Dove stanno gli evasori? Sorpresa: tutti in Calabria e al Sud
Non è il cumenda, ma il picciotto il vero campione dell’evasione fiscale in Italia. Anche se per anni si è disegnato l’identikit del furbetto del fisco con l’imprenditore del Nord- Nord Est pronto a nascondere capitali in Svizzera o in qualche paradiso fiscale, il vero serbatoio dell’economia sottratta al fisco è il Sud Italia. Lo rivela la documentazione depositata da Banca d’Italia, Agenzia delle Entrate e Istat presso la commissione Lavoro del Senato che sta conducendo una indagine conoscitiva sul livello dei redditi di lavoro nonché sulla redistribuzione della ricchezza in Italia nel periodo 1993-2008. I dati , e in particolare un lavoro dell’ufficio studi della Agenzia delle Entrate sulla evasione Irap sono stati analizzati in un documento pubblicato lunedì scorso integralmente dal professore Paolo Feltrin, titolare della cattedra di scienza dell’amministrazione all’Università di Trieste. Feltrin ha spiegato che l’evasione Irap è “una delle forme di evasione che si possono quantificare meglio. Sulle altre ci possono essere indizi più o meno indiretti, ma su questa siamo abbastanza certi”. E ha citato l’indagine dell’Agenzia delle Entrate per rivelare che “l’intensità della evasione Irap nelle regioni del Sud è da 3 a 5 volte superiore a quella delle regioni del Nord, raggiungendo il massimo del 94 per cento in Calabria (vuole dire che circa il 50% è evaso)”. Sempre secondo i dati della Agenzia delle Entrate, rivela Feltrin, “nel Sud e nelle isole l’evasione fiscale è medio-alta per il 70 per cento delle province contro il 24-26 per cento delle province del centro-nord. Secondo la stessa ricerca per il Sud si arriva ad oltre l’80 per cento di propensione all’evasione fiscale”.
I dati su chi fa fesso il fisco, secondo il professore triestino, rischiano di fare traballare la veridicità di altri dati ufficiali, soprattutto quelli su reddito medio e livelli di povertà che nel quadro macroeconomico si riflettono anche sulla consistenza del Pil italiano. Feltrin cita una indagine della Banca d’Italia “che segnala qualche problema sulle dichiarazioni delle regioni meridionali. Nel 2006 ad esempi ci sarebbe un 30 per cento di popolazione con reddito pro capite basso, ma se vado a vedere i consumi questo 30 per cento si dimezza e diventa 15 per cento. Se guardo ai redditi ho il 30 per cento delle famiglie povere, ma se guardo ai consumi questa percentuale si dimezza al 15 per cento. Anche qui la differenza fra redditi e consumi è una spia”. Il professore non lo dice, ma è evidente che è un altro indicatore del formidabile livello di evasione nel Mezzogiorno. Ma non si tratta della vecchia economia sommersa: “tutti i dati anzi dimostrano che l’evasione fiscale da lavoro nero, mancati contributi etc… è in radicale diminuzione: queste sono le stime Istat dagli anni ’90 in poi (…). In questi anni sembra essere aumentato un altro tipo di evasione/elusione fiscale, prevalentemente concentrata nei settori manifatturieri e collegata all’import-export”. E’ in questa massa di evasione fiscale che si spiega perché sia sopportabile nel Sud un altro dato ufficiale, quello sulla presenza del 61,8 per cento di famiglie povere: “perché”, sostiene Feltrin, “non ci sono movimenti di contestazione o tensioni sociali con dati così? Perché questi dati non sono veri”. Esiste secondo il professore triestino anche un altro dato non veridico: quello sul Pil: “Con ogni probabilità stiamo sottostimando il Pil nazionale perché non teniamo in adeguato conto non tanto l’evasione classica, tradizionale, quella che abbiamo avuto per 50 anni, ma quella che può essere esplosa negli anni ’90 e negli anni 2000, legata a transazioni estere, spesso legali”. Lo sa l’Istat, lo sa la Banca di Italia “e perché non si corregge la sottostima del Pil? Io credo che qualsiasi aggiustamento del Pil renderebbe meno cogente qualunque politica di contenimento del debito pubblico. Quindi, tutto sommato, conviene a tutti per un po’ dire che il Pil è così come è e non fare troppe discussioni”.
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