Fu
per un articolo che Salvo Lima fu assassinato. Fu per lo stesso articolo che
saltarono in aria Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che Oscar Luigi Scalfaro
divenne capo dello Stato, che esplosero le bombe al Velabro e all’Accademia dei
Georgofili. L’articolo è il 41bis dell’ordinamento penitenziario, che isola i
boss mafiosi dai contatti con le loro famiglie e dai pizzini dei capi in
libertà. Sappiamo da anni dalle inchieste giudiziarie, dai pentiti e dai
documenti ritrovati che le stragi e gli attentati del 1992-’93 erano il pressing di Cosa Nostra per ottenere
l’abolizione di quel 41bis. Questo sta scritto anche nel famoso papello
Ciancimino ritrovato per caso poco più di un anno fa e che sarebbe lì a mostrare
la trattativa in corso fra Stato e Mafia. Quel che non era noto invece è che la
mafia vinse quel braccio di ferro con lo Stato. E che ad arrendersi fu lo Stato
rappresentato al Quirinale proprio da Scalfaro, a palazzo Chigi da Carlo Azeglio
Ciampi, al Viminale da Nicola Mancino, al ministero della Giustizia da Giovanni
Conso, alla direzione della polizia da un fedelissimo di Scalfaro come Vincenzo
Parisi. Fu quello Stato ad arrendersi alla mafia e a dargliela vinta, senza
abolire il 41bis ma disapplicandolo di nascosto prima nel maggio e poi nel
novembre 1993 a ben 280 boss di Cosa Nostra, metà dei quali erano detenuti a
Palermo nel carcere dell’Ucciardone. Nella sua audizione della scorsa settimana
davanti alla commissione antimafia guidata da Beppe Pisanu l’allora ministro
della Giustizia, Conso, ha candidamente ammesso di avere deciso di liberare dal
giogo del 41 bis nel novembre 1993 quei 140 boss della mafia di propria autonoma
scelta, non consultandosi con alcuno e solo per vedere se con un gesto- diciamo
così, di distensione- finivano le stragi.
Già l’ammissione in sé ha fatto franare il castello dei teoremi
giudiziari di molte procure italiane. Queste sostenevano infatti che fino agli
anni Ottanta il referente unico della mafia fosse Giulio Andreotti, poi pentito
fino a diventare addirittura il padre del 41 bis. Andreotti- continua il
teorema- fu punito per questo con l’assassinio di Lima, cui seguirono quelli di
Falcone e Borsellino. A quel punto di strage in strage- continuava il teorema-
Cosa Nostra provò a intavolare una trattativa con pezzi dello Stato. E
attraverso Ciancimino raggiunse Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi che si
preparava a diventare politico e non voleva stragi fra i piedi, per raggiungere
lo scopo. Certo, il teorema vacillava perché una volta andato al governo
Berlusconi confermò il 41 bis e iniziò anzi una dura lotta alla mafia culminata
con un discorso a Palermo nell’ottobre 1994 che fu esaltato perfino da Attilio
Bolzoni su Repubblica. Le inchieste cercavano per chiudere la partita qualche
documento o qualche atto riportabile a Berlusconi per dimostrare che sì, la
trattativa era reale e il 41bis stava per essere abolito. Ora l’ammissione di
Conso manda tutto all’aria perché se trattativa mai fosse esistita, le richieste
della mafia furono esaudite dal governo Scalfaro-Ciampi-Mancino-Conso. Un bel
guaio per dietrologi, magistrati, campioni dell’antimafia, perfino per i vari
Roberto Saviano: la loro tesi sui rapporti fra mafia e politica sta diventando
un boomerang. E ora rischia di colpire proprio chi da venti anni fa la morale e
insegna la retta vita a tutti gli altri italiani. La mafia voleva una cosa e
l’ha ottenuta da quel governo, non da altri. Conso ha certamente aperto una
autostrada alla verità storica, ma la sua versione fa acqua da molte parti. Lui
ha ammesso quell’episodio del novembre 1993, ma è saltato fuori anche un decreto
precedente di revoca del 41 bis ad altri 140 boss del 14 maggio 1993, la sera
stessa dell’attentato a Maurizio Costanzo in via Fauro. Quindi sono stati due i
decreti del governo Ciampi a disapplicare il 41bis ai mafiosi. Il primo, quello
dimenticato da Conso, fu suggerito misteriosamente in una riunione del 12
febbraio 1993 dall’allora capo della polizia, Parisi (era l’ombra di Scalfaro) e
sostenuto dal direttore delle carceri Nicolò Amato. A differenza dei teoremi
giudiziari precedenti, ci sono documenti e fatti che provano quanto è avvenuto
nel 1993. Ciampi era capo del governo. Richiesto ora di un commento si è
rifiutato di intervenire con una dichiarazione facendo però sapere in privato
che lui non c’entrava e che aveva ereditato una proposta simile dal governo
precedente di Giuliano Amato, in cui Conso e Mancino erano già ministri. La
versione Ciampi è plausibile semmai per il primo decreto, quello di maggio. Ma
per il secondo, firmato sei mesi dopo (a novembre) Giuliano Amato non può
centrare proprio nulla. Credibile la versione di Conso, allora, di avere deciso
tutto in solitudine e di nascosto? Mica tanto. Come faceva ad essere quella
revoca del 41 bis nascosta al direttore dell’Ucciardone e al magistrato di
sorveglianza del carcere? Impossibile. Come impossibile che fosse nascosta ai
pubblici ministeri di Palermo che un anno prima avevano chiesto l’applicazione
del 41bis per quei boss mafiosi. Impossibile che quella decisione fosse ignota
al procuratore capo di Palermo, che dal 15 gennaio 1993 era Giancarlo Caselli,
né al procuratore aggiunto Guido Lo Forte e ai pm Roberto Scarpinato e
Gioacchino Natoli. Eppure nessuno
protestò, nessuno rese pubblico per venti anni che lo Stato nell’anno di
Scalfaro-Ciampi-Mancino-Conso-Parisi e Caselli aveva ceduto alla mafia,
dandogliela vinta sul 41 bis. Strano che i pm che di solito insorgono per queste
cose e scatenano campagne stampa, si chiusero in un mutismo assoluto. Strano,
eppure comprensibile: se avessero rivelato gli atti a loro conoscenza, si
sarebbe sbriciolato fra le loro mani l’atto di accusa nei confronti di Andreotti
che avevano appena firmato. Anche per
questo bisogna riscrivere la storia di Italia degli ultimi venti
anni.
1 commento:
Con i vantaggi che ancora oggi hanno si permettono di accusare di " mafia" i mafiosi? Spero che non sia vero ciò che avrebbe affermato Conso perché se lo fosse davvero allora si che sarebbero comprensive tutte le azioni mosse contro una persona per bene come Andreotti e contro tutte le povere e ignare vittime di quelle azioni omertose dei"POLITICI D'ONORE" di quel tempo . Ecco allora come mi spiego "tangentopoli" nata evidentemente da quei pochi ma rumorosi magistrati desiderosi di entrare a far parte di quella POLITICA D'ONORE per pochi eletti MORALISTI !!!!!!!!!!!!!! Che fango di m......! Io e non saro' il solo veramente : NON CI STO
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