Rai, via Santoro crolla il cavallo. Lei pronta ad abbattere la sede di viale Mazzini, cercasi disperatamente nuovopalazzo

La Rai si prepara a traslocare dalla sua sede centrale in viale Mazzini 14 a Roma, quella di fronte alla quale svetta il celebre cavallo scolpito da Francesco Messina. Il palazzo dove hanno sede il presidente Paolo Garimberti, il direttore generale Lorenza Lei, il consiglio di amministrazione, le direzioni di reti e strutture e in tutto lavorano 1.500 dipendenti, non può più essere utilizzato per motivi sanitari. E’ stato costruito con ampio uso di amianto, e costerebbe troppo bonificarlo. Per questo la Rai sta cercando un’altra sede. E questa settimana ha pubblicato su alcuni quotidiani l’avviso per una indagine di mercato con invito ad offrire in vendita immobili nella zona Nord del comune di Roma. La richiesta è quella di inviare all’azienda “manifestazioni di interesse alla cessione di immobili e/o terreni con diritti edificativi con destinazione uffici”. Servono immobili con “superficie lorda totale ricompresa fra 20 mila mq e 60 mila mq”, con “localizzazione nel comune di Roma in particolare nei municipi II (Flaminio, Parioli, Pinciano, Trieste), IV (Montesacro), XVII (Prati, Borgo Pio), XIX (Aurelio, Trionfale, Primavalle) e XX (Della Vittoria, Tor di Quinto)”, e cioè a Roma Nord. La richiesta preferenziale è per un immobile a Prati, ma siccome non è semplice avere quelle cubature in zona, la ricerca si è estesa. Le offerte dovranno essere inviate alla direzioni acquisti e servizi della Rai presso l’ufficio ricezioni e spedizioni di via Pasubio 7 in busta chiusa e indicazione del mittente e dell’oggetto della missiva. Siccome non sarà né facile né rapido trovare una nuova sede centrale già utilizzabile, la Rai si è preparata una soluzione temporanea che comporterà un robusto trasloco in più parti della città. Mentre si cerca un nuovo palazzo, intanto la direzione generale sta trattando per la vendita della sede attuale in viale Mazzini. Naturalmente anche l’acquirente avrà il problema dell’amianto, ma non quello di piazzare 1.500 persone che già lavorano lì. Dovrà abbattere il palazzo, ma avrà diritto a ricostruirne uno della stessa cubatura e destinazione di uso per cui ha già i diritti. Nel frattempo si cercherà una sistemazione per alti vertici e dipendenti della sede di viale Mazzini della Rai. Si era pensato a un trasferimento di tutti in una nuova palazzina a Saxa Rubra dove hanno sede i telegiornali e molti studi di trasmissione delle reti, ma il Comune di Roma non concede le licenze per la cubatura necessaria. Un po’ di capienza c’è, ma non posto per accogliere tutti. Così l’intenzione è quella di compiere un grande riassetto nelle sedi.
Il consiglio di amministrazione, il direttore generale e le strutture di direzione Rai saranno spostati temporaneamente, finchè non sarà pronta la nuova sede centrale, nella attuale sede del centro di produzione radio di via Asiago. Una parte delle strutture radio (non è ancora chiaro se sarà una o più reti o alcune strutture trasversali alle reti più gli studi di registrazione di alcune trasmissioni) sarà trasferita a Saxa Rubra, presumibilmente fra le proteste.
Il risiko immobiliare che partirà con la ricerca della nuova sede centrale della Rai (e chissà se si potrà avere ancora il cavallo di Messina di fronte all’entrata) non sarà l’unico atto di quello che la tv pubblica chiama “un programma di razionalizzazione e efficientamento delle proprie strutture direzionali e produttive sul territorio di Roma”. Fra l’altro la Rai cercherà di definire la destinazione degli studi di produzione in affitto dalla Dear in via Romagnosi. L’ipotesi più probabile è quella dell’acquisto della struttura.

La sfuriata di Giulio a Silvio: mi hai fatto spiare


Lo scontro è avvenuto in un faccia a faccia, lunedì all’ora di pranzo ad Arcore. In quel momento nella residenza del premier c’era anche Umberto Bossi, ma non era nella stanza in cui solo Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti per pochi minuti si sono guardati negli occhi. E’ stato il ministro dell’Economia ad avere uno scatto di nervi come mai è avvenuto in 17 anni di rapporto fra i due. E’ stato uno scatto violento, che ha scosso Berlusconi e che ancora 24 ore dopo faceva sentire i suoi effetti. Martedì il cavaliere lo ha raccontato ad almeno tre interlocutori incontrati in giornata. Da loro abbiamo raccolto la versione che collima in ogni particolare su quel che sarebbe accaduto in quella stanza. “Tu mi hai fatto spiare!”, ha sibilato il ministro dell’Economia davanti a un Berlusconi esterrefatto. “Hai messo i servizi segreti alle mie calcagna!”, ha proseguito Tremonti mentre l’interlocutore restava sbacalito, biascicando un “ma cosa stai dicendo?”. Minuti di gelo, terribile, cui sono seguite parole assai grosse, anche minacciose. Una sorpresa, perché se sono mille e poi mille i testimoni degli sfoghi del premier su Tremonti e del ministro dell’Economia su Berlusconi, i due non si sono mai affrontati a muso duro una volta messi di fronte. Anzi, è sempre stato un “Giulio sei un campione!”, seguito “ma Silvio, figurati!”. Riferiscono collaboratori e amici che Tremonti da qualche settimana fosse assai più nervoso del solito, ed è effettivamente è sbottato in sfuriate a cui non erano abituati interlocutori di lungo corso. Il nervosismo era giustificato dalla delicatezza del momento politico ed economico e anche dagli evidenti contrasti con il premier, accompagnati per la prima volta da una certa freddezza fra i vecchi amici della Lega Nord.
Lunedì, nell’istante topico dello scontro è entrato in stanza anche Bossi, che era arrivato ad Arcore insieme a Tremonti. Ha sentito qualcosa e provato subito a stemperare le tensioni. Poi per fortuna sono giunti in villa gli altri ospiti attesi e sia pure in un clima surreale è iniziata la riunione di cui abbiamo riferito ieri su Libero. Riunione assai affollata, e poi c’era la festa dei carabinieri ad attendere gran parte degli invitati a Roma, in piazza di Siena. Così si è reso necessario un secondo round, nella notte fra martedì e mercoledì. Il clima è stato quello immaginabile, eppure chi ha sentito ieri il cavaliere non lo ha più trovato sotto choc, anzi. Probabilmente come accade negli scatti d’ira, quel che si sono detti Berlusconi e Tremonti lunedì non ha più avuto seguito. Quando si sono nuovamente incontrati- non più a quattr’occhi- hanno fatto come nulla fosse avvenuto. Ma il contrasto non è venuto meno. Questa volta sui contenuti della manovra economica. Tremonti non si è mai spostato di un millimetro: bisogna varare subito i tagli da 40 miliardi in tre anni approvando la manovra prima dell’Ecofin dell’ultima settimana di giugno. La riforma del fisco? Solo per legge delega, meglio se a settembre. Berlusconi ha chiesto di non esagerare con la correzione sul 2011, e di spostare la manovra triennale 2012-2014 quasi tutta sul terzo anno. Si è ipotizzato di spalmare i 40 miliardi così: 5-5 e 30 finali. Il cavaliere ha aggiunto: “anche 60 sul terzo anno, se vuoi”. Ma Tremonti non ha mollato, pronto a mettere come spesso è accaduto sul piatto le sue dimissioni. Non lo ha fatto perché questa volta è intervenuto Bossi. Non a sostegno del vecchio amico ministro, ma della tesi del premier: “non possiamo permetterci di più ora”. La sensazione è stata che se in quel momento il ministro dell’Economia avesse messo sul piatto le sue dimissioni, sarebbero state accettate senza proteste da parte della Lega. Deve averlo capito bene anche Tremonti, che non ha replicato quando gli è stato detto: “se non te la senti di presentare tu le cose, possono arrivare per via parlamentare”.
Lo scontro resta, e la tensione fra presidente del Consiglio e ministro dell’Economia (che pubblicamente ancora viene negata come sempre è accaduto), questa volta è assai seria. Qualche preoccupazione ieri è venuta quando senza avere preannunciato l’iniziativa, Tremonti è salito al Quirinale per fare il punto con Giorgio Napolitano. Ufficialmente ha spiegato al Capo dello Stato l’impianto della manovra (il suo) e il clima internazionale che l’accompagna. Ma nessuno può escludere che sia stato riferito anche qualcosa del terribile scontro di lunedì.

Il destino hard di Santoro


Dal Giornale di oggi, 7 giugno 2011, pagina 6, terza fotografia in alto. Didascalia sotto fotografia di Vittorio Feltri: "Fondatore di Libero- E' tornato al Giornale che ha già diretto in passato".... Sembra l'annuncio più minimal che ci sia mai stato nell'editoria italiana...

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Da Repubblica, pagina 11 di oggi, articolo di Goffredo De Marchis sul caso Santoro. Michele andrà a La7? Parla il ceo di Telecom Italia media, Giovanni Stella, detto il "canaro". "Santoro a La 7? Quando una donna si spoglia e si stende sul letto, c'è bisogno di fare altre domande? No, in certe situazioni non si parla. Ti togli la giacca, ti sfili la camicia e la smetti di chiacchierare...". Cambierà format Santoro? Risposta del canaro: "Lei conosce una donna e la prima notte di sesso come è? Normale, tradizionale. Dopo verranno le variazioni sul tema. Ma all'inizio no...". Che destino hard quello di Santoro! Trombato in Rai da una Lei.... in attesa di essere trombato a La 7 dal canaro...

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A proposito di La 7... molti giornali scrivono di un interessamento all'acquisto di Carlo De Benedetti. A parte che il figlio Rodolfo ha confessato agli amici di essere del tutto contrario, c'è un piccolo ostacolo: secondo le norme antitrust della legge Gasparri nessuno può avere giornali e più di una rete tv. De Benedetti oltre ai giornali ha già una rete tv nazionale: Rete A, anche se pochi la vedono. Non può comprare La7 se prima non vende...