C'è un processo che ha Di Pietro contro Berlusconi. Il pm è Santoro. Le carte sono in mano a Fini. E non è fiction
C’è un processo che prevede un presunto colpevole, e qui non si fatica ad immaginare: è Silvio Berlusconi. Ha una parte offesa che ha denunciato il premier, e anche qui sembra tutto scontato: si tratta di Antonio Di Pietro. Ha naturalmente un pm che accusa, che si chiama Santoro. E qui la novità è solo che non si tratta di docu-fiction: non è un processo televisivo, ma un processo vero. E per il pm Santoro si tratta di banale omonimia: non c’è parentela con il Torquemada della tv di Stato. Il processo si sta svolgendo a Bergamo, tribunale presso cui Di Pietro circa un anno fa ha querelato Berlusconi dopo una puntata di Porta a Porta in piena campagna elettorale 2008 in cui il leader del Pdl aveva apostrofato così l’ex pm: “E’ un emerito bugiardo che non ha nemmeno la laurea valida”. Da lì appunto querela e processo. Che è già stato congelato in conseguenza del lodo Alfano, ma è ripreso il 18 novembre scorso in una breve udienza preliminare davanti al gip Patrizia Ingrascì in cui non si sono presentati né querelante né querelato (entrambi per legittimo impedimento) e a dire il vero nemmeno i due avvocati di fiducia (Sergio Schicchitano per Di Pietro, Niccolò Ghedini per Berlusconi), che si sono fatti sostituire da due giovani corrispondenti del foro locale. Pochi minuti d’udienza, per accogliere la richiesta della difesa, e cioè verificare con la Camera se Berlusconi dava del bugiardo a Di Pietro coperto o meno da immunità parlamentare. E poi intero fascicolo messo in busta e spedito il 25 novembre scorso con destinazione Camera dei deputati. La posta fra istituzioni non deve essere un modello di efficienza, perché per amara ironia del caso quel fascicolo giudiziario, quello con Di Pietro parte offesa, Berlusconi presunto colpevole e Santoro pubblico ministero, è arrivato nelle mani del presidente della Camera, Gianfranco Fini lunedì 14 dicembre, il giorno dopo l’aggressione a Berlusconi in piazza del Duomo a Milano. Nel bel mezzo della bagarre parlamentare fra Pdl e lo stesso Di Pietro che con toni da querela e controquerela stavano appunto commentando i fatti della domenica milanese.
Per altro al “bugiardo” dato da Di Pietro a Berlusconi era subito arrivato come contro-risposta un “bugiardo” di Di Pietro a Berlusconi, ed era stata immediatamente annunciata una contro-querela che però mai è stata presentata. Più volte Di Pietro ha presentato in questi anni querele a Silvio Berlusconi perfino di fronte a giudizi generici sulla magistratura che non lo citavano direttamente. Al contrario, pur essendosi sentito dare del “bugiardo”, del “corruttore”, del “criminale” e anche del “mafioso”, Berlusconi ha annunciato querela a Di Pietro ma poi l’ha presentata in una sola occasione, assai recente, quando durante la campagna per le europee il leader dell’Italia dei Valori definì il premier “un magnaccia di veline”. Il processo è a Campobasso, dove il gip in prima battuta ha ritenuto subito non meritevole di alcuna considerazione la querela di Berlusconi (“magnaccia di veline” non sarebbe stata offesa politica). Ghedini però è riuscito a opporsi alla archiviazione del fascicolo e a tenere in piedi un procedimento che probabilmente mai si farà.
Per altro se non ci sono molte querele contro Di Pietro- nonostante il linguaggio colorito più volte usato che certamente porterebbe un giornalista diritto a supercondanna- è perché si sa già in partenza che le azioni giudiziarie sarebbero inefficaci. Difficile trovare un collegio di magistrati che dia torto a un ex magistrato a capo del partito dei magistrati. Non solo: l’unica volta che per Di Pietro qualche rischio ci sarebbe stato, perché a querelare era un altro magistrato come Filippo Verde, il leader dell’Italia dei valori ha alzato immediatamente zitto zitto lo scudo che aveva a disposizione in quel momento: quello dell’immunità da parlamentare europeo, che lo ha tolto dalle pesti nella primavera scorsa. L’unica volta in cui avrebbe potuto dimostrare di razzolare come predicava, rifiutando l’immunità parlamentare e diventando davanti alla legge un cittadino come tutti gli altri, Di Pietro ha scelto la comoda pelliccia dell’immunità. E chissenfrega dei suoi di pietrini delusi.
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