L’appalto in teoria dovevano
dividerselo in tre, e la spesa prevista per l’intero 2010 era stata messa in
budget per un totale di 307.992 euro. Quello era quanto il collegio dei Questori
della Camera aveva previsto di erogare in cambio di qualche servizio
fotografico per le pubblicazioni e l’archivio interno. Una spesa non
piccolissima, che però doveva coprire sia le foto di ambiente del palazzo che
quelle- ricordo della attività istituzionale del suo presidente pro-tempore,
Gianfranco Fini. Il budget rischia però di andare a farsi benedire, perché uno
dei tre fotografi prescelti, ne ha mangiato già un buon quarto nel solo primo
mese dell’anno. Un paio di mini-servizi commissionati alla Luxardo foto, una
serie di book richiesti a Umberto Battaglia (12.756 euro già impegnati a
febbraio per servizi sugli ambienti del palazzo) e la gran parte assorbita per
le foto della frenetica attività istituzionale e diplomatica di Fini. Visite
ufficiali in Italia e all’estero, incontri istituzionali con presidenti di
Stati e Parlamenti di tutto il mondo, incontri con scolaresche e associazioni.
Bottino pieno per la società che si è assicurata l’esclusiva dell’immagine del
presidente della Camera, la Impero fotografico srl, che in un solo mese ha già
prenotato 75.328 euro della posta complessiva ( i dati sarebbero segreti,
naturalmente, ma ora li possiamo conoscere tutti grazie a una battaglia fatta
sulla trasparenza con tanto di sciopero della fame dalla radicale Rita
Bernardini). Il nome della società dice già qualcosa, con quel riferimento
nostalgico un tempo impreziosito anche da un’aquila imperiale stemma
dell’agenzia. Ma se si fa quello del titolare, si mette a versare lacrimoni
anche donna Assunta: si tratta infatti di Enrico Para, l’ex fotografo di
fiducia di Giorgio Almirante, un monumento vivente della storia postfascista
italiana. Para dal 1980 è il fotografo ufficiale del Secolo d’Italia. Ha
marcato come un francobollo avendone il copyright tutti i leader prima del
movimento sociale e poi di Alleanza Nazionale. Era l’ombra di Almirante, è
diventato una sorta di guardia del corpo di Fini. L’attuale leader della
minoranza del Pdl non vuole fotografia ufficiale che non abbia la firma di
Para, e ha trasmesso questa passione per il suo click anche ai principali amici
e collaboratori. Tanto che Para è diventato fra il 2001 e il 2006 quasi il
fotografo unico delle istituzioni del centro destra. Fini se lo portò dietro a
palazzo Chigi come fotografo ufficiale del vicepresidente del Consiglio e alla
Farnesina come ritrattista del ministro degli Esteri. Francesco Storace ne fece
il fotografo ufficiale della Regione Lazio, Gianni Alemanno ne utilizzò l’opera
al ministero delle Risorse agricole, Altero Matteoli lo chiamò al suo ministero
dell’Ambiente. Naturale che quando Fini è divenuto la terza carica della
Repubblica non abbia voluto altro scatto che quello di Para. E non si è
sottratto certo ai suoi flash,tanto da creare qualche preoccupazione al collegio
dei questori che ha visto lievitare oltre ogni attesa il conto per le
fotografie.
Nonostante le frenetiche
attività istituzionali del presidente della Camera e dei vari ministri che lo
hanno voluto alla loro corte, Para è riuscito a trovare il tempo sia per
continuare l’attività tradizionale della sua Impero fotografico (i redditizi
servizi per i matrimoni), sia per togliersi qualche sfizio. In pochi anni un
libro dietro l’altro. Con Federico Guiglia ha pubblicato ( e dàglie) una
biografia di Fini assai vicina all’agiografia (“Gianfranco Fini, cronaca di un
leader), corredata di tutte le foto scattate negli anni a palazzo Chigi. Con
Mauro Mazza, attuale direttore di Rai Uno, ha dato alle stampe “I ragazzi di
via Milano” dove campeggiava la bellissima foto della squadra di calcio del
secolo, con tutti i futuri leader di An.
Para scatta e non commenta.
Cresciuto in quel mondo, lo ha seguito (e gli è andata bene) senza mai fare
capire cosa pensasse davvero dei vari cambi di pelle della destra italiana.
Qualcosa si capiva fino a un anno fa dando un’occhiata al sito Internet della
sua agenzia foto. Ai novelli sposi proponeva quattro tipi di servizi
fotografici: “Claretta, Rachele, Edda e Rosa”, i nomi dell’amante, della
moglie, della figlia e della mamma di Benito Mussolini. La traccia di una
evidente nostalgia. Che però deve essere saltata all’occhio del suo
committente, che non poteva più permettersela. Meglio riparare, deve avere
pensato il fotografo, che non voleva perdersi per nessuna ragione al mondo il
business della Camera dei deputati. Così i quattro servizi per gli sposi oggi
si chiamano: “Diamante, Topazio, Smeraldo e Rubino”. Cosa non si fa per la
gloria…