Il Csm piccona già la legge Maroni sugli immigrati

Che fosse contrario l’aveva fatto sapere a chiare lettere, forse andando al di là delle proprie competenze costituzionali prima che il Parlamento votasse il testo di legge. Ora il Csm di Nicola Mancino ha assestato una picconata decisa al pacchetto sicurezza e più in generale alle norme di leggi penali e amministrativi che dovrebbero regolare l’espulsione degli immigrati clandestini. La scorsa settimana il plenum di palazzo dei Marescialli si è diviso su una pratica della ottava commissione, originata da un quesito del presidente del tribunale di Genova e ha stabilito che le udienze di convalida per l’espulsione davante ai giudici di pace non possono più essere effettuate in locali della Questura. Anche a rischio di fuga dell’immigrato. La questione sembrava di poco conto, e per altro la pratica, originata nel 2008, non ha nemmeno citato le nuove norme divenute legge (il reato di clandestinità) pochi giorni prima del plenum del Consiglio superiore della magistratura. A Genova per alcuni anni i processi di convalida delle espulsioni sulla base della legge Bossi-Fini si sono tenute nei locali messi a disposizione del Questore in modo da potere procedere con l’espulsione in tempi brevi dopo il fermo dell’immigrato irregolarmente presente sul territorio italiano. Poi è cambiato il coordinatore dell’ufficio dei giudici di pace e ha stabilito che in questura no, non si poteva fare. Bisognava andare come per tutti gli altri processi in un’aula di tribunale. Il questore preoccupato ha elencato quelle che secondo lui erano le conseguenze negative della decisione: “necessità che gli stranieri fossero trasferiti nei locali dell’ufficio del Giudice di pace, ritardi nei provvedimenti di convalida, pericolo che gli stranieri si sottraessero alla vigilanza degli agenti di polizia, non essendo possibile adottare nei loro confronti i mezzi di coercizione normalmente adoperati nei confronti dei detenuti”. E così infatti stava avvenendo, per questo il presidente del Tribunale che non sapeva optare per l’una o l’altra tesi ha chiesto aiuto al Csm. Era il 14 ottobre 2008. E con i tempi del Csm, simili a quelli di una gestante, nove mesi dopo è stata partorita la decisione. No, la dignità di uno straniero e il suo diritto a un’aula di tribunale adeguata è più importante del rischio di fuga. Dibattito lacerante, anche un po’ superato dalla storia, quello che per più di un’ora ha coinvolto il Csm. Ma ala fine si è stabilito che celebrare un processo in locali della Questura è da stato di polizia. E i clandestini potranno darsela a gambe in attesa dell’aula giusta... Franco Bechis

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