Trovato il Papa nero, Lombardi torna dal Papa bianco. Il Vaticano è stato senza portavoce nella bufera Veltroni-Sapienza

La 35° Congregazione mondiale dei gesuiti, 218 elettori sui 226 presenti ai lavori (tre membri ex officio e cinque membri nominati dal padre generale non hanno diritto di voto), ha eletto questa mattina il nuovo superiore generale, il cosiddetto "Papa nero" (perché è l'unico altro incarico vitalizio presente nella Chiesa): si tratta dello spagnolo Adolfo Nicola, che succede a padre Peter-Hans Kolvenbach, che -caso unico-ha voluto lasciare all'incarico. Nella notizia- importante perché i gesuiti sono l'ordine religioso più diffuso al mondo- ce ne è anche un'altra. Dal conclave per l'elezione del Papa nero- iniziato il 7 gennaio scorso- esce finalmente anche padre Federico Lombardi, il portavoce ufficiale del Vaticano. Che così può tornare dal Papa bianco, Benedetto XVI, che ne ha dovuto fare a meno proprio nei giorni più complicati del Vaticano. Il portavoce di Joseph Ratzinger infatti era chiuso a pane acqua in conclave- secondo la regola- e non poteva avere alcun contatto con l'esterno. Padre Lombardi non ha sostituti ufficiali, e così il Vaticano si è trovato sostanzialmente muto dopo l'incontro fra il Papa e Walter Veltroni, con tutto il seguito di polemiche, così come in pieno caso Sapienza. Le funzioni di padre Lombardi sono state rilevate impropriamente dal segretario di Stato, Tarcisio Bertone, che però non ha in agenda i numeri dei direttori di giornali e di tutti i vaticanisti...

INCHIESTA MASTELLA- C'è anche polpa sulle sponde del Sele

Da Italia Oggi in edicola:

Carlo Camilleri non è solo il consuocero di Clemente Mastella. Non è solo l'uomo di raccordo per tutte le nomine campane dell'Udeur. È anche segretario generale dell'Autorità di bacino del fiume Sele. L'autorità della riva sinistra, perché ce ne è anche una per la riva destra. Sarebbe toccato a lui e ai suoi tecnici dare il parere decisivo per la costruzione di un villaggio turistico a Sapri che stava a cuore ai mastelliani locali. Tutti danno parere negativo. I suoi tecnici avvertono: «Se lo chiede, è negativo!». Lui guarda il progetto. Dice «Ma sono dei pazzi, lì mi scoppia il tubo sotto il centro abitato e salta tutto il paese». Sono dei pazzi, ma il villaggio si deve fare. Basta non fare la domanda, dare un parere generico (...) L'intercettazione, contenuta nella maxi-ordinanza sul caso Mastella, risale all'estate scorsa. Camilleri è al telefono con un certo Antonio Barbieri, interessato al progetto di villaggio turistico. Sentendosi ringraziare risponde: “... ci mancherebbe. A disposizione... E' un dovere da parte mia. Ma deve ringraziare il cielo che ci stai tu. Perché poi... vedi... il tecnico mi ha confermato quello che mi hanno detto i miei. Perché là... sai che cazzo hanno fatto per passare... sono dei pazzi! (...) camminano sul vecchio programma di fabbricazione e poi concedono a tutti queste cose come variante alla... Questo intervento sta a monte dell'abitato. Che cosa hanno fatto? Hanno pensato bene poi... nel centro del paese- perché attraversa tutto il paese il vallone... di intubarlo, Per cui io non solo non mi ritrovo con le sezioni aperte che- bene o male- se sondo non faccio grandi danni e può darsi che allago solamente senza fare niente... no. Ma essendo incubato... dice... quello mi scoppia il tubo...». Può saltare in aria un paese, ma pazienza. E' stato sufficiente dare un ok più generico, che non affrontava il fatto. E il favore al potente mastelliano locale è stato fatto. Ci sono anche fatti di questo tipo nelle centinaia di pagine dell'inchiesta della procura della Repubblica di Santa Maria Capua a Vetere. Fatti gravi, non di solo costume campano. Perché sono altrettanto preoccupanti le decine di pagine che raccontano i concorsi per l'assunzione o per le consulenze all'Autorità di bacino del Sele, riva destra o riva sinistra non importa. Ingegneri, geometri, geologi, tecnici che dovrebbero essere superqualificati perché si occupano della sicurezza di un intero territorio, di decine di migliaia di cittadini. Viene lottizzata la commissione di esame, ma qualche esterno qualificato bisogna pur inserirlo. Servono 6 ingegneri, 8 geometri, altrettanti geologi. Tutti gli esami si riducono a una farsa. Perché i candidati sono accompagnati da auguste sponsorizzazioni: il sindaco di quel paesino, l'assessore di quell'altra città, il dirigente Udeur, l'assessore regionale. Un ingegnere super-raccomandato si presenta e fa scena muta. Dramma, ci sono anche esterni, non è stato in grado di rispondere alle domande più elementari della selezione. Se ne rende conto anche lui, rassegnandosi alla sconfitta. Camilleri però non demorde: insiste con i commissari di esame, prova ogni strada possibile, giunge perfino a minacciare velatamente il presidente della commissione. Alla fine il candidato che non dice una parola esce fra gli ammessi. Con una furbata: non può essere fra i 6 ingegneri, perché anche esterni hanno assistito all'esame imbarazzante e non sarebbe stato motivato. Finisce però quarto fra i geometri e il posto così è ottenuto. Purtroppo fra i candidati ce ne era anche uno bravo, bravissimo. Esame straordinario. Perfino un buon cognome: Iervolino. Parente? Macchè. Raccomandato da qualcuno? Niente, nemmeno da un segretario di una comunità montana. Al concorso si è presentato con le sue gambe. Irritazione di Camilleri: “ma come ha fatto, nemmeno uno sponsor?”. Già, come è possibile in Campania, in un concorso pubblico? Soluzione di un esaminatore: “peccato, così bravo. Credo proprio che sarà fra i primi esclusi...”. Secondo escluso. Così non si correva proprio il rischio che entrasse. CI sarebbe da ridere, come c'è da sorridere per molti altri episodi contenuti in quella inchiesta. A dire il vero per quasi tutti i fatti imputati direttamente ai coniugi Mastella. Ma gestire così un'Autorità di Bacino è ben altra cosa. E non fa ridere: quando una frana si abbatte su Sarno, quando un'alluvione sommerge interi paesi, quando parti intere dell'Italia vivono in continua emergenza ambientale rischiando tragedie, è anche perché un ingegnere che ci sapeva fare si trova senza lavoro e uno che non sa rispondere alle domande- ma è raccomandato- trova alla fine almeno un posto da geometra. In un'inchiesta in più parti zoppicante (lo riconosce anche il gip che ha cassato molte richieste dei pm), dove si scambia la barzelletta per un reato, ci sono fatti gravi che la giustificano. Uno spaccato tutt'altro che minore del cancro che divora questo paese e lo ha messo in ginocchio...

La vendetta di Anselma sugli ayatollah di Fisica- Tagliati i fondi per un film di Cini

Probabilmente nemmeno era a conoscenza della parentela. E ancora più probabilmente Anselma Dall'Olio, gentile consorte di Giuliano Ferrara nonchè autorevole membro della commissione cinematografia ministeriale, era all'oscuro di chi fosse l'azionista della Talpa sas, società di produzione cinematografica che più volte ha bussato alla porta del ministero dei Beni culturali per chiedere un finanziamento pubblico per l'ultima creazione artistica. Fatto sta che l'Anselma, il 13 dicembre scorso, ha chiuso le porte alla Talpa sas, escludendola (ottava fra gli esclusi, con punteggio 67, ma servivano almeno 74 punti) dalla ripartizione dei 4 milioni di euro per l'interesse culturale opere prime/seconde & cortometraggi. Ignara o cosciente che fosse, la Dall'Olio strapperà ora un sorriso beffardo all'autorevole marito (sempre che ci legga): perché a bussare alla cassa di Francesco Rutelli sia pure vestito da Talpa sas era Marcello Cini. Sì, proprio lui, l'autore dell'appello che ha trovato altri 67 seguaci nella facoltà di Fisica per sbarrare a Benedetto XVI le porte dell'Università La Sapienza di Roma. Certo, Cini è uno scienziato. Ma anche gli scienziati tengono famiglia. E il figlio Daniele si diletta di cinematografia. Così insieme padre e figlio dal 19 luglio 1990 hanno aperto una società in accomandita semplice, la Talpa: socio accomandatario il figlio Daniele (classe 1955), socio accomandante il padre Marcello (classe 1923). L'oggetto sociale indica la “produzione e/o distribuzione di prodotti filmati, audiovisivi e videoregistrati, testi giornalistici nonché opere teatrali e musicali”. Questa volta Daniele sperava di strappare un contributo per il suo “Noi che siamo ancora vive- Storie di donne sequestrate all'Esma”, un docu-film che comunque ha ottenuto il sostegno dell'Istituto Luce, co-produttore. Ma non si tratta di un'opera prima. Il suo maggiore successo è stato Last food, uscito nel 2003, ma già finanziato nel 2001 dal ministero dei Beni culturali e nel 2002 dalla film commission di Torino. Una storia di cannibalismo in Tibet dopo un disastro aereo con due soli sopravvissuti: il titolare di una ditta di catering e uno chef cordon blue. Cinema a parte il giovane Cini e il padre sono protagonisti anche di una piccola opera letteraria. Firmata da Daniele ed uscita nel 2004 per le edizioni Voland di Roma, è intitolata “Io, la rivoluzione e il babbo”. Testo dove rivela come lui bambino e papà Marcello già negli anni Sessanta sfilavano contro il Papa: “Avevo già manifestato” rivela Cini jr a pagina 10, “contro Ciòmbe sulle spalle di mio padre a sette anni, dopo l'uccisione di Patrice Lumumba e la benedizione dell'assassino da parte di papa Paolo VI”. E il 68? “C'era qualcosa di simile all'Iran degli ayatollah (...) ma non vigeva la Shar'ja del Vaticano...”. Ah, beh... Sì, beh...

EVVIVA L'UNIVERSITA' LIBERA- I nuovi Ayatollah di Fisica

Benedetto XVI non potrà parlare domani all'Università La Sapienza di Roma. Un gruppo di 67 ayatollah docenti alla facoltà di Fisica è riuscito a tappare la bocca al Papa, mettere in ginocchio un intero governo, quello italiano, e una tradizione secolare di libertà e tolleranza, quella dell'Occidente. Lo ha fatto con l'aiuto di una cinquantina di studenti scalmanati che ieri hanno occupato il Rettorato dopo averne imbrattato i muri e preparato una possibile mini-guerriglia per il giorno dell'evento. Nessuna voce (salvo le isolate e lodevoli eccezioni di Livia Turco e Francesco Rutelli) si è levata in tempo per evitare una censura che nemmeno l'islamica Turchia ha osato nei confronti del capo della Chiesa cattolica. Quando ieri, visto il clima che si stava creando, il Vaticano ha comunicato la rinuncia all'incontro di domani, la prima reazione ufficiale del governo italiano è arrivata da Giuliano Amato. Che altro non ha saputo balbettare se non “La colpa non è mia”, spiegando come la rinuncia non fosse dovuta a questioni di sicurezza e che il ministero dell'Interno aveva già saputo con maestria garantire a George W. Bush una recente visita romana ben più complessa. A parte la meschinità di un'annotazione simile nel momento in cui in Italia veniva impedita in modo tanto clamoroso la libera espressione del pensiero, che ad Amato garantire la sicurezza del presidente degli Stati Uniti non nella giungla, ma in Italia, fosse sembrata impresa eccezionale dà già la misura della professionalità del ministro dell'Interno. Ricordo che allora fu impedita a Bush- proprio perché Amato nemmeno quello era in grado di garantire- una visita a Trastevere alla Comunità di Sant'Egidio, e il grottesco episodio fece il giro del mondo. Ma la reazione di istinto del ministro dell'Interno, subito accompagnata da analoga annotazione del presidente del Consiglio, Romano Prodi (che almeno dopo ha provato a volare un po' più alto) semplicemente scopre con ingenuità anche questo fianco. Perché la sicurezza del Papa proprio poche ore prima non era stata garantita in forma piena proprio dai tecnici dell'Interno durante un incontro congiunto con le autorità vaticane. La presenza di centri sociali, la protesta che sembrava coinvolgere anche soggetti assolutamente estranei alla vita dell'Università aveva creato allarme fra le forze dell'ordine italiane, e certo il governo non aveva fornito le necessarie garanzie ai collaboratori di Benedetto XVI. Ma appunto ridurre a un tema di sola sicurezza il più clamoroso attentato alla libertà di pensiero mai verificatosi in Occidente rende ancora più chiara l'assenza e l'improvvisazione del governo in carica, che da ieri sera sulle tv di tutto il mondo e oggi sulle prime pagine della stampa internazionale rimedia una figura assai più barbina di quella appena ottenuta con i cumuli di spazzatura fra le strade di Napoli. L'unico sussulto di dignità- sia pure tardivo- è giunto dal ministro dell'Università, Fabio Mussi, che ha usato le parole adatte e l'indignazione necessaria ieri mattina prima della rinuncia del Papa e in serata in Parlamento, dove subito si è innescato un acceso dibattito. Ben altro atteggiamento hanno avuto leader della sinistra, come Oliviero Diliberto, e perfino qualche radicale che deve avere scordato negli anni il proprio carico di principi libertari. Resta la vittoria inusitata di quel manipolo di 67 ayatollah della facoltà di fisica e dei giannizzeri che sono riusciti ad infiammare nella loro campagna per negare il diritto di espressione fra le mura universitarie. E da lì dovrebbe ripartire il ministro titolare per radiografare un'istituzione- quella universitaria- che sempre più assomiglia a un cumulo di macerie. Non per censurare la libera espressione- per quanto rozza- degli ayatollah, ma per trovare riparazione a una ferita che rischia di diventare cancrena. In questa stessa culla, nella stessa intolleranza ha trovata bambagia il triste periodo degli anni di piombo, gran parte della violenza che ha ammorbato gli anni Settanta e parte del decennio successivo. Impedire ora è compito non solo del governo, ma della stessa classe politica. E sull'onda delle sue parole anche Mussi dovrebbe studiare e organizzare rapida riparazione al vulnus. Tenendo presente - come si racconta nelle pagine interne- che gli stessi autori del manifesto dell'intolleranza magari il giorno successivo bussano alla porta di un qualche ministero a chiedere un piccolo finanziamento per questa o quell'opera. E' il caso di Marcello Cini, che con il figlio ha costituito una piccola società di produzione cinematografica ben conosciuta ai Beni culturali dove spesso è in gara per trovare la benzina necessaria...

AIUTO, MI E' CADUTA L'IVA!- Finisce la festa fiscale, addio tesoretti e aumenti salariali

Signori, la fesa fiscale è finita! Lunedì 14 gennaio sono arrivati i dati analitici sulle entrate tributarie al 30 novembre 2007. Cifre buone, come ci si attendeva, perchè è proseguito il boom del fisco, con una crescita complessiva superiore all'8 per cento rispetto allo straordinario 2006. Ma all'interno- e il ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa lo sa molto bene- è suonato il primo vero campanello di allarme sulla frenata dell'economia. Si tratta del dato sulle entrate Iva, che nel mese di novembre è sceso dell'1,3% rispetto allo stesso mese dell'anno precedente. L'Agenzia delle Entrate ha spiegato che in parte il dato è influenzato da dati tecnici sugli incassi, avvenuti ad ottobre. Il fatto è che il bimestre ottobre-novembre dell'Iva è superiore solo dello 0,86% allo stesso bimestre 2006. Secondo le aspettative sul mese di dicembre (oggi i versamenti), l'ultimo trimestre 2007 indicherà una crescita inferiore al tasso di inflazione. Anche perché il taglio delle tredicesime per le compensazioni fiscali di fine anno probabilmente ha provocato una stretta nei consumi più tipici di dicembre, quelli natalizi. Un dato tanto più preoccupante, perché si unisce alla caduta ufficiale della produzione industriale a novembre. L'Iva è l'allarme più immediato: se la frenata è congiunturale, come accade ciclicamente, dopo qualche mese viene seguita dai dati su Irpef ed Ire. Cari signori, per chiunque resti al timone, i tesoretti resteranno un pallido ricordo…

DA ITALIA OGGI IN EDICOLA/ Il comandante Bassolino e il suo esercito di spazzini

Antonio Bassolino è uno dei pochi politici santo già in vita. È il santo protettore degli spazzini, perché nessuno al mondo vuole bene loro come il presidente della Regione Campania. Ogni anno paga infatti 176,5 milioni di euro in stipendi per lo smaltimento dei rifiuti. Nel 2001 in un colpo solo ne ha assunti 2.316, pagandoli ogni anno 55 milioni. Secondo le tabelle sui conti pubblici territoriali del ministero dello sviluppo economico, nessun'altra regione in Italia (e probabilmente anche all'estero) spende così tanto. Nella Lombardia di Roberto Formigoni la stessa spesa ammonta a 27,99 milioni di euro, circa un sesto della Campania. Solo la Toscana ha puntato sugli spazzini.Spendendo la metà...Il Piemonte spende 57 milioni l'anno in spazzini, il Veneto appena 18,5, l'Emilia Romagna una sessantina, la Sicilia ne spende 66, la Calabria 33 milioni. Non c'è nessun paragone con il cuore assai generoso di Bassolino. Il piccolo esercito cui è stato garantito uno stipendio sicuro a fine mese fa naturalmente quello che può, come si può vedere dalle immagini di queste settimane. Anche perché lo stipendio lo riceve, lavorare è un'altra cosa. Secondo la relazione di uno dei tanti commissari all'emergenza, Catenacci, solo nel 2005 per la prima volta 700 fra quei 2.316 spazzini assunti dal presidente della Regione Campania sono stati impiegati effettivamente. Molti altri prendevano lo stipendio, non si presentavano a un lavoro che non c'era e arrotondavano altrove. I mezzi loro affidati, pagati dallo Stato italiano con i trasferimenti alla gestione commissariale campana, o sono rimasti in deposito o sono usciti con le proprie gambe trafugati (una settantina) dai consorzi messi su alla bell'e buona dalla camorra per offrire (facendoseli pagare) il servizio ai comuni minori dell'area. Ovunque ci si addentri fra le migliaia di pagine delle varie relazioni dei commissari delegati o delle commissioni di inchiesta parlamentari sulla gestione dei rifiuti in Campania, saltano fuori perle di questo genere. Quelle pagine- che non sono scritte da un oppositore politico, ma da chi ha provato in qualche modo a tappare la falla- non sono un atto di accusa nei confronti di Bassolino: sono molto di più. Basti la storia della Pan, la società creata dal presidente della Regione Campania per assorbire altri 200 lavoratori socialmente utili e mettere in piedi un call center ambientale. Per quella gestione fallimentare la Corte dei Conti ha chiesto 3,2 milioni di danni direttamente a Bassolino, lo scorso 27 dicembre. Ma la Pan dal 2002 ad oggi ha bruciato per nulla più del doppio di quella somma. Allora oggi saranno politically correct tutte le rampogne sulla solidarietà nazionale, sul dovere di venire incontro a un'emergenza che danna la vita anche a migliaia di cittadini incolpevoli. Ma la domanda non è fuori luogo: comprereste un'auto usata da uno che ha gestito l'emergenza rifiuti come Bassolino? Se la risposta fosse no- come gli stessi cittadini napoletani pensano in queste ore- perché mai altri dovrebbero prima togliergli le castagne dal fuoco e poi magari drenare altre risorse per farle gestire proprio a chi le ha bruciate in questo modo? E' d'accordo- ad esempio- su nuovi finanziamenti alla Campania (magari per assumere qualche altro spazzino in vista di una tornata elettorale) un ministro rigorista sulla spesa come il titolare dell'Economia, Tommaso Padoa Schioppa? Considera possibile la continuazione di questi sprechi non solo di fronte al mondo, ma anche a chi giustamente bussa in queste settimane alla sua porta invocando misure per ridare potere di acquisto ai salari? Perché se soldi non ci saranno per quanto chiedono i sindacati nei tavoli a palazzo Chigi, è anche perché si buttano via così. E stiamo parlando di oltre 6 miliardi di euro gestiti da Bassolino presidente della Regione Campania, non di noccioline.