BERTINOTTI SI CONFESSA SULLA CASTA, IL CACHEMIRE, IL SALOTTO ANGIOLILLO E I FALLIMENTI DEL GOVERNO PRODI

Intervista di Italia Oggi e Class-Cnbc

Domanda. Presidente Fausto Bertinotti, è deluso da questa campagna elettorale?

Risposta. Confesso che per una parte si. Insisto su questo carattere scisso della campagna elettorale che, per uno come me che le ha fatte su entrambi i binari, è evidente. Una è la campagna elettorale massmediatica che è davvero potente e- io credo per un difetto di sistema-davvero poverissima. Francamente anche questa discussione su come dev'essere la campagna elettorale, aspra o dolce, è incomprensibile. L'altra campagna, quella nel paese reale, è autentica. Si può incontrare l'entusiasmo, come io l'ho incontrato all'università di Rende: un'aula magna gremita all'inverosimile di giovani. Lo stesso nella piazza di Bari. Oppure si può incontrare anche la durezza, il gelo di realtà dove i temi del lavoro sono ricorrenti, dove c'è un clima cupo, come se fosse inesorabile l'emarginazione, il peggioramento della qualità della vita. O si incontrano ancora condizioni contrastate, come alle case popolari, dove c'è sia la voglia di fare che la disillusione. Un paese scomposto in tante facce diverse che non entra nell'altro registro se non in maniera che fa un po' scandalo. Per cui è una campagna elettorale così schizofrenica, che è difficile da prendere nel bandolo. Se ce l'ha un bandolo…

D. Non si è sentito in una posizione schizofrenica che lei? intendo dire lei, presidente della camera, che scende in piazza con i senza casa dicendo hanno ragione a occupare le case...

R. Beh, questa è una condizione di dissolvenza. È ovvio che essendo candidato premier svolgo il ruolo principale in una campagna elettorale. Naturalmente quegli incarichi, che sono pochi ormai, sul terreno istituzionale di svolgo con grande cura, con grande separazione. Però, francamente, il contrasto non c'è. Lo si vede anche per l'altro ramo del Parlamento, dove presidente Franco Marini è impegnato come me nella campagna elettorale...

D... Non glielo chiedevo sul piano formale, ma su quello personale: la imbarazza un po' questo ruolo insieme di lotta e di governo?

R. Anche per questo vale la dissolvenza: uno sempre più dismette il suo abito di presidente della camera, sempre più indossa quello di una presenza nella scena della battaglia politica.

D. Pentito di aver accettato di fare il presidente della camera?

R. Noo, no, no. Anzi...

D. tornasse indietro lo rifarebbe?

R. Sì, certo. Debbo dire che, per il mondo da cui vengo, per la storia a cui appartengo, in qualche modo mi è sembrato anche di vestire un abito a nome di tanti altri. Ricorderò sempre il 1 maggio a Torino dopo le elezioni. Dissero “li c'è uno dei nostri”.

D. contento però di non dover partecipare alla sfilata del 2 giugno?

R. Assolutamente sì, assolutamente sì.

D. Però, a forza di fare il partito di lotta e di governo, è successo che quando voi siete governo si fanno politiche di destra, si tira la cinghia, il fisco porta via anche ai poveri quel poco che hanno. Quando c'è da ridistribuire ricchezza, i vostri governi cadono. E il compito spetta alla destra, con voli a protestare in piazza. Non le sembra un paradosso?

R. sì, quello che lei descrive è un paradosso della vicenda italiana. Non una legge di natura. Ma è vero quello che lei dice. In genere in Europa era fisiologico che i conservatori andassero al governo quando bisognava risanare e tagliare, e invece i socialdemocratici o la sinistra andavano al governo quando si trattava di redistribuire. E al massimo della politica dei due tempi. Poi la politica dei due tempi è stata incorporata nello stesso tipo di governo, quando gli esecutivi di centrosinistra hanno determinato un'intera stagione in Europa. Sono però le istanze di giustizia parte fondamentale del mandato degli elettori a quel tipo di governi. Non ci sarebbero mai stati i due anni di Romano Prodi senza quella richiesta di giustizia di cui noi ci siamo fatti parte diligente, facendo inserire in programma tante cose come le modifiche alla legge 30, il ritiro delle truppe italiane dall’Iraq e tanto altro…

D. E invece?

R. invece quando il governo è partito, è avvenuto un combattimento suo interno. Il dibattito sulla contestualità o meno dei due tempi: il risanamento e la redistribuzione.

D. La risposta la conosciamo: no.

R. E, lì le forze moderate.... così si è imboccato un corso, dove insieme a delle cose buone come il ritiro delle truppe dal Iraq e la legge contro gli infortuni sul lavoro, nella sostanza, e cioè proprio nell'attesa di cambiamento, questa esperienza ha deluso. Non c'è dubbio su questo punto. E io vivo la stessa delusione della mia gente: è indubbio che non ce l'abbiamo fatta. Da qui appunto la conclusione politica, e la nascita della sinistra arcobaleno. Al di là della scelta di Walter Veltroni di andare da solo sono convinto che fosse ormai irripetibile l’esperienza del governo Prodi.

D. Lei citava prima alcuni incontri della sua campagna elettorale nelle piazze nei teatri d'Italia. Gli altri leader politici nei loro giri hanno incontrato magari scarso entusiasmo, ma quasi tutti raccontano di una rabbia e una delusione comune nei confronti del governo Prodi. È vero?

R. Assolutamente, è vero.

D. era così impopolare il governo?

R. Più che impopolare, ha deluso. Una parte importante del paese si aspettava delle cose che non sono avvenute. Specie la parte più sofferente del paese. Credo ci sia una solitudine operaia che non è stata contrastata dalle politiche del governo. Ci sono state tre occasioni, tutte perdute.

D. quali occasioni?

R. La prima è stata quella delle pensioni. Io continuo a pensare come allora che bisognava avere il coraggio di una misura limpida: esonerare dall'aumento dell'età pensionabile gli operai. Seconda occasione persa: il mercato del lavoro. Troppa cautela intorno alla legge 30, lasciando l'ultima parola alla Confindustria, che già aveva avuto vantaggi rilevanti con l'operazione sul cuneo fiscale. Infine, terza vicenda, e mi scusi la volgarità della parola, il tesoretto.....

D..... si figuri, siamo tutti volgari.....

R. Lì finalmente c'è una possibilità di spesa, e vi si è rinunciato per consolidare il consenso interno allo stesso governo, non quello esterno. L'avesse invece fatto, forse Prodi non sarebbe caduto.

D. mi scusi, ma voi eravate governo. Perché allora non avete minacciato di farlo cadere, usando l’arma suprema, quando si è trattato di discutere di pensioni, di mercato del lavoro, di tesoretto? magari aveste ottenuto qualcosa. D'ora in avanti potrete condizionare ben poco le decisioni politiche.....

R. l'arma suprema è sempre autodistruttiva. Se lei lancia l'atomica dove sta, muore. Questa era la difficoltà. In un governo che aveva la politica dei due tempi, su cui noi non eravamo d'accordo, ma c'era, sarebbe stato suicida porre fine a tutto nel primo tempo. Ci saremo preclusi il secondo tempo, quello della redistribuzione.

D. ma il secondo tempo non c'è stato lo stesso…

R. Non per colpa nostra, ma della parte moderata. Comunque avremmo tradito la nostra gente. Mi lasci dire però che non condivido quello che lei dice sulla nostra efficacia attuale. Chi lo sa quanto conteremo? dipende da che forza avrà la sinistra arcobaleno. Le faccio notare che i successi maggiori per la popolazione italiana sono stati ottenuti dall'opposizione. Lo statuto dei diritti dei lavoratori è stato varato con la sinistra all'opposizione, la riforma sanitaria pure.....

D. Erano però altri tempi…

R. vero, ma anche prima di questi altri tempi c'erano altri tempi ancora, come negli anni 50, in cui non conquistavano niente…

D. A quei tempi anche quattro radicali erano in grado di paralizzare le camere. Oggi, con i regolamenti che lei ben conosce, sarebbe impossibile. Oltretutto Veltroni e Berlusconi vorrebbero modificarli per rendere ancora meno possibile a piccoli gruppi condizionare la vita parlamentare.

R. Guardi però che questi regolamenti sono oggi sostanzialmente penalizzanti, non sostanzialmente decisori. La legge elettorale attuale e i regolamenti fanno sì che la maggioranza fatica a far valere le sue ragioni e le opposizioni fanno fatica a far valere qualsiasi capacità di influenza anche quando sono enormi, senza aver bisogno di piccoli gruppi. Qui, alla camera dei deputati, l'opposizione non è mai riuscita a far inserire un tema suo nell'agenda parlamentare. E la maggioranza ha dovuto ricorrere costantemente i decreti per poter andare avanti, e lo ha fatto con grande fatica, perché i decreti moltiplicano il tempo perso.

D. proprio per questo li vogliono riformare .....

R. Avete certo è terribile il combinato disposto tra regolamenti parlamentari e legge elettorale. Se lei pensa che la legge di bilancio occupa al Parlamento grosso modo tra settembre e dicembre, capirà come la produzione di indirizzo politico sia tragicamente amputata.

D. Lei cita casi nazionali ma non c'è anche un po' troppa Europa a condizionare la vita politica italiana? Glielo chiedo anche pensando al caso Alitalia.

R. che la politica europea debba in qualche modo condizionare, secondo me è in qualche modo obbligato. Perché la globalizzazione chiede, per poter essere influenti, e tu lavori su una massa critica economica e politica. Sotto la scala europea non c'è alcuna possibilità di fare politiche influenti: monetarie, di protezione, di intervento attivo. Il punto è un altro...

D. e cioè?

R. Questi signori che governano l'Europa sembrano essere gli ultimi sacerdoti di politiche liberiste che secondo me non andavano bene neanche in altri tempi, ma che in tempo di recessione diventano addirittura sconcertanti. Perché non le fanno neanche gli Stati Uniti d'America, che le predicano, ma non le fanno. La Federal Riserve interviene sistematicamente, come si è visto nel recente caso della Bear Stearns, salvata dall'intervento del denaro pubblico. Anche la Gran Bretagna ha nazionalizzato una sua banca in crisi. Mi si deve spiegare ora perché si può intervenire su una banca e non su Alitalia. Chissà perché risparmio sì, mentre occupazione e strategie industriali no. Questo è un errore dell'Europa…

D. E la sua ricetta quale è?

R. Coniugare diritti e competitività. Vinceremo con questo la competizione globale. Diritti del lavoro, piani per l’ambiente, valorizzazione di beni comuni come l’acqua, e così via. Con una soglia minima da cui comincia la sfida per la competizione…

D. vero che su questi temi sì che più vicini a Tremonti che a Veltroni?

R. Ci fosse qui Tremonti continuerebbe questo dibattito ci ha già visti protagonisti per lungo periodo, con elementi di dissenso radicale sulle ricette, e convergenze su alcune analisi. D'altra parte io appartengo a un movimento di critica della globalizzazione che per primo ha rotto il pensiero unico, spiegando che è un terreno accidentato, che può determinare la messa in discussione di diritti e produrre una vera e propria regressione di civiltà. Siccome Tremonti si è mosso su un terreno diverso da quello apologetico, c'è stato un dialogo. Quello che non mi convince è che da questo ti salvi con una politica protezionistica. Non mi convince perché l'arma di ritorsione dei paesi dell'America latina, come dell'est, sarebbe così imponente da renderla inefficace. Se vuoi competere con cinesi ed indiani devi pensare ad altri tipi di produzione e di organizzazione della produzione.

D. Quali?

R. Cinque anni fa noi sembravamo battuti in settori come il tessile e le calzature. Oggi non è più così, grazie alla qualità dei nostri prodotti. Io credo che una delle ricette possa essere la tracciabilità dei nostri prodotti, che vale per i generi alimentari con cui si difendono le produzioni biologiche del proprio paese e l'alta qualità dei prodotti naturali. Ma questa tracciabilità deve valere anche per il lavoro, per cui i prodotti possono girare per il mondo a patto che abbiano incorporato un minimo di diritti sociali, un minimo di retribuzione, un massimo di orario, un minimo di diritti sindacali. Tu devi essere competitivo perché hai una capacità di produzione diversa. È l'unica idea di lungo periodo.

D. Non teme che la qualità si possa imparare in fretta? I cinesi riescono anche in questo…

R. Sì, se si tratta di elaborare un buon tessuto. Ma se il tessuto si combina con un'idea di stile, con un tipo di abbigliamento, e con una qualità del prodotto che non è solo dipendente dalla tecnologia, ma dalla esperienza degli uomini, allora a Biella faranno una produzione laniera di qualità superiore perché c'è una rammendatrice che sa fare quello che nessun altro al mondo è in grado di fare. Perché vive in un luogo dove da 200 anni si è prodotta una sensibilità diffusa che ha a che fare proprio con la cultura. Le cito il caso del tessile, che secondo la letteratura industriale sarebbe dovuto scomparire già negli anni 70. E invece è stato salvato da quello che è stato chiamato il sistema moda, il made in Italy. È la stessa cosa che sta avvenendo nella produzione dei vini. Pensi a cos'era vent'anni fa il vino pugliese, o quello siciliano. Erano usati al massimo per tagliare i vini nobili. Oggi sono punti di eccellenza dell'Italia nel mondo. Magari anche grazie all'internazionalizzazione, ad enologi che arrivavano dalla Borgogna.

D. Era immaginabile l'esempio del tessile: in linea con la sua passione per il cachemire...

R. Ah, Ah… però io inviterei qualcuno ad andare a Solomeo in Umbria, dove c'è un signore che ha costruito questa avventura, di produzione di lane di cachemire, che vende in tutto il mondo. Andare lì e provar vedere la qualità di quel villaggio, di quel borgo, di quella produzione. In ogni caso io che non ho mai avuto il cachemire fino a qualche anno fa, quando qualcuno mi fece un dono, mi ricordo delle magliaie milanesi che me ne mandarono uno chiedendomi di apprezzare il loro lavoro. Io credo comunque che bisognerebbe avere un po' più di cura per parlare del lavoro delle persone e dei prodotti, anche di quelli che purtroppo non sono alla portata di tutti.

D. va bene, inventati gli attacchi sul cachemire. Ma sono veri quelli sulla casta, che le sono toccati proprio mentre lei era presidente della camera. I politici sono davvero una casta?

R. il termine mi pare improprio. Se si vuol dire che si sono venuti accumulando nei decenni anche dei privilegi per tutte le rappresentanze politiche in Italia, secondo me è vero. Bisogna intervenire, perché questi sono di nocumento grave alla politica, che spesso non risolve i problemi della gente, ma li complica. L'estraneità della gente è direttamente collegata all’ estraneità della politica della vita quotidiana della gente. Però non c'è la stessa avversione o denuncia quando il signor Ruggiero, amministratore delegato della Telecom, prende una liquidazione di € 17 milioni, equivalenti di 1000 anni di retribuzione di un solo operaio...

D. ma i signori Ruggiero sono pochi…

R. non è vero, sono centinaia di casi. Ma non voglio giustificarmi, io sono per colpire tutti privilegi, che si sono accumulati nei decenni...

D. Lei li ha vissuti adesso, da presidente della camera

R. per la prima volta quest'anno il bilancio della camera è inferiore a quello dell'anno precedente. Non era mai accaduto. Non sono stati erogati gli aumenti previsti dalla legge per gli stipendi dei deputati. Sono stati eliminati dei benefit. Ridotti i vitalizi. Pensi che un giornale come Libero, che sta facendo una campagna molto forte sui costi della politica, me lo ha riconosciuto pubblicamente…

D. Ah, sì?

R. sì, il vicedirettore in una conversazione pubblica ha riconosciuto che a leggi vigenti questa presidente della camera ha fatto quello che poteva. Sono contento. E so che questo è ben diverso da quello che bisognerebbe fare con modifiche strutturali, intervenendo sul numero dei parlamentari e abolendo il bicameralismo.

D. Torno al cachemire. Uno dei fotografi più famosi di Roma, Umberto Pizzi, aveva molta simpatia per lei. In un'intervista l'altro giorno ci ha confessato di essere rimasto deluso dal trovarla dove non si sarebbe aspettato, nei salotti…

R. no, so quel che dice. In un salotto, quello di Maria Angiolillo. Ci sono stato due volte, perché ho ricevuto un invito, con la presenza di numerose altre componenti politiche: da Piero Fassino, a leader autorevolissimi del centro, del centrodestra, dei Ds. Si trattava di colazioni serali con ampia presenza di tutte le componenti politiche. Sarei stato scortese a declinare l'invito, anche per il ruolo che esercitava. Questo è. In ogni caso ho una grande libertà perché sono sempre in grado di confrontare le ore passate davanti ai cancelli di una fabbrica con quelle passate nei cosiddetti salotti. Sono tranquillissimo da questo punto di vista.

D. altra polemica, non voluta. La tocca da vicino la questione giudiziaria in questa campagna elettorale. Un suo compagno di schieramento, Alfonso Pecoraro Scanio, è sotto indagine della procura di Potenza. Perché si tratti di giustizia ad orologeria?

R. no no, mai. Nessuno mi sentirà mai avanzato il sospetto sulla magistratura. Mai. Io penso che un politico debba sempre essere al di sopra di ogni sospetto. La magistratura faccia il suo corso. Non sono neppure sfiorato dal problema. Penso, per come lo conosco, che Pecoraio Scanio sarà in grado di dimostrare la sua estraneità ad ogni accusa. Ma penso che sia giusto fin d'ora dichiarare che se anche venisse eletto sarà a disposizione della magistratura concedendo tutto ciò che la magistratura chiederà. Certo, che capiti in campagna elettorale e un po' sconveniente. Sarebbe meglio che accadesse o prima o dopo. Ma non faccio polemiche.

D. i partiti che compongono la sinistra arcobaleno nel 2006 avevano circa l'11,5%...

R.... è cambiato il mondo...

D. cosa considera un successo alle prossime elezioni?

R. diciamo qualcosa di più di quello che ci attribuiscono i sondaggi…

D. … che la legge ci vieta di citare…

R. per questo lo dico.

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Come è bella, come è bella la mugliera di Mastella

"T'accompagno, vico vico, sulo a te che si' n'amico, accussì vide cumme sta chesta povera città; camminando tra 'sti mucchi viene voglia 'e chiude l'uocchi, ma poi pienso cumm'è bella a mugliera de Mastella. Dopo anne 'e Pomicino è arrivato Bassolino, che si è unito in matrimonio co' la Russo Iervolino, nun bastava stu binomio pe' acchiappa' tutte ste' milioni è venuto a da' 'na mano pure 'o re di Ceppaloni. 'Sta città aspetta ancora il suo rinascimento, nel frattempo ce tenimme chesta sorta 'e inquinamento; dove so' 'o cielo e 'o mare, a poesia e 'a bellezza? So' fernuti 'n miezz 'a via, insieme a tutta sta' munnezza. Finirà chisto burdello, qualcuno farà pulizia, e come sarà bello vederli andare via. Il giorno che finirà tutto avranno ormai piena la panza, saluteranno con un rutto e allora avremo una speranza... E sarà di nuovo bella 'a città 'e pulicinella , tornerà ancora bella cumme 'a mugliera 'e Mastella..." E' il testo della canzone di Giorgio Carosone, cantautore abruzzese con piglio napoletano e un passato americano, che sta spopolando fra gli italiani all'estero, in particolare quelli in Germania. Carosone (nessuna parentela con il celebre Renato), è autore di numerose canzoni per bambini e anche di alcuni pezzi di "satira politico-musicale". Tra i suoi titoli un "Tu sei buono e ti tirano Di Pietro" e un "Eppure so' Fazio" che ebbero qualche successo in passato...