Fuori gioco Clementina Forleo, si è persa nei meandri del palazzo di giustizia di Milano il faldone da inviare al Parlamento europeo per richiedere l'autorizzazione a utilizzare le intercettazioni telefoniche che riguardano Massimo D'Alema. L'invio, preannunciato dagli uffici del tribunale meneghino a fine ottobre e atteso per i primi di novembre, è stato congelato dal processo intentato prima sui media poi davanti al Csm al giudice Forleo. C'è da scommettere che con la sua uscita di scena, quel faldone non prenderà più la via di Strasburgo. Condannando lo stesso D'Alema a non liberarsi più dal sospetto e a non potere dimostrare, come avrebbe fatto qualsiasi altro cittadino, la sua innocenza. Avendo tutti potuto leggere il testo delle intercettazioni fra lo stesso D'Alema e Giovanni Consorte, resteranno in piedi tutti i dubbi che da quelle righe emergono: ci fu o meno in quella telefonata un passaggio di informazioni riservate prima che le stesse fossero a disposizione del mercato? E se, come parrebbe da quei brogliacci, il passaggio di informazioni ci fu, se ne fece uso da parte di chicchessia? Altro dubbio che resterà fissato in quei brogliacci, senza possibilità di indagine e di difesa del sospettato, sarà quello del possibile favoreggiamento. In un passaggio di quella telefonata infatti D'Alema sembrò avvisare con una certa insistenza Consorte sulle intercettazioni effettivamente in corso sulle linee telefoniche dell'ex manager di Unipol. Sospetti, dunque, e dubbi sul capo di uno dei principali leader del nuovo partito democratico, politico fra i pochi preparati, intelligenti e competenti. Un aspetto, quello di D'Alema, che rende ancora più drammatico il siluramento della Forleo. E si sommano a numerosi altri dubbi che emergono dalla terza e ultima parte dell'audizione del gip milanese davanti al Csm che oggi pubblichiamo all'interno. Cito un particolare fra tutti: proprio quando un consulente del tribunale di Milano aveva appena finito di trascrivere le telefonate intercettate, su qualche giornale ne trapelarono degli spezzoni testuali. Uno di questi non coincideva, perché il consulente della Forleo non aveva compreso la registrazione, ritenendola troppo disturbata. Appuntò «frase incomprensibile». Riascoltata più volte, era proprio come era stata compresa dai giornali che l'avevano pubblicata. Ci fu dunque una fuga non di notizie, ma di bobine. Chissà se non scattò proprio in quel modo la trappolona alla Forleo. Sarebbe interesse proprio di D'Alema prima di tutti, dare una risposta chiara a questi interrogativi, chiedere ai magistrati di procedere con le indagini e di essere interrogato. È la sola fine nobile di questa indegna vicenda...
DA ITALIA OGGI IN EDICOLA/ D'Alema, condannato speciale
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2 commenti:
Terza puntata (le prime due nei post sotto la notizia precedente)
PRES. VACCA – Riprendiamo. Aveva chiesto di fare una domanda la dottoressa Maccora.
MACCORA – Non volevo abusare della cortesia della collega, però la domanda sarà brevissima (...) Ho visto che la sua attenzione si è molto soffermata sull'oggetto del fonogramma che l'ha convocata. Ovviamente i fonogrammi sono riassuntivi, quello che credo si possa dire è l'oggetto complessivo di questa pratica che nasce dal fatto il Consiglio Superiore, che è l'organo di autogoverno di tutti i magistrati, ha vari compiti. Tra questi compiti non può restare completamente immobili di fronte ad una serie di dichiarazioni o non dichiarazioni o informazioni che, attraverso quella che è la formazione dell'opinione pubblica, abbiamo avuto (...) Vede, in molte occasioni succede che il Consiglio superiore viene accusato di immobilismo, io credo che questa sia una di quelle volte in cui questa accusa questo consiglio non ce l'ha (...) Lei ha diritto di non dirci quello che non vuole dirci però deve avere chiara, quantomeno quella che è la motivazione per cui noi l'abbiamo convocata.
FORLEO – Va bene, allora io sono pronta a rispondere, ovviamente_
MACCORA – E' solo questo.
FORLEO – _se, come mi è stato detto, essendo nuova a questo tipo di audizione, che non c'è nessun problema, io riferisco pari pari quello che ho detto a Brescia sintetizzandole perché poi potete acquisirle da Brescia (...) io quando sono stata chiamata a Brescia ho detto che di questi elementi non ne avevo parlato ai carabinieri non perché non avessi fiducia nell'arma dei carabinieri (...). Io, alla fine di agosto, ho ricevuto una telefonata dall'amico ed ex collega Ferdinando Imposimato, che è una persona che stimo molto e che è una persona che di tanto in tanto vedo, è stato anche al mio matrimonio, etc_ Quindi in questa telefonata di fine agosto il dottor Imposimato mi invitava a vederci (...) Io pensavo che mi volesse proporre qualcosa perché avevo curato per lui la prefazione di un libro, pensavo ad una roba di questo genere. Dopodiché mi sono recata a Roma anche per motivi familiari, nel senso che ho dei parenti a Roma, e l'8 di settembre ci siamo visti a cena con il dottor Imposimato. Era ad un ristorante, accompagnata dai carabinieri della scorta che sedettero ad un altro tavolo. Questo ristorante, ho fatto mente locale, si chiamava «Shangri Là» ed è sito nella zona Eur. Nel corso di questo colloquio, e questa notizia devo dire è una notizia che poi è apparsa casualmente sul giornale La Stampa di qualche giorno fa a mia insaputa, anche se poi hanno alterato il titolo, hanno scritto: «Telecom» invece di «Unipol». Su La Stampa, che si può acquisire due, tre giorni fa, a mia insaputa, il dottor Imposimato ha rilasciato una intervista sul caso mio. In quella circostanza (...) il dottor Imposimato mi disse che era un po' preoccupato per me in quanto c'era qualcuno dell'ambiente politico – giudiziario che voleva farmi avere a tutti i costi un provvedimento disciplinare. Io chiesi di chi erano queste persone, disse: «No, sono delle persone dell'ambiente_», mi fece capire l'ambiente politico-giudiziario, non mi specificò meglio chi fossero queste persone che stavano facendo pressione sul procuratore generale della Cassazione, dottor Delli Priscoli. Lui mi disse: «Il dottor Delli Priscoli lo conosco ed è una persona serissima, è una persona molto seria che sicuramente non cederà a queste pressioni». Io dissi: «Io al dottor Delli Priscoli non lo conosco, lo conosco indirettamente perché abbiamo degli amici in comune ed anche io so che il dottor Delli Priscoli è una persona molto seria». Lui mi aggiunse: «Sì, è una persona molto seria il dottor Delli Priscoli però sta ricevendo, data la delicatezza della situazione -i nervi che sei andata a toccare- purtroppo ci sono interessi troppo forti e c'è il rischio che tu abbia un provvedimento disciplinare, però Delli Priscoli è serio e reggerà a queste pressioni, a questi attacchi». Risposi: «Scusami, Ferdinando, ma questi attacchi da chi sono?». (...) Non mi disse né nomi, né cognomi, mi fece capire che c'era qualcuno, anzi non ho capito se un politico o un esponente del mondo giudiziario, dell'ispettorato, etc., che stava- a quanto gli era stato riferito- facendo pressioni, appunto, sul dottor Delli Priscoli (...) Io dissi: «Ti ringrazio per avermi dato questa informazione». Dice: «Non ti posso dire di più» (...) Io dissi: «Guarda, Ferdinando, come tu ben sai, come si sa, io non sono iscritta a nessuna corrente, non me ne importa niente di nessuno, nel senso che faccio il mio lavoro, posso sbagliare, non posso sbagliare però, voglio dire, non ho protettori di nessun tipo però quando vado per la mia strada vado per la mia strada per cui, voglio dire, non ho paura nel senso che avrò sbagliato la virgola, non avrò sbagliato la virgola, però sono tranquilla sia perché mi conforta la richiesta del pubblico ministero, sia perché mi conforta peraltro un'intervista che aveva rilasciato, qualche giorno prima il dottor Greco, della procura, al giornale Sole 24 in cui diceva: effettivamente la Forleo ha sposato la nostra linea in quanto la nostra scelta «è stata di non far nulla nei confronti dei parlamentari finché le Camere non avessero dato l'autorizzazione ad utilizzare le intercettazioni telefoniche che li riguardano e da questo punto di vista la Forleo ci dà ragione». Parole del dottor Greco. «La procura non ha ritenuto di scrivere nel registro degli indagati i politici indicati dal giudice per le indagini preliminari Forleo in quanto senza il placet del Parlamento quelle, sebbene penalmente rilevanti, non sono utilizzabili». Queste le parole del dottor Greco. (...) Cosa è successo poi? E' successo che dopo questo incontro mi giunse la relazione della Giunta per le autorizzazioni a procedere perchè in effetti anche qui una profezia, stigmatizzava il mio operato in quanto diceva che io ero andata fuori dai canoni (...) L'estensore era Giovanardi però Giovanardi faceva proprie delle dichiarazioni non sue (...) Quando arrivò questo atto, sia io che i pubblici ministeri dicemmo: «Allora, a questo punto, possiamo iscrivere un parlamentare sulla base di una intercettazione, che è carta straccia, perché non abbiamo chiesto l'autorizzazione al Parlamento?». (...) Questo mi inquietò un tantino e mi vennero alla mente delle situazioni che si erano verificate precedentemente e a cui avevo dato scarso rilievo e che comunque, dato questo atto e dato quello che mi era stato detto dal dottor Imposimato, mi cominciarono a preoccupare.(...). Allora, cosa era successo? Che quando io l'11 marzo del 2007 disposi, quando i pm mi chiesero di utilizzare le conversazioni intercettate a carico di parlamentari, mi resi conto che i brogliacci non c'erano, non erano stati mai fatti dei brogliacci (...) Alla fine si stabilì che io non potevo che ordinare la trascrizione di queste bobine per valutarne la rilevanza. E feci un'ordinanza motivata, l'11 marzo 2007, in cui dissi: «Non posso valutare io la rilevanza di queste bobine, di queste telefonate, se non, ovviamente, previo conferimento dell'incarico al perito» e detti novanta giorni alla signora Deodato per trascrivere queste telefonate. Preciso di non essere mai venuta in possesso di queste bobine, ignoravo di che cosa si parlasse, per cui – ne era stata fatta una selezione dal pubblico ministero, non tutte ma alcune, io, a quel punto, detti questo incarico al perito, l'incarico era di 90 giorni succede e, non ricordo quando, viene fuori un articolo sul Corriere della Sera in cui si dice: «Stanno per venire fuori delle telefonate scottanti» e qualche altro giornale, se non mi sbaglio il Giornale, a firma di Nuzzi, pubblica una frase di una telefonata. (...) Ad un certo punto io vengo chiamata dal procuratore generale, dottor Blandini, che è stato già capo del mio ufficio e con il quale avevo avuto e ho ottimi rapporti_ Il procuratore Blandini mi chiamò (era sicuramente maggio) nel suo ufficio, io pensai che mi avesse chiamato per questioni legate alla sicurezza, a questa storia qui, etc., che si stava_, e mi disse: «Senti Clementina_». Era molto imbarazzato, non solo era imbarazzato ma anche (...) con un fare paterno mi disse: «Guarda, Clementina, ti devo dire una cosa». Dico: «Dimmi, che è successo?». Mi allarmai. Dice: «Guarda, ha chiamato D'Alema». Dico: «Ha chiamato D'Alema?». Dice: «Si». Ho detto: «Come ha chiamato D'Alema?». Dice: «Sì, ha chiamato D'Alema e ha detto di stare un po' attenti a depositare queste trascrizioni perché ci potrebbero essere delle conversazioni di carattere privato». Io mi meravigliai molto di questa roba perché dissi: «Scusami Mario», avevo, ripeto, e ho un rapporto molto confidenziale, «ha chiamato D'Alema? E chi ha chiamato D'Alema?». Dice: «No, non ha chiamato me. Io te l'ho voluto dire, te lo devo dire». Ho detto: «Guarda Mario, io adesso sicuramente come con D'Alema, così come con Berlusconi o come con il signor Mario Rossi, se ci sono telefonate di carattere privato evidentemente si omisseranno_» Però mi stupì perché non pensavo, assolutamente, cioè non penso che il dottor Blandini fosse una persona vicina a D'Alema o comunque ad ambienti di quel tipo. In ogni caso io chiamai il dottor Fusco che era il pm di riferimento, uno dei pm titolare di queste indagini e dissi: «Eugenio, scusami, ti risulta che nelle conversazioni di cui mi avete chiesto la trascrizione ci siano conversazioni di carattere privato?». E lui mi disse: «No, non ci sono conversazioni di carattere privato. Perché me lo chiedi?». «No» dico, «perché c'è questa preoccupazione». E lui, non mi ricordo se era da solo o se era con la dottoressa Perrotti, sicuro c'era lui, mi disse: «Perché me lo chiedi?». Dico: «No, perché è successo questo, e questo» e glielo riferii, dissi: «Però sono sicura che Blandini, che è una persona seria, è stato quasi costretto a dirmelo perché magari qualcuno dell'ambiente ha detto: chi può dire alla Forleo di non depositare questa roba? Forse solo tu perché tu la conosci bene». Benissimo. Tornai e controllai, attraverso il perito, queste telefonate e queste telefonate non avevano nulla di privato, per privato intendiamo attinente alla privacy. Al che tornai dal dottor Blandini e dissi «Mario, io non ho trovato niente_, cioè non c'è nulla di carattere privato». «No», dice, «non c'è qualcosa di carattere privato nel senso della privacy ma c'è qualcosa che potrebbe essere imbarazzante per il nascente Partito Democratico in quanto ci sarebbero delle frasi fuori posto, nel senso di denigrazione della persona dell'onorevole Fassino». Effettivamente verificai: non mi ricordo quale degli interlocutori si pronunciava in maniera un po' sgradevole, diciamo così nei confronti dell'onorevole Fassino (...). Io dissi: «Mario, guarda effettivamente ci sono» ed aggiunsi: «ma che ce ne importa?», nel senso: «Per quale motivo qui dobbiamo discutere?» e lui mi disse: «No, no, non ce ne importa niente, io te l'ho dovuto dire», punto. Benissimo. Io ho seguito la mia strada e nel momento in cui si stavano per depositare queste trascrizioni c'è stato un can can mediatico che forse voi ricorderete nel senso che sembrava che in queste trascrizioni, voglio dire, nessuno (...) si è mai preoccupato di dire che cosa un giudice deve fare o non deve fare. Quindi io andai per la mia strada e decisi di depositare perché la norma dice: «Sentite le parti», le parti non conoscevano il contenuto di questa roba quindi per farli interloquire io decisi di fare un avviso di deposito e quindi di mettere a disposizione dei difensori la copia di queste trascrizioni. Qualche giorno prima io ne conoscevo il contenuto perché con il sistema fonico, tipo karaoke, avevo verificato il contenuto di queste dichiarazioni, anche perché il perito qualche termine, qualche nome l'aveva sbagliato (...) Ci fu un can can mediatico che ricorderete. Accanto a questo can can mediatico, che cosa si fa, che cosa, che cosa non si fa, cominciarono ad arrivare delle missive da parte di organi istituzionali, adesso non ricordo se erano della Camera, piuttosto che del Senato piuttosto che dell'ispettorato, della serie: «Che si sta facendo, si sta violando la legge»! (La Forleo racconta tutte le discussioni e le decisioni prese per mettere a disposizioni gli sbobinati delle intercettazioni ai soli difensori, nella stanzetta blindata dove effettivamente sono stata tenute con grandi misure di sicurezza..) Io, devo essere sincera, mi meravigliai di un ruolo che dovevo fare di quasi bidella in un concorso, piuttosto sorvegliante di qualcuno che copia, chi copia e chi non copia (...) questa anomalia del procedimento scatenò anche un putiferio da parte dei difensori: «Dottoressa, non si è mai vista una cosa del genere che siamo così umiliati prima a sentire solo le bobine in questo modo, poi a prendere visione degli atti in questo altro modo...». Dico: «Guardate, purtroppo io vi devo controllare se voi poi prendete gli appunti che prendete è un problema vostro, etc.». Sta di fatto che siccome alcuni giornalisti probabilmente vennero a conoscenza dai difensori delle notizie, altri ne erano già in possesso giacché precedentemente erano uscite sul giornale alcune di queste robe, ci fu un attacco alla mia persona inaudito, non so se lo ricordate, perché l'onorevole D'Alema, persona interessata, insieme all'onorevole Calvi e all'onorevole Violante, mi attaccarono violentemente dicendo che io non avevo sorvegliato abbastanza sull'operato degli avvocati. Questo, sinceramente, mi umiliò molto tanto che con la dottoressa Pomodoro controllammo e verificammo che su un giornale, addirittura non mi ricordo quale testata, era venuta fuori una conversazione con un termine trascritto integralmente che il perito aveva dato come incomprensibile per cui era evidente che non era uscita questa notizia, dico questa informazione dalla mia stanza, dalla mia aula. Va bene? In ogni caso, quello che mi stupì, nella ricostruzione sommaria degli eventi, è che (...) quando l'onorevole Berlusconi piuttosto un altro personaggio politico, hanno avuto i loro processi si sono così scatenati e sempre un giudice aveva un minimo di tutela da parte dell'Associazione nazionale magistrati. L'Anm non ebbe da dire nulla a quel riguardo quando io personalmente, in qualità di giudice, per garantire i diritti della difesa avevo fatto il mio lavoro. Il problema si acuì quando una volta depositata la famosa ordinanza, l'onorevole Violante addirittura disse, in maniera anomala, che al di là dell'utilizzabilità o meno, che avrebbero o meno concesso (...) io avrei dovuto essere censurata. Ecco, dottoressa Cesqui, Le vite degli altri! Allora, l'onorevole Violante che in un Parlamento mi viene a dire, lui ex magistrato, che per quell'ordinanza io avrei dovuto essere censurata... Allora io, sinceramente, venni mortificata, dopo quello che era successo, dopo la chiamata di D'Alema, voglio dire, dopo che per salvare il Partito Democratico voleva che questa roba non si pubblicasse (...) Quando poi l'8 settembre sentii il dottor Imposimato e quando mi arrivò questa roba del Parlamento facendo mente locale su quello che mi era successo capii che tante cose avevano avuto un senso perché almeno, non so nella vostra esperienza, ma nella mia non mi è mai successo che mi ha chiamato una persona coinvolta in un procedimento per dirmi: «Fai questo, dì al collega di fare questo o di suggerire» (...) Di queste cose ne sono informate il dottor Fusco, che informai nell'immediatezza della situazione, a parte i miei familiari, poi ebbi un colloquio, anche di recente, con il dottor Ermanno Leo, il cui nome ho fatto a Brescia ieri. Chi è il professor Ermanno Leo? E' un medico che è amico sia del dottor Blandini, sia mio. Al professor Ermanno Leo io dissi questo fatto e dissi che ero amareggiata del fatto che ero stata un po'_, che c'erano stati questi che io consideravo, ognuno ha le sue valutazioni, strani avvenimenti sulla mia persona, e il professor Leo disse che avrebbe visto, avrebbe cercato di vedere, di verificare, ma sempre a titolo amicale, etc_ L'altro giorno il professor Leo, eravamo presenti io e mio marito, ha chiamato al telefono di mio marito e ha detto: «Voglio parlarvi». E' venuto nel ristorante in cui eravamo e ha detto: «Sono stato a parlare sia con il dottor Blandini, sia con il prefetto, sempre per la questione dei magistrati di Brindisi, e ho detto che si devono assumere le loro responsabilità». Mio marito disse: «Non è possibile che mia moglie, che sta facendo il suo lavoro e lo fa con molta onestà, senza prendersi i soldi da nessuno, senza fare gli interessi di Tizio o di Caio, venga lasciata sola poiché queste persone, uno è procuratore generale, uno è prefetto, hanno queste cariche, si devono assumere le loro responsabilità_» ed il dottor Leo dice: «Sì, sono stato a parlare sia con l'uno, che con l'altro, sono in difficoltà a riferire i nomi delle persone con cui hanno comunicato...» Mio marito aggiunse: «Posso capire, in mia presenza, la preoccupazione del procuratore generale a dire il nome della persona chiamata da D'Alema, però non riesco a capire perché il prefetto, che però non ha smentito, ha detto, in mia presenza, a mia moglie che voleva essere lasciato fuori dalla confidenza fatta della storia dei magistrati di Brindisi. Perché il prefetto è il prefetto, che se ne importa il prefetto di un tenente!?». Cioè, mentre si poteva comprendere la preoccupazione di riferire chi aveva chiamato D'Alema, non si riusciva a capire la preoccupazione del prefetto, che è un prefetto di Milano, nel riferire quale colonnello o quale generale gli avesse detto: «E' stato il tenente». (...) Allora, dopo questi fatti, io ho parlato oggi pomeriggio con il dottor Imposimato, alla presenza anche dell'avvocato Bongiorno, il quale mi ha detto che lui era pronto a riferire, se sentito, quanto non solo mi aveva dichiarato ma quanto aveva detto lui stesso, sua sponte, senza che io gli avessi puntato una pistola, alla Stampa (...)
PRES. VACCA – Grazie dottoressa, arrivederla.
FORLEO – Grazie a voi.
PRES. VACCA – Può depositare la documentazione. Mi informano che all'uscita principale c'è un gran numero di giornalisti se li vuole evitare_
FORLEO – Lo so, (...) Voglio soltanto, scusatemi, un attimo dire che io non avevo difficoltà a dire queste cose, perché il dottor Salomone mi aveva fatto comprendere, io non sono un membro del Consiglio superiore della magistratura e non lo sarò mai sicuramente, voglio soltanto dire che io ero preoccupata nel riferirvi queste circostanze perché oltre alle indagini in corso a Brescia mi era stato fatto capire, purtroppo avrò capito male, non lo so, che siccome c'era questa fretta di sentirmi a Brescia prima di sentirvi qui da voi, tanto è che io ho dovuto rinunciare_
PRES. VACCA – Scusi una domanda: ma era stata convocata a Brescia prima che avesse il nostro fonogramma?
FORLEO – No, io ero stata convocata a Brescia per il giorno 6, no, per il giorno 5, mi scusi, avevo fatto presente che io il giorno 5 ero in ferie quindi mi era stato detto che l'8 o il 9, perché c'erano impegni del dottor Salomone, sarei stata sentita a Brescia, potevo essere sentita tranquillamente a Brescia o l'8 o il 9. Quando si è saputo, ho detto che io dovevo essere al Csm il 6 tanto è che non mi ricordo forse alla sua segreteria, ad una signora con cui ho parlato, che si è presentata come la segretaria della professoressa Vacca, forse la signora, no, non so chi fosse_
INTERVENTO – Sono Di Giglio, sì, le ho fatto io il fonogramma.
PRES. VACCA – Che non è la mia segretaria, è una dottoressa!
FORLEO – Allora è un'altra persona, si è presentata come della segreteria, non era lei forse (...) io feci presente che avevo questo impegno a Brescia e io chiamai Brescia a dissi: «Cosa faccio?». Dice: «No, ci teniamo che tu sia sentita prima da noi». Quindi invece di andare l'8 a Brescia io ho rinunciato ad un giorno di ferie e sono andata a Brescia il 5, ecco perché questo problema che io non è che queste cose che vi ho detto sono cose che io reputo coperte dal segreto di Stato, perché avevo capito, ripeto, non avendo dimestichezza né con la procura, né con il Csm, con gli ambienti della Procura, né con il Csm, che c'era una sorta di indagine in corso e non era il caso di riferire ma non per mancanza di rispetto nei vostri confronti perché non erano comprovati e che quindi loro volevano fare delle indagini data la delicatezza del caso_ Così ho capito, se ho capito male me ne assumo le responsabilità, ve le ho dette.
PRES. VACCA – Grazie ancora.
FORLEO – Grazie a voi.
(3 - Fine)
anche Lei in rete, Direttore!
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appena ha tempo faccia un saltino anche nel mio blog!
a presto!
Giambattista Salis
http://lostonato.ilcannocchiale.it/
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