Le pagelle del Vaticano sulla politica italiana: Napolitano super. Berlusconi? Il principe fa quel che vuole, ma non si deve sapere. Draghi sì

Colloquio a distanza per gli auguri di buone vacanze con alto esponente vaticano. Chiaccherata in libertà anche sulle questioni di politica italiana. Con una sorta di pagella sulla politica italiana che qualche interesse può avere per tutti. Per questo mi permetto di riportarne la sostanza. Per il Vaticano il punto di riferimento assoluto è il rapporto ottimo con il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano. Del tutto assorbito, dimenticato il disappunto per l'intervento nel caso Eluana. Napolitsno viene apprezzato per l'equilibrio e per l'attenzione anche alle questioni d'oltretevere. "Ha grandi doti umane e saggezza. Ottimo il rapporto con il Pontefice. Apprezzato il suo ruolo di controllo e di suggerimento pacato all'attività di governo". Più imbarazzo per le vicende pubbliche di Silvio Berlusconi, che certo risultano poco digeribili a gran parte dei cattolici. "Nulla da dire sul rapporto con il governo. Le premesse sono state buone, non a tutte sono seguiti fatti. Berlusconi? Il principe da sempre fa quel che vuole. Ms la regola aurea è che non si sappia mai quel che fa...". Assai meno apprezzato nel centrodestra Gianfranco Fini, ma è comprensibile e forse reciproco. Poco interesse alla gara nel Pd. Mreno entusiasmo di quel che ci si immaginerebbe nei confronti di Pierferdinando Casini "Brutta quella sua campagna elettorale utilizzando nei manifesti immagini dei figli piccoli e della seconda moglie. Scelta di dubbio gusto". Non scalda oltretevere la corsa per la guida del Pd, anche se non si è particolarmente entusiasti della candidatura di Ignazio Marino, anzi. Ma la vera sorpresa viene dalla stima che il Vaticano nutre nei confronti di chi viene ritenuto "riserva della Repubblica", e cioè quel governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi che non a caso è stato ospitato poco tempo addietro sull'Osservatore romano. La stima e la simpatia nei confronti del banchiere centrale sono assai elevate, e certo maggiori di quelle che suscita il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti di cui per altro sono apprezzati alcuni interventi. Draghi è d'altra parte assai stimato anche in altri autorevoli ambienti cattolici, da Sant'Egidio all'Opus Dei fino a Comunione e liberazione. Sarà il Governatore forse la presenza più significativa all'imminente meeting per l'amicizia dei popoli, cui è stato invitato dall'integruppo parlamentare per la sussidiarietà fondato da Maurizio Lupi e a cui aderiscono anche Enrico Letta, Pierluigi Bersani e Gianni Alemanno...

Dite a De Benedetti di portare Repubblica anche nelle edicole in Puglia

Campanello di allarme per l'ingegnere Carlo De Benedetti. Scoperta forse una delle ragioni per cui Repubblica nonostante la trasformazione hard continua a perdere copie rispetto all'anno precedente (a giugno altri sette punti indietro). Il quotidiano di Ezio Mauro deve avere problemi di distribuzione. Certo è provato che non arriva nelle edicole pugliesi. Lo ha confessato implicitamente Niki Vendola, governatore della Regione, in un'intervista pubblicata oggi dall'Unità. Dopo avere sostenuto (lo fanno tutti, e lui si è adeguato) di essere vittima di un complotto dei magistrati baresi che conducono le inchieste sulla sanità e dopo avere comunque scaricato alla velocità della luce il suo primo assessore indagato (Alberto Tedesco), il povero Vendola si berlusconizza e sostiene di essere vittima di una trappola non solo giudiziaria, ma mediatico- giudiziaria: tutti infatti parlerebbero delle inchieste sulla sua giunta, ma ci sono "altre due inchieste di cui nessuno parla: una riguarda Fitto, l'altra escort e cocaina e porta a Berlusconi". Dunque secondo Vendola nessuno parla dell'inchiesta su escort-Berlusconi. O non funziona la rassegna stampa della Regione Puglia, o Repubblica deve essersi dimenticata in questi mesi di approdare alle edicole pugliesi...

Io e il Tg1- Ho vinto la scommessa con Minzolini:impossibile portare uno come me in Rai...

So che non è bello parlare di sè, ma qualche mail da voi l'ho ricevuta a proposito della mia condizione professionale e quindi devo qualche risposta agli iscritti a questo blog e soprattutto ai tanti amici di Facebook a proposito di quello che hanno letto su di me in questi tempi su qualche giornale o sito Internet. Fra le tante, una aveva fondamento: l'ipotesi di un trasferimento al Tg1 come vicedirettore di Augusto Minzolini. Personalmente non ci ho mai creduto, ma sono amico di "Minzo" dal 1990, abbiamo fatto tante cose insieme e spesso ci siamo divertiti come matti. Ognuno ha il suo modo di interpretare il mestiere che facciamo, ma divertirsi lavorando è raro e io questa fortuna l'ho sempre avuta. Con Minzo, che è forse il giornalista italiano con più fiuto per la notizia e che ha una carica di simpatia umana straordinaria, lavorare sarebbe stato divertentissimo. Per cui gli ho detto "perchè no? Tanto non ci riuscirai mai. Io non sono digeribile dal grande corpaccione Rai". Minzo è uno tosto e se lo sfidi parte in quarta: "Ci riesco? Scommettiamo?". Scommessa fatta, e l'ho vinta io. E non perché lui non si sia applicato, battendosi anzi come un leone (auguro a tutti di avere un amico così, ne sono restato sorpreso anche io). Non sto a raccontarvi cosa è avvenuto in questi tre mesi, bisognerebbe pubblicarci un romanzo. Ma una cosa mi è stata chiara fin dall'inizio: salvo Minzo, lì non mi voleva nessuno. Dentro e fuori. Non pensavo di avere fatto girare le scatole a così tanta gente semplicemente raccontando giorno dopo giorno quel che apprendevo e pubblicandolo sui giornali dove ho lavorato. Ogni tanto me ne dimentico qualcuna, gli altri invece se le ricordano tutte. Giulio Tremonti che qualcosa in Rai conta (e che non so perché sostiene che qualsiasi cosa appaia su Italia Oggi, perfino le foto, sono irriverenti nei suoi confronti), era pronto a imbracciare il bazooka sparandomi se solo mi fossi avvicinato a viale Mazzini. Il suo consigliere Angelo Maria Petroni (e a lui sicuro, non ho mai fatto niente forse per dimenticanza, anzi, anni fa gli proposi pure di collaborare a Italia Oggi) aspettava solo il mio nome per impallinarlo. Paolo Garimberti ce l'aveva a morte con me (e lì non ricordo io, magari avrò scritto qualcosa di sgradito in passato), il sindacato voleva trasformarmi in un falò, la redazione non era felice, anzi...Minzo non si è fermato davanti a nulla, testone come è, e io l'ho lasciato fare (avvisando il mio editore attuale per questione di lealtà) osservando stupito tanta determinazione. Fino a lunedì mattina. Quando a poche ore dal voto in cda ho capito che non solo tutta la sua determinazione sarebbe stata inutile, ma insistendo avrebbe rischiato anche lui. E qui dovevo restituire la prova di amicizia e gli ho chiesto, insistendo per tre ore, di levare il mio nome dalle sue proposte. Alla fine l'ha fatto, dicendomene di tutti i colori, e proponendo 5 vice invece dei 6 cui aveva diritto. Hanno rinviato la pratica a giovedì,come è accaduto altre sei volte. Ma questa volta, senza me, passerà. Auguri a Minzo di cui non scorderò mai la prova di amicizia. Ma non gli condono il pranzo che abbiamo scommesso: l'ha persa, e le scommesse sono scommesse...