Ma è Mps (la banca rossa) la preferita da Silvio

E’ il Monte dei Paschi di Siena, quella che scherzosamente viene definita la “banca rossa” per eccellenza, l’istituto di credito prescelto da Silvio Berlusconi e da tutti i suoi figli per la gestione dei propri depositi. Presso l’istituto bancario che ha ancora come primo singolo azionista l’omonima fondazione (gestita da enti locali amministrati dal Pd, per questo banca rossa) la famiglia Berlusconi ha depositato indirettamente poco meno di 350 milioni di euro. Cifra assai superiore ai 19, 6 milioni di euro depositati presso Banca Arner, filiale italiana dell’istituto di credito svizzero, dei 28,6 milioni depositati presso banca Morgan Stanley e dei 28,7 milioni amministrati congiuntamente da Morgan Stanley ed Arner. E’ nel gruppo bancario guidato da Giuseppe Mussari che il premier e i suoi cinque figli hanno lasciato la liquidità che controllano più direttamente: quelle delle holding proprietarie del gruppo Fininvest. Quattro di queste (la prima, la seconda, la terza e l’ottava) sono controllate dal capo famiglia, una a testa (la quarta e la quinta) dai due figli più grandi, Marina e Piersilvio e l’ultima (la quattordicesima) è controllata congiuntamente dai tre figli più piccoli nati dal matrimonio con Veronica Lario: Eleonora, Barbara e Luigi. Non è una sorpresa in sé la predilezione per la banca senese, perché è proprio quella che ha affiancato Berlusconi nei suoi primi passi imprenditoriali, finanziandogli le attività da costruttore. Il dato però stride con le affermazioni contenute nella inchiesta (più annunciata che fatta) trasmessa domenica sera da Report condotto da Milena Gabanelli. Secondo la trasmissione (che conteneva più di una imprecisione) le holding di Berlusconi avrebbero tenuto depositi principalmente nella Arner Bank e la cifra rivelata ammontava a 60 milioni, 50 dei quali appartenenti a Marina e Piersilvio e 10 a Silvio Berlusconi. Non è questa la cifra desumibile dagli ultimi bilanci disponibili, quelli che si sono chiusi al 30 settembre 2008 e che sono stati approvati nelle assemblee delle holding fra fine gennaio e i primi del mese di marzo 2009. Presso Banca Arner i Berlusconi hanno esclusivamente gestioni patrimoniali e nei bilanci si riporta solo la movimentazione dei titoli. La holding quarta che fa capo a Marina non risulta avere più né gestione né deposito in Banca Arner, e probabilmente l’errore di Report deriva dalla consultazione dei bilanci dell’anno precedente (quando Arner era citata in co-gestione con Banca Morgan Stanley, oggi sola depositaria del patrimonio). In un caso, quello della holding quinta di Piersilvio la gestione patrimoniale- di una certa consistenza: 28,7 milioni di euro- è affidata congiuntamente a Morgan Stanley ed Arner, e nell’ultimo anno è riuscita a salvare quasi tutto il capitale amministrato, perdendo solo 197.456 euro di valore (-0,6%). E’ andata di lusso a Marina che con la sola Morgan Stanley è riuscita a guadagnare perfino nel primo anno di crisi dei mercati: 550.037 euro di capital gain (+6.3%). La primogenita di Berlusconi , che sicuramente ha un fiuto particolare per gli affari, è riuscita in questo modo a investire parte della liquidità azzeccando due colpacci nell’ottobre 2008: prima ha acquistato130 mila azioni Mediaset e poi 120 mila azioni Parmalat spa. Su Mediaset alla data di ieri aveva guadagnato 136.378,55 euro (e cioè il 27,47% di capital gain in un anno) . Su Parmalat Marina ha guadagnato 91.882,91 euro (una sorta di botto di questi tempi: il rendimento in soli 12 mesi è stato del 60,56%). Dovrebbe imparare da Marina papà Silvio che invece con Banca Arner ha perso in un anno più o meno la stessa somma in valore assoluto guadagnata dalla figlia (-3%). Più prudenti invece i tre figli più piccoli: hanno lasciato il grosso della liquidità (111,6 milioni) sul conto bancario Mps e hanno preferito evitare di fare scommesse sui mercati: 5 milioni li hanno affidati in gestione tranquilla al fondo Sator di Matteo Arpe, altri 4,3 milioni li hanno investiti nel capitale di una società di biotecnologie già controllata da Fininvest

su silvio la tenaglia pm- figli- Veronica

C’è un nome che sintetizza gran parte dei timori giudiziari di Silvio Berlusconi e che qualche cosa ha anche a che vedere con le vicende di famiglia. Non è il nome di un giudice, non è il nome di una persona. E’ il nome di una banca svizzera. Si chiama Arner bank, e questo marchio apparso già in passato nelle prime inchieste sul gruppo Fininvest-Mediaset, unisce due procure di quelle che al Cavaliere fanno accapponare la pelle. Perché sull’Arner bank indagano sia la procura di Milano (inchiesta sui diritti televisivi e Mediatrade) sia quella di Palermo, dove ufficialmente i due pm Roberto Scarpinato e Antonio Ingroia si occupano di riciclaggio di soldi della mafia e per questo motivo hanno fatto arrestare nel 2008 un finanziere italo-svizzero, Nicola Bravetti. Ma le strade delle due indagini si sono più volte intersecate e la documentazione acquisita ha fatto capolino anche durante un processo che è giunto già a sentenza di secondo grado, quello nei confronti dell’avvocato britannico David Mills. E’ un po’ complesso addentrarsi nei particolari. La sostanza però è semplice: presso la Arner bank, per poi dirigersi verso altri porti, secondo i magistrati è passato un fiume di denaro proveniente da attività condotte fuori dai bilanci ufficiali, in nero. Parte di queste attività sarebbero arrivate dai vari business della criminalità organizzata- ed è il filone aperto da Ingroia e Scarpinato. Altra parte dal sistema dei conti esteri off-shore del gruppo Fininvest, ed è la matassa che da anni sta cercando di sbrogliare anche attraverso raffiche di rogatorie la procura di Milano. Con quel materiale sono già stati originati numerosi processi ufficiali in parte chiusi (All Iberian, falso in bilancio Fininvest e primo filone diritti tv) in parte aperti (Mills e Mediatrade). E sono le stesse carte di sempre ad essere utilizzate dalla procura di Milano per aprire nuove ipotesi processuali (appropriazione indebita è l’ultima ipotesi avanzata dal pm Fabio De Pasquale per il sottofilone Frank Agrama). Sono al momento solo voci e illazioni quelle secondo cui il materiale Arner Bank potrebbe essere utilizzato da una procura per unire i due filoni (fondi neri Fininvest e fondi neri mafia spa) trovando punti di contatto e ipotesi di accusa comuni. Nel mirino di queste inchieste c’è naturalmente Silvio Berlusconi, ma non è l’unico membro della famiglia ad essere lambito dalle ipotesi di accusa. Il malloppone giudiziario sui fondi neri Fininvest ha più volte lambito i due figli di primo letto del cavaliere, entrambi con responsabilità operative in aziende del gruppo Marina e Piersilvio. Nel 2004 nei loro confronti fu aperta una indagine con l’accusa di riciclaggio e ricettazione nell’ipotesi che Marina e Piersilvio fossero beneficiari di fondi neri depositati sue due conti bancari: il Century One e l’Universal One. Due anni dopo gli stessi magistrati hanno archiviato tutto, sostenendo che Piersilvio e Marina fossero troppo giovani e quindi dei semplici prestanome senza responsabilità dirette. Ma i nomi dei due figli di primo letto di Berlusconi sono riapparsi fra le carte del processo Mills e fra quelle del filone di inchiesta su Frank Agrama. L’ipotesi è sempre la stessa: che nel sistema estero del gruppo Fininvest e in particolare nella compravendita dei diritti televisivi con le major cinematografiche americane (il lavoro di Agrama) si fossero creati fondi neri in parte destinati a pagare i mediatori e in parte proprio a fare arrivare redditi esentasse a Berlusconi e ai suoi primi due suoi figli. Per ora è solo un filone nelle varie inchieste, ma è quello che più irrita e preoccupa il Cavaliere, che si indigna in pubblico e in privato per il coinvolgimento dei suoi figli. Anche perché sa dove portano queste ipotesi giudiziarie: a possibili condanne e pene accessorie in grado di togliere non a Berlusconi, ma ai Berlusconi quanto creato dal cavaliere nella sua vita.

Il Cavaliere si sente circondato

Questa volta Silvio Berlusconi è davvero “circondato”. Il virgolettato è d’obbligo, perché a descrivere così la sua situazione è il diretto interessato. “Sono circondato”, ripete il premier da qualche mese ad ogni incontro con i suoi più diretti collaboratori e nei rari momenti che riesce a trascorrere con i vecchi amici. E circondato il cavaliere lo è davvero come mai gli era accaduto nei quindici anni della sua nuova vita politica. Non c’è parte dove voltarsi in cui Berlusconi non trovi davanti un nemico. In politica, perfino all’interno del partito che ha fondato. Nelle istituzioni, dove pochi gli sorridono. Nel rapporto con i magistrati che stringono la tenaglia delle inchieste non solo su lui (ci è abituato), ma anche sulle persone che ha più care. A casa, se di casa si può parlare nel giorno in cui Miriam Bartolini sposata Berlusconi (e più nota con il nome d’arte Veronica Lario) ha depositato in tribunale un ricorso individuale di separazione con addebito dal marito. Non è mai stato così sotto assedio. Non ha mai corso come ora il rischio di perdere tutto l’imprenditore che ha creato dal nulla il primo gruppo televisivo privato italiano, il politico che dal nulla ha fondato e portato al successo il primo partito italiano, il patriarca abituato ad essere venerato e rispettato senza discussioni dai cinque figli, dai generi, dai nipoti da una famiglia che amava riunire appena possibile con riti celebrati sempre uguali fino alla noia e sempre immutati negli anni. E’ sotto assedio, circondato, l’impero a cui Berlusconi tiene di più: quello delle aziende che ha costruito e fatto crescere in questi anni e che avrebbe voluto consegnare ai figli. Sono circondate dal fisco, che alla sola Mondadori contesta 250 milioni di euro e a Fininvest numerose altre poste (un salvagente era stato immaginato in Senato con un mini condono tributario rifiutato dal finiano Maurizio Saia, relatore della legge finanziaria). Fuori con i fucili puntati c’è Carlo De Benedetti, con in mano quella sentenza firmata dal giudice Raimondo Mesiano e al momento congelata, che rischia di portare via a Berlusconi e ai suoi figli 750 milioni di euro. Ci sono i bazooka delle procure che oltre a potere sbalzare il cavaliere dalla sella di palazzo Chigi, potrebbero avere l’effetto di sottrargli anche parte del patrimonio e delle aziende. E poi c’è Veronica, la madre di solo tre dei suoi figli, con la causa di separazione ostile che rischia di spezzare la famiglia e anche a possibilità di Berlusconi di scegliere liberamente l’asse ereditario. Non c’è bisogno di una regia preordinata, di un complotto che veda uniti negli intenti e coordinati nelle azioni tutti i protagonisti sopra citati. La regia potrebbe essere nei fatti, indipendentemente dalla volontà degli attori. Siamo su pure ipotesi, che nel quartiere generale del cavaliere però sono state prese seriamente in considerazione leggendo fra le pieghe delle mosse di chi lo cinge d’assedio. C’è una azione giudiziaria, quella di Veronica, che punta a castigare il marito soprattutto sotto il profilo patrimoniale e a ridurre il perimetro aziendale e patrimoniale dei due figli di primo letto, Marina e Piersilvio a favore dei tre di secondo letto: Eleonora, Barbara e Luigi. C’è una seconda azione giudiziaria, quella della procura di Milano che se ha al centro del suo mirino il presidente del Consiglio, potrebbe avere come conseguenza indiretta lo stesso obiettivo che ha Veronica. Quel che traspare dalle carte del processo Mills e delle varie inchieste sui diritti televisivi è infatti l’ipotesi di un tesoretto non ufficiale accumulato negli anni all’estero a favore di Berlusconi e dei suoi due figli impegnati direttamente in azienda, che sono appunto quelli di primo letto. Non c’è dubbio che quelle carte possano diventare interessanti anche per la causa di divorzio e per stabilire il perimetro dell’asse ereditario. Altro che assedio: diventerebbe un fuoco concentrico, per altro con evidenti parallelismi con quello che sta accadendo all’interno della famiglia Agnelli (fisco, giudici e Margherita sono saldati da un obiettivo comune). C’è anche il fronte politico, dove gli avvenimenti sono più palesi. E’ chiaro a tutti ad esempio come con grande difficoltà si possa parlare ancora di un’alleanza politica (il rapporto umano è compromesso da tempo) fra Berlusconi e l’attuale presidente della Camera, Gianfranco Fini. Ma se questo è un caso alla luce del sole, sotto traccia non manca altro. Come ha confessato in privato il leader Udc Pierferdinando Casini dopo il faccia a faccia della riconciliazione con il premier :“figurarsi, fosse stato per Silvio eravamo già lì a discutere i particolari di una nuova alleanza. Perfino i ministeri. Ma io come faccio? Chiunque dei suoi abbia incontrato non ha fatto che parlarmi del dopo. Tutti, anche suoi ministri, ragionano del dopo-Berlusconi considerando questa epoca agli sgoccioli. E io vado a costruire un’alleanza con lui proprio ora?”.