Di fronte alla decisione del PD di candidare Romano Prodi oggi una storica Velina rossa di Pasquale Laurito. Soprattutto per l'incipit. Eccola:
"Meno male che Silvio c'è , e Silvio ci sarà !". Questo e' il solo commento che si può fare di fronte all'Europa.time decisioni del PD di candidare il professore Romano Prodi alla presidenza della Repubblica, non rendendosi conto che questa candidatura provocherà una spaccatura nel Paese. Le elezioni potranno arginare i vari populismi che ormai sono penetrati nei partiti più seri e in particolare modo nel centrosinistra. Chi ha condotto finora in modo disastroso le operazioni del PD dovrebbe sentire il dovere, dopo avere fatto come si diceva una volta autocritica, di cedere ad altri la guida del PD. Non può il sindaco di Firenze risolvere i problemi del Paese che sono grandi e non si riducono ai quartieri fiorentini. Si pretende la lotta politica e n voti chiaro: in questo momento dobbiamo sottolineare che l'unica formazione che abbia connotati politici e' proprio il fronte del Cavaliere"
E Renzi festeggia con il cinema hot di Seul
Matteo Renzi sa come usare il fisco per fare ripartire l'economia. Con delibera della giunta comunale di Firenze pubblicata nell'albo pretorio il 15 aprile scorso, è stato approvata una griglia di sconti fiscali per il tradizionale Festival del film della Corea del Sud giunto ormai alla sua undicesima edizione. Il povero Renzi probabilmente non ha visto il cartellone di quest'anno, in grado di fare arrossire più di un boy scout come lui per la nutritissima sezione del film erotico. A cui è stata concesso uno sconto Cosap dell'80%, e il dimezzamento di tutte le tasse su pubblicità e affissioni. Decisione saggia, perché i film erotici coreani hanno fatto un vero e proprio boom quest'anno, con sale sempre piene, applausi e richieste di bis.
Quell’amore che brucia nel vuoto lasciato dai padri
Come una fiamma, che avvolge e brucia. E un secondo
dopo sei già cenere. Una vampata, due ottobre 2012. Julia e Valerio sono
fidanzati. Amore subito che scoppia a venti anni. Che non si tiene, esplode in
piazza. Anche sulla piazza virtuale di questi anni, la bacheca Facebook. Julia
con i suoi cuoricini. Julia che lo chiama “patatino”, “piccolo dolce koalino”.
Valerio che le grida “Amoreee da morireeeee”, con l’eco di cento e che fanno
divampare più forte, davanti a tutti quel sentimento. Tre mesi di fiamma.
Brucia e subito si spegne. Ancora una vampata. Due febbraio 2013, Julia e
Alessandro sono fidanzati. Pioggia di foto insieme. Lei che giocherella con il
piercing sulla lingua che sporge sbarazzina. Lui che mostra muscoli e tatuaggi,
per cui si sente uomo. Alessandro è un capo, e si vede. Pieno di amici. Sono
tutti amici del cuore, perché anche l’amicizia brucia a venti anni oggi. Lo
chiamano “Matto”, “Big”, “Toro”, qualcuno più affettuoso “Fratè”, si capisce
che non è un tipo comune. Il fuoco con Julia divampa. Lei è poco più di una
ragazzina, ma le fiamme trasformano, e ci si sente donna subito. Capelli
biondi, capelli bruni. Foto di donna, biancheria intima sfoggiata come una
grande attrice, baci vissuti, muscoli del tuo amore mangiati con gli occhi. Ci
si sente grandi. Ma si è ancora piccoli, a riempire bacheche con frasi che
ruberebbe la Perugina per i suoi nuovi baci.
Sei mesi, due grandi amori. Fiamme che bruciano e si
spengono. Una notte di fine marzo, sono le 3 appena scoccate, tutto in cenere.
Un uomo mascherato butta giù la porta di casa, tira giù dal letto Julia e Alessandro.
Lui reagisce, un colpo di pistola lo brucia per sempre. Una spranga sulla testa
di Julia, colpo di pistola che la ferisce di striscio, poi si inceppa, lei urla
e il mostro scappa. Quel mostro- dice la polizia- è il padre di Valerio, che
l’ha mandato lì così armato. Vendetta per l’abbandono. Per un fracco di botte
ricevute da Alessandro qualche giorno prima. Fiamma, e poi fiamma. Sei mesi ed
è già cenere. E lacrime. Julia che ogni giorno scrive sulla bacheca di
Alessandro: “Amore… ora sono io la tua guerriera”, “abbiamo combattuto e
continueremo a farlo mano nella mano”, “la morte non è niente, sono solamente
passato dall’altra parte”, “lasciami credere che ritornerai, angelo mio…”.
Julia, e tutti gli amici. Quella bacheca Facebook è diventata la Spoon River
dei nostri anni. Si riempirà e riempirà, nessuno potrà cancellare, e poi anche
quella sarà cenere. Il fuoco di un’epoca che brucia così in fretta, fa
esplodere e divampa ancora. A venti anni così si sono già vissute cento vite.
La Boldrini parroca per piacere: nel 2011 si è comprata una Chiesa con la santa dentro
http://www.liberoquotidiano.it/news/personaggi/1207072/Laura-Boldrini--la-comunista--con-una-chiesa-di-sua-proprieta.html
Laura Boldrini non è solo presidente della Camera dei
deputati. Dal 15 giugno 2010 è anche comproprietaria di una chiesetta nelle
Marche, nel paesino di Mergo, provincia di Ancona. Quel giorno ne è diventata
comproprietaria insieme al fratello Ugo, acquistandola per un prezzo top secret
dalle due azioniste precedenti, Margherita Marina e Laura Cenci firmando l’atto
davanti al notaio Federica Carbone di Jesi. Al registro del catasto si spiega
solo che “l’atto ha ad oggetto il trasferimento della quota di due sesti della
chiesa privata aperta al pubblico denominata Chiesa di Santa Marciana, in
passato denominata chiesa di Santa Maria santissima delle Grazie, e già al
servizio del fabbricato sito in Mergo, via Castellaro, denominato palazzo
Borgiani”. Mergo è il paese dei Boldrini, che per lunghi anni hanno vissuto a
Jesi, e non è strano che l’acquisto sia stato compiuto lì. Il fratello del
presidente della Camera, Ugo, è anche consigliere comunale lì. La curiosità è
stata però quell’acquisto: la chiesa è piccolina (quattro file di banchi), fu
costruita alla fine del Settecento e inizialmente dedicata a San Placido. Grazie
a una serie incredibile di giri, e al formale intervento del vescovo di Camerino
dell’epoca, in quella chiesetta fu portato il corpo di Santa Marciana vergine,
martire in Mauritania nel quarto secolo dopo Cristo, durante le persecuzioni di
Diocleziano. Il corpo è integro, non si tratta di reliquie, e la santa è da
secoli venerata in zona. La chiesetta che inizialmente apparteneva alla famiglia
Borgiani, proprietaria dell’omonimo attiguo palazzo, deve quindi restare aperta
sia al culto (è consacrata), sia alla venerazione che i fedeli hanno per la
santa martire. Che intenzioni avessero i Boldrini con quell’acquisto, è davvero
difficile sapere. Perfino in loco non era nota quella comproprietà. Vero che
pochi mesi dopo quell’acquisto di parte della chiesetta è stato completato dai
fratelli Laura e Ugo con l’ottenimento della piena proprietà di terreni
limitrofi, in parte venduti loro dalla provincia di Ancona che ne era titolare.
E’ possibile che i Boldrini siano devoti o particolarmente affezionati a Santa
Marciana, e abbiano voluto proteggere quel luogo e il corpo stesso della santa
con il loro investimento. Possibile anche che abbiano piani di sviluppo
dell’area, grazie alla nuova proprietà dei terreni. Vero però che all’acquisto
non è seguito alcun altro atto, e nemmeno risulta una domanda di cambio d’uso al
comune di Merge. Difficile anche presentarla, visto il possibile conflitto di
interessi del fratello dell’attuale presidente della Camera. Il ruolo politico
di Ugo nel recente passato aveva già causato qualche problema anche per un atto
ben più banale: la concessione della cittadinanza onoraria alla Boldrini,
presentata da un gruppo consiliare e poi restata nel cassetto mentre altri
comuni limitrofi si strappavano a suon di cerimonie l’onorificenza da consegnare
all’allora alto funzionario Onu, molto popolare in zona viste le sue numerose
presenze televisive. Così la Boldrini è diventata cittadina onoraria di Jesi e
del piccolo comune di Monteroberto, sempre nella stessa zona.
La comproprietà della chiesetta si aggiunge al patrimonio
di famiglia. Il presidente della Camera divide con il fratello molti terreni a
Mergo dove si è comprata nel 1997 anche una bella e grande casa da 16 vani. A
Roma invece la Boldrini è proprietaria insieme alla figlia Anastasia Nicosia
(avuta dal giornalista Luca Nicosia) di un bell’appartamento da 6,5 vani subito
sotto il Gianicolo.
Ecco la storia della Santa della Boldrini:
Santa Marciana vergine, la martire il cui corpo oggi è
indirettamente controllato dal presidente della Camera Laura Boldrini e da suo
fratello Ugo, nacque nel quarto secolo dopo Cristo a Russucur di Mauritania. Si
convertì giovanissima al cristianesimo e prese il voto di verginità,
trasferendosi a Cesarea nella stessa regione. La sua battaglia contro il
paganesimo le costò alla fine la vita. Nella pubblica piazza di Cesarea amputò
un braccio alla statua di Diana, chiedendo agli abitanti del luogo di non
venerare più i falsi dèi. Quelli la presero assai male, e dopo averla presa a
sassate la fecero arrestare e portare davanti al giudice. Prima fu presa a
verberate, poi la pena decisa fu quella di infamarla facendole perdere quella
verginità che difendeva con il suo credo. Santa Marciana guardò in faccia il
giudice che la condannava, urlandogli di adorare Gesù Cristo e abbandonare gli
idoli. Fu consegnata a un gladiatore di nome Flammeo perché la violentasse.
Quello non si fece ordinare la cosa troppe volte, anche per Marciana era giovane
e assai graziosa. Ma quando tentò di afferrarla andò a sbattere contro un muro
invisibile che per miracolo si frappose fra lui e Marciana. Il gladiatore ne fu
tanto sorpreso da gettarsi in ginocchio davanti alla Santa, chiedendo perdono e
convertendosi a quel Dio così potente. Lei gli promise che presto sarebbe stato
uomo libero, e non più schiavo. La storia del miracolo arrivò però alle orecchie
del giudice, che non si arrese affatto. Consegnò Marciana a un latro gladiatore,
con lo stesso ordine: “Falle perdere la verginità”. Ma non ci fu nulla da fare:
ogni volta che si avvicinava a lei, ecco sorgere dal nulla il muro che lo
impediva. Furono cambiati quattro gladiatori, e quattro muri miracolosi
protessero la verginità di Marciana. Il giudice furibondo la condannò allora ad
essere sbranata dalle fiere nell’arena di Cesarea. Per il grande spettacolo- era
il 9 gennaio- a furore di popolo fece impalare in mezzo all’arena Marciana
liberando un leone affamato e furioso. In occasione di quella esecuzione che
venne presa come una festa, il giudice rese libero il gladiatore Flammeo,
realizzando la profezia della santa. Il leone si avvicinò a Marciana, la annusò
e se ne andò via scodinzolando. Rabbia e furore del giudice, che la condannò ad
esser incornata da un toro. Altra festa nell’arena , altri gladiatori liberati,
Marciana legata al palo e il toro che scalpitava. Corsa furiosa e incornata:
questa volta la ragazza fu colpita e ferita in una mammella, facendo sgorgare
fiotti di sangue. Ma quel taglio miracolosamente si cicatrizzò in pochi secondi,
e al giudice per poco non venne un colpo. Ma non si arrese: fece di nuovo legare
Marciana e chiese di scatenare un leopardo. Fu la santa a questo punto ad alzare
gli occhi al cielo e gridare: “Io vi vedo, Signore. Io vi seguo. Ricevete
l’anima della vostra serva. Siete stato con me nella prigione, e avete difeso e
conservato la mia castità”. Il leopardo a quel punto le saltò addosso
azzannandole la gola, e Marciana spirò così vergine e martire.
Venerata fin dai primi secoli, fu portata a Toledo per
essere imbalsamata, e lì rimase per secoli fino a quando il suo corpo fu
acquistato dal vescovo di Camerino e portato nella chiesetta che sarebbe
diventata di Laura Boldrini, presidente della Camera dei
deputati
La confidenza del Papa: Satana è entrato nel cuore del Vaticano
http://www.liberoquotidiano.it/blog/1186259/Satana-%C3%A8-entrato-in-Vaticano--Il-tormento-di-Benedetto-XVI.html
http://www.liberoquotidiano.it/blog/1186259/Satana-%C3%A8-entrato-in-Vaticano--Il-tormento-di-Benedetto-XVI.html
http://www.liberoquotidiano.it/blog/1186259/Satana-%C3%A8-entrato-in-Vaticano--Il-tormento-di-Benedetto-XVI.html
Si è messa in moto macchina dell'incenso. Serve un Papa forte? E ti azzoppo i papabili con le lacrime
http://www.liberoquotidiano.it/news/italia/1185928/Vaticano--verso-il-Conclave--spuntano-i-dossier-sui-papabili.html
Saletta Alitalia all’aeroporto di Fiumicino di Roma. Nell’ultima settimana è facile che gli incontri fra personalità si moltiplichino. Politici di tutti i fronti in attesa di un aereo che li porti a un comizio degli ultimi giorni di campagna elettorale. Staff, giornalisti al seguito, e da qualche giorno anche cardinali e vescovi che a Roma sono venuti per capire qualcosa di più delle dimissioni di Benedetto XVI, magari per un ultimo saluto, e perchè no? Anche per cogliere qualche indiscrezione sul conclave che sta per aprirsi. In effetti a Roma come nelle altre salette vip degli aeroporti di mezzo mondo, quello è il principale argomento di discussione. Sulla stampa nazionale e internazionale inizia a trasparire qualche nome, e alcuni di questi in effetti collimano passando i confini. Così capita che se ne discuta. Un leader del Pd che non si ricandida incontra ad esempio un vecchio amico come il ministro dei Beni culturali Lorenzo Ornaghi, che guidò l’Università cattolica. E gli chiede: «Vero che il candidato più forte per la successione è il cardinale franco-canadese Marc Ouellet che guida la congregazione dei vescovi?». Ornaghi scuote la testa: «Dicono di no, che è troppo emotivo. È portato alla commozione, piange spesso».
Che c’è di male nelle lacrime? Da quando Benedetto XVI si è dimesso il Vaticano si è trasformato in una sorta di Muro del Pianto. Il Papa non ha disdetto alcun appuntamento, e in qualche caso li ha perfino intensificati. Gruppi di fedeli, visite ad limina delle diocesi e delle conferenze episcopali regionali o internazionali. Il Papa sorride, legge i discorsi spesso da tempo preparati, ma ogni volta aggiunge qualcosa a braccio per fare capire che è proprio lui a parlare. Giovedì scorso ai sacerdoti di Roma è andato solo a braccio, con un discorso durissimo, senza una sbavatura. Ma per quanto il Papa mostrasse serenità e dispensasse sorrisi, gli occhi degli astanti e perfino di famosi e importanti presuli iniziavano a inumidirsi e poi si scioglievano in lacrime. Piangevano come vitelli pretini e fedeli di provincia. Ma ha dovuto asciugarsi gli occhi anche il cardinale vicario di Roma, Agostino Vallini. Si è commosso incrinando la voce durante il suo discorso anche il presidente della Cei, Angelo Bagnasco, e subito dopo ha sottolineato alla radio Vaticana che «questa è una cosa bella, che esprime quanto il Papa sia entrato nel cuore di noi vescovi e in quello del popolo di Dio». Lacrime di commozione, di cui evidentemente alla vigilia del conclave bisogna scusarsi, o che comunque bisogna spiegare.
La macchina dell’incenso partita in Vaticano (la sorella della macchina del fango nella vita civile) è proprio su quelle lacrime che sta giocando la prima battaglia del conclave. Perchè l’identikit del prossimo Papa lo ha già disegnato proprio con la motivazione ufficiale delle sue dimissioni Benedetto XVI: ci vuole un successore fisicamente integro, più giovane, e soprattutto forte nel fisico e nell’animo per portare sulle sue spalle il peso della conduzione della Chiesa in un’epoca oscura e drammatica. Sulla carta di identità c’è poco da fare: nessuno può ormai sbianchettare i propri natali o togliersi qualche anno di troppo. Per questo è importante quella «forza» fisica e morale. E come capita ad ogni vigilia di conclave, una volta individuato il tema più rilevante per la corsa, iniziano a circolare vocine, e in qualche caso perfino testimonianze o documenti scritti per indebolire il «papabile» ritenuto troppo forte. Così i «dossier lacrime» iniziano a circolare ricchi di particolari. Veri o falsi che siano, raggiungono le persone che contano, magari vengono perfino pubblicati sulla stampa internazionale, colpiscono nel segno. Così tutti convinti che il cardinale Ouellet sia incline alle lacrime, e quindi un po’ debole di nervi. Analogo dossier «lacrime» sfiora il cardinale di Vienna, Christoph Schoenborn, e addirittura lo si inchioda a un pianto dirotto in cui si sarebbe sciolto dopo le critiche sulla organizzazione di un viaggio in Austria di papa Giovanni Paolo II. Se uno piange alla prima difficoltà, non è in grado di reggere le sorti della Chiesa, è il veleno che con il ricordo di questi fatti si somministra alla vigilia del conclave. E ce ne è per tutti i candidati in pole position. Anche per l’arcivescovo di Milano, Angelo Scola, il candidato che ai nastri di partenza sembra sulla carta il più forte di tutti. Nessuno l’ha mai visto piangere, e quindi il dossier lacrime in questo caso non è stato preparato. Ma la vocina maligna punta a fare ancora più male. Forte e sicuro lui? Tutta apparenza, dicono i detrattori. Ma nella cartellina a lui riservata hanno inserito il nome di una amica psicologa che lo seguirebbe professionalmente da anni. Vero? Falso? Non importa: è la macchina dell’incenso che ormai si è messa in moto. E non è ancora a pieni giri...
Fornero, scherzo da prete a Monti
http://www.liberoquotidiano.it/blog/1165024/Fornero-scherzetto-a-Monti--prima-di-andare-via-tassa-i-preti.html
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