Ma quanto minacciano la Rai questi politici! Bersani l'ha fatto tante volte da sembrare un terrorista

Il Pd deve ringraziare che nessun procuratore di provincia ha provato a mettere ai suoi dirigenti il telefono sotto controllo. Altrimenti il partito oggi sarebbe travolto dalle inchieste su concussione e minacce nei confronti dell’Autorità di garanzia nelle comunicazioni. Perché è proprio il partito di Pierluigi Bersani (e le formazioni politiche che hanno originato il Pd) quello che negli anni della par condicio più di tutti ha provato a fare mettere il bavaglio a trasmissioni televisive e perfino ad articoli di giornale che non ne tessevano le lodi. Per 98 volte il Pd o suoi singoli esponenti hanno presentato esposti all’Authority, ed è un record assoluto. Perché al secondo posto figurano i radicali (alleati del Pd) che per 70 volte hanno cercato di mettere il bavaglio a tv e giornali. Le attuali opposizioni da quando esiste la par condicio hanno tentato questa “minaccia” 190 volte, il Pdl (e in qualche caso Silvio Berlusconi come singolo firmatario) ci ha provato solo 27 volte, e visto che la Lega è caduta in tentazione altre 9 volte, l’attuale governo lo ha fatto 36 volte. A ragionare come i giudici di Trani, la maggioranza ha minacciato la libertà di stampa una volta ogni cinque minacce degli avversari. Vero che Michele Santoro è stato uno dei bersagli preferiti: 27 minacce politiche contro i programmi da lui condotti. Ma anche qui c’è una sorpresa: nove volte da Berlusconi & c e 13 volte dal centrosinistra che avrebbe dovuto incensarlo. Altra vittima eccellente della politica è stato Bruno Vespa: ha incassato in questi anni 21 minacce, 16 delle quali provenienti dal centrosinistra. Terzo posto per Emilio Fede, con 16 minacce, quasi tutte provenienti dalle fila di Pd, radicali e dintorni. Se si guardano invece le aziende, non c’è proprio par condicio: 147 volte minacciata la Rai, 90 volte Mediaset e 17 volte La7. Fra le principali vittime, grazie alla rilevanza avuta durante le amministrative, la TgR Rai, con 16 minacce rivolte, 7 dal centro destra e 6 dal centrosinistra. Nel mirino delle pressioni sulla par condicio anche la stampa quotidiana, minacciata ben 236 volte. In testa i quotidiani Finegil del gruppo Espresso a pari merito con Il Messaggero (21 minacce ciascuno), seguiti da Il Giornale (20 minacce), dal Resto del Carlino (19 minacce), dal Corriere della Sera (17 minacce) e da Repubblica (13 minacce). Ma se in tanti fanno la faccia feroce e mostrano i denti, il risultato non è poi diverso da quello emerso dalle telefonate di Trani fra Berlusconi e il commissario dell’Authority tlc, Giancarlo Innocenzi: un buco nell’acqua. Nel 75 per cento dei casi di minaccia l’autorità di garanzia nelle comunicazioni infatti se la cava con un’alzata di spalle: archivia o dichiara manifestamente infondati i rilievi. In un caso su quattro invece interviene, quasi sempre per chiedere al presunto colpevole di sanare autonomamente la possibile violazione di parità di condizioni fra le forze politiche. Anche qui di solito la riparazione avviene subito. In caso contrario l’Autorità dà una bella tiratina di orecchie al colpevole e tutto finisce a tarallucci e vino. In pochissimi casi arriva davvero la punizione voluta da chi aveva minacciato. Si contano 12 casi dal 1994 (quando l’autorità non esisteva e c’era ancora il Garante unico). Sette volte la sberla è arrivata a Mediaset e cinque volte alla Rai. Si strapperà i capelli, ma la vera vittima delle minacce, non è Michele Santoro. Il più colpito da frustate dei politici concessori è infatti Emilio Fede con il suo straordinario Tg4, che dal 1994 ad oggi si è visto comminare sanzioni per 850 mila euro (con decisioni talvolta ribaltate in pretura o davanti al Tar). Il povero Santoro vale come vittima tanto quanto Irene Pivetti: 150 mila euro a testa. L’ex deputato leghista si è presa la sanzione minacciata in unica soluzione: nel 2006 per un programma su Rete 4. Santoro invece per fare 150 mila euro ci ha messo otto anni. I primi centomila sono arrivati nel 2001 per una puntata del Raggio Verde in cui aveva linciato senza contraddittorio Marcello Dell’Utri. Gli altri sono stati aggiunti nel 2009 per una puntata di Annozero punita per la presenza di Beppe Grillo che insultava senza freno il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il senatore Pd nonchè celebre oncologo Umberto Veronesi. Due uomini politici nati e cresciuti nel centro sinistra.

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