Il Nazisto e quello delle scorregge


Venerdi 22 novembre seduta di follia al Senato, dove si inizia a discutere della decadenza di Silvio Berlusconi. Lucio Malan del Pdl interrompe il discorso di Paola Taverna (M5s), dicendo "Nazista". Poi si pente e chiede scusa, dicendo di avere attaccatto il suo ragionamento "totalitario", ma non la sua persona. La Taverna respinge le scuse, sostenendo che se Malan avesse attaccato il suo ragionamento e non lei stessa, avrebbe dovuto usare un epiteto maschile e non femminile... Sigh, ma quale è il maschile di "nazista"? Forse "Nazisto"? Nella stessa seduta gag del senatore Vincenzo D'Anna che se la prende con Rocco Crimi (M5s), ma non gli viene il nome e così lo chiama "quello delle scorregge...".. Con il presidente del Senato che fa prima finta si scandalizzarsi e poi fa capire con una smorfia che di queste intemperanze non gli importa proprio nulla...

Caro Berlusconi, ha detto una sciocchezza sugli ebrei. Chiesa scusa e zittisca i suoi





I figli degli ebrei nella Germania di Hitler non hanno avuto il privilegio di sentirsi perseguitati. Per avere un sentimento bisognerebbe essere vivi, e quasi nessuno è sopravvissuto. Pochi figli degli ebrei hanno avuto il privilegio della vita anche fuori i confini della Germania dell’epoca. La mia famiglia è stata fra i pochi. Non tutti. Zio (mio prozio) Sergio era rimasto a Torino, mentre gli altri fuggivano a Coazze, dove pensavano di restare al sicuro. Lo presero i tedeschi in via Roma con la fidanzata e un amico. Finì ad Auschwitz, dove lavorò arrivando a consumare l’ultimo lembo di pelle. Non si reggeva più in piedi, se ne è andato nel fumo del forno crematorio di quel campo. A mio nonno Aldo tolsero l’auto: gli ebrei non potevano guidarla. Presero due biciclette, lui e nonna Lalla. La sera dopo lei, sfinita non riuscì a tornare a casa. Si attaccò a un grosso furgone per farsi trainare. E’ morta così e non ha visto il resto. Nonno aveva un magazzino di pezze di stoffa: si chiamava Arnaud & Colombo. Gli fu dato fuoco, tutto distrutto. A Coazze quelli che pensavi amici non lo erano. Fecero la soffiata. Qualcuno fu preso e la sua vita finì lì. Nonno fu fortunato. Vendette tutto quel che restava, lo trasformò in monete d’oro, e ne riempì una cintura. Prese mamma e zio e fuggì di notte grazie a un barcaiolo sul lago verso la Svizzera. Nonno e mamma non si videro per lungo tempo. Furono salvi grazie a quella cintura. Sono nato per quelle monete d’oro e quel barcaiolo. Ma nessuno degli amici dell’epoca ce la fece. Non ci furono altri “Franco” che ebbero la fortuna di nascere.

Per me, come per chiunque abbia sfiorato da vicino la storia del Novecento, “persecuzione” è una parola fatta di carne e sangue, di pelle e ossa, di orrore e odio. Non so cosa abbiano imparato i figli di Silvio Berlusconi nei licei, nelle scuole steineriane, nelle università o nei master frequentati. So che a troppi è venuto un brivido di ghiaccio ieri leggendo le parole che il Cavaliere ha affidato all’ultimo libro di Bruno Vespa: «I miei figli dicono di sentirsi come dovevano sentirsi le famiglie ebree in Germania durante il regime di Hitler. Abbiamo davvero tutti addosso». Una sciocchezza assoluta, un paragone improponibile, una frase che è perfino difficile immaginare possa sfuggire a un leader politico in sella da venti anni, che è stato tre volte presidente del Consiglio.

Non c’è paragone possibile fra la vita che conducono oggi i figli di Berlusconi, invidiata e invidiabile dalla stragrande maggioranza dei figli d’Italia, e quel che capitò nell’Europa di Hitler ai figli di Israele. Lo dovrebbe sapere più di molti altri il Cavaliere, che sul rapporto privilegiato con gli ebrei costruì le alleanze internazionali dei suoi governi. Non sembra possibile che possa essere sfuggita una sciocchezza così  al premier che pianse il primo febbraio del 2010 visitando a Gerusalemme con Benjamin Netanyahu lo Yad Vashem, il museo dell’Olocausto. Sul libro degli ospiti c’è la firma del Cavaliere sotto la scritta: “La nostra anima vola, ‘non è vero, non può essere vero’ e poi, sconfitta, grida: ‘mai, mai più’. Con commozione più grande…”. Possono fuggire di bocca sciocchezze senza pensarci, anche se non dovrebbero scappare a un leader politico pur portato alla esagerazione. Che Berlusconi possa sentirsi perseguitato, è comprensibile. L’offensiva giudiziaria e politica subita è reale, non ha paragoni con altre storie politiche e imprenditoriali in questo paese. Che i suoi figli abbiano subito persecuzioni è assai meno vero, ma è comprensibile che pesi anche per loro quello che sta passando il padre. In condizioni così si comprende qualche esagerazione, come accade a tutti noi. Ci sorprende un temporale violento, e lo chiamiamo “diluvio universale”. Di fronte ad avvenimenti negativi diciamo “tragedia” anche quando non lo è. Ma a un uomo politico prima che ad ogni altro non può sfuggire la sgradevolezza di quel paragone fra traversie private e l’orrore dello sterminio di un popolo. Si sbaglia anche in modo assai grave nella vita, ed è giusto chiedere ed ottenere perdono per un brutto paragone come quello che abbiamo letto ieri. Caro Berlusconi, si può scusare tanto più un leader che ha mostrato nei fatti la coscienza di quel dramma della storia e l’amicizia con il popolo di Israele. Ma aiuterebbe non poco a dimenticare l’incidente se lei ponesse subito un freno ai giannizzeri che già si sono schierati a difesa del leader e di parole confuse e sbagliate. Mai come in questo caso sono sembrati sgradevoli e inopportuni.

Scherzetti dell'alcol a Montecitorio

Per una serata ha assistito ad una delle sedute più pazze della Camera dei deputati. Il giorno dopo il deputato di Sel Daniele Farina ha chiesto a Laura Boldrini e ai questori di Montecitorio di non fare vendere più alcolici in buvette dopo le 22, per non aumentare il tasso alcolico dei parlamentari. E in effetti la sera alcolica della Camera sembra avere prodotto i suoi effetti: Da chi ha chiesto un minuot di silenzio per i propri emendamenti bocciati, a chi si dissociava a momenti da se stesso, al profeta dei tumulti, al deputato che annuncia che se ne va adormire per un ascoltare più "cazzate", a quello che naturalmente si offende per questo... ecco in rapida sequenza lo spettacolo del Palazzo di notte

Telefono amico pena del contrappasso per la Cancellieri


http://www.liberoquotidiano.it/blog/1344189/La-Cancellieri-ora-dia-a-tutti--il-numero-del-suo-cellulare.html

Il ballo del quaquaraquà




Camera, 10 ottobre 2013. Si discute del finanziamento pubblico dei partiti. Il deputato M5s Riccardo Fraccaro infiamma l'aula dando del "ladro" a tutti gli altri colleghi, che si incazzano. Sembra un dramma. Poi prova a buttarla sull'ironico il Pd Gianclaudio Bressa, che dice ai 5 stelle: "Siete solo chiacchiere e distintivo", come disse Robert-De Niro Al Capone nel film gli intoccabili. Si rischia la nuova rissa. Parla Riccardo Nuti, M5s, e ributta citando Leonardo Sciascia: siete solo "quaquaraquà!". E qui che si trasforma in farsa. Il deputato Pd Ettore Rosato non vuole incassare, però incespica con la lingua e accusa Beppe Grillo di essere un "qua-QUARA-quaquà". E a Montecitorio tutti iniziano a ballare con Romina Power il ballo del qua qua....

Alfano e il mitico Mentana




Ore 8, 05 di giovedì 3 ottobre. Diretta Tg la7, collegamento con Lampedusa. C'è il ministro dell'Interno, Angelino Alfano. Preoccupatissimo di chi conduce il tg che lo ospita...

La furia di Pannella su Epifani: "maiale, zozzone, avvoltoio"



La mattina di venerdì 13 settembre 2013 davanti a Montecitorio Marco Pannella ha partecipato a una manifestazione sull'eutanasia promossa dalla associazione Luca Coscioni. Nell'intervento il leader radicale ha avuto parole di fuoco nei confronti del segretario Pd, Guglielmo Epifani, cui contesta il radicalismo giustizialista mostrato in tv nei confronti della vicenda di Silvio Berlusconi, sui referendum promossi da Pannella e delle ipotesi di amnistia. A Epifani il leader radicale ha dato prima del "gran zozzone", poi del "maiale", infine dell' "avvoltoio", arricchendo così il già nutrito vocabolario zoologico della politica italiana.

Berlusconi dissanguato da Pdl e Forza Italia, si incazza con i suoi eletti morosi



Silvio Berlusconi si è letteralmente svenato per le sue due creature politiche nell'ultimo anno. A febbraio 2013 ha firmato un assegno personale da 15 milioni di euro per coprire una parte dei debiti della vecchia Forza Italia. Quei soldi sono subito stati girati però al Pdl, che si è visto saldare un vecchio debito azzurro da 14.807.342 euro. Ma non è bastato: ad aprile il cavaliere ha firmato un altro assegno da 2,8 milioni di euro girato al Pdl come “prestito infruttifero con scadenza 30 aprile 2014”. Come se tutto ciò non bastasse, il Cavaliere ha ancora garantito con fidejussioni personali da 102.720.617 euro i conti assai dissestati di Forza Italia, che nel 2012 ha chiuso un bilancio in rosso di 25,5 milioni di euro accumulando un disavanzo patrimoniale complessivo di 65,9 milioni di euro. Sempre Berlusconi ha aumentato le fidejussioni personali anche nei confronti del Pdl, portandole da 4 a 14,8 milioni di euro. I due partiti politici gli stanno costando un vero sproposito. E soprattutto le tasche del Cavaliere sono le uniche ad essere state svuotate: né dirigenti, né eletti, né elettori si stanno svenando per il leader del centrodestra. Per il Pdl sono addirittura tracollate le quote associative annuali: nel 2011 ammontavano a 13,7 milioni di euro, nel 2012 sono scese ad appena 40.710 euro. O nessuno si è più iscritto, o certo non ha pagato la propria quota. Stessa taccagneria da parte dei parlamentari Pdl. Tanto che a questo punto Silvio si è incazzato. E andrà a caccia dei portafogli degli eletti. Nel bilancio Pdl si annuncia infatti che “è impellente il recupero più ampio possibile degli arretrati dei versamenti mensili dovuti dai parlamentari e dai consiglieri regionali”.

Forza, taglia!


http://www.liberoquotidiano.it/blog/1271093/FORZA-TAGLIA.html


Dice il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni: “Vogliamo rilanciare l'economia riducendo le tasse su lavoro e imprese. Non possiamo farlo aumentando il debito, quindi dobbiamo ridurre le spese”. Siccome siamo in recessione, non si può tagliare gli investimenti: “Vogliamo ridurre”, continua Saccomanni, “le spese correnti ma non è un lavoro che consenta nel giro di poche settimane di reperire miliardi di euro come se avessimo la bacchetta magica”. Vero: ci vuole tempo per vedere i risultati di un taglio alla spesa. Infatti è per questo che immaginavamo che dal primo giorno le forbici di Saccomanni fossero già in azione. Invece deve esserci qualcuno che si è messo di traverso. Perchè il ministro spiega che oggi la spesa pubblica ammonta a 800 miliardi e tolti “redditi da lavoro, prestazioni sociali, interessi, spese in conto capitale, il totale su cui si può lavorare ammonta a 207 miliardi di euro”. Micca noccioline: in una somma così ci sarà abbastanza panna cui attingere, no? Però... Sì, c'è un però che fa capire lo stesso Saccomanni: “analizzeremo i tipi di spesa su cui intervenire più rapidamente, ma sia chiaro che i tagli indolori non esistono”. E ancora: “nessuno si illuda che vengano fuori spese misteriose da tagliare senza che nessuno protesti”. Ecco, se il ministro dell'Economia mette le mani avanti così, significa che fino ad ora qualcuno le ha già messe davanti alle sue forbici per fermarle. Noi quel qualcuno lo conosciamo bene, perchè sono anni che ci sgoliamo per fermare il partitone della spesa pubblica. E' la sinistra che in quella panna è sguazzata in questi anni, costruendo sulle tasche di tutti gli altri italiani carriere politiche e sindacali personali, gruppi di potere e di consenso. Poi certo, il partito della spesa pubblica ha una sua trasversalità: ma il suo cuore è li, al centro del bandierone rosso.
E' per questo che oggi viene voglia di gridare a Saccomanni: “Forza, taglia!” E non sarebbe male che l'urlo, la spinta, l'affiancamento al ministro senza se e senza ma venisse proprio da chi oggi desidera ridare vita a “Forza Italia”. Perchè quel programma “meno tasse” e “via la panna della spesa pubblica”, era proprio alle origini di quel movimento nel 1994. Dunque, Forza, taglia! E taglia per ridare una possibilità a questa Italia.
+
Vista la necessità assoluta di non piegare ulteriormente i cittadini di questo Paese dopo l'anno e mezzo che hanno passato, avremmo voluto Enrico Letta e i suoi ministri con quelle forbici in mano a tagliare e ritagliare giorno e notte dai primi di maggio per trovare quelle risorse fondamentali con cui abbassare una pressione fiscale ormai intollerabile e rimettere qualche soldo nelle tasche di cittadini e imprese invece che in quelle dei pochi privilegiati che oggi vivono e si arricchiscono con quella panna. Ma non è ancora così tardi, e se quel “però” ripetuto da Saccomanni è un Sos lanciato per avere una mano con chi lo ostacola dentro maggioranza e governo, eccola qui la mano tesa. Tagliare si può, e qualsiasi dolore è lenito da un utilizzo saggio di quelle risorse ottenute. Tagliare si può anche in breve tempo, e su questo una vera lezione l'ha data durante il governo di Mario Monti il suo commissario alla spending review, Enrico Bondi. E' grazie ai suoi tagli che è stato evitato per sempre (non per tre mesi) un aumento dell' aliquota intermedia Iva dal 10 all'11%. Ed è stato spostato e coperto per un anno (non per tre mesi) anche l'aumento dell'aliquota ordinaria Iva dal 21 al 22%. Bondi mica disse che era impossibile, che poi qualcuno gli avrebbe fatto il broncio. In pochissime settimane ha guardato che cosa si spendeva, e ha tagliato. Può avere sovrastimato quella riduzione, che però ha funzionato per quasi 8 miliardi di euro strutturali. Quindi si può. E si deve:la panna è ancora molta, e perfino il risultato del governo Monti (che pure c'è stato) si è rivelato timido: nel 2012 la spesa pubblica si è ridotta di mezzo punto di Pil finalmente andando in contro-tendenza, ma il Pil si è impoverito di più scendendo del 2,4%. Anche quel taglio dunque è stato modesto. C'è tanto spazio, anche per non fare diventare distorsione della spesa pubblica qualche nuova protezione sociale che doveva essere temporanea (come quella della cassa integrazione in deroga). E allora, forza Saccomanni. Forza, taglia!

Il terribile dubbio della Boldrini: che mi metto al gay pride?



Laura Boldrini parteciperà per la prima volta al gay pride di Palermo insieme al ministro Josefa Idem. Con un dubbio in testa: come vestirsi per una sfilata così variopinta? Il guardaroba del presidente della Camera in questi tre mesi è sembrato assai austero, con poche variazioni sul tema. Uniche eccezioni: sciarpe e pashmine dai colori cangianti e soprattutto la vera passione della Boldrini: gli orecchini. A vedere le foto nelle occasioni ufficiali, il presidente della Camera ne deve avere una collezione importante, assai simile a quella di scarpe che rese celebre Ia first dittatrice delle Filippine, Imelda Marcos. Non le sarà difficile trovare quello adatto al gay pride...


Quei 180 dipendenti se li paghino i Pd di Roma

Il governo di Enrico Letta si fa bello abolendo il finanziamento pubblico ai partiti. E' in gran parte falso, ma comunque ipocrita. Primo perché soldi pubblici arriveranno ancora per tre anni. Secondo perché ai partiti è dato un premio speciale. detrazioni al 52% per chi dona loro fino a 5 mila euro. Tanto per capirci quei 5 mila euro donati alle Onlus consentono una detrazione oggi del 19%, dall'anno prossimo del 26% (la metà esatta). E' ingiusto: i partiti OCCUPANO lo Stato, le Onlus si sostituiscono allo Stato dove colpevolmente manca. Di fronte a questa cinghia fasulla da tirare il tesoriere del Pd, Antonio Misiani, ha trovato l'uovo di Colombo: con la scusa dei soldi pubblici che mancano, ha annunciato a 180 dipendenti del partito che li manderà in cassa integrazione. In deroga, naturalmente: 18 mesi di stipendio pagati tutti dai contribuenti italiani. Così che cambia? Io un'idea ce l'ho: quei 180 dipendenti siano stipendiati tutti dai circa 60 parlamentari del Pd (Enrico Letta compreso) che vivevano a Roma già prima di essere eletti. Prendono 3.500 euro al mese di diaria per le spese di soggiorno a Roma (che non hanno) e 1.100 euro al mese di rimborso taxi per raggiungere l'aeroporto e volare a Roma (per loro grottesco). Con quei soldi si pagano almeno 120 dipendenti del Pd...

Il giurista più amato da Travaglio e Grillo: Berlusconi? Eleggibile!





Silvio Berlusconi è eleggibile, perché ormai è stata interpretata così la famosa legge del 1957. E non una, ma due volte. Quelle pronunce della giunta per le elezioni nel 1994 e nel 1996 (poi ripetute nel 2002 e nel 2006) fanno ormai giurisprudenza e integrano quella legge, rendendo inutile la discussione. A chiarirlo è stato- nel silenzio generale, Gustavo Zagrebelsky intervistato da Piazza Pulita. Una vera sorpresa, perché Zagrebelsky è amato (oltre che dal Pd) sia da Beppe Grillo che da Marco Travaglio, che lo volevano al Quirinale per la sua indipendenza. Proprio i due che volevano fare fuori Berlusconi con quella leggina sono stati "fregati" da quello che apertamente hanno definito "il più grande giurista italiano".

Il bluff di Grillo: M5s si è innamorato del Porcellum




Ogni volta che ne ha parlato Beppe Grillo è stato tranchant. L’ultima volta è accaduto domenica 21 aprile a Roma, durante la conferenza stampa alla Città dell’altra economia. “Legge elettorale?”, si è chiesto il portavoce nazionale del Movimento 5 stelle, “tutti parlano di legge elettorale, ma ci si può mettere d'accordo in un attimo: i tre gruppi principali si riuniscono e abroghiamo il Porcellum (...) Ci mettiamo mezz’ora, poi andiamo a votare con la legge precedente”. E invece mercoledì 24 aprile il Movimento 5 stelle ha presentato in Senato la sua proposta di legge elettorale. E a sorpresa la legge preferita è proprio il Porcellum, sia pure corretta in un solo punto, grazie all’introduzione di una preferenza. Il disegno di legge porta il numero 452, ha come primo firmatario il capogruppo M5s a palazzo Madama, Vito Antonio Crimi ed è controfirmata in ordine alfabetico da tutti i senatori del gruppo: da Alberto Airola a Giuseppe Vacciano. Il disegno di legge di fatto è composto di due parti. La prima serve a modificare il decreto legislativo sulla incandidabilità che Mario Monti ha varato lo scorso 31 dicembre. La seconda parte del ddl di fatto opera nel dettaglio una sola modifica al testo di legge del tanto vituperato Porcellum. La legge elettorale infatti resta in tutti i suoi punti fondamentali quella ideata da Roberto Calderoli e attualmente in vigore. Resta il premio di maggioranza alla Camera senza l’introduzione di alcuna soglia, grazie a cui anche avendo il 25% o meno dei voti si può più che raddoppiarne la rappresentanza che diventa del 55%. Resta identico il sistema elettorale al Senato della Repubblica, con quel rischio di non assegnare a nessuno la maggioranza relativa dei seggi rendendo ingovernabile il Parlamento. La modifica riguarda l’introduzione del voto di preferenza: nella scheda elettorale del Porcellum a fianco di ogni simbolo di partito sia alla Camera che al Senato sarà inserita una riga per esprimere una sola preferenza, scegliendo uno dei candidati inseriti nella lista. Votando quel candidato si voterebbe il suo partito automaticamente anche senza inserire crocetta sul simbolo.
La modifica alla legge Monti sulla incandidabilità riguarda due estensioni della normativa. Una per tutti i parlamentari che hanno già alle spalle due legislature, e che non potrebbero più essere candidati (di fatto si estenderebbe a tutti i partiti la regola che vale per M5s). La seconda per tutti “coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva per delitto non colposo ovvero a pena detentiva superiore a mesi dieci e giorni venti di reclusione per delitto colposo”. Questi 10 mesi e 20 giorni sarebbero la pena minima comminata http://www.senato.it/documenti/repository/leggi_e_documenti/ultimi_atti_stampati/mer/452.pdftenendo conto degli sconti di legge e delle attenuanti per l’omicidio colposo “quando il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro”.
Questo Porcellum sposato a tradimento dal M5s (perfino ieri la loro delegazione ha chiesto provocatoriamente a Enrico Letta perché non viene abrogata la legge-porcata) indica come a Grillo in realtà interessi quel premio di maggioranza abnorme, che consentirebbe in caso di vittoria di governare da soli senza alleanze. Basta la preferenza, che è più democratica. Crimi prima spiega che “l’eliminazione del voto di preferenza ha anche favorito l’elezione di persone condannate per la commissione di reati”. Poi però ammette la regola della democrazia: “Se la nostra fosse una società di corrotti e delinquenti, allora sarebbe giusto che anche in Parlamento sedessero corrotti e delinquenti”.

Una storica Velina rossa

Di fronte alla decisione del PD di candidare Romano Prodi oggi una storica Velina rossa di Pasquale Laurito. Soprattutto per l'incipit. Eccola:

"Meno male che Silvio c'è , e Silvio ci sarà !". Questo e' il solo commento che si può fare di fronte all'Europa.time decisioni del PD di candidare il professore Romano Prodi alla presidenza della Repubblica, non rendendosi conto che questa candidatura provocherà una spaccatura nel Paese. Le elezioni potranno arginare i vari populismi che ormai sono penetrati nei partiti più seri e in particolare modo nel centrosinistra. Chi ha condotto finora in modo disastroso le operazioni del PD dovrebbe sentire il dovere, dopo avere fatto come si diceva una volta autocritica, di cedere ad altri la guida del PD. Non può il sindaco di Firenze risolvere i problemi del Paese che sono grandi e non si riducono ai quartieri fiorentini. Si pretende la lotta politica e n voti chiaro: in questo momento dobbiamo sottolineare che l'unica formazione che abbia connotati politici e' proprio il fronte del Cavaliere"