LO SVENTURATO PROFUMO CHIESE AIUTO A CELLI PER FERMARE LA GABANELLI

Alessandro Profumo non ha mai nutrito alcun dubbio: sui derivati la sua Unicredit ha sempre avuto ragione. Se torto c'è stato, è tutto del mercato che si è spaventato per una semplice trasmissione tv, quel Report di Milena Gabanelli andato in onda il 14 ottobre scorso, e che è stato causa di un salasso di quasi il 30 per cento per chi nei giorni successivi aveva in mano azioni Unicredit. Profumo è sempre stato convinto di avere ragione da avere deciso di offrire quel giorno alle telecamere della Gabanelli la presenza di Gianni Coriani, direttore generale di Unicredit banca di impresa. E così è stato. Solo dopo che l'ennesimo collaboratore e consulente gli ha spiegato di ritenere una follia la partecipazione a quella trasmissione, Profumo si è convinto a fare un passo decisivo. Ha chiamato un ex manager del gruppo, Pierluigi Celli, gli ha chiesto che rapporti aveva con la Gabanelli all'epoca della sua esperienza da direttore generale Rai, e lo ha pregato di intervenire sulla stessa spiegandogli ogni dettaglio sui derivati. Celli, che uscì da Unicredit con la bava alla bocca nei confronti di Profumo (ma il gran capo di Unicredit, così sicuro di se stesso non se ne accorse), alla Gabanelli ha effettivamente telefonato. E quando il povero Coriani si è trovato di fronte alle domande di Report è sbiancato: come facevano quelli lì a conoscere nel dettaglio tutti i segreti di Unicredit? E così ha tentato una difesa impossibile, spiazzato dal numero di informazioni in mano alla Rai. Indovinate un po' chi le aveva passate alla Gabanelli...

Da Italia Oggi in edicola/ Clamorosa scoperta archeologica: in Rai hanno trovato una che è stata raccomandata

Ci sono voluti più di 50 anni, ma alla fine le lunghe ricerche hanno avuto successo: in Rai hanno scoperto che una dipendente è stata raccomandata. Addirittura lottizzata dall'ex presidente del consiglio, Silvio Berlusconi. Si chiama Debora Bergamini, fa il direttore marketing dell'azienda di viale Mazzini in cui è stata catapultata dopo un breve rodaggio come assistente di Berlusconi. Per fare emergere lo scandalo ci sono voluti naturalmente lunghi appostamenti e mesi, se non anni, di intercettazioni telefoniche e ambientali. E per rivelarlo a tutti la caparbietà di un pool di cronisti, quello di Repubblica, che hanno offerto la primizia accompagnata da commenti grondanti indignazione. Il caso Bergamini getta una macchia su una vita aziendale - quella della Rai - di tradizionale e fiera indipendenza dalla politica in genere e dai governi in carica. Fin dal giorno della sua fondazione la Rai è stata presa a modello da tutti i grandi network internazionali per una passione innata per le notizie e l'orgoglioso motto «il mio unico azionista è il telespettatore». Nelle scuole di giornalismo si citano sempre i celebri direttori del Tg unico, poi del Tg1, del Tg2, del Tg3, dei radiogiornali, delle testate satellitari per la schiena sempre dritta e il coraggio con cui si negarono al telefono e in caso contrario mandarono a quel paese presidenti del consiglio, da Alcide De Gasperi a Romano Prodi passando per i vari Amintore Fanfani, Giulio Andreotti, Bettino Craxi e - certo - anche Berlusconi. Solo qualche settimana fa si sono svolti nell'indifferenza generale i funerali di un ex direttore del tg, tale Enzo Biagi, licenziato dall'azienda di viale Mazzini perché fannullone e scarsamente preparato. Quando Ted Turner fondò la Cnn, per reclutare i giornalisti volle prendere ad esempio i celebri concorsi con cui si erano costruite nella lontana Italia fiori di redazioni giornalistiche invidiate in tutto il mondo: gente preparatasi a lungo sui libri, addestrata quasi militarmente a tenere dritta quella maledetta schiena. Alla Harvard business school esiste addirittura un corso di laurea dove si insegna il modello di governance della Rai: un consiglio di amministrazione indipendente, eletto dai telespettatori fra una rosa di candidati selezionata con criteri durissimi dalle principali università internazionali. Come fra le maglie strettissime di un sistema così consolidato abbia potuto infilarsi - forse di notte - una Bergamini è mistero che solo quel diavolo di Berlusconi potrebbe rivelare. Giusta l'indignazione generale. Appare fin poco la «class action» minacciata dall'Usigrai, il sindacato di quelli dalla schiena dritta. L'Italia non si meritava tanta vergogna. Vi pare?

CASO RAI, QUANTE FACCE DI TOLLA! VOGLIAMO CHIEDERE A CELLI?

Ma quante facce di tolla fra gli indignati commentatori delle intercettazioni sulla Rai! Perfino il sindacato interno dei giornalisti dell'azienda, il celebre Usigrai, che minaccia una class action contro i responsabili dell'inciucione aziendale con Mediaset... Scandalizzati, scandalizzatissimi degli stretti legami di qualche dirigente con il presidente del Consiglio dell'epoca, Silvio Berlusconi o il politico di turno. Infatti tutti, dal segretario dell'Usigrai in giù, nel sindacato dei giornalisti Rai essendo entrati per concorso e poi divenuti sordi, non hanno mai cercato raccomandazioni di sorta ascoltato il politico-sponsor che poi reclamava i suoi diritti. Non ce ne è uno di loro che ogni giorno prima di cercare una notizia non si faccia il giro delle sette chiese politiche per avere una raccomandazione. Non c'è uno di loro che sia divenuto conduttore, caposervizio, caporedattore, vicedirettore o direttore per meriti personali: ha sempre, in tutti i casi, telefonato il politico-sponsor a chi doveva prendere quella decisione. Non c'è una sola scaletta di Tg Rai che sia pensata per le esigenze del telespettatore: tutte decise a tavolino con lunghe riunioni di strategie politica su come fare risaltare o evitare di deprimere l'uomo politico del cuore. Non c'è un giornalista o un dirigente Rai che prima di tutto non pensi questo. Vogliamo chiedere a Pierluigi Celli, ex capo del personale ed ex direttore generale dell'azienda? Ora che è fuori dai giochi può anche esplicitare meglio quello che riservatamente ha già raccontato e velatamente ha scritto per allegorie. Vogliamo fare raccontare a Claudio Velardi cosa era contenuto nelle liste che inviava al direttore generale della Rai o ai consiglieri di amministrazione quando era il principale collaboratore di Massimo D'Alema? E allora fate un bella pernacchia quando sentite l'Usigrai tuonare: "via la politica dalla Rai!". Se così fosse bisognerebbe licenziare 1800 giornalisti...

ALTRO CHE POLITICA! OGGI E' IL 90° GIORNO DI TRATTATIVA PER DARE UN GOVERNO A TELECOM. Tutti divisi sul ritorno di Bernabè in conflitto di interessi

La prima indicazione è arrivata il 28 agosto scorso, quando Mediobanca ha annunciato l'intenzione di dare un nuovo governo a Telecom Italia. Da allora sono passati tre mesi- oggi è il 90° giorno di trattativa- e del nuovo governo non c'è traccia. Avrà anche ragione Luca Cordero di Montezemolo a sostenere che da 12 anni l'Italia non è governata. Ma quando tocca a loro- industriali e banchieri- prendere decisioni, non è che la musica sia assai diversa. Nella storia Repubblicana il record di giorni per la formazione di un nuovo governo è del 1978, con 54 giorni di trattative per la formazione di un esecutivo guidato da Giulio Andreotti che vide i natali l'11 marzo di quell'anno, all'indomani del rapimento di Aldo Moro. Non che Telecom sia stata molto governata da quando è passata da mani pubbliche a mani private. Ma l'attuale crisi è da primissima Repubblica. L'unica coincidenza con la Seconda Repubblica è nella candidatura maggioritaria (ma che divide tutti) di Franco Bernabè, che come Silvio Berlusconi ha un conflitto di interessi grosso come una casa: sia la Telit da lui guidata che la ex Kelyan Lab (ora Xaltia spa) da lui posseduta hanno come principale cliente proprio il gruppo Telecom-Tim... Un caso da manuale che dimostra come il mondo imprenditoriale abbia assunto tutti i vizi e i difetti della politica. Generalmente peggiorandoli... P.S. La foto sopra risale al 1990: dietro Prodi e Bernabè si intravede un Silvio Sircana di belle speranze...

DA ITALIA OGGI IN EDICOLA/ PISTOLE A SCUOLA

Lo stesso ministero della pubblica istruzione che ha promosso la meritoria campagna contro il bullismo nelle scuole, lo stesso governo che ha giustamente stigmatizzato i recenti episodi di violenza negli stadi ha proposto nelle ultime settimane agli istituti superiori di ogni ordine di mettere in mano ai ragazzi che li frequentano, di età compresa fra i 14 e i 18 anni, una pistola o un fucile ad aria compressa. Naturalmente non per puntarla alla tempia del proprio compagno di banco (anche se la tentazione sarà forte). Ma per usarla in un nuovo corso di tiro a segno alternativo alla più classica ora di educazione fisica. La proposta è su carta intestata del ministero guidato da Giuseppe Fioroni . Ad alcuni istituti sta arrivando proprio in questi giorni la missiva ministeriale e la documentazione della Federazione di tiro a segno. Un fatto considerato dal ministero ordinario, perché le ore alternative all'educazione fisica sono previste dalla normativa vigente e possono essere utilizzate per l'insegnamento delle principali discipline olimpiche, e quella del tiro a segno lo è. Ma i primi indignati e polemici rifiuti della proposta indicano quanto fosse inopportuna quella circolare «ordinaria» e quanta leggerezza l'abbia accompagnata. Non si vuole qui demonizzare uno sport, certo non fra i più popolari, che ha una sua dignità e un discreto seguito al di là dell'appuntamento olimpico. Mettere però una pistola o un fucile ad aria compressa nelle mani di ragazzi di quella età, insegnare a prendere la mira e non sbagliare bersaglio non sembra in questo momento la principale urgenza educativa degli adolescenti. Anzi, volendo loro insegnare solo uno sport, si rischia di trasmettere ben altro di cui gli stessi solerti educatori presto potrebbero lamentarsi. Un fatto piccolo, probabilmente ancora circoscritto a un numero limitato di istituti secondari, ma rivelatore di una mentalità che merita attenzione. Della scuola, dell'emergenza educativa evidente nei comportamenti di giovani e neo-adulti, non si occupa più nessuno. Qualche baruffa sulle risorse da assegnare all'uno o all'altro, qualche spot buono per ritagliarsi un po' di pubblicità a buon mercato sui media (come nel caso del bullismo), chissenefrega poi di un sistema di istruzione che non forma e non educa. La questione educativa dovrebbe essere al primo punto dell'interesse dei vari schieramenti politici e non lo è per nessuno. Ci si accapiglia su qualche precario da riassorbire magari per metterlo proprio dietro al tiro a segno, ma non ci si preoccupa delle formazione dei ragazzi. Salvo accorgersene quando la domenica spaccano qualche stadio...

BUTTIGLIONE 2/ Le mosse di Berlusconi gli fanno venire mal di testa e lui reagisce con l'imprecazione gentile..In tedesco...

Tutto questo can can di Silvio Berlusconi ha provocato un certo mal di testa a Rocco Buttiglione. Che proprio mentre commentava gli avvenimenti, ha battuto una zuccata mentre era al telefono con me che lo stavo intervistando... Ecco la registrazione in diretta, con tanto di imprecazione politically correct: in tedesco, e gentile...

BUTTIGLIONE 1/ Da Italia Oggi in edicola: la stizza per la svolta di Berlusconi

Una sola reazione ufficiale. “L'annuncio solitario di Silvio Berlusconi non e' un buon modo di cominciare”. Il presidente dell'Udc, Rocco Buttiglione, chiosa così, con un pizzico di veleno, la svolta berlusconiana. Lo raggiungiamo al telefono mentre all'aeroporto di Torino si sta imbarcando per Roma, nella speranza di arrivare in tempo per registrare la puntata di Matrix con Enrico Mentana Domanda. Perché è così negativo? Risposta. Negativo io? No. Sono positivo sul fatto che lui riconosca che il bipolarismo è morto. Io sono anni che lo dico. Positivo anche il fatto che dica come fra il governo di Romano Prodi e le elezioni anticipate ci sia un ponte da costruire e questo è il ponte della nuova legge elettorale. Anche questo lo dicevamo da tempo. D. Proporzionale. Miele per le vostre orecchie, no? R. Vero, positivo pure che lui dica che vuole un sistema elettorale di tipo tedesco. In effetti per creare una grande forza di centro è questo che serve. D. Quel che avete sempre detto voi R. Sì, dice che avevamo ragione noi D. E allora? R. E allora se avevamo ragione noi e torto lui, non è che può dirci adesso venite qui e mettetevi ai miei ordini senza condizioni D. Non l'ha detta così R. Mah comunque l'idea è che il partito nasce per sua esclusiva iniziativa. Ed era questa l'obiezione che si faceva rifiutando l'ingresso in Forza Italia: che era il partito di un uomo solo, il semplice seguito di un capo. Ora quando lui sogna una nuova Forza Italia senza un congresso, senza una direzione beh, rafforza tutte le critiche che si facevano. D. Berlusconi dice che sarà un partito che nasce dal popolo, e avrà le sue primarie R. Ma no, dai... Chi ci crede alle primarie? Chi le organizza? Non è una cosa molto credibile...(Buttiglione sale sull'aereo che lo porta da Torino a Roma e sbatte la testa prima di sedersi, ndr) Oh. Meine gute! Ho dato una botta alla testa D. Mi spiace R. ...passato, si figuri. Dicevamo? Ah, sì, le primarie...Beh, l'idea delle primarie onestamente non... Non... D. Se vuole la richiamo... R. No, no, passato... Volevo dire che l'idea delle primarie non è molto rassicurante,. Se si vuole fare un partito nuovo, allora bisogna fare la fatica di farlo insieme con qualcun altro. D. E' quel che vi ha invitato a fare Berlusconi R. Beh, qualcun altro che avendo dei partiti normali, deve avviare delle procedure democratiche. E all'invito dovrebbe aderire anche lui... D. Allora avevo ragione io...L'ha presa male, questa idea di Berlusconi, altroché... R. Nooo, dico: bene. Ma messa così sembra solo che Forza Italia cambi nome. Tutt'al più che la classe dirigente di Forza Italia venga accantonata per cercarne un'altra, più fedele, con meno pretese di controllo democratico. Più di questo l'operazione non sembra potere dare. D. Lei crede che sia solo un'operazione tattica di un Berlusconi in difficoltà? Che abbia usato solo il detto popolare “la migliore difesa è l'attacco”? R. Beh...lui era in un angolo. Ha dovuto riconoscere che noi avevamo ragione. Ma lo ha fatto cercando di non darci ragione. Allora noi diciamo a questo partito nuovo: “per il momento non siamo interessati” D. Insomma, non vi sentite all'angolo. Allora resta solo Gianfranco Fini R. Eh...certo Berlusconi gli ha sostanzialmente detto: “Questo bipolarismo è morto da un pezzo, il cadavere puzza. Finora io non me ne sono liberato per riguardo nei tuoi confronti. E tu per tutta gratitudine, che mi hai fatto?”. Ah, ah, ah... Ach, lo steward mi dice di spegnere il telefonino

Da Italia Oggi in edicola/ DINI BENEDICE LA SVOLTA DI BERLUSCONI

Lamberto Dini, il leader che è in posizione chiave in questo momento politico, quasi è disposto a lasciargli il passo. «Silvio Berlusconi ha compiuto una mossa magistrale», spiega a ItaliaOggi commentando lo scioglimento di Forza Italia e l'annuncio della nascita del partito del Popolo delle libertà, e aggiunge: «Mossa che obbliga tutti a riconsiderarlo politicamente centrale». Stima ricambiata durante la conferenza stampa ufficiale con cui il Cavaliere ha definito i contorni della sua nuova stagione politica. «Non sono sorpreso di questa citazione», continua Dini, «d'altra parte proprio in parlamento abbiamo detto che riteniamo importante arrivare a un quadro politico differente. Ed è così». Giudizio senza mezzi termini, quello di Lamberto Dini. Segnale anche di una cordialità ritrovata con Berlusconi, dopo qualche incomprensione negli anni. Avrà conseguenze immediate sul governo di Romano Prodi? Non immediate, ma conseguenze sì. Una nuova fase politica è ormai iniziata, ed è particolare di poco conto chi e per quanto resti ancora a palazzo Chigi. Dopo che Berlusconi ha sparigliato tutte le carte, è possibile che la stizza di Pierferdinando Casini e soprattutto quella di Gianfranco Fini faccia da stampella all'esecutivo morente. Ma- come aggiunge lo stesso Dini- in primo piano resteranno solo Berlusconi e Walter Veltroni con il suo partito democratico, «ed è impensabile che sulla legge elettorale non avvenga un confronto fra due partiti che hanno all'incirca il 30 per cento ciascuno». Che accadrà dunque nei prossimi mesi? Semplice: che Veltroni e Berlusconi si metteranno d'accordo su legge elettorale e sulla tempistica con cui sigillare definitivamente l'avventura politica di Prodi. In che tempi? Entro il prossimo autunno, forse un poco prima, in ogni caso per votare al massimo nella primavera del 2009. E' finita la Casa delle libertà, ed è già stato seppellito con la nascita del Pd il cartello elettorale dell'Ulivo. L'Italia avrà due grandi partiti che si confronteranno, come avviene negli Stati Uniti d'America. Ma non sarà la stessa cosa: con la decisione di Berlusconi si chiude anche l'era bipolare. Lui si è messo al centro della politica, ed è pronto a sfruttare i vantaggi di posizione del sistema proporzionale: ci si puàò alleare con Umberto Bossi o con Veltroni. Anche se oggi storce il naso Casini non ha altra possibilità che confluire in quel partito. Gianfranco Fini è l'unico ad essere davvero in difficoltà, ma la sua alternativa è tornare a guidare una sorta di vecchio Msi di scarso peso, avendo il morso di Francesco Storace alla sua destra. E' lui, insieme a Prodi, il vero sconfitto...

CROZZA, FINE DELLA SATIRA

Chiunque ieri sera abbia assistito alla annunciatissima telefonata in diretta di Walter Veltroni al suo migliore imitatore, il Veltroni-ma-anche-Maurizio-Crozza, ha ben capito quanto sarà dura fare satira sul nuovo leader del centrosinistra italiano. Nella trasmissione del comico su La7, Crozza Italia, c'erano già stati altri leader politici anche in studio. Si sono fatti prendere in giro volentieri e Crozza ha dato il meglio di sè. Con Veltroni è stato impossibile: il sindaco di Roma è disposto a sorridere su tutto, meno che su se stesso. Si prende maledettamente sul serio. Ha rivendicato perfino il ma-anchismo come punto programmatico qualificante della nuova stagione. Crozza non ha potuto che arrendersi, mani in alto fin dal primo minuto sperando che il nuovo partito democratico non faccia prigionieri... Una pena assoluta, appena salvata in corner dalla scenetta finale dove la satira si è salvata in angolo.

Lo spirito di Veltroni

Questo video risale a qualche settimana fa, ma vale la pena rivederlo all'indomani della telefonata di Walter Veltroni a Maurizio Crozza, di cui parleremo nel prossimo post. Perché rende evidente la presenza di spirito del nuovo segretario del Partito democratico (che di spirito ne ha quanto una patata...)

BERNABE' A TELECOM: che fine farà il maxi contratto firmato dalle società di Bernabè con Telecom Italia?

Domanda irriverente: se Franco Bernabè- come sembra- tornerà a fare l'amministratore delegato di Telecom Italia, che fine faranno i sostanziosi contratti delle società di Bernabè con il gruppo Telecom Italia? Nel 2006 ne è stato firmato uno triennale con Xaltia per la fornitura servizi vas a Telecom e Tim. Nel 2007 altro contratto rilevante per la realizzazione di piattaforme Ipv corporate al gruppo Telecom Italia. Ma nel paese dei conflitti di interesse a queste domande si risponde sempre con un'alzata di spalle...

SCALFARI BANDERUOLA SU ANDREOTTI

Per una vita Eugenio Scalfari ha scritto peste e corna di Giulio Andreotti. Per una vita con la sola parentesi dell'inizio degli anni Novanta, quando un Andreotti allora presidente del Consiglio riuscì a togliere Repubblica e l'Espresso dalle mani di Silvio Berlusconi (la spartizione della Mondadori). Poi la penna del fondatore di Repubblica è tornata a roteare. Staffilate anche nell'ultimo anno, quando il senatore a vita Andreotti si è permesso di votare con il centro destra contro il governo Prodi. Ecco un passo di un editoriale del 9 maggio 2007: "...per tornare ad Andreotti, c'è solo un personaggio storico al quale si può raffrontare, sia pure con ben altra dimensione, ed è Talleyrand. Stessa passione per il potere senza aggettivi, stesso uso spregiudicato dei mezzi, stessa sapienza tattica, stesso cinismo...". Ed eccone un altro del 22 luglio 2007: "La capacità di Prodi a mediare è notevole, ma c'è mediazione e mediazione. Andreotti per esempio, ai suoi tempi, fu un fuoriclasse in questo esercizio da lui usato quasi sempre per mantenersi al potere anche a costo dell'immobilismo più disperante...". Poi Andreotti ha votato per la finanziaria del governo Prodi. Ed ecco l'editoriale di Scalfari su Repubblica di domenica 18 novembre: "Credo doveroso che l'opinione pubblica esprima gratitudine- al di à delle condizioni politiche- a quei senatori a vita che si sono sobbarcati a una scelta di campo non per sostenere un governo ma per assicurare al paese quel minimo di stabilità possibile nelle condizioni esistenti, evitando rischiosissime avventure (...) Nel loro comportamento non c'è e non ci poteva essere alcun tornaconto e alcun calcolo pesonale nè retropensieri di sorta nè capricciose meschinità da soddisfare ma soltanto il diritto-dovere di salvguardare le istituzioni e il tessuto connettivo della nostra società. Ne faccio i nomi: Andreotti...". Da restare senza parole...