DinosauRAI, quelli che si piazzano sulle tv di viale Mazzini e non li scollano più
Michele Santoro è il conduttore più longevo della storia della Rai e probabilmente della stessa televisione italiana. Soprattutto è il giornalista che da più anni fa sempre lo stesso programma, cambiando di tanto in tanto il nome e la scenografia dello studio (e per un triennio anche azienda, buttandosi fra le braccia del “nemico” Silvio Berlusconi). E’ passato quasi un quarto di secolo da quell’esordio da conduttore su Rai 3, un sabato sera del lontano 1986, la prima edizione di Samarcanda. Un quarto di secolo sempre uguali a se stesso che rappresenta un primato non solo per la tv italiana, ma anche in giro per il mondo. Bruno Vespa, che spesso viene associato a Santoro per contrapposizione, in effetti ci litiga anche lui da un quarto di secolo. Ma all’epoca faceva il giornalista del Tg1, e non il conduttore. Porta a Porta ha un marchio affermato e la sua bella età. Ma a fronte del Santoro show quel pogramma è poco più di un ragazzino: è iniziato nel 1996, ed ha 14 anni di età. Prendiamo un altro dinosauro della tv pubblica, bravo, bravissimo (anche Santoro lo è) come Giovanni Minoli. Anche lui ha condotto e fatto interviste sempre alla stessa maniera. Il suo programma, Mixer, è andato in onda a lungo sui teleschermi pubblici: 18 anni. Poi Minoli ha fatto altro e se ogni tanto ancora oggi riesuma il modello Mixer, lo fa in punta di piedi, sul satellite o non occupando più la programmazione di punta dell’azienda. Perché finchè funziona il modello Santoro, che provi a proporgli di fare altro e lui scatena piazze e procure per la lesa maestà, nessun altro può crescere nella televisione pubblica. Non è un caso se l’unico nuovo conduttore emerso in questi anni e a cui è stata data una vera chance, e cioè Giovanni Floris con la sua Ballarò, ce l’ha fatta solo grazie al contestatissimo editto bulgaro di Berlusconi. A Santoro non fu rinnovato il contratto (grazie a quel gesto ora starà in tv a vita), i palinsesti si liberano all’improvviso e un giovane come Floris- che come si è visto aveva talento- è potuto emergere. Senza quell’editto sarebbe ancora dietro a una scrivania polverosa ad attendere che qualche conduttore decidesse di rinunciare alla sua dittatura nell’etere. E avrebbe avuto qualche difficoltà anche a conquistarsi un posto in prima fila almeno come conduttore del Tg. Anche lì non scherzano. Si ironizza tanto sull’attaccamento alle poltrone dei politici e della Prima Repubblica, ma i giornalisti, anche nella seconda Repubblica non sono da meno. Al Tg1 c’è una conduttrice ex giovane (ma anziana non è) che però offre il suo bel volto ai telespettatori da un’epoca in cui perfino Santoro era ancora relegato a qualche rubrichetta di cinema e cultura sul Tg3. E’ Tiziana Ferrario, che dal 1982, spostandosi da un’edizione all’altra, conduce il Tg1. Anche qui un primato assoluto, sfiorato solo da un altro conduttore ancora in servizio, Maurizio Mannoni del Tg3, che ha iniziato nel 1987, e sono 23 anni. Terzo posto per Maria Luisa Busi, che è lì da 19 anni e sembra ancora una ragazzina. Quarta piazza per Maria Concetta Mattei (18 anni al Tg2). Ma non scherzano nemmeno Paolo Di Giannantonio (15 anni), Dario Laruffa (15 anni) e Attilio Romita (15 pure lui, ma fra Tg2 e Tg1). Intendiamoci anche altri conduttori di tg hanno dominato per anni sullo stesso teleschermo. Ma non lo fanno più, come Bianca Berlinguer (22 anni) e Lilly Gruber (19 anni). Hanno scelto ruoli diversi e dato la possibilità a qualche giovane di non trascorrere tutta la vita in attesa della propria chance.
Tanti anni così e si rischia pure di essere ripetitivi. Se si percorre l’orologio della storia di Santoro si trova sempre lo stesso copione immancabile. Stesse trasmissioni, stesse polemiche, stessi magistrati pronti a intervenire, stesse reazioni: scioperi bianchi, piazze. Come ieri sera. Perché anche il Santoro day di Bologna non è affatto una novità. Accadde durante la campagna elettorale del 1992. In onda stava andando Samarcanda, e una puntata scatenò furiose polemiche: quella sull’assassinio di Salvo Lima. Santoro chiese alle folle antimafia di Palermo se erano contente di quella scomparsa, e venne giù il mondo. Gianni Pasquarelli, direttore generale della Rai, propose al consiglio di sospendere tutte le trasmissioni, Samarcanda compresa, durante la campagna elettorale. E così si decise: in onda solo le tribune elettorali. Non si sa come, Santoro riuscì a reagire e a mandare in onda uno spot di protesta: sigla di Samarcanda, ospite in studio e tutti zitti. Perché la Rai aveva messo il “bavaglio”. E non finì lì. Sciopero bianco, sit in di protesta in Sicilia, Samarcanda itinerante. E naturalemte minaccia di lasciare la Rai e denuncia in procura di Roma per sospensione di pubblico servizio e abuso di ufficio (Pasquarelli fu indagato). Bis nel 1993, con la Rai dei professori (Claudio Demattè presidente, Gianni Locatelli direttore generale, Pierluigi Celli capo del personale). Le Santoro-news furono ribattezzate “Il rosso e il nero”. Dovevano partire un giovedì, ma la rai non aveva promosso un suo caporedattore come voleva Santoro. Lui protestò come se quello fosse atto di censura. E annunciò di non andare in onda, sollevando sindacati e piazze. In nessuna azienda questo sarebbe stato tollerabile da parte di un dipendente. Ma non era un dipendente qualsiasi: era Santoro, il dittatore della tv che sarebbe durato al potere più di Benito Mussolini. E la purga ha riguardato tutti gli altri. Lui è ancora lì.
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