E due. Altro giallo a Malpensa sui titoli di Stato americani

L’operazione è avvenuta in gran segreto la settimana dopo Ferragosto. All’aeroporto di Malpensa la guardia di Finanza ha fermato due cittadini filippini sequestrando il loro bagaglio. E’ bastato aprire una sola valigia per sgranare gli occhi: al suo interno c’erano buoni del Tesoro Usa di due tagli, da un miliardo e da 500 milioni di dollari. In tutto 180 miliardi di dollari di controvalore, pari a poco meno di 123 miliardi di euro. Una somma stratosferica, pari a più di 6 leggi finanziarie italiane. Se i titoli fossero autentici e il loro utilizzo spregiudicato sarebbero in grado di terremotare i mercati finanziari internazionali e di mettere in ginocchio gli Stati Uniti di Barack Obama. I due cittadini filippini sono stati immediatamente arrestati su ordine del pm della procura di Busto Arsizio, Valentina Margio. E in carcere sono tutt’ora in attesa della perizia ufficiale dei titoli chiesta attraverso i canali diplomatici al governo Usa che ha inviato esperti della Fed e del Fbi. La Margio si è messa subito in contatto con i colleghi di Como, che il 3 giugno scorso avevano fermato su un treno diretto a Chiasso due cittadini giapponesi e un terzo orientale (pare vietnamita) in possesso di passaporto diplomatico. I tre avevano con sé titoli del Tesoro Usa del 1939 per un controvalore di 134,5 miliardi di dollari (pari a 91,2 miliardi di euro al cambio di ieri). Dieci erano Treasury notes da un miliardo l’uno, gli altri 124,5 miliardi erano costituiti da 249 Federal reserve notes da 500 milioni di dollari ciascuno. Anche in quel caso la Guardia di Finanza si era posta subito il tema dell’autenticità dei titoli. Secondo fonti ufficiose si è poi saputo qualche settimana dopo che una perizia americana ne avrebbe accertato la contraffazione. Ma su disposizione della procura di Como sia i due giapponesi che il misterioso terzo asiatico, fermati e identificati sono stati denunciati a piede libero. Non si poteva fare altrimenti per chi era in possesso di un passaporto diplomatico, si è scelto di non arrestare nemmeno i due giapponesi, forse anche dopo avere verificato l’identità di uno di loro: Tuneo Yamauchi, cognato dell’ex vicepresidente della Banca centrale giapponese, Toshiro Muto. La procura di Busto Arsizio a un primo esame sommario ha potuto accertare che i titoli sequestrati ai due filippini sono identici a quelli in mano alla procura di Como e sequestrati ai giapponesi. Oltre alle somme stratosferiche detenute c’è un altro parallelo fra le due vicende: i corrieri di quei miliardi non sono persone qualsiasi. Se uno dei due giapponesi aveva legami di alto livello con la Banca centrale di Tokyo, uno dei due filippini ha legami altrettanto stretti con un vescovo della Chiesa di Manila e nella documentazione sequestrata insieme ai titoli Usa ci sarebbe anche un lasciapassare a firma dell’alto prelato. Se i titoli fossero stati autentici in entrambi i casi l’Italia avrebbe risolto in un sol colpo i contraccolpi della crisi e i suoi problemi di finanza pubblica. Ai portatori verrebbe contestata la mancata dichiarazione valutaria e comminata una ammenda amministrativa pari al 40 per cento delle somme detenute: nelle casse del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti finirebbero così circa 86 miliardi di euro. Sette volte la cifra impegnata per tamponare la crisi 2009 finanziando la cassa integrazione allargata a tutte le imprese italiane. Se invece i titoli fossero davvero tutti falsi, resterebbe un giallo internazionale tutto da sciogliere. Cosa andavano a fare prima i giapponesi e poi i filippini in Svizzera con una quantità immensa di titoli del Tesoro americani contraffatti? Con quale banca o istituzione finanziaria avevano appuntamento e chi mai oltre confine sarebbe stato complice di una truffa di proporzioni così vaste? Quali complicità ad alto livello c’erano sia nei paesi di provenienza (vista l’identità dei fermati/arrestati) sia assai probabilmente a livello internazionale? E’ a queste domande che sta tentando di dare risposta sia la guardia di Finanza che il caparbio pubblico ministero di Busto Arsizio. franco.bechis@libero-news.eu

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