De Benedetti non è più Re Mida. E ora ha le mani bucate. Profondo rosso in Lussemburgo

Carlo De Benedetti ha perso la manina d’oro che aveva costruito negli anni gran parte della sua fama. L’uomo che sapeva cavalcare l’onda dei mercatio finanziari in qualsiasi condizione, tanto da essersi costruito la fama del rapace in grado di guadagnare sempre quando gli altri si leccavano le ferite, è finito ko nell’anno della grande crisi internazionale. Qualcosa si era già intuito nella primavera scorsa e a settembre, quando sono stati resi pubblici i bilanci 2008 e le semestrali 2009 delle due finanziarie più importanti del gruppo, Cir e Cofide. Mettendo tutto insieme però alla verità non ci si arrivava con chiarezza. E’ stato grazie alla maggiore dose di trasparenza cui è stato costretto il Lussemburgo che ha messo in rete buona parte della documentazione delle finanziarie italiane là residenti, che è emersa la sorpresa. E’ stata proprio la sua specialità principale, la speculazione finanziaria, ad avere creato la delusione principale quest’anno per De Benedetti. Fra perdite nette e svalutazioni resesi necessarie il Lussemburgo che un tempo serviva a proteggere gli utili e risparmiare un po’ di tasse, quest’anno ha scaricato sull’impero De Benedetti più di 210 milioni di euro di perdite. Non è la cifra principale, ma ha un valore simbolico che fa ben capire: l’ingegnere è rimasto incastrato anche nel crack della Lehman Brothers. Di più: nel 2008, a poche settimane dal disastro, la Cir international sa ha aumentato il valore della propria partecipazione nella Lehman brothers merchant banking partners IV l.p. di ulteriori 286 mila euro. Cifra piccola, minuscola rispetto agli oltre 101 milioni di euro persi con la lussemburghese della Cir, ma che più di ogni altra operazione segnala come sia scomparso il celebre fiuto dell’Ingegnere per gli affari. Deve avere capito poco della crisi finanziaria in atto. Non solo per le perdite che ovunque le lussemburghesi di casa hanno accumulato: 39 milioni la Ciga, un altro milione e 600 mila euro la Cofide international, poco meno di 14 milioni di euro la Cir investment affiliate. Ma è costata cara un’altra avventura finanziaria chiusa fra mille ferite in fretta e furia: quella della Oakwood Global Finance controllata da Cir imnternational e da Cir investment. Dopo le perdite accumulate con hedge funds e derivati, l’Ingegnere ha dovuto cambiare il piano finanziario e la missione della Oakwood dicendo addio ad ogni business sulla speculazione e facendola specializzare in assai più tranquilli finanziamenti con cessione del quinto dello stipendio. Ma per il dirottamento ha dovuto svalutare la partecipazione di ulteriori 54 milioni di euro “a causa dell’aggravarsi della situazione economica mondiale”. Ferite grosse anche nella Ciga Lussemburgo, e se le perdite non sono state più ingenti è perché per limitare i danni l’Ingegnere ha prima ricapitalizzato e poi apportato a patrimonio una controllata portoghese, la Cir fund Lda per non fare crollare il patrimonio netto della società. Cosa che invece è accaduta con la Cir investment, che grazie ad alcuni investimenti sbagliati e alle perdite su alcuni derivati ha visto aumentare sensibilmente l’indebitamento e quasi azzerare il patrimonio netto. Non vanno meglio le cose nei conti dell’altra finanziaria lussemburghese della famiglia, la Cofide international, dove se i guai sono stati limitati a una perdita inferiore ai due milioni di euro, è anche per il prestito di 32 milioni di euro fatto dalla capogruppo italiana e poi parzialmente rimborsato nel primo semestre 2009 (circa la metà). Senza quel salvagente qualche problema ci sarebbe stato: la crisi del mercato internazionale aveva anche prosciugato la liquidità sui conti correnti della società, mangiando circa 6 milioni di euro nel giro dell’ultimo anno. Nei bilanci delle quattro lussemburghesi ammontano a circa 6 milioni di euro complessivi le perdite dirette sui derivati. Ma sono poca cosa a fronte della robusta svalutazione delle partecipazioni effettuata da Cir international, che ha anche azzerato definitivamente il valore del controllo della Banque Dumenil Leblè sa. Per fare fronte ai problemi finanziari e coprire parte delle perdite registrate alla fine dello scorso mese di marzo la holding Cir italiana dell’Ingegnere ha dovuto erogare alla cugine lussemburghese un finanziamento del valore di 130 milioni di euro. Complessivamente le perdite lussemburghesi dell’ingegnere accumulate negli anni ammontano a 419,4 milioni di euro e non sono state contabilizzate ai fini impositivi perché “non sussistono al momento condizioni che possano confortare sulla certezza della loro recuperabilità”. Si potrebbe sempre fare una causa in Lussemburgo per perdita di chance...

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Scritto dal vicedirettore di Libero sicuramente sarà vero! Servi eunuchi...

Anonimo ha detto...

Certi Re Mida possono permettersi di perdere delle fortune. Ci saranno sempre Banche compiacenti a ripianare, ben sapendo che le enormi cifre diventeranno fatalmente crediti inesigibili.
La pagheranno i correntisti di quelle Banche come avvenuto a Lodi.
E ci saranno sempre opportunità di insiding trading, scaturite da sentenze-mostro o qualunque altro fatto o notizia di Borsa creata sul nulla e che infiamma il listino per due o tre giorni, il tempo sufficiente a scambiare qualche milionata di titoli e tornare in carreggiata a spese del parco buoi.
Tiremm innanz.