RAI, IL MINOLI SCANDALIZZATO- Quando lo scandalo era lui

Le telefonate intercettate a Deborah Bergamini hanno scandalizzato un'anima sensibile come quella di Giovanni Minoli. Cui, durante un'intervista a L'Espresso in edicola, è perfino scesa una lacrimuccia: "Mi sono molto dispiaciuto per l'azienda e la sua credibilità, ma non sono affatto stupito. Da ben 14 anni viviamo polemiche e contrasti nati all'ombra del conflitto di interessi di Silvio Berlusconi...". Beh, 14 anni così! Buio piombo. Salvo uno spiraglio di luce. Aprile 1996. L'Ulivo appena vincitore delle elezioni. Romano Prodi, presidente del Consiglio in pectore, invitato a sostenere l'ultima fatica: un'intervista a Mixer, sbranato da Minoli che sa come si fa giornalismo indipendente e aggressivo. E infatti il terribile tele-giornalista presentò Prodi con queste parole: "Il buon professore, il manager, il politico, l'uomo delle speranze on the road e dell'Antitrust, del liberalismo temperato e del federalismo fiscale. L'antidivo per eccellenza, il leader che alle tele-risse preferisce le tele-riflessioni. Il sorriso è rassicurante, bonario e sereno. A tratti frutto di turbamento, spesso il risultato di un ragionamento. Gli occhi, roteanti e morbidi, parlano con le pupille, dialogano con le sopracciglia, comunicano con il cristallino. Le mani, più che gesticolare, dicono...". Chapeau!

CASO RIOTTA. 3/ Il bigliettino di Capezzone

Qualche giorno prima della nomina di Gianni Riotta al Tg1 l'allora presidente della commissione attività produttive della Camera, Daniele Capezzone, rivelò di avere trovato a Montecitorio "un bigliettino" sui cui erano indicate le candidature per le nomine Rai. Era il 5 settembre 2006, e Capezzone lesse quel bigliettino. C'era scritto. "Riotta al Tg1, Braccialarghe alla direzione del personale, Badaloni a Rainews 24...". Nomi azzeccati, due caselle pure giuste al millimetro: Riotta e Braccialarghe! Capezzone o chi aveva scritto quel bigliettino erano in grado di prevedere il futuro!

CASO RIOTTA. 2/ Quella frase di Prodi in Cina...

Quando Gianni Riotta fu nominato al Tg1 Romano Prodi era in Cina, dove stava rifiutando i colloqui con i giornalisti in fuga da un bigliettino inquietante, quello che Angelo Rovati aveva inviato al presidente di Telecom Italia, Marco Tronchetti Provera, allegato a un imbarazzante piano per ristatalizzare le telecomunicazioni italiane. Ai giornalisti che gli chiedevano un commento sulle nomine appena varate dal consiglio di amministrazione della Rai, Prodi sibilò seccato: "Tutti ora dicono che Riotta va bene. Non capisco perché si dice che va bene solo a me..."

CASO RIOTTA.1/ Quell'intervista apri-pista

Che cosa accadde 40 giorni prima della nomina di Gianni Riotta al Tg1? Basta andare di archivio. Corriere della Sera, 21 luglio 2006. Intervista di Gianni Riotta al presidente del Consiglio, Romano Prodi. Eccone alcuni dei passaggi più aggressivi: "L'antipasto del presidente è semplice, una fetta di pane fresco con poche gocce di aceto balsamico di Scandiano. Guarda la Colonna Traiana che riempie la finestra, «Quelle erano guerre senza proporzione. Roma si metteva in marcia e poteva distruggere un popolo intero. Il mondo è cambiato, ma dolore, morale, restano questioni centrali». Il presidente del Consiglio Romano Prodi fa colazione con il suo staff ed esamina le questioni del giorno, la storia che è ancora cronaca, non fissata nella pietra come nella Colonna dell'imperatore Traiano e su cui ogni leader politico spera di intervenire (...) Prodi ha una camicia a righe e una cravatta celeste, i suoi collaboratori (c'era anche Rovati? ndr) ne seguono la conversazione, come sempre pacata, scandita, con la tradizionale ansia di chi lavora con i leader: dirà troppo? dirà troppo poco? Il presidente li coinvolge nella conversazione, ne ascolta i suggerimenti, e poi continua, secondo il suo filo..." Ed ecco le domande incalzanti: 1- Presidente, prima di andare ai tassisti, restiamo ancora nel mondo... 2- Davanti alle immagini della guerra in Medio Oriente, c'è in Prodi una doppia reazione, l'angoscia per il da farsi e per lo stop che il conflitto lungo 60 anni pone a tutti gli altri dossier mondiali: «Dovremmo parlare di Asia, di Europa, del rapporto perfetto che abbiamo con la Merkel a Berlino, e che nemmeno quel gol di Grosso al 118' della semifinale non ha spezzato. Dovremmo parlare di voli diretti Roma- Pechino, di turismo dalla Cina, e di Banca del Mediterraneo. Invece tutto fermo». 3- Il mondo è grande e terribile, presidente. Ma anche governare i tassì non è semplice. Chi ha vinto, a proposito, il governo o i tassisti? 4- Il suo avversario, l'ex premier Silvio Berlusconi, sta facendo il suo surplace e si dice convinto che lei andrà fuori pista alla Finanziaria (sic.. Già allora, e la spalla non si è lussata... ndr) 5- Guardando il nostro paese non si vede troppa passione, presidente. Poca crescita, poco sviluppo, niente innovazione, pochi figli. 6- Almeno attorno al Mondiale un po' di passione s'è vista, in campo e fuori. Poi ci siamo risvegliati con il calcio degli scandali. 7- S'è fatto tardi, il caffé è freddo nelle tazzine, l'agenda del premier incalza. Niente vacanze, quest'anno? Eh sì... Uno così non poteva che finire al Tg1...

Melandri condannata a pagare le spese per avere querelato ingiustamente Italia Oggi

Giovanna Melandri è stata condannata dal tribunale di Milano a pagare le spese processuali del procedimento che lei stessa aveva promosso contro il quotidiano Italia Oggi per un articolo pubblicato il 22.11.2006 sulle sue proprietà immobiliari. Il ministro non contestava i fatti, ma la violazione della sua privacy ed era indispettita dalla pubblicazione della notizia su un immobile donato vigente la legge Tremonti che rendeva esentasse quell'atto. Non gradita nemmeno la notizia sui guai giudiziari successivi avuti dal notaio che aveva compilato l'atto. Con sentenza depositata il 13 novembre il gup milanese Fabio Paparella ha respinto le richieste della Melandri non ravvisando nell'articolo alcun intento diffamatorio. "Invero i fatti di cui si parla nell'articolo sono veri come si può desumere dalla stessa denuncia-querela. D'altra parte non è dato vedere in che modo o per quale motivo le frasi contenute nell'articolo riguardanti tali circostanze possono avere carattere diffamatorio...". Per questo motivo il gup dichiara "non luogo a procedere nei confronti di Sansonetti Stefano e Bechis Franco in ordine ai reati loro rispettivamente ascritti perché il fatto non sussiste" e condanna "il querelante al pagamento delle spese processuali". Questo l'articolo per cui la Melandri aveva querelato:

Una sobria Melandri Giovanna Melandri è un ministro sobrio, senza eccessi. Le banche dati sono avare di informazioni. Non una partecipazione societaria. Niente di niente. L'unica a soddisfare qualche sulla diessina nata a New York nel 1962, è quella del catasto. In realtà quello che racconta non va oltre i dati relativi alla proprietà di due appartamenti. Il primo è situato un via di S. Paolo alla Regola a Roma. La Melandri qui ci vive, muovendosi in 6 vani. Un appartamento che vanta una rendita di 1.781,78 euro. Più interessante, invece, la situazione immobiliare che porta dritta al comune di Ficulle in provincia di Terni. In località Poggi, Giovanna Melandri è proprietaria di un appartamento popolare di 4,5 vani per una rendita di 199,87 euro. L'appartamento le è stata donata il 5 ottobre del 2002, donazione dunque effettuata sotto legge Tremonti, da Carla Maria Petrosino Ghelli, romana di 66 anni, la cui unica traccia si ferma a un'iscrizione all'ordine dei giornalisti del Lazio nell'elenco pubblicisti. Notaio rogante Alessandro Pongelli, balzato agli onori delle cronache lo scorso 10 ottobre per essere finito nell'occhio di un'indagine della Guardia di Finanza che gli è costata gli arresti domiciliari

Rovati- Riotta, un bigliettino che non cade dal cielo- Italia Oggi scrive un indiscreto, querelano Cappon, Rovati e mezzo mondo. Ecco la ricostruzione

Italia Oggi ha scritto mercoledì una indiscrezione che circolava fra importanti manager Rai sulle origini della nomina di Gianni Riotta al Tg1. Secondo la versione di un importante manager (la cui voce è distorta per coprire la fonte nel filmato qui messo a disposizione) poco prima di quella scelta sarebbe arrivato in Rai un bigliettino da parte della presidenza del Consiglio, compilato da Angelo Rovati, allora consulente di Romano Prodi. Ecco il testo pubblicato:

Rovati e il biglietto su riotta al tg1... IL CASO DEL GIORNO Il retroscena delle nomine Rai del governo Prodi Ancora Angelone Rovati, il mitico amico-consulente dell'attuale presidente del consiglio, Romano Prodi. Ancora un bigliettino, come quello spedito a Marco Tronchetti Provera sul piano Telecom che costò al povero Rovati il posto ufficiale a palazzo Chigi (non quello ufficioso). Beh, a sentire la versione fornita ad amici e colleghi da Marcello Del Bosco, dirigente diessino di lungo corso in Rai, sarebbe stato proprio un bigliettino di Rovati a determinare un anno fa le più importanti nomine della Rai. Secondo Del Bosco, considerato assai vicino a Massimo D'Alema, quel bigliettino sarebbe stato consegnato al direttore generale di viale Mazzini, Claudio Cappon, da Rovati su richiesta del presidente del consiglio. Sopra c'erano scritti solo due nomi. Il primo era quello di Gianni Riotta, che da lì a poco sarebbe stato nominato direttore del Tg1. Il secondo nome era quello di Maurizio Braccialarghe, già direttore generale della Sipra (concessionaria Rai della pubblicità) e in passato direttore della divisione radiofonica. Braccialarghe sarebbe stato nominato direttore del personale di viale Mazzini lo stesso giorno- 13 settembre 2006- di Riotta. Bigliettino Telecom e bigliettino Rai erano contemporanei...

Al testo è seguito annuncio di querela da parte di Claudio Cappon, direttore generale della Rai, il giorno stesso. In modo ufficioso ha fatto sapere di essere intenzionato a perseguire la stessa strada anche Marcello Del Bosco. Il giorno successivo, giovedì 29 novembre, da palazzo Chigi è stata fatta filtrare alle agenzie la medesima intenzione da parte di Angelo Rovati. Querelare è sempre un modo di minacciare la libertà di stampa. Ed è moda assai in voga. Si può smentire e io personalmente ho sempre dato il massimo spazio a chi lo ha fatto con civiltà (gli insulti no, visto che negli articoli contestati non ci sono). Giudichi chiunque la continenza dell'articolo contestato, l'interesse pubblico della notizia, e la sua veridicità ascoltando la ricostruzione di una fonte di alto livello. Ho storpiato la voce con il computer per non mettere in difficoltà eccessiva la fonte. In un eventuale processo per diffamazione (reato che esiste se non c'è continenza dello stile, interesse pubblico della notizia e veridicità dei fatti raccontati), naturalmente porterò con me l'originale...

Massimo Ranieri e Franco Di Mare si sono scoperti cugini lunedì sera a Roma

Il cantante Massimo Ranieri, che nella vita si chiama Giovanni Calone, e il giornalista-conduttore tv Franco Di Mare sono cugini, sia pure un pizzico alla lontana. Se lo sono confessato lunedì sera a Roma prima di salire sul palco dell'auditorium per uno spettacolo legato ad Operazione Smile. I due si erano conosciuti in un'altra occasione pubblica. Tornato a casa Ranieri lo ha raccontato alla madre, che gli ha rivelato la parentela: "I vostri nonni sono cugini primi". Durante lo spettacolo, di cui il filmato sopra riporta qualche frame amatoriale, la rivelazione è diventata pubblica..

Prodi chiama Tps il suo ministro dell'Economia e rivela: per combattere l'assenteismo nella p.a. i miei consigliano di dare un premio di presenza!

Romano Prodi martedì 27 novembre, assemblea della Cna. Prima racconta che in una riunione con i suoi esperti ha posto il problema dell'assenteismo nella pubblica amministrazione. E gli hanno risposto: diamo un premio di presenza. Perfino al tranquillissimo Romano sono cadute le braccia. Poi il presidente del Consiglio per la prima volta chiama in un'occasione ufficiale il suo ministro dell'Economia Tps... Video girato amatorialmente con il mio telefonino durante i lavori...

PSICODRAMMI/EZIO MAURO aveva bisogno di una casa. La comprò da chi cercava quei soldi per fare causa a Repubblica

Mi ha telefonato Giancarlo Perna, firma di punta de Il Giornale. Deve fare un ritratto di Ezio Mauro, direttore di Repubblica con una speciale inclinazione alla indignazione. Perna si ricordava di un articolo uscito su Il Tempo quando io ne ero direttore, che riguardava l'acquisto da parte di Mauro di un casa dal valore di 2,150 miliardi di vecchie lire (era il 2000, l'euro ancora ai nastri partenza), ma con 850 milioni non dichiarati negli atti ufficiali e pagati con una serie di assegni da 20 milioni ciascuno (uno da 10) firmati da Mauro. Sì, quell'articolo uscì dopo lunghi giorni di gestazione. Anche se tutto era documentato (ne ho ancora copia io, perfino degli assegni) all'unghia, chiesi di pazientare e insistere con Mauro per avere una sua versione dei fatti. Lui prima si negò. Poi dopo dieci giorni rispose che non conosceva chi fosse il proprietario della casa e che le modalità con cui l'aveva acquistata erano fatti suoi. A quel punto feci pubblicare l'articolo, virgolettando quella dichiarazione. Non volevo attacchi personali, per cui solo la cronaca dei fatti e nessun commento su quegli assegni che certo fecero risparmiare un po' di tasse. D'altra parte la storia era davvero divertente, per le clamorose coincidenze dovute al sorriso beffardo del destino... Eccola in sintesi. Nel filmato potrete invece ascoltare i principali passaggi del racconto fatto dal venditore di quella casa... Alberto Grotti era vicepresidente dell'Eni. Finì nei guai con Enimont. Pagò con il carcere. Uscitoun giorno lesse un articolo di Repubblica che riteneva diffamatorio. Volle fare causa, ma non aveva più soldi per le spese legali. Allora Grotti si rivolse alla anziana madre. Che decise di vendere una casa a Roma. La comprò Ezio Mauro, direttore di Repubblica...