La libertà di stampa si difende scrivendo e stampando
Che eroe, che senso della responsabilità, che statista! Erano passate da poco le 12 e 25 di ieri quando Roberto Natale, segretario della Federazione nazionale della stampa (Fnsi) è entrato con aria severa nello studio di “Cominciamo bene”, la trasmissione condotta da Michele Mirabella e Arianna Ciampoli su Rai Tre. Dopo avere abbandonato con il cuore sanguinante il fedele blackberry con cui aveva terminato la ventesima intervista telefonica e da poco dettato un comunicato stampa, Natale ha annunciato finalmente dai teleschermi che la manifestazione in difesa della libertà di stampa è stata rinviata dopo la carneficina di Kabul. “L’attenzione degli italiani è concentrata da questi tragici fatti”, ha sentenziato il segretario del sindacato unico dei giornalisti. Applausi dal pubblico e incenso da parte di entrambi i conduttori, “anche noi non ce la saremmo sentita di manifestare. Saggia decisione”. Ero stato invitato anche io a dibattere di questa libertà messa a rischio da un paio di querele del premier e da quell’attentato che è sembrato spostare una puntata di Ballarò di un paio di giorni (Giovanni Floris è andato in onda ieri sera). E visto che c’ero ho pensato bene di prendermi subito qualche fischio: “Scusate, vi sembra eroica questa decisione? A me sembra che evitare una scampagnata e tornare in redazione a dare notizie in un momento così sia l’unico modo per difendere la libertà di stampa e di espressione”. Giù fischi e rimbrotto di Mirabella: “scampagnata?!!!”. Ma sì, il corteo era previsto nel cuore di Roma: non scampagnata, una stracittadina. Chi vive nella capitale ci è abituato: ce ne è uno ogni giorno. E per motivi ben più seri e gravi. Proprio ieri mattina sotto la redazione di Libero sono sfilati due mila lavoratori di quel che un tempo si chiamava Olivetti, la creatura di Carlo De Benedetti. Passati di mano in mano e di disastro in disastro, da qualche mese sono senza stipendio e ora vivono la minaccia di chiudere baracca e burattini. Campeggiava fra loro uno striscione “Traditi da Monte dei Paschi”, e quasi non se ne capacitavano: messi sulla strada dalla “banca rossa”, che ha revocato gli ultimi fidi. Cose serie, non i quattro maldipancia ad orologeria di noi giornalisti.
Bisognava vederla quella trasmissione di Mirabella ieri. Lui e la Ciampoli a declamare in apertura di dibattito i toni gravi della lettera scritta a Giorgio Napolitano dai futuri (forse) manifestanti, poi a condurre il dibattito premettendo la preoccupazione per quel che era accaduto a Ballarò e per il nuovo clima di epurazioni che sarebbe stato preannunciato dal premier in carica. Via al filmato sulla dichiarazione di Silvio Berlusconi che dà dei “farabutti” ai giornalisti. Mirabella che chiosa: “io non mi sento farabutto. E lei?”. Ecco a voi Rai Tre, l’ultima isola della libertà di stampa in Italia. Due conduttori che fanno anche gli ospiti e si allineano alle tesi di uno dei due ospiti. Tre con la stessa idea espressa durante tutto il dibattito. E poi l’utile idiota- il sottoscritto- chiamato per par condicio a dire qualcosa di diverso. E’ questa l’idea di libertà di espressione che dovremmo difendere? Su quattro persone tre la pensavano allo stesso modo, il quarto no. E sapete cosa dicevano? Che bisogna sfilare in piazza contro il pensiero unico. Quello del quarto.
Sembra una commedia dell’arte questa piece sulla libertà di stampa messa a rischio. Comica ma anche grottesca. Quindici giorni fa Roberto Benigni fece due comunicati stampa. Uno per rivelare la sua adesione all’appello di Repubblica e offrire la sua solidarietà contro il tentativo di intimidazione alla libera stampa rappresentato dalle cause civili e penali intentate al quotidiano di Ezio Mauro da Berlusconi. L’altro comunicato era rivolto a me. E annunciava l’intenzione di farmi causa civile e penale per un articolo secondo lui diffamatorio, in cui informavo sui conti e i problemi di alcune società controllate dal comico toscano e dalla di lui consorte, Nicoletta Braschi. Con la mano destra Benigni grondava di indignazione per le cause intimidatorie a Mauro e con la sinistra minacciava causa a un altro giornalista.
Ma sì. Libertà per tutti! Di scrivere, condurre, pensare e perfino querelare. Querelino quanto vogliono, tanto poi in tribunale la verità viene quasi sempre fuori. Vero che chi comanda vorrebbe sempre essere adulato e incensato. Vero che le notizie fastidiose fanno andare di traverso il boccone a chi ne è protagonista. Vero che Berlusconi dà dei “farabutti” ai giornalisti e che prima di lui Massimo D’Alema aveva deliziato la categoria di complimenti come “iene dattilografe” o del più grazioso “canaglie” ricordato ieri dal direttore di Libero, Maurizio Belpietro. Dicano quel che vogliano, non mi sembra che in questi anni sia mancata libertà di scrivere e pubblicare. Chi vuole difende il mestiere di informare rovinando le suole delle scarpe nell’unico modo utile: alla ricerca di notizie. Vedrete che non saranno quelli a farsi la scampagnata o la stracittadina che dir si voglia in uno dei prossimi sabati, che auguro a tutti allietato dal sole delle celebri ottobrate romane.
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