Quei parrucconi costano 50 milioni
Giovedì all’ora di pranzo, a poche centinaia di metri dal Quirinale, un uomo grande e grosso dai capelli bianchissimi e con baffi grigio scuro in gran contrasto, si stava facendo piccolo piccolo in una piazzetta della capitale sotto il peso di voluminosi bagagli davanti a una donna assai più minuta. Lei, sguardo furioso sotto un paio di grandi occhiali, agitava la mano nell’aria quasi minacciando l’uomo che riprendeva a grandi gesti, forse irritata anche dall’attesa. Quell’uomo che annuiva con la testa cercando di calmare la moglie era Giuseppe Tesauro, giudice della Corte costituzionale. E forse in quel momento avrebbe voluto trovarsi davanti Silvio Berlusconi piuttosto che la madre dei suoi tre figli. La scenata sarebbe stata meno plateale. Per fortuna dopo pochi minuti è sbucato dal traffico l’autista, sollevando i coniugi Tesauro dal peso dei bagagli e riportando apparentemente la calma in famiglia. Chissà se l’autista sapeva di avere davanti a sé non solo uno dei protagonisti del momento, un giudice che con il suo no aveva appena bocciato il lodo Alfano infiammando la politica italiana. Ma un’uomo d’oro, che vale 3,5 milioni di euro. Sì, perché quella è la cifra che ogni anno gli italiani spendono per mantenere Tesauro come ogni altro giudice della Corte costituzionale. Tre milioni e mezzo, il costo record di una carica istituzionale in Italia. In quella cifra c’è lo stipendio di un giudice costituzionale (tutt’altro che disprezzabile: 552 mila euro l’anno), quello del suo staff e della intera macchina organizzativa per assicurare il funzionamento della suprema corte. E’ più del doppio di quanto costa ogni senatore della Repubblica italiana, inclusi quelli nominati a vita: 1,6 milioni di euro all’anno. E due volte e mezza il costo di un deputato: 1,5 milioni. La Corte Costituzionale è in proporzione alle sue dimensioni l’organo più costoso della Repubblica italiana, anche se dovrebbe essere il contrario. Il suo compito infatti è esaminare le leggi, talvolta cassarle, altre volte approvarle, ma in moltissimi casi costringere il potere legislativo a modificarle, facendo semmai lievitare i costi di Camera e Senato costrette a ripetere tutto l’iter da capo. E’ accaduto decine e decine di volte negli ultimi anni. Con una sorta di miracolo matematico: a lavorare di più grazie alle decisioni della Corte sono stati i parlamentari, ma a lievitare più di tutti sono stati proprio i costi dei giudizi costituzionali.
Oggi il funzionamento della Corte costituzionale, secondo il bilancio di previsione dell’istituzione e anche secondo il recentissimo disegno di legge di assestamento dei conti pubblici costa agli italiani 52,7 milioni di euro. In assoluto più del doppio di un altro organo a rilevanza costituzionale come il Consiglio superiore della Magistratura. Ma è una cifra record anche per gli incrementi. Nell’ultimo anno la dotazione pubblica è cresciuta del 12,82%, e non c’è proprio paragone con l’aumento della dotazione di tutti gli altri organi di pari rango. Camera, Senato e Quirinale hanno cresciuto le loro dotazioni nei limiti dell’inflazione programmata, e cioè dell’1,50%. Csm, Consiglio di Stato, Tar, Corte dei Conti e Cnel hanno visto invece ridurre le proprie spese talvolta anche in maniera considerevole nell’anno della grande crisi finanziaria. A crescere un po’ di più è stato solo l’assegno personale del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, passato dai 226.561 euro del 2008 agli attuali 235.171 euro, con un aumento del 3,80%. Crescita comunque assai inferiore a quella della dotazione dei giudizi costituzionali.
La spesa per fare funzionare la Corte suprema è lievitata in questi anni al pari delle polemiche anche roventi che hanno accompagnato le sue decisioni. Basti pensare che nel 2001 lo stesso organismo era costato 33,5 milioni di euro. In sette anni l’aumento è stato del 57,21 per cento. E l’unica crescita simile fra gli organi costituzionali o a rilevanza costituzionale è stata quella della spesa per il funzionamento del Consiglio superiore della magistratura: era di 18,9 milioni di euro nel 2001, è di 29,6 milioni di euro nel 2009, con un aumento percentuale del 56,7%. Sono cari evidentemente i giudici, perché una istituzione al centro delle polemiche di questi anni sulla casta, come la Camera dei deputati, ha visto lievitare le spese per il proprio funzionamento del 32,39 per cento. Più dell’inflazione reale, ma quasi la metà di quel che è avvenuto con i giudici.
E sono proprio i supremi magistrati a rappresentare in proporzione il capitolo di spesa più cresciuto e rilevante anche rispetto al bilancio della stessa Corte costituzionale. Per i loro stipendi nel 2009 se ne sono andati 8,2 milioni di euro, di cui 6,6 solo di retribuzione. Per le loro pensioni altri 4,7 milioni di euro (per un importo medio di 263.888 euro annui). Quasi un quarto del bilancio della Corte se ne va per le esigenze dei giudizi costituzionali, un’altra metà per le spese dei 359 assunti o incaricati a termine che dovrebbero supportare le decisioni degli altissimi magistrati. La maggiore parte di loro- 216- sono di ruolo, 65 sono comandati, per la sicurezza sono distaccati lì altri 49 carabinieri e 3 vigili del fuoco, 5 sono con contratto a termine e 21 consulenti con incarichi conferiti la cui spesa è quasi raddoppiata nell’ultimo triennio.
Lavoreranno tanto gli altissimi magistrati, ma quest’anno prima del lodo Alfano devono essere stati impegnati soprattutto fuori dalla Corte: la spesa per convegni, congressi e cerimonie è infatti quasi triplicata passando da 82 mila a 215 mila euro. Cresciuta notevolmente (forse legata proprio alla convegnistica) la spesa per l’insegnamento interno di lingue straniere: da 17.500 a 24 mila euro. Ma i corsi non devono avere prodotto grandi risultati, visto che contemporaneamente è raddoppiata la spesa per traduttori e interpreti: da 16 mila a 32 mila euro.
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1 commento:
Neanche tanto! Un giudice costituzionale non arriva nemmeno alla paga del leghista Bonomi, presidente di SEA (600.000 euro), già di Alitalia, i cui grandi contributi all'economia nazionale sono sotto gli occhi di tutti.
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