
Le telefonate intercettate a Deborah
Bergamini hanno scandalizzato un'anima sensibile
come quella di Giovanni
Minoli. Cui, durante un'intervista a L'Espresso in edicola, è perfino scesa una
lacrimuccia: "Mi sono molto dispiaciuto per l'azienda e la sua credibilità, ma non sono affatto stupito. Da ben 14 anni viviamo polemiche e contrasti nati all'ombra del conflitto di interessi di Silvio
Berlusconi...". Beh, 14 anni così! Buio piombo. Salvo uno spiraglio di luce. Aprile 1996. L'Ulivo appena vincitore delle elezioni. Romano Prodi, presidente del Consiglio in
pectore, invitato a sostenere l'ultima fatica: un'intervista a Mixer, sbranato da
Minoli che sa come si fa giornalismo indipendente e aggressivo. E infatti il terribile tele-giornalista presentò Prodi con queste parole:
"Il buon professore, il manager, il politico, l'uomo delle speranze on the road e dell'Antitrust, del liberalismo temperato e del federalismo fiscale. L'antidivo per eccellenza, il leader che alle tele-risse preferisce le tele-riflessioni. Il sorriso è rassicurante, bonario e sereno. A tratti frutto di turbamento, spesso il risultato di un ragionamento. Gli occhi, roteanti e morbidi, parlano con le pupille, dialogano con le sopracciglia, comunicano con il cristallino. Le mani, più che gesticolare, dicono...". Chapeau!
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