Berlusconi non è poi così ricco. A Milano lo battono Micheli jr e tutti gli stilisti

Prima sorpresa. Silvio Berlusconi, l'italiano ricco più famoso all'estero, nella sua Milano è solo sesto nella classifica dei contribuenti 2005 (28 milioni). Superato ampiamente dagli stilisti simbolo del made in Italy: Giorgio Armani (44,9 milioni), Domenico Dolce (29,7 milioni) e Stefano Gabbana (29,6 milioni). Primissimo in classifica, e primo in Italia Carlo Micheli, classe 1970, figlio del finanziere Francesco Micheli: reddito 2005 complessivo di 101 milioni di euro. Ma a Milano più ricco di Berlusconi è anche un manager: Enrico Bondi (Parmalat), 31 milioni. Il capoluogo lombardo si conferma la capitale del fisco, con oltre 500 milionari, battendo in ricchezza ampiamente la capitale reale, Roma (...) Oggi iniziamo a pubblicare i primi 300 contribuenti di 8 città italiane: Milano, Roma, Napoli, Firenze, Genova, Torino, Bologna e Venezia. Continueremo con tutti i redditi vip anche al di sotto delle cifre stratosferiche. Poi vi racconteremo i redditi nei grandi giornali, nella Rai (oggi prima puntata), in Mediaset, in tutte le imprese di comunicazione. Quelli dei vertici di Confindustria e delle organizzazioni sindacali, divise per territorio. Quelli di professionisti di ogni ordine e grado, quelli dei calciatori, di tutti gli uomini di spettacolo. Quelli dei banchieri piccoli e grandi, e dei dirigenti di tutte le aziende pubbliche e private. Vi racconteremo l'Italia attraverso la lente particolare dei redditi 2005. Con una grande operazione trasparenza che a questo punto è più che necessaria: essenziale. Dopo avere inserito alla chetichella, in un modo che lascia attoniti, questa grande novità in rete, il governo ha pensato bastasse un click a fermarla. Lo ha pensato perfino uno come Beppe Grillo, ritenuto un guru di Internet e invece travolto da questa vicenda. Non si può più. Quei dati sono stati scaricati- parzialmente- da centinaia e centinaia di naviganti. Da ieri mattina li mettono a disposizione attraverso il peer to peer. Con il rischio di offrire dati incompleti, di usarli strumentalmente e a proprio piacimento. Di farli diventare un business per gente dagli scopi poco chiari. Non abbiamo altra strada che questa operazione trasparenza, che ora è divenuta perfino specchio della civiltà di un paese. Lo faremo avendo presente il nostro ruolo di giornalisti: spiegando e tenendo presente la rilevanza pubblica dei personaggi di cui rileveremo il 740. E raccogliendo, insieme alla pubblicazione, tutte le opinioni contrarie, più che legittime.

Ora quei 740 diventano armi improprie. Unico antidoto: la trasparenza

Tutte le dichiarazioni dei redditi degli italiani sono state on line per meno di 24 ore. Dopo le rivelazioni di Italia Oggi ieri l'Agenzia delle Entrate ha fatto marcia indietro. Il suo sito Internet preso d'assalto fino dal primo mattino è andato in tilt. Poi il Garante della privacy ha contestato la decisione di pubblicare tutti i 740 vietandone l'ulteriore diffusione. Vincenzo Visco, il viceministro delle Finanze prima ha difeso l'operazione-trasparenza, poi è andato a palazzo Chigi per difendersi da un infuriato Romano Prodi. Insorge la nuova maggioranza di centro-destra, tace scuotendo la testa Giulio Tremonti. Ma una cosa è certa: quei dati sono finiti in molte mani in quelle ore. E diventano pericolosi...Ieri abbiamo sottolineato come un'operazione storica come la pubblicazione su un sito Internet del governo per la prima volta nella storia d'Italia delle dichiarazioni fiscali di tutti i cittadini avrebbe meritato un dibattito pubblico e un annuncio con tanto di fanfara. Farla alla chetichella, come è avvenuto, e poi giustificarsi come ha fatto ieri l'Agenzia delle Entrate con lo schermo di norme del 1991 e del 2005 mai applicate, è non solo tartufesco, ma assai poco credibile. Fatta la frittata, c'era un solo passo peggiore da compiere, ed è statoi puntualmente mosso ieri: lasciare in balia di chiunque quei dati, e poi all'improvviso toglierli di torno aggiunge un danno vero alla beffa iniziale. Perché quei dati nel frattempo sono stati scaricati- parzialmente o completamente da centinaia o migliaia di naviganti. Lo abbiamo fatto anche noi, nella redazione di Italia Oggi. Ma il nostro scopo è dichiarato: pubblicarli, e questo faremo, fornendo ogni spiegazione di lettura. Altre mani potrebbero però avere motivi meno trasparenti. Gli stessi dati potrebbero essere utilizzati nascondendone alcuni e mettendone in rilievo altri. I file così diventano possibili armi di ricatto in mano a chi ha pochi scrupoli. L'operazione trasparenza che poteva essere cavalcata, difesa e perfino rivendicata in pubblico, ora si è trasformata in un dossier di quelli che circolavano un tempo nei servizi segreti deviati. Tutto questo va evitato, qualsiasi opinione uno abbia avuto sull'opportunità o meno di mettere nella piazza virtuale mondiale quei dati fiscali. Il dibattito che ieri si è aperto, e che ha fatto gridare allo scandalo molti esponenti del centrodestra che fra pochi giorni avranno le leve di comando del governo, lascia presagire l'intenzione di mantenere oscurate quelle dichiarazioni dei redditi. Commenti e preoccupazioni sono legittime, personalmente condivido alcune preoccupazioni sui rischi che si corrono, ma quando i buoi sono scappati dalla stalla tutto è inutile. Ora la principale urgenza è non trasformare in attentato alla democrazia quella che- altrimenti gestita- avrebbe potuto essere una grande prova di democrazia. Le dichiarazioni dei redditi non sono coperte da segreto. La loro pubblicità- sia pure in forma cartacea- era da tempo garantita dalla legge. Anche se gli italiani restano assai gelosi dei segreti sul proprio tenore di vita, nel mondo questa trasparenza è costume consolidato da molti anni. Non è uno scandalo in sè mettere su Internet- a disposizione di tutti- quei dati cartacei. Forse più pericoloso in alcune regioni italiane che in altre: dove regna la criminalità organizzata, i dati facilmente reperibili sono buona guida per orientarsi nella richiesta di pizzo, nelle estorsioni, nella preparazione di rapimenti e rapine. Ma è un rischio che ormai va corso. Come spiega saggiamente Renato Brunetta nell'intervista che troverete all'interno, il vero pericolo è avere pochi dati nelle mani di pochi. Ne siamo convinti, e faremo la nostra parte per evitare questo rischio. Abbiamo iniziato da noi, giornalisti di Italia Oggi, mettendo in piazza il nostro reddito 2005 che era rintracciabile da chiunque in quegli elenchi. E lo faremo per tutti gli altri nei prossimi mesi. Redditi divisi per categorie professionali, anche per un confronto utile a tutti. Redditi divisi per comune di appartenenza, perché a questo punto meglio che i dati siano completi e a disposizione di ogni comunità. Verranno meno le tentazioni di un utilizzo improprio. Se ci fermerà la legge, non potremo che arrenderci. Ma lo riterremmo un errore, non di poco conto. Ora l'esercizio più importante è l'assoluta trasparenza democratica. Ve lo garantiremo, con le nostre piccole forze...

Cacia al 740 del vicino- Visco ha messo tutti i redditi in piazza

Quanto guadagna Francesco Totti? Basta andare su www.agenziaentrate.gov e in pochi minuti lo saprete. Città di Roma, contribuenti 2005, alla lettera “T”. Eccolo, il pupone: 10 milioni e 85 mila euro lordi. Più o meno il doppio della dichiarazione presentata nella stessa città da un altro personaggio famoso, Maurizio Costanzo. Tre volte il reddito 2005 di Paolo Bonolis, uno dei personaggi televisivi più pagati. Cinque volte la dichiarazione dei redditi di John Elkann, l'erede della famiglia Agnelli in Fiat. Per fare un Totti ci vogliono più di sei Francesco Gaetano Caltagirone (1,5 milioni). Ma solo due Beppe Grillo e mezzo (4,2 milioni). Ogni curiosità sarà soddisfatta. Per la prima volta sono online tutti i redditi degli italiani (...)(...) Ci sono tutti, milioni di dichiarazioni di persone fisiche, di persone giuridiche, di società di persone. C'è il vip da rintracciare, e per i lettori di Italia Oggi qualche curiosità abbiamo iniziato oggi a soddisfare. Ma c'è anche lo sconosciuto al grande pubblico con la sua bella dichiarazione dei redditi. Quello che ritieni ricchissimo e invece dichiara un reddito da barbone. Il compagno di ufficio che ritenevi pari a te, e invece guarda tu cosa gli devono avere dato extra. Il vicino di casa che zitto zitto sembrava un poveraccio, ed ecco lì quanto guadagna che ci vogliono sei stipendi tuoi per farne mezzo suo. E quell'altro del palazzo a fianco, sì, quello della Ferrari nascosta in garage, tirata fuori nei week end? Come fa a guadagnare quella manciata di euro? Signori, ecco l'ultimo regalo di Vincenzo Visco prima di svuotare i cassetti del ministero e passare il testimone alla squadra di Giulio Tremonti. Tutto legittimo, naturalmente. I redditi degli italiani non sono mai stati coperti da segreto di Stato. Il direttore dell'Agenzia delle Entrate, Massimo Romano, prima di inserire sul suo sito Internet tutti i dati ha scritto al Garante della privacy, Francesco Pizzetti, per chiedere ed ottenerne l'autorizzazione. Ma proprio nel passaggio delle consegne fra un governo e l'altro questa clamorosa novità inserita un po' alla chetichella, pubblica ma non strombazzata, potrebbe avere l'effetto di avvelenare non poco i pozzi. Una caccia al reddito del vicino promossa ora rischia di creare un clima sociale ancora più difficile di quello già esistente. Dentro un posto di lavoro, in una piccola comunità, in ogni ambiente scatterebbe l'invidia per qualsiasi tipo di differenza non giustificata. Forse una consultazione di questo tipo- e chissà se è proprio questo il motivo della pubblicazione- è in grado di produrre schiere di delatori, pronti ad aiutare per qualche piccola vendetta il fisco denunciando tenori di vita non compatibili con quei redditi ora conosciuti e confrontati con il proprio. Ricordo per altro che proprio i protagonisti di questa operazione trasparenza avevano gridato al delitto e allo scandalo all'inizio della scorsa legislatura per un accesso non autorizzato a questo tipo di dati da parte di operatori della stessa agenzia delle Entrate o di militari della guardia di Finanza che giocherellavano con le banche dati sbirciando le dichiarazioni dei redditi di questo o quel potente di turno. “Spiati”, si disse, montando uno scandalo politico-mediatico che poi si è dissolto nelle aule di tribunale. Quel che allora suscitò orrore, è divenuto regola, strumento di par condicio. Si possono sbirciare in un modo o nell'altro i redditi della Casta? Bene, lo si faccia anche con i signori Rossi, Verdi e Bianchi che magari erano in prima fila da veri voyeur. Quei dati di così facile accesso sul sito dell'Agenzia delle Entrate non sono illegittimi- e lo abbiamo sostenuto anche all'epoca delle presunte spiate ai politici, che tali non erano. Fanno la gioia di noi giornalisti che siamo sempre a caccia di notizie così. Ma rischiano di produrre conseguenze non dominabili: mettere tutto nella piazza virtuale, che non si dimentica e resta lì a disposizione senza ulteriori spiegazioni, sembra atto di democrazia, ma è arma affilata e molteplice taglio. Non sarebbe stato male- a proposito di democrazia e trasparenza- affrontare prima una pubblica discussione sulla opportunità o meno del gesto...

Quanto valgono le promesse di Veltroni? Nulla...

È stato difficile trovare una foto utile per la campagna elettorale di Walter Veltroni. Ne puoi passare decine e decine e non ce n'è una in cui il leader Pd venga bene. Non sorride quasi mai. Spesso è accigliato. Altre volte ombroso, si vede che cova dentro ira e non può tirarla fuori tradendo un clichè che si è imposto. Quando la Saatchi & Saatchi alla vigilia della campagna esaminò inutilmente una montagna di immagini, subito ne saltò all'occhio una, la sola. Uno scatto di Marco Delogu apparso sulla copertina di Class. Chiese la liberatoria al fotografo e all'editore che l'aveva pubblicata. Quel giorno comunicai io al portavoce di Veltroni, Roberto Roscani, il via libera. In cambio chiesi un'intervista. «Sì naturalmente...».

«Sì, naturalmente», è il ritornello che per 51 giorni mi è stato ripetuto in ogni modo. Per telefono, per sms, per e-mail. Perché Veltroni non dice mai «no». E la sua squadra si è abbeverata a questa tecnica micidiale. Nei 51 giorni Italia Oggi insieme a Class-Cnbc ha intervistato Silvio Berlusconi, Fausto Bertinotti, Pierferdinando Casini, Daniela Santanchè, Giuliano Ferrara e decine di altri, candidati premier o semplici candidati. Da Veltroni mai un no. «Adesso la facciamo, pazienta». Ho dato la disponibilità a salire sul pulman con le telecamere in qualsiasi ritaglio di tempo. Alle 7 del mattino, a mezzanotte. In qualsiasi luogo di Italia, con il semplice preavviso di qualche ora per trovare la troupe televisiva necessaria. «Ah, se è così, allora...», prometteva Roscani. Mai un no, fino a quando naturalmente ho capito da solo che il suo quasi sì mi avrebbe portato a schiantarmi sul muro dell'impossibilità. Naturalmente Veltroni è sempre stato libero di dare o non dare interviste a chi più gli piace, e non è in discussione questa libertà. Avesse detto «No, non mi interessa», fin dall'inizio, come fecero Romano Prodi e Silvio Sircana nel 2006, tutto sarebbe stato più semplice e chiaro. Allora chiesi: «Non vi interessa il giornale dei professionisti? Commercialisti, ordini professionali, categorie produttive? Non vi interessa rivolgervi a loro?». La risposta fu «No», sincera. Non ci volle molto nemmeno a comprenderne il motivo, visto che come primo atto di governo sui professionisti e sulle categorie produttive calò secco il bastone di Pierluigi Bersani e Vincenzo Visco. Con la coerenza che a Prodi non è mai mancata, non si volle nemmeno per scherzo promettere quel che fin dall'inizio si sapeva bene non potere mantenere. E convengo fosse inutile e poco produttivo elettoralmente rivolgersi ai lettori di Italia Oggi, annunciando: «Votatemi, e vi prenderò a schiaffi». Sono passati due anni, è arrivata la svolta copernicana di Veltroni. «Vi interessa l'intervista al giornale dei professionisti?». Risposta «Sì», ma significava no, e a questo punto non c'è più dubbio. Altra domanda: «Vi interessano i professionisti?». Risposta «Sì». «Le categorie produttive, le partite Iva?». Risposta: «Sì». Cosa significhino quei sì io non sono in grado di dire, ma fossi lì a guidare un ordine professionale, un'associazione di categoria, avessi una partita Iva, toglierei dal ripostiglio l'armatura, buona per proteggere in caso di pericolo e ottima già adesso per toccare ferro. Dispiace per i lettori di Italia Oggi e per i telespettatori di Class-Cnbc, che non avranno questa possibilità, anche se hanno potuto leggere- e nei prossimi giorni ancora, programmi, pensieri ed opinioni di altri autorevoli esponenti del Partito democratico. Non potremmo dare loro le risposte alle curiosità e agli interrogativi che riguardano il leader del Pd come è accaduto con tutti gli altri candidati premier. Con o senza la viva voce di Veltroni questa campagna elettorale- per fortuna- volge alla fine. Probabilmente è stata fra le meno coinvolgenti degli ultimi anni. Diciamo pure noiosetta salvo rare e lodevoli eccezioni. Con le polveri ormai bagnate si prova a lanciare qualche fuoco di artificio nelle ultime ore. Silvio Berlusconi che vuole fare l'esame psicologico ai pm, e la spara così grossa che anche lui fatica a crederci. Veltroni che dopo avere costruito una campagna elettorale secondo lui di svolta buonista, di riconoscimento dell'avversario che non è un nemico, di civiltà, ieri s'è inventato niente meno che un patto di fedeltà alla Repubblica, manco ci fossero le truppe dei Savoia alle porte. Meglio finirla qui, senza altro squallore.

BERTINOTTI SI CONFESSA SULLA CASTA, IL CACHEMIRE, IL SALOTTO ANGIOLILLO E I FALLIMENTI DEL GOVERNO PRODI

Intervista di Italia Oggi e Class-Cnbc

Domanda. Presidente Fausto Bertinotti, è deluso da questa campagna elettorale?

Risposta. Confesso che per una parte si. Insisto su questo carattere scisso della campagna elettorale che, per uno come me che le ha fatte su entrambi i binari, è evidente. Una è la campagna elettorale massmediatica che è davvero potente e- io credo per un difetto di sistema-davvero poverissima. Francamente anche questa discussione su come dev'essere la campagna elettorale, aspra o dolce, è incomprensibile. L'altra campagna, quella nel paese reale, è autentica. Si può incontrare l'entusiasmo, come io l'ho incontrato all'università di Rende: un'aula magna gremita all'inverosimile di giovani. Lo stesso nella piazza di Bari. Oppure si può incontrare anche la durezza, il gelo di realtà dove i temi del lavoro sono ricorrenti, dove c'è un clima cupo, come se fosse inesorabile l'emarginazione, il peggioramento della qualità della vita. O si incontrano ancora condizioni contrastate, come alle case popolari, dove c'è sia la voglia di fare che la disillusione. Un paese scomposto in tante facce diverse che non entra nell'altro registro se non in maniera che fa un po' scandalo. Per cui è una campagna elettorale così schizofrenica, che è difficile da prendere nel bandolo. Se ce l'ha un bandolo…

D. Non si è sentito in una posizione schizofrenica che lei? intendo dire lei, presidente della camera, che scende in piazza con i senza casa dicendo hanno ragione a occupare le case...

R. Beh, questa è una condizione di dissolvenza. È ovvio che essendo candidato premier svolgo il ruolo principale in una campagna elettorale. Naturalmente quegli incarichi, che sono pochi ormai, sul terreno istituzionale di svolgo con grande cura, con grande separazione. Però, francamente, il contrasto non c'è. Lo si vede anche per l'altro ramo del Parlamento, dove presidente Franco Marini è impegnato come me nella campagna elettorale...

D... Non glielo chiedevo sul piano formale, ma su quello personale: la imbarazza un po' questo ruolo insieme di lotta e di governo?

R. Anche per questo vale la dissolvenza: uno sempre più dismette il suo abito di presidente della camera, sempre più indossa quello di una presenza nella scena della battaglia politica.

D. Pentito di aver accettato di fare il presidente della camera?

R. Noo, no, no. Anzi...

D. tornasse indietro lo rifarebbe?

R. Sì, certo. Debbo dire che, per il mondo da cui vengo, per la storia a cui appartengo, in qualche modo mi è sembrato anche di vestire un abito a nome di tanti altri. Ricorderò sempre il 1 maggio a Torino dopo le elezioni. Dissero “li c'è uno dei nostri”.

D. contento però di non dover partecipare alla sfilata del 2 giugno?

R. Assolutamente sì, assolutamente sì.

D. Però, a forza di fare il partito di lotta e di governo, è successo che quando voi siete governo si fanno politiche di destra, si tira la cinghia, il fisco porta via anche ai poveri quel poco che hanno. Quando c'è da ridistribuire ricchezza, i vostri governi cadono. E il compito spetta alla destra, con voli a protestare in piazza. Non le sembra un paradosso?

R. sì, quello che lei descrive è un paradosso della vicenda italiana. Non una legge di natura. Ma è vero quello che lei dice. In genere in Europa era fisiologico che i conservatori andassero al governo quando bisognava risanare e tagliare, e invece i socialdemocratici o la sinistra andavano al governo quando si trattava di redistribuire. E al massimo della politica dei due tempi. Poi la politica dei due tempi è stata incorporata nello stesso tipo di governo, quando gli esecutivi di centrosinistra hanno determinato un'intera stagione in Europa. Sono però le istanze di giustizia parte fondamentale del mandato degli elettori a quel tipo di governi. Non ci sarebbero mai stati i due anni di Romano Prodi senza quella richiesta di giustizia di cui noi ci siamo fatti parte diligente, facendo inserire in programma tante cose come le modifiche alla legge 30, il ritiro delle truppe italiane dall’Iraq e tanto altro…

D. E invece?

R. invece quando il governo è partito, è avvenuto un combattimento suo interno. Il dibattito sulla contestualità o meno dei due tempi: il risanamento e la redistribuzione.

D. La risposta la conosciamo: no.

R. E, lì le forze moderate.... così si è imboccato un corso, dove insieme a delle cose buone come il ritiro delle truppe dal Iraq e la legge contro gli infortuni sul lavoro, nella sostanza, e cioè proprio nell'attesa di cambiamento, questa esperienza ha deluso. Non c'è dubbio su questo punto. E io vivo la stessa delusione della mia gente: è indubbio che non ce l'abbiamo fatta. Da qui appunto la conclusione politica, e la nascita della sinistra arcobaleno. Al di là della scelta di Walter Veltroni di andare da solo sono convinto che fosse ormai irripetibile l’esperienza del governo Prodi.

D. Lei citava prima alcuni incontri della sua campagna elettorale nelle piazze nei teatri d'Italia. Gli altri leader politici nei loro giri hanno incontrato magari scarso entusiasmo, ma quasi tutti raccontano di una rabbia e una delusione comune nei confronti del governo Prodi. È vero?

R. Assolutamente, è vero.

D. era così impopolare il governo?

R. Più che impopolare, ha deluso. Una parte importante del paese si aspettava delle cose che non sono avvenute. Specie la parte più sofferente del paese. Credo ci sia una solitudine operaia che non è stata contrastata dalle politiche del governo. Ci sono state tre occasioni, tutte perdute.

D. quali occasioni?

R. La prima è stata quella delle pensioni. Io continuo a pensare come allora che bisognava avere il coraggio di una misura limpida: esonerare dall'aumento dell'età pensionabile gli operai. Seconda occasione persa: il mercato del lavoro. Troppa cautela intorno alla legge 30, lasciando l'ultima parola alla Confindustria, che già aveva avuto vantaggi rilevanti con l'operazione sul cuneo fiscale. Infine, terza vicenda, e mi scusi la volgarità della parola, il tesoretto.....

D..... si figuri, siamo tutti volgari.....

R. Lì finalmente c'è una possibilità di spesa, e vi si è rinunciato per consolidare il consenso interno allo stesso governo, non quello esterno. L'avesse invece fatto, forse Prodi non sarebbe caduto.

D. mi scusi, ma voi eravate governo. Perché allora non avete minacciato di farlo cadere, usando l’arma suprema, quando si è trattato di discutere di pensioni, di mercato del lavoro, di tesoretto? magari aveste ottenuto qualcosa. D'ora in avanti potrete condizionare ben poco le decisioni politiche.....

R. l'arma suprema è sempre autodistruttiva. Se lei lancia l'atomica dove sta, muore. Questa era la difficoltà. In un governo che aveva la politica dei due tempi, su cui noi non eravamo d'accordo, ma c'era, sarebbe stato suicida porre fine a tutto nel primo tempo. Ci saremo preclusi il secondo tempo, quello della redistribuzione.

D. ma il secondo tempo non c'è stato lo stesso…

R. Non per colpa nostra, ma della parte moderata. Comunque avremmo tradito la nostra gente. Mi lasci dire però che non condivido quello che lei dice sulla nostra efficacia attuale. Chi lo sa quanto conteremo? dipende da che forza avrà la sinistra arcobaleno. Le faccio notare che i successi maggiori per la popolazione italiana sono stati ottenuti dall'opposizione. Lo statuto dei diritti dei lavoratori è stato varato con la sinistra all'opposizione, la riforma sanitaria pure.....

D. Erano però altri tempi…

R. vero, ma anche prima di questi altri tempi c'erano altri tempi ancora, come negli anni 50, in cui non conquistavano niente…

D. A quei tempi anche quattro radicali erano in grado di paralizzare le camere. Oggi, con i regolamenti che lei ben conosce, sarebbe impossibile. Oltretutto Veltroni e Berlusconi vorrebbero modificarli per rendere ancora meno possibile a piccoli gruppi condizionare la vita parlamentare.

R. Guardi però che questi regolamenti sono oggi sostanzialmente penalizzanti, non sostanzialmente decisori. La legge elettorale attuale e i regolamenti fanno sì che la maggioranza fatica a far valere le sue ragioni e le opposizioni fanno fatica a far valere qualsiasi capacità di influenza anche quando sono enormi, senza aver bisogno di piccoli gruppi. Qui, alla camera dei deputati, l'opposizione non è mai riuscita a far inserire un tema suo nell'agenda parlamentare. E la maggioranza ha dovuto ricorrere costantemente i decreti per poter andare avanti, e lo ha fatto con grande fatica, perché i decreti moltiplicano il tempo perso.

D. proprio per questo li vogliono riformare .....

R. Avete certo è terribile il combinato disposto tra regolamenti parlamentari e legge elettorale. Se lei pensa che la legge di bilancio occupa al Parlamento grosso modo tra settembre e dicembre, capirà come la produzione di indirizzo politico sia tragicamente amputata.

D. Lei cita casi nazionali ma non c'è anche un po' troppa Europa a condizionare la vita politica italiana? Glielo chiedo anche pensando al caso Alitalia.

R. che la politica europea debba in qualche modo condizionare, secondo me è in qualche modo obbligato. Perché la globalizzazione chiede, per poter essere influenti, e tu lavori su una massa critica economica e politica. Sotto la scala europea non c'è alcuna possibilità di fare politiche influenti: monetarie, di protezione, di intervento attivo. Il punto è un altro...

D. e cioè?

R. Questi signori che governano l'Europa sembrano essere gli ultimi sacerdoti di politiche liberiste che secondo me non andavano bene neanche in altri tempi, ma che in tempo di recessione diventano addirittura sconcertanti. Perché non le fanno neanche gli Stati Uniti d'America, che le predicano, ma non le fanno. La Federal Riserve interviene sistematicamente, come si è visto nel recente caso della Bear Stearns, salvata dall'intervento del denaro pubblico. Anche la Gran Bretagna ha nazionalizzato una sua banca in crisi. Mi si deve spiegare ora perché si può intervenire su una banca e non su Alitalia. Chissà perché risparmio sì, mentre occupazione e strategie industriali no. Questo è un errore dell'Europa…

D. E la sua ricetta quale è?

R. Coniugare diritti e competitività. Vinceremo con questo la competizione globale. Diritti del lavoro, piani per l’ambiente, valorizzazione di beni comuni come l’acqua, e così via. Con una soglia minima da cui comincia la sfida per la competizione…

D. vero che su questi temi sì che più vicini a Tremonti che a Veltroni?

R. Ci fosse qui Tremonti continuerebbe questo dibattito ci ha già visti protagonisti per lungo periodo, con elementi di dissenso radicale sulle ricette, e convergenze su alcune analisi. D'altra parte io appartengo a un movimento di critica della globalizzazione che per primo ha rotto il pensiero unico, spiegando che è un terreno accidentato, che può determinare la messa in discussione di diritti e produrre una vera e propria regressione di civiltà. Siccome Tremonti si è mosso su un terreno diverso da quello apologetico, c'è stato un dialogo. Quello che non mi convince è che da questo ti salvi con una politica protezionistica. Non mi convince perché l'arma di ritorsione dei paesi dell'America latina, come dell'est, sarebbe così imponente da renderla inefficace. Se vuoi competere con cinesi ed indiani devi pensare ad altri tipi di produzione e di organizzazione della produzione.

D. Quali?

R. Cinque anni fa noi sembravamo battuti in settori come il tessile e le calzature. Oggi non è più così, grazie alla qualità dei nostri prodotti. Io credo che una delle ricette possa essere la tracciabilità dei nostri prodotti, che vale per i generi alimentari con cui si difendono le produzioni biologiche del proprio paese e l'alta qualità dei prodotti naturali. Ma questa tracciabilità deve valere anche per il lavoro, per cui i prodotti possono girare per il mondo a patto che abbiano incorporato un minimo di diritti sociali, un minimo di retribuzione, un massimo di orario, un minimo di diritti sindacali. Tu devi essere competitivo perché hai una capacità di produzione diversa. È l'unica idea di lungo periodo.

D. Non teme che la qualità si possa imparare in fretta? I cinesi riescono anche in questo…

R. Sì, se si tratta di elaborare un buon tessuto. Ma se il tessuto si combina con un'idea di stile, con un tipo di abbigliamento, e con una qualità del prodotto che non è solo dipendente dalla tecnologia, ma dalla esperienza degli uomini, allora a Biella faranno una produzione laniera di qualità superiore perché c'è una rammendatrice che sa fare quello che nessun altro al mondo è in grado di fare. Perché vive in un luogo dove da 200 anni si è prodotta una sensibilità diffusa che ha a che fare proprio con la cultura. Le cito il caso del tessile, che secondo la letteratura industriale sarebbe dovuto scomparire già negli anni 70. E invece è stato salvato da quello che è stato chiamato il sistema moda, il made in Italy. È la stessa cosa che sta avvenendo nella produzione dei vini. Pensi a cos'era vent'anni fa il vino pugliese, o quello siciliano. Erano usati al massimo per tagliare i vini nobili. Oggi sono punti di eccellenza dell'Italia nel mondo. Magari anche grazie all'internazionalizzazione, ad enologi che arrivavano dalla Borgogna.

D. Era immaginabile l'esempio del tessile: in linea con la sua passione per il cachemire...

R. Ah, Ah… però io inviterei qualcuno ad andare a Solomeo in Umbria, dove c'è un signore che ha costruito questa avventura, di produzione di lane di cachemire, che vende in tutto il mondo. Andare lì e provar vedere la qualità di quel villaggio, di quel borgo, di quella produzione. In ogni caso io che non ho mai avuto il cachemire fino a qualche anno fa, quando qualcuno mi fece un dono, mi ricordo delle magliaie milanesi che me ne mandarono uno chiedendomi di apprezzare il loro lavoro. Io credo comunque che bisognerebbe avere un po' più di cura per parlare del lavoro delle persone e dei prodotti, anche di quelli che purtroppo non sono alla portata di tutti.

D. va bene, inventati gli attacchi sul cachemire. Ma sono veri quelli sulla casta, che le sono toccati proprio mentre lei era presidente della camera. I politici sono davvero una casta?

R. il termine mi pare improprio. Se si vuol dire che si sono venuti accumulando nei decenni anche dei privilegi per tutte le rappresentanze politiche in Italia, secondo me è vero. Bisogna intervenire, perché questi sono di nocumento grave alla politica, che spesso non risolve i problemi della gente, ma li complica. L'estraneità della gente è direttamente collegata all’ estraneità della politica della vita quotidiana della gente. Però non c'è la stessa avversione o denuncia quando il signor Ruggiero, amministratore delegato della Telecom, prende una liquidazione di € 17 milioni, equivalenti di 1000 anni di retribuzione di un solo operaio...

D. ma i signori Ruggiero sono pochi…

R. non è vero, sono centinaia di casi. Ma non voglio giustificarmi, io sono per colpire tutti privilegi, che si sono accumulati nei decenni...

D. Lei li ha vissuti adesso, da presidente della camera

R. per la prima volta quest'anno il bilancio della camera è inferiore a quello dell'anno precedente. Non era mai accaduto. Non sono stati erogati gli aumenti previsti dalla legge per gli stipendi dei deputati. Sono stati eliminati dei benefit. Ridotti i vitalizi. Pensi che un giornale come Libero, che sta facendo una campagna molto forte sui costi della politica, me lo ha riconosciuto pubblicamente…

D. Ah, sì?

R. sì, il vicedirettore in una conversazione pubblica ha riconosciuto che a leggi vigenti questa presidente della camera ha fatto quello che poteva. Sono contento. E so che questo è ben diverso da quello che bisognerebbe fare con modifiche strutturali, intervenendo sul numero dei parlamentari e abolendo il bicameralismo.

D. Torno al cachemire. Uno dei fotografi più famosi di Roma, Umberto Pizzi, aveva molta simpatia per lei. In un'intervista l'altro giorno ci ha confessato di essere rimasto deluso dal trovarla dove non si sarebbe aspettato, nei salotti…

R. no, so quel che dice. In un salotto, quello di Maria Angiolillo. Ci sono stato due volte, perché ho ricevuto un invito, con la presenza di numerose altre componenti politiche: da Piero Fassino, a leader autorevolissimi del centro, del centrodestra, dei Ds. Si trattava di colazioni serali con ampia presenza di tutte le componenti politiche. Sarei stato scortese a declinare l'invito, anche per il ruolo che esercitava. Questo è. In ogni caso ho una grande libertà perché sono sempre in grado di confrontare le ore passate davanti ai cancelli di una fabbrica con quelle passate nei cosiddetti salotti. Sono tranquillissimo da questo punto di vista.

D. altra polemica, non voluta. La tocca da vicino la questione giudiziaria in questa campagna elettorale. Un suo compagno di schieramento, Alfonso Pecoraro Scanio, è sotto indagine della procura di Potenza. Perché si tratti di giustizia ad orologeria?

R. no no, mai. Nessuno mi sentirà mai avanzato il sospetto sulla magistratura. Mai. Io penso che un politico debba sempre essere al di sopra di ogni sospetto. La magistratura faccia il suo corso. Non sono neppure sfiorato dal problema. Penso, per come lo conosco, che Pecoraio Scanio sarà in grado di dimostrare la sua estraneità ad ogni accusa. Ma penso che sia giusto fin d'ora dichiarare che se anche venisse eletto sarà a disposizione della magistratura concedendo tutto ciò che la magistratura chiederà. Certo, che capiti in campagna elettorale e un po' sconveniente. Sarebbe meglio che accadesse o prima o dopo. Ma non faccio polemiche.

D. i partiti che compongono la sinistra arcobaleno nel 2006 avevano circa l'11,5%...

R.... è cambiato il mondo...

D. cosa considera un successo alle prossime elezioni?

R. diciamo qualcosa di più di quello che ci attribuiscono i sondaggi…

D. … che la legge ci vieta di citare…

R. per questo lo dico.

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Come è bella, come è bella la mugliera di Mastella

"T'accompagno, vico vico, sulo a te che si' n'amico, accussì vide cumme sta chesta povera città; camminando tra 'sti mucchi viene voglia 'e chiude l'uocchi, ma poi pienso cumm'è bella a mugliera de Mastella. Dopo anne 'e Pomicino è arrivato Bassolino, che si è unito in matrimonio co' la Russo Iervolino, nun bastava stu binomio pe' acchiappa' tutte ste' milioni è venuto a da' 'na mano pure 'o re di Ceppaloni. 'Sta città aspetta ancora il suo rinascimento, nel frattempo ce tenimme chesta sorta 'e inquinamento; dove so' 'o cielo e 'o mare, a poesia e 'a bellezza? So' fernuti 'n miezz 'a via, insieme a tutta sta' munnezza. Finirà chisto burdello, qualcuno farà pulizia, e come sarà bello vederli andare via. Il giorno che finirà tutto avranno ormai piena la panza, saluteranno con un rutto e allora avremo una speranza... E sarà di nuovo bella 'a città 'e pulicinella , tornerà ancora bella cumme 'a mugliera 'e Mastella..." E' il testo della canzone di Giorgio Carosone, cantautore abruzzese con piglio napoletano e un passato americano, che sta spopolando fra gli italiani all'estero, in particolare quelli in Germania. Carosone (nessuna parentela con il celebre Renato), è autore di numerose canzoni per bambini e anche di alcuni pezzi di "satira politico-musicale". Tra i suoi titoli un "Tu sei buono e ti tirano Di Pietro" e un "Eppure so' Fazio" che ebbero qualche successo in passato...

TUTTI CONTRO BERLUSCONI CHE DISTORCE RUINI. MA NESSUNO L'HA LETTO

Una frase di Silvio Berlusconi sul cardinale Camillo Ruini ha mandato venerdì sera i tilt la squadra dei cattolici del partito democratico. La frase era contenuta nell'intervista rilasciata a Italia Oggi e a Class Cnbc, di cui in questo blog potete trovare l'audio (post precedente). A Berlusconi ho chiesto conferma di una telefonata- riportata da tutti i giornali a febbraio- che il cardinale Ruini gli avrebbe fatto per convincerlo a non divorziare da Pierferdinando Casini. Il leader del Popolo della Libertà nega che quella telefonata sia mai esistita. Quanto all'appoggio della Chiesa a Casini, Berlusconi sostiene che Ruini "è una persona eccezionale", di grande intelligenza e aggiunge che certamente non deve essere ignoto al cardinale il meccanismo della legge elettorale per cui solo chi dei due grandi contendenti vincerà le elezioni potrà avere responsabilità di governo. Una considerazione abbastanza scontata, in bocca a Berlusconi. Eppure, apriti cielo! Beppe Fioroni lo ha addirittura accusato di "ingerenza negli affari interni della Chiesa". Pierluigi Castagnetti e Paola Binetti hanno tuonato scandalizzati. Qualcuno di loro ha però letto il testo dell'intervista? No. Nessuno. A Fioroni l'ha riferito Castagnetti. Alla Binetti? "Me l'ha riferito Castagnetti. Io ho subito chiamato monsignor Betori per chiedere una smentita alla Chiesa, magari del cardinale Ruini. Ma non vogliono fare smentite. Così l'abbiamo fatta noi". Onorevole Castagnetti, ma lei ha letto l'intervista a Berlusconi? "no, me l'ha riferita il mio addetto stampa, io ero in un convegno un po' di fretta. Mi spiace dell'equivoco, ma sa, siamo in campagna elettorale..."

Berlusconi, la mia ricetta per Alitalia. Le insolenze di Casini, il tradimento di Veltroni: tutto l'audio dell'intervista a Italia Oggi- Class Cnbc

CAMERATA CIARRA, IL SUO PRIMO DISCORSO

Ecco alcuni brani del primo comizio di Giuseppe Ciarrapico a Piana delle Orme: "Il pensiero di Giorgio Almirante sarà sempre una grande scuola. In questi giorni ha parlato contro di me l’onorevole Casini. E’ lo stesso Casini che per anni ho finanziato al festival dell’amicizia a Fiuggi e che allora si diceva essere onorato di sedermi accanto. Pochi giorni fa ha detto che Berlusconi aveva raccolto di tutto, aveva raccolto pure Ciarrapico. Beh, sa, onorevole Casini, può darsi che Berlusconi mi abbia raccolto, onorevole Casini. Ma stia certo che io farò di tutto perché lei nella sua volta celeste non metta più piede, e questo è il sogno. Qui c’è gente perbene. C’è gente che non si genuflette quando esce qualche cardinale. Lei mi ha rampognato addirittura a piazza San Pietro quando andai ad esprimere con civiltà romana la nostra fedeltà cattolica- una fedeltà combattiva- e non mi inginocchiai (come fece lei) appena dissero “sta per uscire il cardinale Ruini”. Mi inchinai. Perché lei che oggi predica il verbo del laicismo si inginocchia quando vede un prete? Noi siamo rimasti a quel cattolicesimo combattente che ha difeso negli anni gloriosi il cattolicesimo sempre e dovunque, e non ce ne siamo mai fatti sgabello per fare politica. Vede, onorevole Casini, lei su di me la può pensare come vuole. Ma una cosa è certa: nel momento che lei ha voluto affermare il primato dell’Unione democratica di centro, io le ho portato via il sindaco più importante della provincia di Frosinone, il sindaco di Cassino! Alla prova del fuoco, onorevole Casini, lei e i suoi siete sempre mancati.. Lei deve tutto al suo maestro Arnaldo Forlani, eppure quando lo misero alla gogna lei non fu capace di un gesto, non fu capace di una parola… Ecco, fra me e lei, fra noi e voi c’è una sostanziale differenza: noi rappresentiamo i valori altri, noi sappiamo come pagare quando dobbiamo pagare.Perché ho scelto Piana delle Orme questa sera? Perché sono venuti qui a bagnarsi le scarpe 18 giornalisti sperando di cogliermi con il sorcio in bocca di qualche dichiarazione avventata? L’ho scelto apposta Piana delle Orme, perché qui tutto parla di noi come ha detto il camerata Finestra. Sì, Ancora per Casini. Quando ho scelto di affrontare questa battaglia politica, l’ho scelta con la consapevolezza che era il momento in cui era necessario scendere in campo. Ho sentito il richiamo della battagliaIo lo so che sono un personaggio scomodo, ruvido. Faccio l’editore a Latina da venti anni e lo faccio alle volte scomodamente anche per amici e alleati, partendo dal principio che un mascalzone, un ladro, uno che inciucia sulla cosa pubblica, non è necessario che sia di destra o di sinistra, è sempre un ladro. Questa è gente che non ci interessa.

Ho scelto Piana delle Orme non per un nostalgismo, perché ci sono le bandiere a noi care, i simboli a noi cari. L’ho scelta perché qui c’è la prova provata di una grande civiltà, la civiltà del lavoro che qui ha trionfato e lasciato le impronte. Ed è dalla civiltà del lavoro che l’Italia deve ripartire, se vuole vivere Non pensavo che la mia modesta figura suscitasse tanto clamore. Un mio amico che presiede una società di sondaggi internazionali mi ha detto che se avessi dovuto pagare la campagna pubblicitaria che hanno fatto sul mio nome non ci sarebbero bastate cifre da brivido Ho rilasciato quella intervista a Repubblica per una questione umana: sono amico da 40 anni, sono socio del rosso principe Caracciolo. Lui è rosso, io sono nero, nerissimo, non l’ho mai nascosto. Ma ci accettiamo. Lì però sono caduto nel tranello: mi hanno mandato- dicono. Il più velenoso giornalista del grande quotidiano Repubblica, tale Caporale. Ma a leggerla e rileggerla quella intervista non avevo detto tutto sommato nulla che non avevo sempre detto. Tutto sommato ha ragione il presidente Berlusconi quando mi ha detto “sperano che tu ti spaventi e scappi”… Io gli ho risposto: non ci penso per niente. Sono rimasto in lista, sono rimasto candidato e mi auguro proprio di provocargli più danno possibile. Non sapendo più cosa dire hanno detto che ero un antisemita, un perseguitatore di ebrei! Ma io ai tempi delle persecuzioni avevo 4 anni e mezzo. Sarò stato anche un enfant prodige, ma all’anima dell’enfant prodige! Una gentile signora giornalista ebrea, candidata nelle mostre liste, avrebbe dichiarato (perché poi a me lo ha negato) che non poteva stare in una compagine politica dove c’era Ciarrapico. MI ha chiesto invece di concludere la campagna elettorale con lei a La Spezia il giorno 10. Ci andrò, rinunciando a incontrare l’elettorato della mia circoscrizione, Ci andrò per dimostrare che tutto sommato non appartengo alla razza che volta la coda come i diavoli all’epoca di Belzebù. Ci vado per dimostrare che possiamo essere dei buoni cittadini del mondo anche senza fare la sfilata con la kippah. Tutto sommato la gente apprezza di più quelli che hanno il coraggio di dire e non rinnegano. Quelli che hanno ancora il coraggio di chiamare camerata il camerata, compagno il compagno! Onorevole Veltroni, ma sbaglio o lei dichiarava fino a qualche anno fa che era comunista? Io non sarò comunista. Voglio morire- il più tardi possibile- con le stesse idee con cui sono stato allevato… Tutto sommato quel Prodi là, un po’ gommoso come aspetto, mi fa pure pena. E’ rimasto solo, non lo guarda più nessuno. L’uomo onesto… che torna sempre sul luogo del delitto. Svendette tante aziende di stato, e ora svende pure l’Alitalia . Ecco la vita di Prodi: Più danni fai, più cresci in carriera. Sono stato condannato? Sì, condannato nell’epoca eccelsa della giustizia secondo Di Pietro. Non mi spaventate se mi rinfacciate la mia vita di imprenditore: ho avuito delle defaillance. Solo chi resta ferito in battaglia ha combattuto la battaglia. L’ho combattuta, e la combatto oggi in questa avventura politica…"

MITRAGLIETTA IN SPALLA, IL CIARRA SBARCA AD ANZIO

Inizia questa sera la campagna elettorale di Giuseppe Ciarrapico. Che presenterà il suo programma sbarcando ad Anzio e ricombattendo a Cassino. L'editore abruzzese di rito ciociaro, candidato al Senato al posto numero 11 della lista del Popolo della Libertà nel Lazio sud, infatti ha deciso di esordire in un posto simbolo come il Museo di Piana delle Orme (www.pianadelleorme.it) alle porte di Latina, dove sono raccolti tutti i più grandi cimeli della storia della bonifica pontina, della prima e della seconda guerra mondiale. Lì c'è il carro armato più richiesto nella storia del cinema, quello utilizzato nelle riprese de "Il paziente inglese" e de "La vita è bella". Sceneggiati pure le battaglie di Montecassino e lo sbarco ad Anzio. Ciarrapico è un appassionato collezionista militare. Se volete farlo felice, regalategli qualche soldatino raro... Di truppe avrà bisogno comunque per entrare in Senato. Con i sondaggi attuali il Pdl potrebbe perdere nel Lazio, e il Ciarra resterebbe tagliato fuori. Pronto a fare il tifo per un ingresso nel govermo di Lamberto Dini e Marcello Pera che- dimettendosi- gli lascerebbero il seggio...

E' L'ENI L'ARMA SEGRETA DI BERLUSCONI SU ALITALIA

Esiste o non esiste una cordata tutta italiana per l'Alitalia? Silvio Berlusconi ha lanciato il sasso in campagna elettorale, e a molti è apparsa una boutade. Ma il Cavaliere sta pensando davvero a un'alternativa seria alla soluzione Air France. In campo resta sempre il duo Banca Intesa-Air One, ma l'idea del leader del Popolo della Libertà è quella di affiancare altri istituti bancari (Unicredit-Capitalia, Banca popolare di Milano) qualche imprenditore noto (Luciano Benetton) e soprattutto l'Eni guidato da Paolo Scaroni, che ha le risorse finanziarie necessarie, è il gruppo portabandiera dell'Italia nel mondo e non è del tutto estraneo al business. Sia pure su piccola scala l'Eni possiede già una piccola compagnia di bandiera per i voli privati. Una mini-flotta che effettua servizi interni ma che affitta voli anche al management delle principali aziende italiane e ai privati che lo richiedono. Dell'ipotesi- secondo quanto rivelato da Berlusconi in privato- si è già fatto cenno a Scaroni, il manager che prima del cavaliere ha lanciato la moda del "tutti senza cravatta". Non si sa con quanto entusiasmo l'idea sia stata accolta dal diretto interessato. Ma è probabile, che a poche settimane dal rinnovo delle cariche in Eni, non sia arrivato un "no" scortese e roboante...

Ma sì che c'è un vero fascista in lista con Veltroni!

Sull'onda del caso Ciarrapico e spingendosi a una di quelle affermazioni apodittiche che mai si devono fare, tanto meno in politica, Dario Franceschini aveva sfidato chiunque a trovare un nostalgico del fascismo in lista con il Pd di Walter Veltroni. E ha perso la scommessa: c'è un fascista dichiarato, coordinatore nel Lazio di Alternativa sociale, partito di Alessandra Mussolini. Si chiama Paolo Arcivieri e corre per il Pd nel municipio VI di Roma-. L'ha pizzicato nelle liste depositate E polis, raccontando anche i sette mesi di galera che Arcivieri si è fatto nel 2006 non per apologia di fascismo ma per l'inchiesta sugli irriducibili della Lazio che ricattavano il presidente Claudio Lotito. Ora la candidatura, pare dovuta alla ex Margherita e a Giulio Pelonzi, consigliere comunale rutelliano di fede laziale, crea imbarazzo. E si sostiene che se anche eletto Arcivieri rifiuterò l'incarico. Ma come è finito in quel posto? E quale controllo c'è sulle liste in casa Pd?

CIARRAPICO, IL PAPISTA ANTI-PAPISTA

Giuseppe Ciarrapico ha annunciato urbi et orbi nel week end di non essere fascista, ma "papista e ghibellino", e così tutti i giornali hanno riportato, sintetizzando una intervista concessa dal futuro senatore del Pdl a Petrus, sito non ufficiale dei Ratzinger boys. Nessun giornale si è chiesto come si potesse essere allo stesso tempo anti-papista (ghibellino) e papista. Lunedì 17 marzo però il sito Petrus e il suo condirettore Bruno Volpe hanno corretto l'intervista a Ciarrapico, titolandola: "sono papista e guelfo". Lo stesso Volpe spiega che cosa è accaduto...

CASINI RIVELA I SEGRETI DEL VELTRUSCONI

Lui li ha visti da vicino per anni. Coverà qualche risentimento, ma è un testimone attendibile. Pierferdinando Casini sostiene di sapere già cosa accadrà dopo il voto del 13 e 14 aprile. Non usa toni di propaganda. Parla di governissimo, di un patto già scritto fra le vere eminenze dei due leader che stanno facendo campagna elettorale: Gianni Letta e Goffredo Bettini. Un accordo alla base della decisione di Walter Veltroni e Silvio Berlusconi di correre quasi da soli. Con gli altri, compresa l'Udc, alla finestra: «Se si penserà al bene del paese, ci saremo. Se il patto riguarda solo loro, faremo i cani da guardia. Vigileremo». In una lunga intervista a ItaliaOggi il leader dell'Udc si candida anche ad alfiere dei cattolici... La campagna elettorale è appena all'inizio, ma sembra iniziata da mesi. «Sono stanchissimo...», si sfoga Casini nel suo ufficio a Montecitorio, «ogni giorno un incontro. Sicilia, Lombardia, Bruxelles. E di notte non si dorme...». La moglie, Azzurra, è avanti nella seconda gravidanza. Alle cinque del mattino il piccolo sveglia tutti ancora prima di nascere. Si accumula sonno, e lo sforzo non era previsto. «Ma ormai è acqua passata. Inutile polemizzare». Il quorum è certo alla Camera. Per il Senato al momento sicuro in Sicilia «probabile in Campania, forse in Puglia. Possibile in Veneto o Lazio». Si punta al Senato, perché lì l'Udc (in lista tutti cattolici sicuri) potrebbe diventare determinante per la Chiesa, che in qualche modo è divenuta grande sponsor di questa avventura. Qualche giorno fa, prima di combinare l'intervista, Casini telefonò per replicare a una prima pagina di Italia Oggi che non gli era piaciuta. Cortese come sempre, si era lasciato andare: «Berlusconi aveva immaginato di schiacciarmi. Ora anche lui ha capito che non era possibile...». La rabbia giorno dopo giorno è svanita. Gli errori compiuti dai due padroni della campagna elettorale con la presentazione delle liste, e soprattutto quell'intesa che li costringe a correre paralleli senza mai graffiare aprono un'autostrada inattesa al piccolo centro che non aveva ottenuto la legge elettorale necessaria a diventare l'ago della bilancia. Nell'intervista (che sarà trasmessa anche su Class Cnbc) il leader Udc spiega naturalmente il programma, offre qualche retroscena gustoso delle ultime settimane, non si tira indietro quando si tratta di dare i voti alla campagna elettorale degli avversari. Sembra sincero, e non è poco. Non è un male che riesca a sopravvivere anche al grande patto...

Università di Siena? Mezza bugia di Silvio. Battuto da Walter che non azzecca la verità su nessuno dei candidati del Pd. ECCO LA SFIDA DELLE PATACCHE

Non esiste il rapporto dell'università di Siena che Silvio Berlusconi ha sventolato più volte in questo inizio di campagna elettorale vantandosi di avere una certificazione «di sinistra» sulla realizzazione dell'80% delle promesse elettorali del 2001. O meglio, esiste, è fatto da un centro di studi sulla politica collegato all'università di Siena (finanziato dal 2002 dal governo italiano), non ha professori di sinistra fra i ricercatori, e dice che nei suoi anni di governo Berlusconi ha portato in consiglio dei ministri l'80% dei provvedimenti promessi. Ma gran parte non sono diventati legge, e quindi non sono stati realizzati. Uno spot-patacca. Come quelli di Walter Veltroni sulle false candidature (...)Il leader del partito democratico aveva infatti promesso quote rosa-boom nelle sue liste, poi ha infilato in fondo la gran parte delle candidature femminili, trattandole peggio della servitù. Così si è preso i fischi dall'intera Milano di centrosinistra, città abituata a un sindaco donna, a un presidente di Assolombarda donna, a quote rosa nelle grandi aziende. E oggi scandalizzata a leggere i nomi presentati dal Pd per il Senato, dove sì e no si legge il nome della raccomandatina di turno o della poetessa svampita prestata alla politica. Clamoroso lo scivolone dello stesso Veltroni, che ha voluto presentare personalmente due sole candidate-simbolo: Loredana Ilardi, precaria di Palermo e Franca Biondelli, infermiera turnista di Borgomanero. Le ha presentate così: «Avere 33 anni e guadagnare 700 euro al mese è lo specchio di un paese dove la precarietà è la prima emergenza sociale. Precarietà non ha nulla a che vedere con la flessibilità ma va affrontata e risolta perché é un dovere...». Poi è saltato fuori che la Ilardi precaria non era per nulla: assunta a tempo determinato, ma con un part time di 4 ore al giorno che giustificava ovviamente i 700 euro al mese. E la Biondelli, donna-simbolo delle lavoratrici, al posto di lavoro non metteva piede dal lontano 2002, quando chiese ed ottenne il distacco sindacale, per altro essendo anche eletta in consiglio comunale. Due bugie, dunque. Come quella (a metà) di Berlusconi. E uno che fa? Chiede scusa, spiega di non essere stato ben informato? Macchè. Veltroni, livido di rabbia, si è vendicato sulle poverette: zitto zitto ha fatto slittare la Ilardi dal secondo al nono posto nelle liste in Sicilia. La Biondelli invece all'ottavo e ultimo posto in Piemonte. In fondo, una volta vendute al pubblico, le patacche non riguardano più chi le ha messe in commercio...

PD, ce ne era uno bravo. Ma non è una segretaria. A casa!

Paolo Gambescia è stato direttore dell'Unità, del Mattino, del Messaggero. Dopo una vita da giornalista Piero Fassino e Walter Veltroni due anni fa gli chiesero il grande salto, in politica. Eletto a Montecitorio si è rimboccato le maniche come un ragazzino al primo giorno di scuola. Ha studiato, ascoltato consigli, lavorato. Di 630 deputati è risultato l'11° per presenze in aula, il settimo dell'Unione: ha partecipato al 99,25% delle sedute. Entrato in commissione giustizia è stato relatore dei provvedimenti più delicati, come quello sulle intercettazioni. Un deputato modello, uno dei 100 panda da salvare proposti dai lettori di ItaliaOggi. Bravo. Quindi se ne torna a casa, perché Veltroni non l'ha ricandidato . Ad ascoltare dal diretto interessato anche i modi della liquidazione, senza una telefonata, senza il coraggio di una spiegazione, ben si comprende cosa ci sia dietro ai finti sorrisi in tv e al bon ton bipartisan che doveva fare svoltare questa campagna elettorale. Solo un romanticone un po' ingenuo come Gambescia poteva fidarsi e affidarsi alle moine di questa nuova politica patinata, senza intravedere dietro i sorrisi di circostanza la più tipica dentatura da pescecane. Intendiamoci, Gambescia tornerà a fare il giornalista e fra poco si godrà la meritata pensione (è nato nel 1945), non siamo qui ad occuparci di nuova disoccupazione. Il suo caso però non è isolato. Basta scorrere le liste elettorali del partito democratico e fra un capatàz da salvare con le deroghe alle rigidissime regole di partito, fra una giovane carina e di buoni salotti, un industriale di buona famiglia, una precaria che tale poi non era, una lavoratrice che non lavora da sei anni, una ragazzina fresca di laurea, una portaborse, una figlia del notabile di turno, beh, si fatica a trovarne anche uno bravo e competente. Si contano sulle dita di una mano, il migliore in quelle liste è Giancarlo Sangalli, una vita spesa nella Cna, un curriculum manageriale che pochi possono vantare in Italia, e una passione politica non comune. Portare in Parlamento una squadra così è rischio non piccolo, un dramma in caso di vittoria elettorale: quasi nessuno padroneggerebbe i segreti del palazzo, sarebbe a conoscenza dei regolamenti parlamentari, potrebbe lavorare con profitto. Fra qualche ora saranno rese pubbliche anche le liste del Pdl, che finora ha seguito belletto dopo belletto la grande incipriata di Veltroni. Con un parlamento del genere, molto antipolitico, finalmente si riuscirà a fare peggio. E non era facile...

Compagni, dàglie addosso ad Alitalia che con i suoi ritardi mi fa perdere la Juve!. Un ritratto di Walter da La Stampa del maggio 1997...

La Zingarata di Veltroni ( a La stampa del 20/05/1997, pagina 3) ROMA. L'idea con cui domenica si e' messo in viaggio per Torino era quella della scampagnata fuori porta, insieme a tutta la famiglia, con il pretesto della partita Juventus- Parma, il match dello scudetto. Anzi, con le persone che ha incontrato nella sala d'attesa dell'aeroporto di Fiumicino, il vicepresidente del Consiglio Walter Veltroni l'ha definita una "zingarata". Erano li', per lo stesso motivo, il vicedirettore del Tg5, Lamberto Sposini, e un altro telegiornalista, Piero Marrazzo del Tg2. Convenevoli e battute di circostanza fino a quando il personale dell'aeroporto non informa i passeggeri del ritardo Alitalia. A questo punto tutti i presenti si innervosiscono per il timore di non arrivare in tempo alla partita dell'anno. Anche lui, il vicepremier, non e' da meno. Tanto che ai giornalisti presenti chiede: "Ma perche' non fate un articolo contro l'Alitalia? Questa e' una situazione insostenibile...". Finalmente l'aereo parte. La "zingarata" del numero due di Prodi non e' piu' a rischio. Anche perche' le istituzioni corrono ai ripari: ad attenderlo sulla pista dell'aeroporto di Caselle, infatti, Veltroni trova un piccolo corteo di auto. C'e' la sua, quella della scorta e una civetta della polizia pronta a scortarlo di gran corsa allo stadio. Nella zingarata di Veltroni c'e' posto anche per Sposini, che approfitta di un passaggio per non mancare al match. Marrazzo, invece, sbaglia uscita, perde la carovana degli "zingari" e anche la partita. (r. r.) P.S. Questo La Stampa non lo ha scritto, ma insieme ad altri giornalisti su quell'aereo c'ero anche io. Non andavo alla partita, ma a fare il padrino di battesimo di mia nipote (cosa che non riuscii a fare, per il grande ritardo e poi per il blocco causato dalle auto blu di Veltroni..) F.B.

La Chiesa ha deciso: cattolici, non votate Veltroni!

Alla Chiesa ha offerto solo un rogo-simbolo, come fossimo ancora in tempi di Santa Inquisizione. Walter Veltroni ha deciso di escludere dalle liste un amico come Stefano Ceccanti, che ci è pure rimasto male per i modi. Ma il sacrificio si è reso necessario per bruciare sulla pira l'autore del testo di legge più estremo sui Dico, quello che uscì dagli uffici di Barbara Pollastrini e fu addolcito alla meglio da Rosy Bindi. Il fumo del rogo serviva a nascondere quel che nel frattempo stava avvenendo nella preparazione delle liste elettorali del Pd. Dove tutti i candidati cattolici di punta sono stati resi inoffensivi, spediti alla Camera dove non saranno determinanti. Aspetto che non è sfuggito alla Chiesa (...) Candidati simbolo come Paola Binetti e Luigi Bobba sono stati dirottati a Montecitorio, mentre in testa di lista per il Senato figurano tre radicali guidati da Emma Bonino. La pattuglia dei teodem di palazzo Madama che per la Chiesa è stata garanzia durante i faticosi mesi del governo di Romano Prodi, è stata sostanzialmente annientata da Veltroni. Resta in posizione sicura Emanuela Baio, è in bilico in Calabria Dorina Bianchi che dovrà sudare sette camice e accendere qualche cero per fare fruttare il quarto posto di lista cui è stata confinata (laggiù si eleggono 10 senatori: 6 per chi vince e 4 divisi fra tutti i perdenti). Al Senato approderà invece Umberto Veronesi, e con lui tanti altri sostenitori di leggi che preoccupano la Chiesa cattolica. Forse non era necessario nemmeno questo ultimo schiaffo, ma è probabile che le liste segnino definitivamente la linea del Piave per la Chiesa italiana (e non solo) in questa campagna elettorale. Ho avuto colloqui approfonditi in questi giorni con numerosi e autorevoli esponenti della Chiesa cattolica, al di qua e al di là del Tevere. E non è stato difficile cogliere una certa preoccupazione sulla competizione elettorale in corso. Nessuno tiferà apertamente, e non è più tempo di indicazioni vincolanti o di non expedit. Ma, nei colloqui pubblici come in quelli privati, quel che si coglie è lo scarso entusiasmo per la nascita del Partito democratico e l'impresa stessa tentata da Veltroni. Si è accennato nelle settimane scorse a due linee politiche esistenti, quella della Chiesa italiana ancora impersonata dal cardinale Camillo Ruini, e quella della segreteria di Stato Vaticana, guidata dal cardinale Tarcisio Bertone. La prima assai critica nei confronti del centrosinistra, e in tempi più recenti quasi solidale con il tentativo solitario di Pierferdinando Casini e della sua Udc. La seconda invece più ecumenica. Certo i ruoli solo diversi, e la segreteria di Stato del Vaticano non potrebbe mai permettersi rapporti freddi con qualsiasi tipo di governo italiano. Naturale quindi un rapporto costante di Bertone con il presidente del Consiglio in carica, Romano Prodi, che è anche un cattolico- modello nella vita personale prima che politica. Ma se i pastori seguono virtù e vizi dei singoli, chi guida alla Chiesa pensa più alla sostanza politica. Quali sono i temi che più contano oltretevere? Prima di tutto la vita umana. Viene considerato perciò non trattatabile qualsiasi proposito legislativo in grado di allargare le maglie della 194, di rivedere la legge sulla fecondazione assistita, di imboccare strade che per via diretta o indiretta portino all'eutanasia, e certo anche di smontare l'istituto della famiglia naturale. Propositi che in gran parte albergano nel dna del partito democratico di Veltroni e contro cui non sarà più possibile fare argine- come Prodi aveva garantito, mantenendo la promessa- attraverso la pattuglia dei teodem strategicamente posizionati. Per questo, mi dice un alto esponente delle gerachie vaticane «un cattolico colto e intelligente, in grado di riflettere, non può oggi votare per il Partito democratico. A meno che sia in chiara malafede». Un giudizio di fondo che accomuna le due linee apparenti della Chiesa italiana. Chiuse le porte al centrosinistra si guarda con interesse (pur senza particolare entusiasmo) ai programmi elettorali degli altri schieramenti. Docg quello dell'Udc di Casini, al di là degli stili di vita di molti suoi esponenti (che non sono passati inosservati). Importanti i riferimenti alla libertà di educazione contenuti nel programma del Pdl di Berlusconi e Gianfranco Fini, altri due politici che personalmente non suscitano grandi entusiasmi in Vaticano. Ma, come si dice, questo è quel che passa il convento.

PANDA, CHIUSE LE PRIMARIE. HA VINTO DORINA BIANCHI

Hanno vinto le donne. Si sono chiuse ieri alle 13 le primarie di ItaliaOggi, con ben 30 mila voti validi. Più di altri 15 mila sono stati scartati perché voti ripetuti in serie da supporter scalmanati. Il primo posto è stato conquistato dal deputato uscente del Pd, Dorina Bianchi, che quasi mai in queste tre settimane ha mollato la testa della classifica. Non ce l'ha fatta ad agguantarla il deputato uscente di Forza Italia (ora Pdl) Guido Crosetto, secondo assoluto e primo del suo schieramento. Terzo posto per Laura Ravetto (Pdl). Sei donne fra le prime dieci (al decimo la sorpresa Paola Binetti), dieci donne fra le prime 15. Exploit di due outsider: il 25enne Giovanni Vagnone (Pdl) e il 38enne Antonio Guerrieri (Pd)(...) Fossi in Silvio Berlusconi e Walter Veltroni, a cui trasmetterò la classifica finale come avevo preannunciato, farei un pensierino a inserire nelle liste rispettivamente Vagnone e Guerrieri. Basterebbe leggersi le due loro interviste a pagina otto, per capire come l'Italia abbia bisogno di candidati così. Non sono professionisti della politica, ma nonostante la giovane età hanno idee chiare e una buona preparazione. Guerrieri sembra addirittura finto tanto risponde al modello puro del candidato veltroniano. Ha un cognome comune a tanti altri, e in mezzo a tante scelte roboanti di gente in gamba, ma sempre figlia di qualcuno più in gamba e più noto, anche un caso normale come il suo servirebbe a riportare passione politica. Sono sicuro che Veltroni, che fin qui non ha sbagliato una mossa, non si farà scappare un'occasione simile, come terrà presente le quote rosa indicate dai nostri lettori anche per il suo partito, dalla Dorina Bianchi alla Binetti, e poi ancora Anna Finocchiaro, Silvia Bartolini, Emma Bonino, Mercedes Bresso. Dala società civile altra indicazione: le quasi mille preferenze ottenute da Riccardo Alemanno, presidente dell'Istituto nazionale dei tributaristi. Stesso consiglio a Berlusconi, che se ne fa dare pochi: Vagnone non è solo giovanissimo, ma è un candidato-simbolo per un partito nuovo come quello che sta costruendo. E alzi le quote rosa: come indica la classifica sono gradite le più giovani parlamentari del centrodestra, dalla Ravetto alla Gelmini, dalla Carfagna alla Meloni. Fra chi parlamentare non è sorprendente il successo di Renata Polverini, sindacalista dell'Ugl e di Michelina Grillo, presidente dell'Organismo unitario dell'avvocatura. Che bel parlamento sarebbe con tutti loro eletti

Operazione Panda, stop ai voti. Oggi si chiude referendum. Ultima sorpresa, la Biancofiore

Da Italia Oggi in edicola... Oltre 5 mila mail e contatti in un solo giorno. La febbre da Panda è diventata ormai una vera e propria influenza. I lettori di ItaliaOggi hanno solo poche ore per far sentire la loro voce e gli aspiranti a un posto in lista hanno ancora poche ore per mobilitare i loro supporter. Risultato? Una miscela esplosiva di mail e post che hanno letteralmente fatto tracimare la casella di posta elettronica del direttore Franco Bechis.

Come avevamo già registrato in questi ultimi giorni, la situazione è estremamente fluida. Mentre rimangono solidamente in testa alla classifica i due beniamini dei nostri lettori, cioè Dorina Bianchi del Partito Democratico, e Guido Crosetto, di Forza Italia-Popolo della libertà, che però in un solo giorno hanno raccolto oltre 500 consensi ciascuno, la vera novità è venuta da Micaela Biancofiore. La bionda deputata altoatesina di Forza Italia-Pdl ha fatto registrare una prepotente scalata della classifica dei Panda da salvare, raccogliendo in uno solo giorno quasi mille preferenze (martedì erano 299, ieri 1234!).

Ma non è il solo dato clamoroso che la nostra «classifica» ha fatto registrare ieri. I due giovani outsider Antonio Guerrieri e Giovanni Vagnone, rispettivamente del Pd, il primo, e del Pdl, il secondo, si sono scavalcati a vicenda e si trovano ora in uno stretto testa a testa in quarta e quinta posizione, scalando in un solo giorno diverse posizioni (Guerrieri martedì era quindicesimo, con 426 preferenze, mentre Vagnone era ottavo, con 513 preferenze).

Una corsa all'ultimo respiro, insomma, nella quale a fare le spese, sono stati Gioacchino Alfano, di Forza Italia-Pdl, che in un giorno ha raccolto «solo» 200 consensi, non sufficienti a mantenere il quinto posto che aveva martedì (ieri era undicesimo), e Giuseppe Consolo, deputato di Alleanza Nazionale-Pdl.

Resta invece sostanzialmente stabile la parlamentare di Forza Italia-Pdl Laura Ravetto, che però ha raccolto in un solo giorno circa 500 consensi.

Ma anche nelle «retrovie» della classifica si sono registrati parecchi sommovimenti. Entra prepotentemente in gioco, per esempio, la candidatura dell'elefantino Giuliano Ferrara, che ottiene circa 300 preferenze in un solo giorno. New entry anche Veronica Lario Berlusconi, che in poche ore raccoglie 71 preferenze, un decimo di quanto preso dal marito. Nel partito dei professionisti, invece, subito dopo la presidente dell'Organismo unitario dell'avvocatura, Michelina Grillo, si registra la scalata del presidente del Consiglio nazionale dei Consulenti del lavoro, Marina Calderone, che in poche ore raccoglie oltre 200 consensi.

Tra i dati da registrare anche la scalata dei leader delle due coalizioni, cioè Silvio Berlusconi, primo, al 14esimo posto, con 714 preferenze complessive, e, alla distanza, il segretario del Partito Democratico, Walter Veltroni, con 326 voti. Il segretario di Alleanza Nazionale, Gianfranco Fini, ha raccolto, invece, complessivamente 270 preferenze.

Ultime ore per il voto. Per consentire a tutti di esprimere le ultime preferenze abbiamo deciso di chiudere il referendum alle ore 13 di oggi. Se i flussi di voti saranno pari a quelli registrati ieri, non abbiamo dubbi che sfonderemo abbondantemente quota 20 mila contatti. Un bel segno di democrazia rappresentativa!