Scaroni sfida Berlusconi a Porto Torres
Con un annuncio dato con poche ore di preavviso al presidente della Regione Sardegna, Ugo Cappellacci, l’Eni guidata da Paolo Scaroni ha deciso la chiusura- al momento temporanea, per «almeno due mesi» dello stabilimento chimico di Porto Torres. Con un lungo comunicato si spiega che «l’andamento dello stabilimento di Porto Torres nei primi mesi del 2009 è stato pesantemente condizionato dalla attuale crisi finanziaria, che ha aggravato la già difficile situazione economica del sito». Le perdite sono rilevanti. Ma il caso è diventato politico. Perchè Porto Torres fu riaperto a febbraio per intervento di Silvio Berlusconi. E il gesto sa di sfida, soprattutto all’indomani della guerra del gas originata dal decreto anti-crisi (...)E’ da tempo che l’Eni sta attuando con governo e autorità locali una sorta di braccio di ferro sul caso Porto Torres. Da anni lo stabilimento perde decine di milioni di euro (circa 150 milioni fra il 2008 e la previsione di rosso 2009) e fatica a tenere un mercato già non particolarmente brillante. Da anni non mancano le pressioni delle autorità politiche regionali e nazionali per evitare una crisi che avrebbe un risvolto sociale rilevante in Sardegna. Per quetso nel dicembre scorso Scaroni era stato convocato in Parlamento, dove era uscito da un’audizione assicurando “L’Eni non chiuderà l’impianto cracking di Porto Torres”. Ai primi di gennaio invece lo stabilimento si fermò, ufficialmente “per problemi di manutenzione”. Insorsero come sempre le autorità locali e siccome si era in piena campagna elettorale per scegliere il nuovo governatore, il caso è subito diventato nazionale. A metà gennaio Silvio Berlusconi chiamò a Mosca lo stesso Scaroni, tirandolo fuori da un incontro decisivo per le sorti del gas italiano e gli impose (comunicandolo poi ufficialmente con una nota di palazzo Chigi) l’immediata riapertura dello stabilimento, dettandone anche le condizioni, i piani di sviluppo e le possibili soluzioni sindacali. Ed è stato probabilmente di nuovo il gas a intersecarsi con la vicenda della chimica sarda. All’Eni non è infatti andato giù (anche perchè letto sul testo di legge, senza preavviso) quell’articolo 3 del recente decreto legge anti-crisi che stabilisce la “riduzione del costo dell’energia per imprese e famiglie” obbligando a cedere a prezzi vincolati 5 miliardi di standard metri cubi di gas. Una norma che secondo le prime stime avrebbe un impatto negativo su Eni di almeno cento milioni di euro. Per questo nelle fila del governo il caso Porto Torres è sembrato la risposta dell’Eni. Un guanto di sfida...
Franco Bechis
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News tratta dal portale Indymedia al link:
http://piemonte.indymedia.org/article/2046
Drammatica lettera del Sindaco di Porto Torres al neo Ministro delle Finanze Tremonti. Che i sardi avessero la testa dura era notorio. Ma che fossero caparbi come il Sindaco di Porto Torres era ignoto. Col nuovo governo il sindaco sardo è tornato immediatamente alla carica. Governo nuovo, rompiamogli subito le palle, avrà pensato Luciano Mura (Sindaco di Porto Torres).
Così con la determinazione che gli è consueta pochi giorni ha preso carta e penna e ha scritto al Ministro Tremonti:
"Il territorio di Porto Torres e sardo in generale continua ad essere penalizzato dall'inerzia del Gruppo ENI, che mantiene inutilizzate grandi estensioni di aree industriali. Risulta addirittura che malgrado i precisi impegni verso la Ns amministrazione per la restituzione al territorio di tali aree (ora di proprietà della Syndial Spa-Gruppo ENI) l'ENI abbia congelato le trattative di dismissioni con i privati, interessati ad insediare su di essere nuove iniziative industriali ... vi sarei grato se vorreste intercedere presso i vertici ENI perchè provvedano a favorire l'avvio di dette iniziative..."
Un pò come dire: "ch'anno già inquinato il sottosuolo per un secoletto buono buono mo toglieteci l'ENI dai coglioni".
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