Università di Siena? Mezza bugia di Silvio. Battuto da Walter che non azzecca la verità su nessuno dei candidati del Pd. ECCO LA SFIDA DELLE PATACCHE

Non esiste il rapporto dell'università di Siena che Silvio Berlusconi ha sventolato più volte in questo inizio di campagna elettorale vantandosi di avere una certificazione «di sinistra» sulla realizzazione dell'80% delle promesse elettorali del 2001. O meglio, esiste, è fatto da un centro di studi sulla politica collegato all'università di Siena (finanziato dal 2002 dal governo italiano), non ha professori di sinistra fra i ricercatori, e dice che nei suoi anni di governo Berlusconi ha portato in consiglio dei ministri l'80% dei provvedimenti promessi. Ma gran parte non sono diventati legge, e quindi non sono stati realizzati. Uno spot-patacca. Come quelli di Walter Veltroni sulle false candidature (...)Il leader del partito democratico aveva infatti promesso quote rosa-boom nelle sue liste, poi ha infilato in fondo la gran parte delle candidature femminili, trattandole peggio della servitù. Così si è preso i fischi dall'intera Milano di centrosinistra, città abituata a un sindaco donna, a un presidente di Assolombarda donna, a quote rosa nelle grandi aziende. E oggi scandalizzata a leggere i nomi presentati dal Pd per il Senato, dove sì e no si legge il nome della raccomandatina di turno o della poetessa svampita prestata alla politica. Clamoroso lo scivolone dello stesso Veltroni, che ha voluto presentare personalmente due sole candidate-simbolo: Loredana Ilardi, precaria di Palermo e Franca Biondelli, infermiera turnista di Borgomanero. Le ha presentate così: «Avere 33 anni e guadagnare 700 euro al mese è lo specchio di un paese dove la precarietà è la prima emergenza sociale. Precarietà non ha nulla a che vedere con la flessibilità ma va affrontata e risolta perché é un dovere...». Poi è saltato fuori che la Ilardi precaria non era per nulla: assunta a tempo determinato, ma con un part time di 4 ore al giorno che giustificava ovviamente i 700 euro al mese. E la Biondelli, donna-simbolo delle lavoratrici, al posto di lavoro non metteva piede dal lontano 2002, quando chiese ed ottenne il distacco sindacale, per altro essendo anche eletta in consiglio comunale. Due bugie, dunque. Come quella (a metà) di Berlusconi. E uno che fa? Chiede scusa, spiega di non essere stato ben informato? Macchè. Veltroni, livido di rabbia, si è vendicato sulle poverette: zitto zitto ha fatto slittare la Ilardi dal secondo al nono posto nelle liste in Sicilia. La Biondelli invece all'ottavo e ultimo posto in Piemonte. In fondo, una volta vendute al pubblico, le patacche non riguardano più chi le ha messe in commercio...

PD, ce ne era uno bravo. Ma non è una segretaria. A casa!

Paolo Gambescia è stato direttore dell'Unità, del Mattino, del Messaggero. Dopo una vita da giornalista Piero Fassino e Walter Veltroni due anni fa gli chiesero il grande salto, in politica. Eletto a Montecitorio si è rimboccato le maniche come un ragazzino al primo giorno di scuola. Ha studiato, ascoltato consigli, lavorato. Di 630 deputati è risultato l'11° per presenze in aula, il settimo dell'Unione: ha partecipato al 99,25% delle sedute. Entrato in commissione giustizia è stato relatore dei provvedimenti più delicati, come quello sulle intercettazioni. Un deputato modello, uno dei 100 panda da salvare proposti dai lettori di ItaliaOggi. Bravo. Quindi se ne torna a casa, perché Veltroni non l'ha ricandidato . Ad ascoltare dal diretto interessato anche i modi della liquidazione, senza una telefonata, senza il coraggio di una spiegazione, ben si comprende cosa ci sia dietro ai finti sorrisi in tv e al bon ton bipartisan che doveva fare svoltare questa campagna elettorale. Solo un romanticone un po' ingenuo come Gambescia poteva fidarsi e affidarsi alle moine di questa nuova politica patinata, senza intravedere dietro i sorrisi di circostanza la più tipica dentatura da pescecane. Intendiamoci, Gambescia tornerà a fare il giornalista e fra poco si godrà la meritata pensione (è nato nel 1945), non siamo qui ad occuparci di nuova disoccupazione. Il suo caso però non è isolato. Basta scorrere le liste elettorali del partito democratico e fra un capatàz da salvare con le deroghe alle rigidissime regole di partito, fra una giovane carina e di buoni salotti, un industriale di buona famiglia, una precaria che tale poi non era, una lavoratrice che non lavora da sei anni, una ragazzina fresca di laurea, una portaborse, una figlia del notabile di turno, beh, si fatica a trovarne anche uno bravo e competente. Si contano sulle dita di una mano, il migliore in quelle liste è Giancarlo Sangalli, una vita spesa nella Cna, un curriculum manageriale che pochi possono vantare in Italia, e una passione politica non comune. Portare in Parlamento una squadra così è rischio non piccolo, un dramma in caso di vittoria elettorale: quasi nessuno padroneggerebbe i segreti del palazzo, sarebbe a conoscenza dei regolamenti parlamentari, potrebbe lavorare con profitto. Fra qualche ora saranno rese pubbliche anche le liste del Pdl, che finora ha seguito belletto dopo belletto la grande incipriata di Veltroni. Con un parlamento del genere, molto antipolitico, finalmente si riuscirà a fare peggio. E non era facile...

Compagni, dàglie addosso ad Alitalia che con i suoi ritardi mi fa perdere la Juve!. Un ritratto di Walter da La Stampa del maggio 1997...

La Zingarata di Veltroni ( a La stampa del 20/05/1997, pagina 3) ROMA. L'idea con cui domenica si e' messo in viaggio per Torino era quella della scampagnata fuori porta, insieme a tutta la famiglia, con il pretesto della partita Juventus- Parma, il match dello scudetto. Anzi, con le persone che ha incontrato nella sala d'attesa dell'aeroporto di Fiumicino, il vicepresidente del Consiglio Walter Veltroni l'ha definita una "zingarata". Erano li', per lo stesso motivo, il vicedirettore del Tg5, Lamberto Sposini, e un altro telegiornalista, Piero Marrazzo del Tg2. Convenevoli e battute di circostanza fino a quando il personale dell'aeroporto non informa i passeggeri del ritardo Alitalia. A questo punto tutti i presenti si innervosiscono per il timore di non arrivare in tempo alla partita dell'anno. Anche lui, il vicepremier, non e' da meno. Tanto che ai giornalisti presenti chiede: "Ma perche' non fate un articolo contro l'Alitalia? Questa e' una situazione insostenibile...". Finalmente l'aereo parte. La "zingarata" del numero due di Prodi non e' piu' a rischio. Anche perche' le istituzioni corrono ai ripari: ad attenderlo sulla pista dell'aeroporto di Caselle, infatti, Veltroni trova un piccolo corteo di auto. C'e' la sua, quella della scorta e una civetta della polizia pronta a scortarlo di gran corsa allo stadio. Nella zingarata di Veltroni c'e' posto anche per Sposini, che approfitta di un passaggio per non mancare al match. Marrazzo, invece, sbaglia uscita, perde la carovana degli "zingari" e anche la partita. (r. r.) P.S. Questo La Stampa non lo ha scritto, ma insieme ad altri giornalisti su quell'aereo c'ero anche io. Non andavo alla partita, ma a fare il padrino di battesimo di mia nipote (cosa che non riuscii a fare, per il grande ritardo e poi per il blocco causato dalle auto blu di Veltroni..) F.B.

La Chiesa ha deciso: cattolici, non votate Veltroni!

Alla Chiesa ha offerto solo un rogo-simbolo, come fossimo ancora in tempi di Santa Inquisizione. Walter Veltroni ha deciso di escludere dalle liste un amico come Stefano Ceccanti, che ci è pure rimasto male per i modi. Ma il sacrificio si è reso necessario per bruciare sulla pira l'autore del testo di legge più estremo sui Dico, quello che uscì dagli uffici di Barbara Pollastrini e fu addolcito alla meglio da Rosy Bindi. Il fumo del rogo serviva a nascondere quel che nel frattempo stava avvenendo nella preparazione delle liste elettorali del Pd. Dove tutti i candidati cattolici di punta sono stati resi inoffensivi, spediti alla Camera dove non saranno determinanti. Aspetto che non è sfuggito alla Chiesa (...) Candidati simbolo come Paola Binetti e Luigi Bobba sono stati dirottati a Montecitorio, mentre in testa di lista per il Senato figurano tre radicali guidati da Emma Bonino. La pattuglia dei teodem di palazzo Madama che per la Chiesa è stata garanzia durante i faticosi mesi del governo di Romano Prodi, è stata sostanzialmente annientata da Veltroni. Resta in posizione sicura Emanuela Baio, è in bilico in Calabria Dorina Bianchi che dovrà sudare sette camice e accendere qualche cero per fare fruttare il quarto posto di lista cui è stata confinata (laggiù si eleggono 10 senatori: 6 per chi vince e 4 divisi fra tutti i perdenti). Al Senato approderà invece Umberto Veronesi, e con lui tanti altri sostenitori di leggi che preoccupano la Chiesa cattolica. Forse non era necessario nemmeno questo ultimo schiaffo, ma è probabile che le liste segnino definitivamente la linea del Piave per la Chiesa italiana (e non solo) in questa campagna elettorale. Ho avuto colloqui approfonditi in questi giorni con numerosi e autorevoli esponenti della Chiesa cattolica, al di qua e al di là del Tevere. E non è stato difficile cogliere una certa preoccupazione sulla competizione elettorale in corso. Nessuno tiferà apertamente, e non è più tempo di indicazioni vincolanti o di non expedit. Ma, nei colloqui pubblici come in quelli privati, quel che si coglie è lo scarso entusiasmo per la nascita del Partito democratico e l'impresa stessa tentata da Veltroni. Si è accennato nelle settimane scorse a due linee politiche esistenti, quella della Chiesa italiana ancora impersonata dal cardinale Camillo Ruini, e quella della segreteria di Stato Vaticana, guidata dal cardinale Tarcisio Bertone. La prima assai critica nei confronti del centrosinistra, e in tempi più recenti quasi solidale con il tentativo solitario di Pierferdinando Casini e della sua Udc. La seconda invece più ecumenica. Certo i ruoli solo diversi, e la segreteria di Stato del Vaticano non potrebbe mai permettersi rapporti freddi con qualsiasi tipo di governo italiano. Naturale quindi un rapporto costante di Bertone con il presidente del Consiglio in carica, Romano Prodi, che è anche un cattolico- modello nella vita personale prima che politica. Ma se i pastori seguono virtù e vizi dei singoli, chi guida alla Chiesa pensa più alla sostanza politica. Quali sono i temi che più contano oltretevere? Prima di tutto la vita umana. Viene considerato perciò non trattatabile qualsiasi proposito legislativo in grado di allargare le maglie della 194, di rivedere la legge sulla fecondazione assistita, di imboccare strade che per via diretta o indiretta portino all'eutanasia, e certo anche di smontare l'istituto della famiglia naturale. Propositi che in gran parte albergano nel dna del partito democratico di Veltroni e contro cui non sarà più possibile fare argine- come Prodi aveva garantito, mantenendo la promessa- attraverso la pattuglia dei teodem strategicamente posizionati. Per questo, mi dice un alto esponente delle gerachie vaticane «un cattolico colto e intelligente, in grado di riflettere, non può oggi votare per il Partito democratico. A meno che sia in chiara malafede». Un giudizio di fondo che accomuna le due linee apparenti della Chiesa italiana. Chiuse le porte al centrosinistra si guarda con interesse (pur senza particolare entusiasmo) ai programmi elettorali degli altri schieramenti. Docg quello dell'Udc di Casini, al di là degli stili di vita di molti suoi esponenti (che non sono passati inosservati). Importanti i riferimenti alla libertà di educazione contenuti nel programma del Pdl di Berlusconi e Gianfranco Fini, altri due politici che personalmente non suscitano grandi entusiasmi in Vaticano. Ma, come si dice, questo è quel che passa il convento.