I figli degli ebrei nella Germania di Hitler non
hanno avuto il privilegio di sentirsi perseguitati. Per avere un sentimento
bisognerebbe essere vivi, e quasi nessuno è sopravvissuto. Pochi figli degli
ebrei hanno avuto il privilegio della vita anche fuori i confini della Germania
dell’epoca. La mia famiglia è stata fra i pochi. Non tutti. Zio (mio prozio)
Sergio era rimasto a Torino, mentre gli altri fuggivano a Coazze, dove
pensavano di restare al sicuro. Lo presero i tedeschi in via Roma con la
fidanzata e un amico. Finì ad Auschwitz, dove lavorò arrivando a consumare
l’ultimo lembo di pelle. Non si reggeva più in piedi, se ne è andato nel fumo
del forno crematorio di quel campo. A mio nonno Aldo tolsero l’auto: gli ebrei
non potevano guidarla. Presero due biciclette, lui e nonna Lalla. La sera dopo
lei, sfinita non riuscì a tornare a casa. Si attaccò a un grosso furgone per
farsi trainare. E’ morta così e non ha visto il resto. Nonno aveva un magazzino
di pezze di stoffa: si chiamava Arnaud & Colombo. Gli fu dato fuoco, tutto
distrutto. A Coazze quelli che pensavi amici non lo erano. Fecero la soffiata.
Qualcuno fu preso e la sua vita finì lì. Nonno fu fortunato. Vendette tutto
quel che restava, lo trasformò in monete d’oro, e ne riempì una cintura. Prese mamma
e zio e fuggì di notte grazie a un barcaiolo sul lago verso la Svizzera. Nonno
e mamma non si videro per lungo tempo. Furono salvi grazie a quella cintura.
Sono nato per quelle monete d’oro e quel barcaiolo. Ma nessuno degli amici
dell’epoca ce la fece. Non ci furono altri “Franco” che ebbero la fortuna di
nascere.
Per me, come per chiunque abbia sfiorato da vicino
la storia del Novecento, “persecuzione” è una parola fatta di carne e sangue,
di pelle e ossa, di orrore e odio. Non so cosa abbiano imparato i figli di
Silvio Berlusconi nei licei, nelle scuole steineriane, nelle università o nei
master frequentati. So che a troppi è venuto un brivido di ghiaccio ieri
leggendo le parole che il Cavaliere ha affidato all’ultimo libro di Bruno
Vespa: «I miei figli dicono di sentirsi come dovevano sentirsi le famiglie
ebree in Germania durante il regime di Hitler. Abbiamo davvero tutti addosso».
Una sciocchezza assoluta, un paragone improponibile, una frase che è perfino
difficile immaginare possa sfuggire a un leader politico in sella da venti
anni, che è stato tre volte presidente del Consiglio.
Non c’è paragone possibile fra la vita che conducono
oggi i figli di Berlusconi, invidiata e invidiabile dalla stragrande
maggioranza dei figli d’Italia, e quel che capitò nell’Europa di Hitler ai
figli di Israele. Lo dovrebbe sapere più di molti altri il Cavaliere, che sul
rapporto privilegiato con gli ebrei costruì le alleanze internazionali dei suoi
governi. Non sembra possibile che possa essere sfuggita una sciocchezza
così al premier che pianse il primo febbraio del 2010 visitando a
Gerusalemme con Benjamin Netanyahu lo Yad Vashem, il museo dell’Olocausto. Sul
libro degli ospiti c’è la firma del Cavaliere sotto la scritta: “La nostra
anima vola, ‘non è vero, non può essere vero’ e poi, sconfitta, grida: ‘mai,
mai più’. Con commozione più grande…”. Possono fuggire di bocca sciocchezze
senza pensarci, anche se non dovrebbero scappare a un leader politico pur
portato alla esagerazione. Che Berlusconi possa sentirsi perseguitato, è
comprensibile. L’offensiva giudiziaria e politica subita è reale, non ha
paragoni con altre storie politiche e imprenditoriali in questo paese. Che i
suoi figli abbiano subito persecuzioni è assai meno vero, ma è comprensibile
che pesi anche per loro quello che sta passando il padre. In condizioni così si
comprende qualche esagerazione, come accade a tutti noi. Ci sorprende un
temporale violento, e lo chiamiamo “diluvio universale”. Di fronte ad
avvenimenti negativi diciamo “tragedia” anche quando non lo è. Ma a un uomo
politico prima che ad ogni altro non può sfuggire la sgradevolezza di quel
paragone fra traversie private e l’orrore dello sterminio di un popolo. Si
sbaglia anche in modo assai grave nella vita, ed è giusto chiedere ed ottenere perdono
per un brutto paragone come quello che abbiamo letto ieri. Caro Berlusconi, si
può scusare tanto più un leader che ha mostrato nei fatti la coscienza di quel
dramma della storia e l’amicizia con il popolo di Israele. Ma aiuterebbe non
poco a dimenticare l’incidente se lei ponesse subito un freno ai giannizzeri
che già si sono schierati a difesa del leader e di parole confuse e sbagliate.
Mai come in questo caso sono sembrati sgradevoli e inopportuni.
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