Le sentenze sono sacre! Ma il Csm non le rispetta

Le sentenze non si discutono, si rispettano e si applicano. Questa massima, ripetuta come una cantilena da magistrati, giuristi e legulei, vale per tutti. Beh, non proprio per tutti. Per tutti i comuni mortali. Meno i magistrati. Già, perché la sentenza riguarda loro, mica la debbono per forza rispettare. La buttano nel cestino. Come ha fatto nell’ultimo anno e mezzo per ben due volte il massimo organo di autogoverno della magistratura, il Csm. Due volte infatti il Consiglio di Stato ha annullato per irregolarità la nomina di Giovanni Palombarini a procuratore generale aggiunto della Corte di Cassazione. Due volte il Csm ha fatto finta di nulla e buttato nel cestino la decisione del massimo organo della giustizia amministrativa. E mercoledì scorso ha rinominato Palombarini procuratore generale aggiunto della Cassazione con la stessa procedura (una chiacchierata in commissione, stretta di mano e pacche sulle spalle) già annullata due volte per irregolarità. Palombarini era stato nominato a quell’incarico il 18 ottobre 2007. Tre magistrati che ritenevano di avere più titoli di lui hanno fatto ricorso. E vinto con decisione del Consiglio di Stato numero 3513 del 2008. Solo uno di loro, Vitaliano Esposito, ha ritirato poi l’azione giudiziaria. Non perché si sia convinto che Palombarini avesse più titoli di lui. Solo perché Esposito è stato nominato dal Csm a un grado più alto, quello di procuratore generale di Cassazione, e non avrebbe avuto senso continuare a battagliare per essere retrocesso. Davanti all’annullamento della nomina, il Csm non ha nemmeno lontanamente pensato di fare autocritica. Qualcosa tipo riguardare bene i curricula, esaminare tutti i candidati e poi scegliere con profonde motivazioni quello più adatto all’incarico, come stabiliva il Consiglio di Stato. Macchè, quelli Palombarini volevano e Palombarini hanno rinominato semplicemente riconvocandolo in commissione per una brillantissima audizione e stabilendo che sì, lui era l’uomo giusto. Inutile dire che di fronte a quello che loro sembrava un sopruso bello e buono, i due esclusi che attendevano giustizia, e cioè Carmelo Renato Calderone e Antonio Siniscalchi, hanno ripresentato ricorso al Csm. I supremi giudici amministrativi il 31 dicembre 2009, un po’ spazientiti per il comportamento dei colleghi del Consiglio superiore della magistratura, hanno bocciato con sentenza il loro comportamento e in più licenziato dall’incarico lo stesso Palombarini. Il Consiglio di Stato spiega che “non vi era adeguata motivazione in ordine alla ritenuta prevalenza del dott. Palombarini sugli altri candidati a fronte di quanto risultante dai fascicoli personali degli stessi: imn particolare emergeva dagli atti che il dott. Esposito vantava una più lunga e variegata esperienza presso gli uffici di legittimità e che sia il dott. Calderone che il dott. Siniscalchi potevano vantare maggiore esperienza dirigenziale specifica”. Di più: “illegittimo era il ruolo determinante che era stato assegnato, quanto al requisito delle attitudini e capacità organizzative, all’audizione del dotto. Palombarini, atteso il carattere integrativo e sussidiario che per, consolidata giurisprudenza, l’audizione personale riveste rispetto alle risultanze documentali relative ai precedenti in carriera dei candidati”. Come dire che uno studia per anni da mattino a sera, lavora come una bestia, macina titoli su titoli e poi a un concorso gli preferiscono un altro solo perché è più brillante e simpatico nella conversazione. Agli esclusi secchioni girano le scatole. Al Consiglio di Stato hanno bollato questa decisione con il timbro che dovrebbe essere più infamante per il Csm: “illogica e illegittima”. E così il 31 dicembre il Consiglio di Stato ha concluso: “Alla luce dei rilievi fin qui svolti, s’impone una decisione di accoglimento delle domande di parte ricorrente. Alle amministrazioni intimate, pertanto, va ordinato di porre in essere tutti gli atti necessari per la corretta ottemperanza al giudicato in questione, attraverso una ulteriore rinnovazione della valutazione comparativa”. Il 20 gennaio il Csm si è riunito e ha semplicemente rinominato Palombarini al suo posto, facendo spallucce al consiglio di Stato. Palombarini, il candidato per cui si buttano nel cestino le sentenze, non è di primissimo pelo. Nato a Gorizia nel 1936, va per i 74 anni. Nel 1981 è stato eletto segretario generale di Magistratura democratica e successivamente presidente della stessa corrente dei magistrati. Grazie a Md fra il 1990 e il 1994 è stato eletto nel consiglio superiore della magistratura. Ai suoi contendenti beffati per la seconda volta dal Csm resta ancora una possibilità: quella della causa civile per avere almeno il riconoscimento economico dei loro diritti. Ogni anno decine di magistrati, perfino quelli in pensione, scelgono quella strada per avere riparazione dalle ingiustizie del Csm. E ottengono il dovuto senza incontrare resistenza: tanto il loro aumento di stipendio e lo scatto di pensione viene pagato da Giulio Tremonti, mica da Nicola Mancino e dai suoi colleghi.

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