Pronti… Puntare… Sparare! E gli storni di Roma hanno
centrato il secondo obiettivo nobile. Il primo è stato la Ford Mondeo familiare
turbodiesel di Antonello Giacomelli, deputato Pd, ma soprattutto braccio destro
del ministro Dario Franceschini: gli storni (che devono avere qualche simpatia
per il popolo dei forconi) hanno coperto di guano- è il nome della loro cacca-
l’utilitaria ferma nell’onorevole parcheggio della Camera dei deputati. La
seconda vittima nello stesso parcheggio è ora una Fiat Croma 1.9 MJt a gasolio,
che ha ricevuto il medesimo trattamento. Appartiene a Guglielmo Vaccaro, anche
lui deputato Pd, braccio destro di Enrico Letta e ora uomo-guida anche
dell’intergruppo parlamentare per la sussidiarietà (di fatto il nucleo politico
da cui è nato questo governo). Questa volta l’obiettivo è più alto, e il colpo
lascia attoniti. C’è voluta grande abilità per trasformare quella povera Croma
in … lettame. Dopo l’incidente sul vice-Franceschini, Laura Boldrini aveva
infatti schierato la contra-aerea: sofisticati (e costosi) sistemi
anti-intrusione per gli storni. Ma sono riusciti misteriosamente ad aggirarli…
ALFANO TIFA, LA SQUADRA PERDE
Angelino Alfano, lanciando sabato 7 dicembre il suo partito, Nuovo centrodestra, si è lanciato in improvvidi paragoni sportivi, sostenendo di volere vincere il campionato come la squadra di basket del Brindisi, che "incrociando le dita" sta volando verso lo scudetto. Poche ore dopo quelle dita incrociate, la squadra di Brindisi ha perso lo scontro diretto con la Granarolo Bologna, e ora alla guida della classifica ci sono anche altre due squadre... L'Alfano tifoso ricordsa un po' il sindaco di Roma, Ignazio Marino, che il 30 ottobre scorso ha fatto gli auguri scudetto alla Roma, impegnandosi scherzosamente a spogliarsi come Sabrina Ferilli se Francesco Totti & c avessero vinto lo scudetto. Era il 30 ottobre, e la Roma guidava la classifica con 5 punti sulla Juve. Da quel momento in un mese la Roma- che aveva vinto tutte le partite- ha perso 8 punti, rrovandosi a -3 della Juve. Morale: se vedete in giro un politico-tifoso, meglio fornirsi subito efficaci amuleti. A meno che il politico tifi per la squadra vostra avversaria...
Il Nazisto e quello delle scorregge
Venerdi 22 novembre seduta di follia al Senato, dove si inizia a discutere della decadenza di Silvio Berlusconi. Lucio Malan del Pdl interrompe il discorso di Paola Taverna (M5s), dicendo "Nazista". Poi si pente e chiede scusa, dicendo di avere attaccatto il suo ragionamento "totalitario", ma non la sua persona. La Taverna respinge le scuse, sostenendo che se Malan avesse attaccato il suo ragionamento e non lei stessa, avrebbe dovuto usare un epiteto maschile e non femminile... Sigh, ma quale è il maschile di "nazista"? Forse "Nazisto"? Nella stessa seduta gag del senatore Vincenzo D'Anna che se la prende con Rocco Crimi (M5s), ma non gli viene il nome e così lo chiama "quello delle scorregge...".. Con il presidente del Senato che fa prima finta si scandalizzarsi e poi fa capire con una smorfia che di queste intemperanze non gli importa proprio nulla...
Imposta di bollo, anche Alfano la subisce per non dire no a Silvio e Doris
Hanno fatto un nuovo partito, sanno di avere fatto scelte sbagliate. Ma gli scissionisti di Angelino Alfano non sanno dire di no a Silvio Berlusconi ed Ennio Doris sui capital gains
http://www.liberoquotidiano.it/blog/1355968/Perch%C3%A8-non-avete-alzato-i-capital-gains--Risposta-di-Alfano--c-Silvio-non-vuole.html
Caro Berlusconi, ha detto una sciocchezza sugli ebrei. Chiesa scusa e zittisca i suoi
I figli degli ebrei nella Germania di Hitler non
hanno avuto il privilegio di sentirsi perseguitati. Per avere un sentimento
bisognerebbe essere vivi, e quasi nessuno è sopravvissuto. Pochi figli degli
ebrei hanno avuto il privilegio della vita anche fuori i confini della Germania
dell’epoca. La mia famiglia è stata fra i pochi. Non tutti. Zio (mio prozio)
Sergio era rimasto a Torino, mentre gli altri fuggivano a Coazze, dove
pensavano di restare al sicuro. Lo presero i tedeschi in via Roma con la
fidanzata e un amico. Finì ad Auschwitz, dove lavorò arrivando a consumare
l’ultimo lembo di pelle. Non si reggeva più in piedi, se ne è andato nel fumo
del forno crematorio di quel campo. A mio nonno Aldo tolsero l’auto: gli ebrei
non potevano guidarla. Presero due biciclette, lui e nonna Lalla. La sera dopo
lei, sfinita non riuscì a tornare a casa. Si attaccò a un grosso furgone per
farsi trainare. E’ morta così e non ha visto il resto. Nonno aveva un magazzino
di pezze di stoffa: si chiamava Arnaud & Colombo. Gli fu dato fuoco, tutto
distrutto. A Coazze quelli che pensavi amici non lo erano. Fecero la soffiata.
Qualcuno fu preso e la sua vita finì lì. Nonno fu fortunato. Vendette tutto
quel che restava, lo trasformò in monete d’oro, e ne riempì una cintura. Prese mamma
e zio e fuggì di notte grazie a un barcaiolo sul lago verso la Svizzera. Nonno
e mamma non si videro per lungo tempo. Furono salvi grazie a quella cintura.
Sono nato per quelle monete d’oro e quel barcaiolo. Ma nessuno degli amici
dell’epoca ce la fece. Non ci furono altri “Franco” che ebbero la fortuna di
nascere.
Per me, come per chiunque abbia sfiorato da vicino
la storia del Novecento, “persecuzione” è una parola fatta di carne e sangue,
di pelle e ossa, di orrore e odio. Non so cosa abbiano imparato i figli di
Silvio Berlusconi nei licei, nelle scuole steineriane, nelle università o nei
master frequentati. So che a troppi è venuto un brivido di ghiaccio ieri
leggendo le parole che il Cavaliere ha affidato all’ultimo libro di Bruno
Vespa: «I miei figli dicono di sentirsi come dovevano sentirsi le famiglie
ebree in Germania durante il regime di Hitler. Abbiamo davvero tutti addosso».
Una sciocchezza assoluta, un paragone improponibile, una frase che è perfino
difficile immaginare possa sfuggire a un leader politico in sella da venti
anni, che è stato tre volte presidente del Consiglio.
Non c’è paragone possibile fra la vita che conducono
oggi i figli di Berlusconi, invidiata e invidiabile dalla stragrande
maggioranza dei figli d’Italia, e quel che capitò nell’Europa di Hitler ai
figli di Israele. Lo dovrebbe sapere più di molti altri il Cavaliere, che sul
rapporto privilegiato con gli ebrei costruì le alleanze internazionali dei suoi
governi. Non sembra possibile che possa essere sfuggita una sciocchezza
così al premier che pianse il primo febbraio del 2010 visitando a
Gerusalemme con Benjamin Netanyahu lo Yad Vashem, il museo dell’Olocausto. Sul
libro degli ospiti c’è la firma del Cavaliere sotto la scritta: “La nostra
anima vola, ‘non è vero, non può essere vero’ e poi, sconfitta, grida: ‘mai,
mai più’. Con commozione più grande…”. Possono fuggire di bocca sciocchezze
senza pensarci, anche se non dovrebbero scappare a un leader politico pur
portato alla esagerazione. Che Berlusconi possa sentirsi perseguitato, è
comprensibile. L’offensiva giudiziaria e politica subita è reale, non ha
paragoni con altre storie politiche e imprenditoriali in questo paese. Che i
suoi figli abbiano subito persecuzioni è assai meno vero, ma è comprensibile
che pesi anche per loro quello che sta passando il padre. In condizioni così si
comprende qualche esagerazione, come accade a tutti noi. Ci sorprende un
temporale violento, e lo chiamiamo “diluvio universale”. Di fronte ad
avvenimenti negativi diciamo “tragedia” anche quando non lo è. Ma a un uomo
politico prima che ad ogni altro non può sfuggire la sgradevolezza di quel
paragone fra traversie private e l’orrore dello sterminio di un popolo. Si
sbaglia anche in modo assai grave nella vita, ed è giusto chiedere ed ottenere perdono
per un brutto paragone come quello che abbiamo letto ieri. Caro Berlusconi, si
può scusare tanto più un leader che ha mostrato nei fatti la coscienza di quel
dramma della storia e l’amicizia con il popolo di Israele. Ma aiuterebbe non
poco a dimenticare l’incidente se lei ponesse subito un freno ai giannizzeri
che già si sono schierati a difesa del leader e di parole confuse e sbagliate.
Mai come in questo caso sono sembrati sgradevoli e inopportuni.
Scherzetti dell'alcol a Montecitorio
Il ballo del quaquaraquà
Camera, 10 ottobre 2013. Si discute del finanziamento pubblico dei partiti. Il deputato M5s Riccardo Fraccaro infiamma l'aula dando del "ladro" a tutti gli altri colleghi, che si incazzano. Sembra un dramma. Poi prova a buttarla sull'ironico il Pd Gianclaudio Bressa, che dice ai 5 stelle: "Siete solo chiacchiere e distintivo", come disse Robert-De Niro Al Capone nel film gli intoccabili. Si rischia la nuova rissa. Parla Riccardo Nuti, M5s, e ributta citando Leonardo Sciascia: siete solo "quaquaraquà!". E qui che si trasforma in farsa. Il deputato Pd Ettore Rosato non vuole incassare, però incespica con la lingua e accusa Beppe Grillo di essere un "qua-QUARA-quaquà". E a Montecitorio tutti iniziano a ballare con Romina Power il ballo del qua qua....
Alfano e il mitico Mentana
La furia di Pannella su Epifani: "maiale, zozzone, avvoltoio"
La mattina di venerdì 13 settembre 2013 davanti a Montecitorio Marco Pannella ha partecipato a una manifestazione sull'eutanasia promossa dalla associazione Luca Coscioni. Nell'intervento il leader radicale ha avuto parole di fuoco nei confronti del segretario Pd, Guglielmo Epifani, cui contesta il radicalismo giustizialista mostrato in tv nei confronti della vicenda di Silvio Berlusconi, sui referendum promossi da Pannella e delle ipotesi di amnistia. A Epifani il leader radicale ha dato prima del "gran zozzone", poi del "maiale", infine dell' "avvoltoio", arricchendo così il già nutrito vocabolario zoologico della politica italiana.
Come ti catturo i giovani: prodiano e renziano lanciano lo spinello libero ai sedicenni
http://www.liberoquotidiano.it/blog/1300596/L-uomo-di-Renzi-e-quello-di-Prodi---insieme-per-lo-spinello-libero.htmlhttp://www.liberoquotidiano.it/blog/1300596/L-uomo-di-Renzi-e-quello-di-Prodi---insieme-per-lo-spinello-libero.html
Berlusconi dissanguato da Pdl e Forza Italia, si incazza con i suoi eletti morosi
Silvio
Berlusconi si è letteralmente svenato per le sue due creature politiche
nell'ultimo anno. A febbraio 2013 ha firmato un assegno personale da 15 milioni
di euro per coprire una parte dei debiti della vecchia Forza Italia. Quei soldi
sono subito stati girati però al Pdl, che si è visto saldare un vecchio debito
azzurro da 14.807.342 euro. Ma non è bastato: ad aprile il cavaliere ha firmato
un altro assegno da 2,8 milioni di euro girato al Pdl come “prestito
infruttifero con scadenza 30 aprile 2014”. Come se tutto ciò non bastasse, il
Cavaliere ha ancora garantito con fidejussioni personali da 102.720.617 euro i
conti assai dissestati di Forza Italia, che nel 2012 ha chiuso un bilancio in
rosso di 25,5 milioni di euro accumulando un disavanzo patrimoniale complessivo
di 65,9 milioni di euro. Sempre Berlusconi ha aumentato le fidejussioni personali
anche nei confronti del Pdl, portandole da 4 a 14,8 milioni di euro. I due
partiti politici gli stanno costando un vero sproposito. E soprattutto le
tasche del Cavaliere sono le uniche ad essere state svuotate: né dirigenti, né
eletti, né elettori si stanno svenando per il leader del centrodestra. Per il
Pdl sono addirittura tracollate le quote associative annuali: nel 2011
ammontavano a 13,7 milioni di euro, nel 2012 sono scese ad appena 40.710 euro.
O nessuno si è più iscritto, o certo non ha pagato la propria quota. Stessa
taccagneria da parte dei parlamentari Pdl. Tanto che a questo punto Silvio si è
incazzato. E andrà a caccia dei portafogli degli eletti. Nel bilancio Pdl si
annuncia infatti che “è impellente il recupero più ampio possibile degli
arretrati dei versamenti mensili dovuti dai parlamentari e dai consiglieri
regionali”.
Forza, taglia!
http://www.liberoquotidiano.it/blog/1271093/FORZA-TAGLIA.html
Dice
il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni: “Vogliamo
rilanciare l'economia riducendo le tasse su lavoro e imprese. Non
possiamo farlo aumentando il debito, quindi dobbiamo ridurre le
spese”. Siccome siamo in recessione, non si può tagliare gli
investimenti: “Vogliamo ridurre”, continua Saccomanni, “le
spese correnti ma non è un lavoro che consenta nel giro di poche
settimane di reperire miliardi di euro come se avessimo la bacchetta
magica”. Vero: ci vuole tempo per vedere i risultati di un taglio
alla spesa. Infatti è per questo che immaginavamo che dal primo
giorno le forbici di Saccomanni fossero già in azione. Invece deve
esserci qualcuno che si è messo di traverso. Perchè il ministro
spiega che oggi la spesa pubblica ammonta a 800 miliardi e tolti
“redditi da lavoro, prestazioni sociali, interessi, spese in conto
capitale, il totale su cui si può lavorare ammonta a 207 miliardi di
euro”. Micca noccioline: in una somma così ci sarà abbastanza
panna cui attingere, no? Però... Sì, c'è un però che fa capire lo
stesso Saccomanni: “analizzeremo i tipi di spesa su cui intervenire
più rapidamente, ma sia chiaro che i tagli indolori non esistono”.
E ancora: “nessuno si illuda che vengano fuori spese misteriose da
tagliare senza che nessuno protesti”. Ecco, se il ministro
dell'Economia mette le mani avanti così, significa che fino ad ora
qualcuno le ha già messe davanti alle sue forbici per fermarle. Noi
quel qualcuno lo conosciamo bene, perchè sono anni che ci sgoliamo
per fermare il partitone della spesa pubblica. E' la sinistra che in
quella panna è sguazzata in questi anni, costruendo sulle tasche di
tutti gli altri italiani carriere politiche e sindacali personali,
gruppi di potere e di consenso. Poi certo, il partito della spesa
pubblica ha una sua trasversalità: ma il suo cuore è li, al centro
del bandierone rosso.
E'
per questo che oggi viene voglia di gridare a Saccomanni: “Forza,
taglia!” E non sarebbe male che l'urlo, la spinta, l'affiancamento
al ministro senza se e senza ma venisse proprio da chi oggi desidera
ridare vita a “Forza Italia”. Perchè quel programma “meno
tasse” e “via la panna della spesa pubblica”, era proprio alle
origini di quel movimento nel 1994. Dunque, Forza, taglia! E taglia
per ridare una possibilità a questa Italia.
+
Vista
la necessità assoluta di non piegare ulteriormente i cittadini di
questo Paese dopo l'anno e mezzo che hanno passato, avremmo voluto
Enrico Letta e i suoi ministri con quelle forbici in mano a tagliare
e ritagliare giorno e notte dai primi di maggio per trovare quelle
risorse fondamentali con cui abbassare una pressione fiscale ormai
intollerabile e rimettere qualche soldo nelle tasche di cittadini e
imprese invece che in quelle dei pochi privilegiati che oggi vivono e
si arricchiscono con quella panna. Ma non è ancora così tardi, e se
quel “però” ripetuto da Saccomanni è un Sos lanciato per avere
una mano con chi lo ostacola dentro maggioranza e governo, eccola qui
la mano tesa. Tagliare si può, e qualsiasi dolore è lenito da un
utilizzo saggio di quelle risorse ottenute. Tagliare si può anche in
breve tempo, e su questo una vera lezione l'ha data durante il
governo di Mario Monti il suo commissario alla spending review,
Enrico Bondi. E' grazie ai suoi tagli che è stato evitato per sempre
(non per tre mesi) un aumento dell' aliquota intermedia Iva dal 10
all'11%. Ed è stato spostato e coperto per un anno (non per tre
mesi) anche l'aumento dell'aliquota ordinaria Iva dal 21 al 22%.
Bondi mica disse che era impossibile, che poi qualcuno gli avrebbe
fatto il broncio. In pochissime settimane ha guardato che cosa si
spendeva, e ha tagliato. Può avere sovrastimato quella riduzione,
che però ha funzionato per quasi 8 miliardi di euro strutturali.
Quindi si può. E si deve:la panna è ancora molta, e perfino il
risultato del governo Monti (che pure c'è stato) si è rivelato
timido: nel 2012 la spesa pubblica si è ridotta di mezzo punto di
Pil finalmente andando in contro-tendenza, ma il Pil si è impoverito
di più scendendo del 2,4%. Anche quel taglio dunque è stato
modesto. C'è tanto spazio, anche per non fare diventare distorsione
della spesa pubblica qualche nuova protezione sociale che doveva
essere temporanea (come quella della cassa integrazione in deroga). E
allora, forza Saccomanni. Forza, taglia!
Il terribile dubbio della Boldrini: che mi metto al gay pride?
Laura Boldrini parteciperà per la
prima volta al gay pride di Palermo insieme al ministro Josefa Idem. Con
un dubbio in testa: come vestirsi per una sfilata così variopinta? Il
guardaroba del presidente della Camera in questi tre mesi è sembrato
assai austero, con poche variazioni sul tema. Uniche eccezioni: sciarpe e
pashmine dai colori cangianti e soprattutto la vera passione della
Boldrini: gli orecchini. A vedere le foto nelle occasioni ufficiali, il
presidente della Camera ne deve avere una collezione importante, assai
simile a quella di scarpe che rese celebre Ia first dittatrice delle
Filippine, Imelda Marcos. Non le sarà difficile trovare quello adatto al
gay pride...
Quei 180 dipendenti se li paghino i Pd di Roma
Il governo di Enrico Letta si fa
bello abolendo il finanziamento pubblico ai partiti. E' in gran parte
falso, ma comunque ipocrita. Primo perché soldi pubblici arriveranno
ancora per tre anni. Secondo perché ai partiti è dato un premio
speciale. detrazioni al 52% per chi dona loro fino a 5 mila euro. Tanto
per capirci quei 5 mila euro donati alle Onlus consentono una detrazione
oggi del 19%, dall'anno prossimo del 26% (la metà esatta). E' ingiusto:
i partiti OCCUPANO lo Stato, le Onlus si sostituiscono allo Stato dove
colpevolmente manca. Di fronte a questa cinghia fasulla da tirare il
tesoriere del Pd, Antonio Misiani, ha trovato l'uovo di Colombo: con la
scusa dei soldi pubblici che mancano, ha annunciato a 180 dipendenti del
partito che li manderà in cassa integrazione. In deroga, naturalmente:
18 mesi di stipendio pagati tutti dai contribuenti italiani. Così che
cambia? Io un'idea ce l'ho: quei 180 dipendenti siano stipendiati tutti
dai circa 60 parlamentari del Pd (Enrico Letta compreso) che vivevano a
Roma già prima di essere eletti. Prendono 3.500 euro al mese di diaria
per le spese di soggiorno a Roma (che non hanno) e 1.100 euro al mese di
rimborso taxi per raggiungere l'aeroporto e volare a Roma (per loro
grottesco). Con quei soldi si pagano almeno 120 dipendenti del Pd...
Il giurista più amato da Travaglio e Grillo: Berlusconi? Eleggibile!
Silvio Berlusconi è eleggibile, perché ormai è stata interpretata così la famosa legge del 1957. E non una, ma due volte. Quelle pronunce della giunta per le elezioni nel 1994 e nel 1996 (poi ripetute nel 2002 e nel 2006) fanno ormai giurisprudenza e integrano quella legge, rendendo inutile la discussione. A chiarirlo è stato- nel silenzio generale, Gustavo Zagrebelsky intervistato da Piazza Pulita. Una vera sorpresa, perché Zagrebelsky è amato (oltre che dal Pd) sia da Beppe Grillo che da Marco Travaglio, che lo volevano al Quirinale per la sua indipendenza. Proprio i due che volevano fare fuori Berlusconi con quella leggina sono stati "fregati" da quello che apertamente hanno definito "il più grande giurista italiano".
Il bluff di Grillo: M5s si è innamorato del Porcellum
Ogni volta che ne ha parlato Beppe Grillo è stato tranchant. L’ultima volta è accaduto domenica 21 aprile a Roma, durante la conferenza stampa alla Città dell’altra economia. “Legge elettorale?”, si è chiesto il portavoce nazionale del Movimento 5 stelle, “tutti parlano di legge elettorale, ma ci si può mettere d'accordo in un attimo: i tre gruppi principali si riuniscono e abroghiamo il Porcellum (...) Ci mettiamo mezz’ora, poi andiamo a votare con la legge precedente”. E invece mercoledì 24 aprile il Movimento 5 stelle ha presentato in Senato la sua proposta di legge elettorale. E a sorpresa la legge preferita è proprio il Porcellum, sia pure corretta in un solo punto, grazie all’introduzione di una preferenza. Il disegno di legge porta il numero 452, ha come primo firmatario il capogruppo M5s a palazzo Madama, Vito Antonio Crimi ed è controfirmata in ordine alfabetico da tutti i senatori del gruppo: da Alberto Airola a Giuseppe Vacciano. Il disegno di legge di fatto è composto di due parti. La prima serve a modificare il decreto legislativo sulla incandidabilità che Mario Monti ha varato lo scorso 31 dicembre. La seconda parte del ddl di fatto opera nel dettaglio una sola modifica al testo di legge del tanto vituperato Porcellum. La legge elettorale infatti resta in tutti i suoi punti fondamentali quella ideata da Roberto Calderoli e attualmente in vigore. Resta il premio di maggioranza alla Camera senza l’introduzione di alcuna soglia, grazie a cui anche avendo il 25% o meno dei voti si può più che raddoppiarne la rappresentanza che diventa del 55%. Resta identico il sistema elettorale al Senato della Repubblica, con quel rischio di non assegnare a nessuno la maggioranza relativa dei seggi rendendo ingovernabile il Parlamento. La modifica riguarda l’introduzione del voto di preferenza: nella scheda elettorale del Porcellum a fianco di ogni simbolo di partito sia alla Camera che al Senato sarà inserita una riga per esprimere una sola preferenza, scegliendo uno dei candidati inseriti nella lista. Votando quel candidato si voterebbe il suo partito automaticamente anche senza inserire crocetta sul simbolo.
La modifica alla legge Monti sulla incandidabilità riguarda due estensioni della normativa. Una per tutti i parlamentari che hanno già alle spalle due legislature, e che non potrebbero più essere candidati (di fatto si estenderebbe a tutti i partiti la regola che vale per M5s). La seconda per tutti “coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva per delitto non colposo ovvero a pena detentiva superiore a mesi dieci e giorni venti di reclusione per delitto colposo”. Questi 10 mesi e 20 giorni sarebbero la pena minima comminata http://www.senato.it/documenti/repository/leggi_e_documenti/ultimi_atti_stampati/mer/452.pdftenendo conto degli sconti di legge e delle attenuanti per l’omicidio colposo “quando il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro”.
Questo Porcellum sposato a tradimento dal M5s (perfino ieri la loro delegazione ha chiesto provocatoriamente a Enrico Letta perché non viene abrogata la legge-porcata) indica come a Grillo in realtà interessi quel premio di maggioranza abnorme, che consentirebbe in caso di vittoria di governare da soli senza alleanze. Basta la preferenza, che è più democratica. Crimi prima spiega che “l’eliminazione del voto di preferenza ha anche favorito l’elezione di persone condannate per la commissione di reati”. Poi però ammette la regola della democrazia: “Se la nostra fosse una società di corrotti e delinquenti, allora sarebbe giusto che anche in Parlamento sedessero corrotti e delinquenti”.
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