Miss Sixty, il marchio che in una notte ha fatto il giro di Europa
Che capodanno, quello di dieci anni fa per Vittorio Hassan, il fondatore di un piccolo impero di moda per giovanissimi. Era il 31 gennaio 1998 quando l’imprenditore abruzzese vendette per un miliardo di vecchie lire a una società lussemburghese, la Fronsac investment holding, i suoi marchi principali: Miss Sixty, Sixty, Murphy & Nye, Energy Refrigiwear, Killah, Baracuta e altri. Il mattino dopo, all’alba del primo gennaio 1999 Hassan e il gruppo Sixty hanno acquistato il diritto di distribuzione di tutti i marchio che fino al giorno prima erano di loro proprietà. A vendere quel diritto è stata una società ungherese, la Pentaflash. Li aveva comprati durante la notte di Capodanno da una società olandese, la Aldrigen Trading and Licensing, che ha sua volta li aveva acquistati da una società di Madeira, la Nightingale Marketing e Commercio. Insomma, una notte da ricordare per Miss Sixty che si è fatta il giro di Europa prima di tornare a casa. Ma quel viaggio dopo dieci anni rischia di costare parecchio ad Hassan, a cui oggi l’Agenzia per le Entrate di Attilio Befera contesta una evasione fiscale di circa 50 milioni di euro negli anni proprio legata a quella rapidissima estero vestizione dei marchi così popolari fra i teen agers. Secondo il verbale della Agenzia delle Entrate infatti quel giro d’Europa è stato realizzato con un solo scopo: trasferire in paesi con forti vantaggi fiscali l’incasso delle royalties sui marchi. Ad avere messo gli ispettori del fisco italiano su quella pista per altro è stato lo stesso bilancio del gruppo Sixty del 1999, in cui vengono pagate alla società ungherese ultima titolare dei marchi 4,7 miliardi di lire di diritti di distribuzione, e cioè 5 volte quanto pochi mesi prima Hassan aveva incassato vendendo gli stessi marchi. Un’operazione che evidentemente non stava in piedi. L’Agenzia delle Entrate ha atteso una volta iniziate le prime indagini che passasse il periodo del condono fiscale a cui le società del gruppo Sixty però non hanno aderito e poi ha iniziato a procedere, pur senza arrivare a scoprire il vero azionista della società lussemburghese a cui quella notte per prima furono ceduti i marchi: era una finanziaria –schermo residente alle Bahamas che era ed è restata anomima.
Il verbale di contestazione dell’Agenzia delle Entrate è arrivato nelle settimane scorse alla procura della Repubblica di Teramo (dove è stata trasferita la sede legale, un tempo a Chieti) che con l’aiuto della guardia di Finanza ha aperto un fascicolo penale iscrivendo a registro degli indagati Hassan per dichiarazione infedele (le fiamme gialle hanno escluso l’esistenza di una ipotesi di dichiarazione fraudolenta). Al di là di come procederà il contenzioso fiscale, il caso è il primo di un’offensiva lanciata dal fisco italiano nei confronti del settore del lusso e del fashion, in cui il fenomeno dell’esterovestizione dei marchi e perfino delle società di distribuzione sembra assai diffuso. Qualche preoccupazione comincia a serpeggiare anche fra i grandi gruppi della moda italiana che per altro non stanno attraversando un buon momento di mercato e sono spesso costretti a chiudere attività e ristrutturare i settori di business.
Il gruppo Sixty spa ha chiuso il 2008 con un fatturato di 419 milioni di euro e un risultato negativo per 19 milioni di euro dovuto essenzialmente a partite finanziarie straordinarie e alla svalutazione di partecipate per 24 milioni di euro. Il margine operativo era infatti positivo di 18 milioni di euro, anche se in calo rispetto ai 44,8 milioni dell’anno precedente. Nel bilancio non si cita la vicenda dei marchi, ma si dà notizia di una doppia verifica fiscale da parte della Agenzia delle Entrate de l’Aquila. Una relativa al 2003 notificata a dicembre 2008 e una successiva per gli anni 2004-2007 non ancora notificata. Secondo i documenti giunti in società la contestazione riguarda imposte emerse per 21 milioni di euro. Il gruppo Sixty ha presentato istanza di autotutela e annunciato il ricorso per la contestazione notificata, ma non ha operato accantonamenti in bilancio sostenendo “prive di qualsiasi fondamento giuridico” le pretese dell’Agenzia delle Entrate, su consiglio dei consulenti fiscali prof. Giorgio De Nova e prof. Marco Piazza dello studio Biscozzi e Nobili che assistono Hassan.
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