Con Hillary Obama è subito invecchiato un po'
Sicuri che Saviano è davvero un eroe? Una lettera di un casalese destinata a fare riflettere...
Le scrivo perché sono profondamente deluso e amareggiato del successo che sta ottenendo il suo libro e il film correlato, che ritengo immeritato, in quanto, non c'è nulla di nuovo in quello che Lei ha scritto e che tutti già conoscono e sanno.
Mi presento facendo nome e cognome: mi chiamo Castellone Luigi, ho 40 anni e risiedo fin dalla nascita, nel «Territorio dei Casalesi», pur lavorando, per necessità, a Roma facendo quotidianamente il pendolare alzandomi la mattina alla cinque per essere sul posto di lavoro alle otto.
Voglio solamente puntualizzare che non basta dire i “Casalesi” nel casertano, o la camorra nel napoletano e in generale, che la camorra (o gomorra come Lei la chiama) gestisce la droga, gli appalti e la malavita, sono cose che tutti sanno, comprese le Istituzioni locali, nessuna esclusa.
Quindi se veramente vuole aiutarci come dice, se veramente vuole meritarsi la scorta che Le hanno concesso, da due anni a spese del contribuente cioè noi, me compreso, faccia i nomi e racconti al mondo intero fatti specifici e circostanze dettagliate che nessuno è in grado di sapere, comprese le forze dell'Ordine, anziché favoleggiare con il suo libro-diario.
Sono convinto che Lei non sia in grado di farlo, perché la camorra non permette alle persone oneste e pulite di penetrate nei loro labirinti occulti, di conoscere i loro “business”, le maglie delle sue truffe e dei suoi imbrogli nazionali ed internazionali.
Se mi sbaglio, dimostri il contrario, parli ora!
Giri le spalle all'omertà che coinvolge anche molti rappresentanti dello Stato sul nostro territorio, metta in luce, come oggetto di discussione, fatti dettagliati ma facendo nomi e cognomi non quelli estrapolati da documenti noti agli archivi delle Procure che il più delle volte si fa finta di non conoscere.
La prego, non vada in giro per le trasmissioni televisive a dire che ci sta aiutando, ricevendo applausi e acclamazioni come se fosse un eroe, perché qui non è cambiato niente, al contrario, ha messo in ginocchio questa Regione, ha diffamato i cittadini onesti di questa terra; siamo letti e visti in tutta Italia e all'estero, come un popolo che tiene la camorra nel sangue, come fossimo delle bestie, delinquenti senza scrupoli, sfaticati ed arrampicatori sociali in questa terra pericolosa abbandonata da tutti e da tutto.
E, se poi penso, che la gente compra il suo libro e acquista un biglietto del cinema per visionare il film - tratto dal Suo stesso diario- mi vergogno ancora di più perché sono certo che Lei in questo modo non sta aprendo gli occhi allo Stato che sa da molto tempo ma non è mai intervenuto al momento opportuno come fa oggi con qualche camionetta dell'Esercito, cosicché Lei imbroglia il cittadino sprovveduto, speculandoci abbondantemente sopra a suon di diritti d'autore.
Se è vero che, pubblicando questo libro ha messo in pericolo la sua vita, tanto da permetterLe la scorta, perché non pubblica anche le intercettazioni telefoniche? Così finalmente possiamo conoscere i nomi dei colpevoli, giacchè oggi con la tecnologia più avanzata si può risalire facilmente agli autori delle minacce.
In Campania il problema esiste ma non è con la sua favola che si risolve, si limiti a scrivere storie vere se ne ha il coraggio e non si atteggi ad eroe martire, anzi, inviti la magistratura a fare il suo corso e chieda scusa alla nostra gente per averla posta in vetrina scandalosamente dinnanzi agli occhi del mondo intero.
Luigi Castellone residente a Casaluce (Ce) |
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Biografia del Ministro Vannino Chiti
Vannino Chiti. Nato a Pistoia il 26 dicembre 1947, laureato in filosofia. Studioso del movimento cattolico, vanta una lunga esperienza politica e amministrativa. Nel 1970 viene eletto consigliere comunale di Pistoia, poi assessore e infine sindaco della città. Nel 1985 eletto in consiglio regionale. Nel gennaio 1992 eletto presidente della Regione Toscana. La sua giunta s'impegna nella difesa dell'apparato produttivo e dell'occupazione, nello smaltimento dei rifiuti, nelle prime battaglie federaliste....In casa Veltroni basta il superstipendio di Walter. L'architetto Flavia nel 2005 ha guadagnato meno di mille euro
Ma in casa del suo sindaco i pantaloni li indossa lui, Alemanno. Isabella Rauti guadagna solo un terzo del marito
In casa Rutelli è Barbara a portare i pantaloni. Guadagna tre volte il marito, rimasto disoccupato
Berlusconi non è poi così ricco. A Milano lo battono Micheli jr e tutti gli stilisti
Ora quei 740 diventano armi improprie. Unico antidoto: la trasparenza
Cacia al 740 del vicino- Visco ha messo tutti i redditi in piazza
Quanto valgono le promesse di Veltroni? Nulla...
È stato difficile trovare una foto utile per la campagna elettorale di Walter Veltroni. Ne puoi passare decine e decine e non ce n'è una in cui il leader Pd venga bene. Non sorride quasi mai. Spesso è accigliato. Altre volte ombroso, si vede che cova dentro ira e non può tirarla fuori tradendo un clichè che si è imposto. Quando la Saatchi & Saatchi alla vigilia della campagna esaminò inutilmente una montagna di immagini, subito ne saltò all'occhio una, la sola. Uno scatto di Marco Delogu apparso sulla copertina di Class. Chiese la liberatoria al fotografo e all'editore che l'aveva pubblicata. Quel giorno comunicai io al portavoce di Veltroni, Roberto Roscani, il via libera. In cambio chiesi un'intervista. «Sì naturalmente...».
«Sì, naturalmente», è il ritornello che per 51 giorni mi è stato ripetuto in ogni modo. Per telefono, per sms, per e-mail. Perché Veltroni non dice mai «no». E la sua squadra si è abbeverata a questa tecnica micidiale. Nei 51 giorni Italia Oggi insieme a Class-Cnbc ha intervistato Silvio Berlusconi, Fausto Bertinotti, Pierferdinando Casini, Daniela Santanchè, Giuliano Ferrara e decine di altri, candidati premier o semplici candidati. Da Veltroni mai un no. «Adesso la facciamo, pazienta». Ho dato la disponibilità a salire sul pulman con le telecamere in qualsiasi ritaglio di tempo. Alle 7 del mattino, a mezzanotte. In qualsiasi luogo di Italia, con il semplice preavviso di qualche ora per trovare la troupe televisiva necessaria. «Ah, se è così, allora...», prometteva Roscani. Mai un no, fino a quando naturalmente ho capito da solo che il suo quasi sì mi avrebbe portato a schiantarmi sul muro dell'impossibilità. Naturalmente Veltroni è sempre stato libero di dare o non dare interviste a chi più gli piace, e non è in discussione questa libertà. Avesse detto «No, non mi interessa», fin dall'inizio, come fecero Romano Prodi e Silvio Sircana nel 2006, tutto sarebbe stato più semplice e chiaro. Allora chiesi: «Non vi interessa il giornale dei professionisti? Commercialisti, ordini professionali, categorie produttive? Non vi interessa rivolgervi a loro?». La risposta fu «No», sincera. Non ci volle molto nemmeno a comprenderne il motivo, visto che come primo atto di governo sui professionisti e sulle categorie produttive calò secco il bastone di Pierluigi Bersani e Vincenzo Visco. Con la coerenza che a Prodi non è mai mancata, non si volle nemmeno per scherzo promettere quel che fin dall'inizio si sapeva bene non potere mantenere. E convengo fosse inutile e poco produttivo elettoralmente rivolgersi ai lettori di Italia Oggi, annunciando: «Votatemi, e vi prenderò a schiaffi». Sono passati due anni, è arrivata la svolta copernicana di Veltroni. «Vi interessa l'intervista al giornale dei professionisti?». Risposta «Sì», ma significava no, e a questo punto non c'è più dubbio. Altra domanda: «Vi interessano i professionisti?». Risposta «Sì». «Le categorie produttive, le partite Iva?». Risposta: «Sì». Cosa significhino quei sì io non sono in grado di dire, ma fossi lì a guidare un ordine professionale, un'associazione di categoria, avessi una partita Iva, toglierei dal ripostiglio l'armatura, buona per proteggere in caso di pericolo e ottima già adesso per toccare ferro. Dispiace per i lettori di Italia Oggi e per i telespettatori di Class-Cnbc, che non avranno questa possibilità, anche se hanno potuto leggere- e nei prossimi giorni ancora, programmi, pensieri ed opinioni di altri autorevoli esponenti del Partito democratico. Non potremmo dare loro le risposte alle curiosità e agli interrogativi che riguardano il leader del Pd come è accaduto con tutti gli altri candidati premier. Con o senza la viva voce di Veltroni questa campagna elettorale- per fortuna- volge alla fine. Probabilmente è stata fra le meno coinvolgenti degli ultimi anni. Diciamo pure noiosetta salvo rare e lodevoli eccezioni. Con le polveri ormai bagnate si prova a lanciare qualche fuoco di artificio nelle ultime ore. Silvio Berlusconi che vuole fare l'esame psicologico ai pm, e la spara così grossa che anche lui fatica a crederci. Veltroni che dopo avere costruito una campagna elettorale secondo lui di svolta buonista, di riconoscimento dell'avversario che non è un nemico, di civiltà, ieri s'è inventato niente meno che un patto di fedeltà alla Repubblica, manco ci fossero le truppe dei Savoia alle porte. Meglio finirla qui, senza altro squallore.
BERTINOTTI SI CONFESSA SULLA CASTA, IL CACHEMIRE, IL SALOTTO ANGIOLILLO E I FALLIMENTI DEL GOVERNO PRODI
Intervista di Italia Oggi e Class-Cnbc
Domanda. Presidente Fausto Bertinotti, è deluso da questa campagna elettorale?
Risposta. Confesso che per una parte si. Insisto su questo carattere scisso della campagna elettorale che, per uno come me che le ha fatte su entrambi i binari, è evidente. Una è la campagna elettorale massmediatica che è davvero potente e- io credo per un difetto di sistema-davvero poverissima. Francamente anche questa discussione su come dev'essere la campagna elettorale, aspra o dolce, è incomprensibile. L'altra campagna, quella nel paese reale, è autentica. Si può incontrare l'entusiasmo, come io l'ho incontrato all'università di Rende: un'aula magna gremita all'inverosimile di giovani. Lo stesso nella piazza di Bari. Oppure si può incontrare anche la durezza, il gelo di realtà dove i temi del lavoro sono ricorrenti, dove c'è un clima cupo, come se fosse inesorabile l'emarginazione, il peggioramento della qualità della vita. O si incontrano ancora condizioni contrastate, come alle case popolari, dove c'è sia la voglia di fare che la disillusione. Un paese scomposto in tante facce diverse che non entra nell'altro registro se non in maniera che fa un po' scandalo. Per cui è una campagna elettorale così schizofrenica, che è difficile da prendere nel bandolo. Se ce l'ha un bandolo…
D. Non si è sentito in una posizione schizofrenica che lei? intendo dire lei, presidente della camera, che scende in piazza con i senza casa dicendo hanno ragione a occupare le case...
R. Beh, questa è una condizione di dissolvenza. È ovvio che essendo candidato premier svolgo il ruolo principale in una campagna elettorale. Naturalmente quegli incarichi, che sono pochi ormai, sul terreno istituzionale di svolgo con grande cura, con grande separazione. Però, francamente, il contrasto non c'è. Lo si vede anche per l'altro ramo del Parlamento, dove presidente Franco Marini è impegnato come me nella campagna elettorale...
D... Non glielo chiedevo sul piano formale, ma su quello personale: la imbarazza un po' questo ruolo insieme di lotta e di governo?
R. Anche per questo vale la dissolvenza: uno sempre più dismette il suo abito di presidente della camera, sempre più indossa quello di una presenza nella scena della battaglia politica.
D. Pentito di aver accettato di fare il presidente della camera?
R. Noo, no, no. Anzi...
D. tornasse indietro lo rifarebbe?
R. Sì, certo. Debbo dire che, per il mondo da cui vengo, per la storia a cui appartengo, in qualche modo mi è sembrato anche di vestire un abito a nome di tanti altri. Ricorderò sempre il 1 maggio a Torino dopo le elezioni. Dissero “li c'è uno dei nostri”.
D. contento però di non dover partecipare alla sfilata del 2 giugno?
R. Assolutamente sì, assolutamente sì.
D. Però, a forza di fare il partito di lotta e di governo, è successo che quando voi siete governo si fanno politiche di destra, si tira la cinghia, il fisco porta via anche ai poveri quel poco che hanno. Quando c'è da ridistribuire ricchezza, i vostri governi cadono. E il compito spetta alla destra, con voli a protestare in piazza. Non le sembra un paradosso?
R. sì, quello che lei descrive è un paradosso della vicenda italiana. Non una legge di natura. Ma è vero quello che lei dice. In genere in Europa era fisiologico che i conservatori andassero al governo quando bisognava risanare e tagliare, e invece i socialdemocratici o la sinistra andavano al governo quando si trattava di redistribuire. E al massimo della politica dei due tempi. Poi la politica dei due tempi è stata incorporata nello stesso tipo di governo, quando gli esecutivi di centrosinistra hanno determinato un'intera stagione in Europa. Sono però le istanze di giustizia parte fondamentale del mandato degli elettori a quel tipo di governi. Non ci sarebbero mai stati i due anni di Romano Prodi senza quella richiesta di giustizia di cui noi ci siamo fatti parte diligente, facendo inserire in programma tante cose come le modifiche alla legge 30, il ritiro delle truppe italiane dall’Iraq e tanto altro…
D. E invece?
R. invece quando il governo è partito, è avvenuto un combattimento suo interno. Il dibattito sulla contestualità o meno dei due tempi: il risanamento e la redistribuzione.
D. La risposta la conosciamo: no.
R. E, lì le forze moderate.... così si è imboccato un corso, dove insieme a delle cose buone come il ritiro delle truppe dal Iraq e la legge contro gli infortuni sul lavoro, nella sostanza, e cioè proprio nell'attesa di cambiamento, questa esperienza ha deluso. Non c'è dubbio su questo punto. E io vivo la stessa delusione della mia gente: è indubbio che non ce l'abbiamo fatta. Da qui appunto la conclusione politica, e la nascita della sinistra arcobaleno. Al di là della scelta di Walter Veltroni di andare da solo sono convinto che fosse ormai irripetibile l’esperienza del governo Prodi.
D. Lei citava prima alcuni incontri della sua campagna elettorale nelle piazze nei teatri d'Italia. Gli altri leader politici nei loro giri hanno incontrato magari scarso entusiasmo, ma quasi tutti raccontano di una rabbia e una delusione comune nei confronti del governo Prodi. È vero?
R. Assolutamente, è vero.
D. era così impopolare il governo?
R. Più che impopolare, ha deluso. Una parte importante del paese si aspettava delle cose che non sono avvenute. Specie la parte più sofferente del paese. Credo ci sia una solitudine operaia che non è stata contrastata dalle politiche del governo. Ci sono state tre occasioni, tutte perdute.
D. quali occasioni?
R. La prima è stata quella delle pensioni. Io continuo a pensare come allora che bisognava avere il coraggio di una misura limpida: esonerare dall'aumento dell'età pensionabile gli operai. Seconda occasione persa: il mercato del lavoro. Troppa cautela intorno alla legge 30, lasciando l'ultima parola alla Confindustria, che già aveva avuto vantaggi rilevanti con l'operazione sul cuneo fiscale. Infine, terza vicenda, e mi scusi la volgarità della parola, il tesoretto.....
D..... si figuri, siamo tutti volgari.....
R. Lì finalmente c'è una possibilità di spesa, e vi si è rinunciato per consolidare il consenso interno allo stesso governo, non quello esterno. L'avesse invece fatto, forse Prodi non sarebbe caduto.
D. mi scusi, ma voi eravate governo. Perché allora non avete minacciato di farlo cadere, usando l’arma suprema, quando si è trattato di discutere di pensioni, di mercato del lavoro, di tesoretto? magari aveste ottenuto qualcosa. D'ora in avanti potrete condizionare ben poco le decisioni politiche.....
R. l'arma suprema è sempre autodistruttiva. Se lei lancia l'atomica dove sta, muore. Questa era la difficoltà. In un governo che aveva la politica dei due tempi, su cui noi non eravamo d'accordo, ma c'era, sarebbe stato suicida porre fine a tutto nel primo tempo. Ci saremo preclusi il secondo tempo, quello della redistribuzione.
D. ma il secondo tempo non c'è stato lo stesso…
R. Non per colpa nostra, ma della parte moderata. Comunque avremmo tradito la nostra gente. Mi lasci dire però che non condivido quello che lei dice sulla nostra efficacia attuale. Chi lo sa quanto conteremo? dipende da che forza avrà la sinistra arcobaleno. Le faccio notare che i successi maggiori per la popolazione italiana sono stati ottenuti dall'opposizione. Lo statuto dei diritti dei lavoratori è stato varato con la sinistra all'opposizione, la riforma sanitaria pure.....
D. Erano però altri tempi…
R. vero, ma anche prima di questi altri tempi c'erano altri tempi ancora, come negli anni 50, in cui non conquistavano niente…
D. A quei tempi anche quattro radicali erano in grado di paralizzare le camere. Oggi, con i regolamenti che lei ben conosce, sarebbe impossibile. Oltretutto Veltroni e Berlusconi vorrebbero modificarli per rendere ancora meno possibile a piccoli gruppi condizionare la vita parlamentare.
R. Guardi però che questi regolamenti sono oggi sostanzialmente penalizzanti, non sostanzialmente decisori. La legge elettorale attuale e i regolamenti fanno sì che la maggioranza fatica a far valere le sue ragioni e le opposizioni fanno fatica a far valere qualsiasi capacità di influenza anche quando sono enormi, senza aver bisogno di piccoli gruppi. Qui, alla camera dei deputati, l'opposizione non è mai riuscita a far inserire un tema suo nell'agenda parlamentare. E la maggioranza ha dovuto ricorrere costantemente i decreti per poter andare avanti, e lo ha fatto con grande fatica, perché i decreti moltiplicano il tempo perso.
D. proprio per questo li vogliono riformare .....
R. Avete certo è terribile il combinato disposto tra regolamenti parlamentari e legge elettorale. Se lei pensa che la legge di bilancio occupa al Parlamento grosso modo tra settembre e dicembre, capirà come la produzione di indirizzo politico sia tragicamente amputata.
D. Lei cita casi nazionali ma non c'è anche un po' troppa Europa a condizionare la vita politica italiana? Glielo chiedo anche pensando al caso Alitalia.
R. che la politica europea debba in qualche modo condizionare, secondo me è in qualche modo obbligato. Perché la globalizzazione chiede, per poter essere influenti, e tu lavori su una massa critica economica e politica. Sotto la scala europea non c'è alcuna possibilità di fare politiche influenti: monetarie, di protezione, di intervento attivo. Il punto è un altro...
D. e cioè?
R. Questi signori che governano l'Europa sembrano essere gli ultimi sacerdoti di politiche liberiste che secondo me non andavano bene neanche in altri tempi, ma che in tempo di recessione diventano addirittura sconcertanti. Perché non le fanno neanche gli Stati Uniti d'America, che le predicano, ma non le fanno. La Federal Riserve interviene sistematicamente, come si è visto nel recente caso della Bear Stearns, salvata dall'intervento del denaro pubblico. Anche la Gran Bretagna ha nazionalizzato una sua banca in crisi. Mi si deve spiegare ora perché si può intervenire su una banca e non su Alitalia. Chissà perché risparmio sì, mentre occupazione e strategie industriali no. Questo è un errore dell'Europa…
D. E la sua ricetta quale è?
R. Coniugare diritti e competitività. Vinceremo con questo la competizione globale. Diritti del lavoro, piani per l’ambiente, valorizzazione di beni comuni come l’acqua, e così via. Con una soglia minima da cui comincia la sfida per la competizione…
D. vero che su questi temi sì che più vicini a Tremonti che a Veltroni?
R. Ci fosse qui Tremonti continuerebbe questo dibattito ci ha già visti protagonisti per lungo periodo, con elementi di dissenso radicale sulle ricette, e convergenze su alcune analisi. D'altra parte io appartengo a un movimento di critica della globalizzazione che per primo ha rotto il pensiero unico, spiegando che è un terreno accidentato, che può determinare la messa in discussione di diritti e produrre una vera e propria regressione di civiltà. Siccome Tremonti si è mosso su un terreno diverso da quello apologetico, c'è stato un dialogo. Quello che non mi convince è che da questo ti salvi con una politica protezionistica. Non mi convince perché l'arma di ritorsione dei paesi dell'America latina, come dell'est, sarebbe così imponente da renderla inefficace. Se vuoi competere con cinesi ed indiani devi pensare ad altri tipi di produzione e di organizzazione della produzione.
D. Quali?
R. Cinque anni fa noi sembravamo battuti in settori come il tessile e le calzature. Oggi non è più così, grazie alla qualità dei nostri prodotti. Io credo che una delle ricette possa essere la tracciabilità dei nostri prodotti, che vale per i generi alimentari con cui si difendono le produzioni biologiche del proprio paese e l'alta qualità dei prodotti naturali. Ma questa tracciabilità deve valere anche per il lavoro, per cui i prodotti possono girare per il mondo a patto che abbiano incorporato un minimo di diritti sociali, un minimo di retribuzione, un massimo di orario, un minimo di diritti sindacali. Tu devi essere competitivo perché hai una capacità di produzione diversa. È l'unica idea di lungo periodo.
D. Non teme che la qualità si possa imparare in fretta? I cinesi riescono anche in questo…
R. Sì, se si tratta di elaborare un buon tessuto. Ma se il tessuto si combina con un'idea di stile, con un tipo di abbigliamento, e con una qualità del prodotto che non è solo dipendente dalla tecnologia, ma dalla esperienza degli uomini, allora a Biella faranno una produzione laniera di qualità superiore perché c'è una rammendatrice che sa fare quello che nessun altro al mondo è in grado di fare. Perché vive in un luogo dove da 200 anni si è prodotta una sensibilità diffusa che ha a che fare proprio con la cultura. Le cito il caso del tessile, che secondo la letteratura industriale sarebbe dovuto scomparire già negli anni 70. E invece è stato salvato da quello che è stato chiamato il sistema moda, il made in Italy. È la stessa cosa che sta avvenendo nella produzione dei vini. Pensi a cos'era vent'anni fa il vino pugliese, o quello siciliano. Erano usati al massimo per tagliare i vini nobili. Oggi sono punti di eccellenza dell'Italia nel mondo. Magari anche grazie all'internazionalizzazione, ad enologi che arrivavano dalla Borgogna.
D. Era immaginabile l'esempio del tessile: in linea con la sua passione per il cachemire...
R. Ah, Ah… però io inviterei qualcuno ad andare a Solomeo in Umbria, dove c'è un signore che ha costruito questa avventura, di produzione di lane di cachemire, che vende in tutto il mondo. Andare lì e provar vedere la qualità di quel villaggio, di quel borgo, di quella produzione. In ogni caso io che non ho mai avuto il cachemire fino a qualche anno fa, quando qualcuno mi fece un dono, mi ricordo delle magliaie milanesi che me ne mandarono uno chiedendomi di apprezzare il loro lavoro. Io credo comunque che bisognerebbe avere un po' più di cura per parlare del lavoro delle persone e dei prodotti, anche di quelli che purtroppo non sono alla portata di tutti.
D. va bene, inventati gli attacchi sul cachemire. Ma sono veri quelli sulla casta, che le sono toccati proprio mentre lei era presidente della camera. I politici sono davvero una casta?
R. il termine mi pare improprio. Se si vuol dire che si sono venuti accumulando nei decenni anche dei privilegi per tutte le rappresentanze politiche in Italia, secondo me è vero. Bisogna intervenire, perché questi sono di nocumento grave alla politica, che spesso non risolve i problemi della gente, ma li complica. L'estraneità della gente è direttamente collegata all’ estraneità della politica della vita quotidiana della gente. Però non c'è la stessa avversione o denuncia quando il signor Ruggiero, amministratore delegato della Telecom, prende una liquidazione di € 17 milioni, equivalenti di 1000 anni di retribuzione di un solo operaio...
D. ma i signori Ruggiero sono pochi…
R. non è vero, sono centinaia di casi. Ma non voglio giustificarmi, io sono per colpire tutti privilegi, che si sono accumulati nei decenni...
D. Lei li ha vissuti adesso, da presidente della camera
R. per la prima volta quest'anno il bilancio della camera è inferiore a quello dell'anno precedente. Non era mai accaduto. Non sono stati erogati gli aumenti previsti dalla legge per gli stipendi dei deputati. Sono stati eliminati dei benefit. Ridotti i vitalizi. Pensi che un giornale come Libero, che sta facendo una campagna molto forte sui costi della politica, me lo ha riconosciuto pubblicamente…
D. Ah, sì?
R. sì, il vicedirettore in una conversazione pubblica ha riconosciuto che a leggi vigenti questa presidente della camera ha fatto quello che poteva. Sono contento. E so che questo è ben diverso da quello che bisognerebbe fare con modifiche strutturali, intervenendo sul numero dei parlamentari e abolendo il bicameralismo.
D. Torno al cachemire. Uno dei fotografi più famosi di Roma, Umberto Pizzi, aveva molta simpatia per lei. In un'intervista l'altro giorno ci ha confessato di essere rimasto deluso dal trovarla dove non si sarebbe aspettato, nei salotti…
R. no, so quel che dice. In un salotto, quello di Maria Angiolillo. Ci sono stato due volte, perché ho ricevuto un invito, con la presenza di numerose altre componenti politiche: da Piero Fassino, a leader autorevolissimi del centro, del centrodestra, dei Ds. Si trattava di colazioni serali con ampia presenza di tutte le componenti politiche. Sarei stato scortese a declinare l'invito, anche per il ruolo che esercitava. Questo è. In ogni caso ho una grande libertà perché sono sempre in grado di confrontare le ore passate davanti ai cancelli di una fabbrica con quelle passate nei cosiddetti salotti. Sono tranquillissimo da questo punto di vista.
D. altra polemica, non voluta. La tocca da vicino la questione giudiziaria in questa campagna elettorale. Un suo compagno di schieramento, Alfonso Pecoraro Scanio, è sotto indagine della procura di Potenza. Perché si tratti di giustizia ad orologeria?
R. no no, mai. Nessuno mi sentirà mai avanzato il sospetto sulla magistratura. Mai. Io penso che un politico debba sempre essere al di sopra di ogni sospetto. La magistratura faccia il suo corso. Non sono neppure sfiorato dal problema. Penso, per come lo conosco, che Pecoraio Scanio sarà in grado di dimostrare la sua estraneità ad ogni accusa. Ma penso che sia giusto fin d'ora dichiarare che se anche venisse eletto sarà a disposizione della magistratura concedendo tutto ciò che la magistratura chiederà. Certo, che capiti in campagna elettorale e un po' sconveniente. Sarebbe meglio che accadesse o prima o dopo. Ma non faccio polemiche.
D. i partiti che compongono la sinistra arcobaleno nel 2006 avevano circa l'11,5%...
R.... è cambiato il mondo...
D. cosa considera un successo alle prossime elezioni?
R. diciamo qualcosa di più di quello che ci attribuiscono i sondaggi…
D. … che la legge ci vieta di citare…
R. per questo lo dico.
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