Se torna la sinistra al governo, che guaio per i dividendi di Padellaro e Travaglio


 Un incubo si aggira nell’open space de Il Fatto. Va bene i ballottaggi. Bene anche la spallata a Silvio Berlusconi. Ma non è che questi qui torneranno davvero a palazzo Chigi? Mica ce la farà a conquistare le leve del governo la gioiosa macchina da guerra di Pierluigi Bersani, Niki Vendola e Antonio Di Pietro? Il dubbio viene, e sta atterrendo i poveri Antonio Padellaro, Marco Travaglio, Bruno Tinti, Marco Lillo e Peter Gomez, giornalisti-azionisti de Il Fatto quotidiano. Perché con la gioiosa macchina da guerra arriverà anche la stangata fiscale promessa e a rischio ci sono anche i 3 milioni di dividendi appena distribuiti agli azionisti de Il Fatto. Quelli vogliono tassare all’unisono le rendite finanziarie, e così quei dividendi oggi sottoposti a cedolare secca del 12,5% con Bersani & c al potere, sarebbero cumulati con il reddito e sottoposti a tassazione del 43%. Una bella differenza. E’ preoccupato il povero Padellaro, che ha da pochi giorni ricevuto un superpremio dai dividendi di circa 550 mila euro. Ma la prospettiva non entusiasma nemmeno Bruno Tinti (276 mila euro appena girati), Travaglio (165 mila euro), Gomez (110 mila euro) e Lillo (82 mila euro). Sono tutti dipendenti –azionisti della società editrice del Fatto quotidiano. Che a fine aprile, approvando il bilancio 2010 chiuso con un utile di 5,8 milioni di euro, ha deciso di distribuire 3,1 milioni di euro come dividendi ai soci. Qualche giorno dopo. con un eccesso di generosità, si è anche deciso di raddoppiare il capitale assegnando una azione gratuita ogni azione posseduta, e distribuendo così a tutti un altro milione e 230 mila euro.
Padellaro, Travaglio & c sono in possesso di azioni con diritti speciali, con diritto a percepire dividendi superiori del 15% a quelli degli altri soci. Un vantaggio che verrebbe totalmente annullato se al governo dovesse tornare la sinistra realizzando il suo programma. Il fisco si mangerebbe il premio e un po’ del capitale. Tanto per intenderci: tirare giù Berlusconi da palazzo Chigi e sostituirlo con la gioiosa macchina da guerra a Padellaro verrebbe a costare 168 mila euro. A Tinti 84 mila euro,a  Travaglio più di 50 mila euro, a Gomez 33 mila euro e a Lillo 25 mila euro. Belle sommette, e chissà se questa tassa può valere la soddisfazione.
Fisco a parte, Travaglio & c hanno anche un altro problema: se cade Berlusconi, riusciranno ancora a guadagnare tanti soldi grazie al successo del Fatto quotidiano? Perché finora più lui sta in piedi, più il giornale distribuisce milioncini ai giornalisti-azionisti. Se in tutto il 2010 l’utile è stato di 5,8 milioni nel solo primo trimestre 2011, grazie al caso Ruby, Il Fatto ha già registrato un utile superiore ai 2 milioni che farebbe immaginare su base annua un aumento del 30% del superpremio finale che potrà essere incassato con i dividendi.

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