIUTI
Come si dice a Napoli, Romano Prodi ha fatto la faccia feroce. Porta infatti la sua firma il decreto 11 maggio 2007, n. 61 dal titolo «Interventi straordinari nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania». Pugno di ferro del premier, spiegato all'epoca con il desiderio di mettere fine una volta per tutte allo scandalo della spazzatura a Napoli e dintorni. All'articolo 7 uno schiaffone a tutti i comuni: entro dicembre avrebbero dovuto adottare un piano straordinario per lo smaltimento e auto-finanziarselo. Il 29 dicembre scorso proprio in piena emergenza rifiuti il governo ha fatto marcia indietro: il diktat e quella norma sono saltati, cancellati da una norma malandrina inserita nel Milleproroghe Quando aveva fatto finta di fare la faccia feroce, Prodi