Alemanno pecca, Veltroni fa lo stesso ed è un eroe. Come De Benedetti, Ciampi, Amato, Rodotà, Di Pietro...


Che differenza c’è fra il signor Giorgio Marinelli e il signor Luca Rotini? Nessuna: sono due dipendenti dell’Azienda dei trasporti di Roma (Atac). Di più. entrambi hanno un papà body-guard di altissimo livello. Il papà di Giorgio ha fatto il capo-scorta del sindaco di Roma. Il papà di Luca pure. Eppure l’assunzione di Giorgio all’Atac è diventata uno scandalo nazionale, un titolo da prima pagina. Quella di Luca una curiosità da articoletto nelle pagine di cronaca locale. Perché la differenza fra Giorgio e Luca non è nel posto di lavoro e nell’eventuale raccomandazione ricevuta per ottenerlo grazie al lavoro di papà. La differenza fra i due sono i sindaci a cui i papà facevano da caposcorta. Per Giorgio il sindaco di riferimento è Gianni Alemanno. Per Luca Walter Veltroni. E che differenza c’è? Tutta la differenza del mondo: Alemanno è di destra, Veltroni di sinistra. Di più: Alemanno non è manco di quella destra che oggi è ammessa all’onore del mondo e dell’alta società: quella che dicono presentabile, moderna, stilosa e fighissima guidata dal cognato di Giancarlo Tulliani. No, Alemanno è di quella destra brutta, sporca e cattiva che sta dalla parte di Silvio Berlusconi. E’ lì il vero scandalo, non parentopoli. E’ nel peccato originale lo scandalo, non nel raccomandare il figlio di un proprio collaboratore per fargli avere il posto fisso. Perché se mai questo l’avesse fatto Alemanno, è scandalo, odiosa prepotenza, prevaricazione dei deboli. Se invece l’avesse fatto Veltroni, che è nato senza quel peccato originale, lo scandalo non c’è: sarà stata una debolezza di cuore, un impeto di generosità, una battaglia giusta per fare avere a un debole quel che altrimenti avrebbero negato.
Questa vicenda parallela, che proprio in questo modo si è riflessa su gran parte della stampa per poi circolare da lì nell’opinione pubblica, è il vero specchio di questo paese, ed è anche il termometro più sincero del potere reale, quello che nemmeno un ventennio berlusconiano è riuscito a scalfire.
L’Italia del Corrierone della Sera (talvolta anche di Repubblica che però fa più fatica a spacciarsi per terza e neutrale), della Stampa, di Confindustria, dei baroni universitari, degli scrittori, dei cineasti, degli intellettuali, dei banchieri, dei magistrati, dei salotti buoni, quella del potere vero, l’Italia regnante che ama fingersi sopra e oltre ogni parte così da emettere giudizi e condanne che hanno il timbro della divinità e della verità. Sì, la vicenda delle assunzioni all’Atac di Roma è proprio il più limpido riflesso di quella piccola e potente Italia che tutto decide e può, ma una sola cosa non è riuscita a dominare  e usare a suo piacimento: l’avventura politica di Berlusconi. Hanno provato a usarlo, cavalcarlo, dominarlo, metterlo in un angolo, denigrarlo, distruggerlo. Ma non gliene è riuscita nemmeno una. Eppure testardamente cercheranno ancora all’infinito. Tangentopoli, mafiopoli, sessuopoli, wikileaksopoli, ora parentopoli: fanno la cose in grande, mica si scherza. Ma lui è così coriaceo…
E’ che alla fine tanta panna montata così per seppellire l’uomo fa sorridere i più. E Corrieroni, banchieri, intellettuali, danno di matto. Perché gli italiani alla fine sono meno fessi di quel che loro credono. Apri la Rai e guardi il professore di turno che ospite della conduttrice alla moda scuote la testa. Lei lo provoca: “ma professore, dove andremo a finire con questi comportamenti del presidente del Consiglio?”. E lui, il professore Stefano Rodotà, dottrina pura dalle cui labbra pendere: “Lo dico da intellettuale: in rovina, in rovina…”. Ma che intellettuale e intellettuale superpartes: Rodotà è stato per lustri parlamentare del pci, poi il primo presidente del Partito democratico della sinistra. Non c’è uomo di parte più di lui. Ieri aprivi Radio radicale e sentivi all’ora di pranzo un’intervista a Giuliano Amato che spiegava che “sa come sono i politici? I politici parlano troppo..” e via con banalità su questi “politici”. Lo sentivi e ti chiedevi: “ma che mestiere ha fatto Amato tutta la vita?”. Era l’ombra di Bettino Craxi, e poi se ne è dimenticato. Era il premier che una notte si fregò il sei per mille sul conto corrente di tutti gli italiani. E poi se ne è dimenticato. Era il primo presidente dei Democratici di sinistra. E poi se ne è dimenticato. E a forza di dimenticarsene è sempre buono da usare per strologare su tutto, dal suo empireo super partes. Solo che lui dimentica. E con lui chi vuole fare dimenticare. Ma gli italiani non dimenticano. Prendi in mano un giornale e scopri che Carlo Azeglio Ciampi ha compiuto 90 anni e che è un padre della Repubblica anche se quando questa veniva fondata lui era in tutt’altre vicende affaccendato. Scopri anche che è un modello superpartes. Di più: è il simbolo stesso di quello che oggi l’Italia che conta vorrebbe tanto: il governo di responsabilità nazionale, un Super Ciampi premier. Per questo infastidisce tanto la realtà: che con Ciampi al governo il suo ministro della Giustizia, Giovanni Conso, graziò centinaia di mafiosi accogliendo la richiesta principale di Cosa Nostra: revocare il carcere duro. Leggi che Ciampi si indigna, protesta la sua innocenza e sostiene di avere graziato i peggiori killer della mafia a sua insaputa. Bevendosela tutta così, che altro puoi dire se non che quel governo allora fu di “irresponsabilità” nazionale, dove nessuno sapeva quel che si faceva? Potresti dirlo, ma non lo dice nessuno. Perché anche Ciampi fu uomo di parte, e della parte giusta: quella senza peccato originale. Prendi un altro giornale a caso, Repubblica, e leggi articolesse grondanti indignazione sulle relazioni strette fra Berlusconi e Mohammar Gheddafi. Ci si dimentica naturalmente che quel giornale è di proprietà di uno gnomo naturalizzato svizzero, Carlo De Benedetti, che alla fine degli anni Novanta ha deciso di crearsi un piccolo impero nell’energia. E ha iniziato dal gas. Quello di Gheddafi: 2 miliardi di metri cubi all’anno per 24 anni. Così passa la paura del dittatore di Tripoli e anche un bel po’ di indignazione. Leggi giornali e agenzie dell’Italia che conta e trovi altra grondante indignazione (l’Italia che conta è sempre indignata speciale): quella per il mercato delle vacche dei parlamentari. Il cognato di Tulliani che facendo il presidente della Camera, li dovrebbe proteggere, li ha sbeffeggiati: siete al calciomercato della politica. Ha stretto pure le labbra per non farsi scappare la parola fatidica di cui si lamentava fino a poche ore prima: “Traditori!”. Ma la parola è scappata agli Antonio Di Pietro e perfino ai giornalini che se l’erano presa con Libero per avere definito così i finiani: “Traditori, traditori!”. Qui non è manco questione di pesi e misure diverse: è proprio il concetto di tradimento che è diverso. Noi si diceva “tradimento” per la beffa appioppata agli italiani: mi voti per questo e una volta che ti ho preso il voto io faccio l’esatto opposto. Per loro- per i Fini, i Di Pietro, i Bersani, i giornaloni, gli intellettuali, che degli elettori e degli italiani se ne fregano assai, tradimento è verso il leader-burattinaio che ha avuto fiducia in te, che ti ha scelto e messo nelle liste elettorali portandoti lì. Ma è differenza da poco, come nel caso Atac: troveranno sempre un professorone, un editorialista pronti a spiegare super partes che se dici tu “tradire” è brutto sporco e cattivo. Se lo dicono altri è giudizio equanime ed obiettivo, musica per la democrazia. Tanto il problema è tutto lì: nel peccato originale.

Gattegna sfodera accuse di razzismo per un pezzo che non gli piace: Così banalizza la Shoah



Egregio Direttore,
sono rimasto stupito e costernato nel leggere l’articolo “Talmud tradotto- Berlusconi soffia gli ebrei a Fli” pubblicato da “Libero” l’8 dicembre scorso a firma di Franco Bechis.
E’ grave che un professionista esperto cada in un errore tanto grossolano e che confonda un’importante iniziativa culturale, la cui progettazione risale a diversi mesi fa, con un presunto mercanteggiamento elettorale dell’ultima ora che non è mai avvenuto e mai potrebbe avvenire.
Né l’autore dell’articolo né il giornale da lei rappresentato possono ignorare che per la cultura del nostro Paese sarebbe un grande arricchimento dotarsi della traduzione in italiano del Talmud, un’opera monumentale e fondamentale non solo per gli ebrei ma per l’intera società.
Mi rivolgo a lei per chiederle di riesaminare ciò che è stato pubblicato, tenendo presente che gli ebrei italiani si sono sentiti gravemente offesi nella loro onorabilità e preoccupati per la riproposizione di vecchi stereotipi che in passato hanno prodotto tanti lutti e tanti orrori.
Sarebbe un gesto apprezzabile se questa mia lettera fosse pubblicata sul giornale da lei diretto con il dovuto risalto.
Avv. Renzo Gattegna
presidente Unione comunità ebraiche italiane


Caro avvocato Gattegna, sono ebreo e italiano. E naturalmente non mi sento per nulla offeso da quel che ho scritto e fatico non poco a comprendere come possa esserlo lei o chiunque altro. Non ho mai scritto di un mercanteggiamento della comunità ebraica per il finanziamento della traduzione italiana del Talmud. Né ha senso riferirsi a un mercanteggiamento elettorale, visto che non si vota e la parola “elezioni” in questo momento sembra tabù per chiunque. Ho solo scritto che la scelta (a dicembre, non mesi fa) del governo italiano di trovare un finanziamento straordinario di 5 milioni di euro per tradurre il Talmud avrebbe fatto piacere all’Unione delle comunità ebraiche italiane. La sua lettera dice il contrario: evidentemente mi sono sbagliato. O non le fa piacere il finanziamento, oppure non le fa piacere che sia pubblico il nome del donatore: il governo di Silvio Berlusconi. E’ libero di dispiacersi per quel che vuole. Non le consento però da ebreo, appartenente a una famiglia perseguitata durante la seconda guerra mondiale, in cui chi è sopravvissuto lo ha fatto perché riuscito a fuggire lontano dal paese dove era nato, di banalizzare per una sua piccola polemica una tragedia dell’umanità. Di quali stereotipi, di quali lutti e di quali orrori va cianciando a proposito di un articolo sui finanziamenti alla ricerca? Trovi una sola parola nel testo pubblicato che dia appiglio alla viltà con cui lei replica. Mi stupisce che lei- per la carica che ricopre- possa brandire la Shoah con tale banale leggerezza, solo per dire “Io ho ragione (ed è un suo diritto), e se non mi dà ragione allora lei è un persecutore e perfino razzista (e questa è solo ottusa prepotenza)”. Faccio il giornalista, pubblico notizie e talvolta cerco di fornirne l’interpretazione. Può capitare di sbagliare o di trovare chi non è d’accordo. Lei come tutti ha il diritto di replica o di rettifica. Non di non abusarne, e tanto meno di offendere.

Franco Bechis

Berlusconi trova 5 milioni e lì dà alle comunità ebraiche per tradurre il Talmud


Gianfranco Fini ci ha impiegato una vita per scrollarsi dalle spalle il passato e conquistarsi il favore di una delle comunità più piccole, ma potenti del paese: quella ebraica. Ci sono voluti anni di abiure e distacchi, pazienti lavori diplomatici degli amici Alessandro Ruben e Giancarlo Elia Valori che furono alla base del suo antico viaggio in Israele. A Silvio Berlusconi è bastato un secondo e quattro righe di testo per conquistare da quella piccola, ma potente comunità non solo simpatia, ma gratitudine e riconoscenza proprio un uno dei momenti più difficili e delicati della vita del governo. Lo scorso tre dicembre infatti il governo Berlusconi ha mandato in Senato a firma del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Mariastella Gelmini (fedelissima berlusconiana) le scelte del ministero e dell’intero esecutivo per finanziare in ogni settore la ricerca: dalla scienza alle lettere, dalle arti alla tecnologia. La somma trovata, pur fra le pieghe dei tagli imposti da Giulio Tremonti, è rilevante: un miliardo e 754 milioni di euro. Ed è anche più alta di quella proposta l’anno precedente (era un miliardo e 628 milioni di euro), contrariamente a quel che si dice in convegni non solo delle forze di opposizione. E’ in quel fiume di fondi pubblici che spunta una decisione piccola ma importantissima per la comunità ebraica: il fondo governativo per la ricerca ha deciso di finanziare un progetto che il Cnr ha siglato con l’Unione delle Comunità ebraiche italiane- Collegio rabbinico nazionale. Si mette a disposizione un milione di euro per il 2011 e se ne garantiscono già altri quattro milioni fino al 2015 (qualsiasi governo sarà tenuto a rispettare la decisione) per “la traduzione integrale in lingua italiana, con commento e testo originale a fronte, del Talmud, opera fondamentale e testo esclusivo della cultura ebraica”. Il Talmud accanto alla Torah è il principale testo sacro della tradizione ebraica ed è un’opera monumentale. Letteralmente la parola Talmud significa “insegnamento” ed è in sostanza la “Torah orale” rivelata sul monte Sinai a Mosè e da lui trasmessa di generazione in generazione fino a quando non fu messa per iscritto da maestri e sapienti dopo la distruzione del secondo Tempio di Gerusalemme, nel timore che gli israeliti potessero scomparire. Scritto in aramaico è stato tradotto dal rabbino Adin Steinsaltz in ebraico moderno, un lavoro che ha visto schierati con lui i massimi esperti di testi sacri ebraici e che è durato 50 anni, con alcune traduzioni terminate proprio in questo 2010. Quella traduzione ha naturalmente contribuito a diffondere il Talmud fra gli ebrei di tutto il mondo in modo più comprensibile di quanto non fosse avvenuto finora. Grazie al rabbino Steinsaltz il testo sacro è stato tradotto più agevolmente anche in francese, russo, tedesco e inglese. In italiano esistono solo alcune parzialissime traduzioni, ma il lavoro sarà più semplice di quello di Steinsaltz perché basterà partire dall’ebraico moderno e dalle interpretazioni del testo già adottate in questi 50 anni (era la parte più difficile). Vista la complessità dell’opera, non deve stupire l’impegno finanziario per la traduzione in italiano (5 milioni di euro), visto che per cinque anni dovrà lavorare una squadra di trenta professionisti. La scelta del governo e del Cnr ha ovviamente scatenato l’entusiasmo sia del rabbino capo di Roma, rav Riccardo di Segni sia del direttore del collegio rabbinico, Gianfranco Di Segni (che è biologo molecolare proprio al Cnr) secondo cui “con la traduzione si potrebbe rendere accessibile ai più il talmud. Potrebbe essere un primo passo per spingere molte persone ad intraprendere il difficile cammino dello studio dei trattati indispensabili per comprendere la nostra realtà”.
Se il favore della comunità ebraica italiana non è cosa da poco conto per Berlusconi in un momento politicamente così delicato, nel decreto per la ricerca del 3 dicembre scorso non ci sono solo le assegnazioni straordinarie al Cnr per il progetto Talmud, ma anche altri piccoli e grandi finanziamenti molto significativi per la ricerca: come i primi fondi per il progetto “bandiera Epigenomica” (costo di 30 milioni in tre anni) per “lo sviluppo della scienza genetica, con particolare riferimento alla teoria del sequenziamento del Dna e del Rna”. A grandi capitoli sarà comunque il Cnr il maggiore beneficiario dei fondi per la ricerca (627 milioni di euro) seguito dall’Agenzia spaziale italiana (574 milioni), dall’Istituto nazionale di fisica nucleare di Frascati (308 milioni di euro) e dall’Istituto nazionale di astrofisica (103 milioni di euro). Sempre nell’ambito del finanziamento al Cnr sono stati trovati anche 300 mila euro a titolo di “contributo straordinario per attività di ricerche internazionali con Israele nell’ambito del programma di ricerche Lens”.