Rupert Murdoch e
Sky Italia sono passati al contrattacco, inondando la
tv a pagamento di spot interni contro l'aumento dal 10 al 20% dell'Iva sulla
pay-
tv. Anche in parlamento si stanno muovendo le prime lobbies per ribaltare la norma contenuta nel decreto legge del 28 novembre con le misure anti-crisi, e un partito intero, il
Pd di Walter
Veltroni, sta preparando gli emendamenti necessari. L'Iva di favore sulla
tv a pagamento esiste in realtà dal 1991, quando fu ottenuta proprio da
Berlusconi dall'allora ministro delle finanze Rino Formica. Nel 1995 fu innalzata dal 4 al 10% dal governo di Lamberto
Dini (ministro delle finanze Augusto
Fantozzi) e da allora è immutata... Il privilegio era stato chiesto da
Berlusconi ben 17 anni fa perché serviva ad allargare il mercato degli abbonamenti per la sua
Telepiù (successivamente venduta ai francesi di Vivendi-
Canal plus). Quell'azione di
lobbing per altro è costata all'attuale premier una delle tante vicissitudini giudiziarie, con l'accusa di corruzione di un funzionario delle Finanze per ottenere lo sconto. Processo che si è chiuso con l'assoluzione con formula dubitativa. Nel 1995 scoppiò una seconda guerra dell'Iva sulle televisioni a pagamento. Il governo decise di lasciare la tassa di favore solo per la
tv pubblica, innalzando al dieci per cento quella per la
tv commerciale. All'epoca protestò il
centrodestra, mentre l'allora
pds, antenato del
pd, provò in ogni modo a fare salire l'Iva sulle
pay tv al 19%, per colpire naturalmente
Berlusconi. Su questa vicenda quindi sono scorsi negli anni fiumi di conflitto di interesse da una parte e dall'altra della barricata. Precedenti che avrebbero dovuto sconsigliare al governo attuale di riaprire un fronte così sensibile in un momento assai delicato. Da venerdì ad oggi il caso
Sky è sembrato diventare più importante di quasi tutte le altre norme contenute nel decreto legge, che pure riguardano milioni di cittadini. L'Iva sulle
pay tv in Francia è al 5,50%, in Gran Bretagna al 15%, in Spagna al 16%, in Germania al 19 per cento, in Austria al 10 per cento. Solo Islanda e Norvegia l'hanno sopra il 20 per cento. L'Europa va quindi in ordine sparso, e nessuna direttiva la regola (da anni si è fermi alla soglia minima del 5 per cento). Non era quindi un provvedimento particolarmente urgente, e le risorse che lo Stato recupera (270 milioni di euro a regime) non valevano la polemica di queste ore. Un passo indietro sarebbe atto di saggezza