FURTO A ITALIA OGGI- I ladri fra le scorte della Casta

Nella notte fra mercoledì 14 e giovedì 15 novembre i ladri sono entrati nella sede romana del quotidiano Italia Oggi. Si sono calati dal tetto, hanno forzato le finestre dal balcone e hanno agito indistrurbati portandosi via telecamere dello studio tv, documenti e la cassa, sventrando la cassaforte dove erano racchiusi con la fiamma ossidrica. E' accaduto nel cuore di Roma. Davanti alla Galleria Colonna dove hanno sede alcuni uffici della presidenza del Consiglio, a fianco di palazzo Chigi e a pochi passi dalla Camera dei deputati e dall'Authority per le tlc. Tutti palazzi protetti da telecamere, vigilanza e scorte di pubblica sicurezza. La sicurezza della Casta. Non quella dei comuni cittadini...

FARINA: I PIEDI DI WOJTYLA ERANO UNA MIA FISSAZIONE

Dal libro "Maestri- Incontri e dialoghi sul senso della vita", di Renato Farina- Piemme edizioni, capitolo su Karol Wojtyla: " I piedi! I piedi del Papa! Sono una mia fissazione. Li ho visti l'ultima volta nella Sala Clementina, dove era stato deposto prima dei funerali. Ci sono potuto rimanere per un intero pomeriggio, un regalo postumo di Wojtyla, grazie a un privilegio concessomi da monsignor Caccia (...) Quel 3 aprile 2005 ero in ginocchio dalla parte dei piedi. Li rivedo. Sono avvolti in mocassini rossi. Quello destro è un pochino spostato verso l'esterno, sembra pronto a uno scatto (...) I suoi piedi erano così belli. Durante i viaggi egli era uso, dopo avere osservato i volti, guardare i piedi. Lo commuovevano quelli di chi arrivava con le suole scalcagnate in America Latina, sollevando la polvere che il vento gli sbatteva in faccia. Guardava i piedi nudi delle donne africane, guardava i tacchi a spillo delle donne europee. Vedere quei piedi fermi è stato per me come respirare la violenza della morte (...) La Bibbia, e quindi si suppone anche il suo Ispiratore, più degli occhi azzurri predilige i piedi. Gesù per amore, e forse per igiene della compagnia, lava le callose estremità degli amici. La Maddalena profuma e bagna e asciuga coi capelli ciò che del suo Cristo la inteneriva di più: i piedi. Isaia forse non si dilunga su nasi e mani, ma scrive "Beati i piedi di quelli che portano un lieto annuncio". San Paolo conferma nella lettera ai Romani: "Come sono belli i piedi". Viaggiando con il Papa ho imparato a capire che non sono licenze poetiche. Per questo il Papa, dopo i volti guardava i piedi con tenerezza..."

DA ITALIA OGGI IN EDICOLA/ Dini e il suo ditino

Il governo italiano è appeso a un ditino. A un pollice: quello che Lamberto Dini girerà verso l'alto, salvando la vita a Romano Prodi, o verso il basso, salvando la faccia a Silvio Berlusconi. Quel pollice è lì, a mezz'aria. Ieri si è alzato più volte. E quando Prodi già confidava ai suoi «Lamberto è tornato a casa», trattando Dini come Lassie, ecco quel pollice girarsi verso il basso, e indicare ai suoi lo stesso voto della Cdl. Governo sotto e brivido nella maggioranza già certa di avere scampato il pericolo. E di nuovo a roteare. Prodi ci è abituato: l'anno scorso il suo destino dipendeva da Pallaro, ora la sua maggioranza è legata alle decisioni di un mini-partito, i liberaldemocratici fondati da Dini. In senato i diniani sono tre: il fondatore, Lamberto; Giuseppe Scalera e Nicola D'Amico. Quest'ultimo è nato e cresciuto con Dini in Banca d'Italia. Grazie a lui è sbarcato in politica. Ma secondo il chiacchericcio di palazzo Madama D'Amico oggi sarebbe la longa manus di Prodi nel gruppetto che potrebbe tradire. Il suo compito sarebbe quello di lanciare per tempo l'allarme e consentire di trovare una sponda d'emergenza alla maggioranza. Che sia vero o falso, è questo il clima con cui ci si avvia al voto finale sulla legge finanziaria. Possibile che sugli ultimi articoli votati questa mattina la maggioranza vada ancora sotto e che il voto finale diventi l'addio al governo Prodi, cosa di cui è talmente certo Berlusconi da avere messo a punto ieri sera una sua possibile conferenza stampa di oggi per chiedere il ricorso alle urne. Possibile- come è avvenuto sempre nei momenti critici di questi mesi- che il voto di un senatore a vita consenta di prolungare l'agonia a palazzo Madama fino alla prossima trappola. Chi tifa per questa seconda ipotesi sventola uno spauracchio che ha poche ragioni di esistere: quello del rischio dell'esercizio provvisorio. Se anche cadesse il governo, non è detto che cada la finanziaria. Già quando Prodi fu costretto a lasciare il timone a Massimo D'Alema, si dovette ricucire una manovra economica in corsa. Il massimo che può accadere è dovere lavorare anche sabato e domenica e rinunciare al maxi-ponte di Natale. Indipentementre dall'esito del voto odierno però un fatto è chiaro: una maggioranza politica rappresentata in Parlamento in questo momento non esiste più. Dini e i suoi non fanno più culturalmente parte dell'Unione. Non è più lì nemmeno l'Udeur di Clemente Mastella. Possono optare per la ragione di Stato, possono non essere entusiasti di doversi alleare (colpa della legge elettorale) con il centrodestra di Berlusconi. Ma entrambi sono coscienti che è finita...

PRESSIONI ISTITUZIONALI SU UNIPOL? LA FORLEO LE HA DENUNCIATE AI CARABINIERI

Prima di avere detto in tv, prima di avere smentito davanti al Csm, incolpando i giornali di avere distorto le sue parole, il gip milanese Clementina Forleo ha messo nero su bianco le sue accuse alle istituzioni che avrebbero fatto su di lei pressioni sull'inchiesta da lei seguita sulla scalata Unipol-Bnl. Così infatti termina la deposizione volontaria resa dalla Forleo il 24 ottobre scorso davanti al nucleo operativo carabinieri in via della Moscova, a Milano: "Mi riservo- poichè non ho al momento raccolto adeguata documentazione, di esporre prossimamente altri episodi che potrei definire intimidatori o comunque di pressione del mio operato giurisdizionale ad opera di soggetti aventi rilievo istituzionale. Episodi verosimilmente connessi alle indagini concernenti la scalata Unipol-Bnl di cui sono in qualità di Gip titolare". Nella stessa denuncia la Forleo sostiene di essere sempre stata oggetto di lettere minatorie, ma di averne ricevute dal momento in cui si è occupata di Unipol "più forti di quelle in precedenza avute". Quelle precedenti erano "rozze", mentre quelle post Unipol "bene articolate, scritte con linguaggio forbito". In una di queste la minaccia più inquietante: "Una in particolare, sempre inoltrata agli organi competenti, mi preannunciava entro la fine dell'estate, la morte di entrambi i miei genitori, che effettivamente morirono in un incidente stradale il 25/08/05. Subito dopo tale decesso ebbi un'altra lettera in cui mi si diceva che se non fossi stata attenta, analoga sorte sarebbe toccata a me e a mio marito"

MARINI CAPO DELLA BANDA DEL BUCO- Il colpo basso al compagno di partito del presidente della commissione bilancio della Camera, Lino Duilio

Franco Marini è a capo di una banda del buco che in pochi giorni è riuscita a mettere nell'angolo regole di buongoverno sfondando i conti dello Stato. L'accusa, davanti ai colleghi attoniti, è arrivata lunedì pomeriggio dal presidente della commissione Bilancio della Camera, Lino Duilio, che oltretutto è anche compagno di ex (ppi- Margherita) e nuovo (Pd) partito dello stesso Marini. Ma Duilio ha perso la pazienza di fronte a tutti i deputati che gli chiedevano di ammettere i loro emendamenti al decreto fiscale, come appunto aveva concesso Marini durante il passaggio al Senato: "Non se ne parla. I criteri del Senato hanno condotto, fra le altre cose, ad approvare norme palesemente scoperte". Scoperte? Sì, rincara la dose Duilio: "non si può prendere ad esempio quel Senato che ha consentito di approvare un provvedimento pur in mancanza di copertura di 3,1 miliardi di euro...". Una voragine allegramente consentita dal presidente del Senato pur di non fare andare sotto il governo di Romano Prodi...

Da Italia Oggi in edicola/ Amato che insicurezza

Quando un agente di polizia, come Luigi Spaccatorella di pattuglia sull'autostrada del Sole, impugna una pistola, dovrebbe ripetere un gesto fatto mille e mille volte. Un tempo tutti erano costretti a farlo una volta, anche due al mese. Sul libretto di tiro segnate tutte le prove al poligono, anche i centri fatti. Prima che l'agente Spaccatorella impugnasse quella pistola domenica mattina dall'area di servizio di Badia al Pino, facendo fuoco per fermare quella che lui aveva creduto una rapina, il libretto di tiro non aveva che poche tracce. Un poliziotto oggi spara, se va bene, una volta ogni due mesi. Non ci sono fondi. Mancano addestratori per tutti. Anche per questo è morto Gabriele Sandri (...) E' l'addestramento che manca a un agente che da 70-80 metri spara per fermare la corsa di quelli che ritiene rapinatori e non lo sono. A quella distanza non è certo di colpire il bersaglio nemmeno un tiratore scelto. Figurarsi se di mezzo ci sono quattro corsie autostradali e la barriera che le separa. Questa tragedia che ha colpito l'Italia, che ha mostrato l'impreparazione dei vertici dell'Interno anche nella gestione successiva della comunicazione (e la guerriglia scaturita in mezza Italia si deve anche a questo), purtroppo non è casuale. Potrebbe avvenire ogni giorno, in questo o in altri modi, sulle strade, nelle città d'Italia. Per rendersene conto basterebbe scorrere le lunghe pagine delle audizioni fatte fra maggio e luglio dalla commissione affari costituzionali della Camera, di fronte a cui sono sfilati i vertici istituzionali e operativi di tutte le forze di polizia. Basti un dato fornito dallo stesso ministro dell'Interno, Giuliano Amato: fra il 2004 e il 2007 il budget della sicurezza in Italia è stato tagliato di un miliardo di euro. Le esigenze sono cresciute, le risorse tagliate. Quel giorno si rise amaro per il consiglio fornito dal ministro ai vigili del fuoco: “visto che non ci sono soldi, pagate la benzina, lasciate perdere gli affitti”. Meno risorse però significa meno uomini, meno armi, meno auto, meno addestramento. Più assassini come quello di Giovanna Reggiani a Roma. Altre tragedie come quella è costata la vita a Gabriele Sandri. Largo alla criminalità organizzata in mezza Italia. Strade aperte alla criminalità comune ovunque. Non c'è stato un governo negli ultimi anni che abbia impedito al ministro dell'Economia di tagliare il budget della sicurezza come si trattasse di un capitolo di spesa fra i tanti. Non c'è stato un politico che abbia chiesto di organizzare diversamente quel che resta: non a protezione del Castello e dei suoi nobili inquilini, ma di tutti. A loro mille scorte. A vegliare sugli altri italiani resta solo un ministro.

OMICIDIO SANDRI, LE ISTITUZIONI IRRESPONSABILI

Per buona parte della giornata di domenica, nelle ore che sono seguite all'omicidio di Gabriele Sandri- il giovane romano tifoso della Lazio assassinato in un autogrill- si sono accreditate informazioni false, ricostruzioni di fantasia che accreditavano un omicidio fra tifosi e le principali istituzioni hanno brillato per assenza lasciando l'impressione di volere coprire la dinamica reale dei fatti. E' responsabilità del ministero dell'Interno avere fatto filtrare versioni assai lontane dal vero fino a pochi minuti prima dall'inizio delle partite, contribuendo così al diffondersi di versioni ufficiose sulle responsabilità (per altro reali) della polizia. Avere accreditato la versione- falsa- della rissa fra tifosi ha gettato solo benzina sul fuoco. E già questo meriterebbe spiegazioni da parte di Guliano Amato. Ma il ministero degli Interni ha una doppia responsabilità. La guerriglia scatenata fra pomeriggio e sera dagli ultras delle tifoserie di mezza Italia dimostra quanto siano lontani dalla realtà legislatori e vertici del calcio. Non ci sono le condizioni di sicurezza minime per potere continuare a lasciare aperti gli stadi. Il campionato di calcio si dovrebbe giocare fino alla fine a porte chiuse.