Il ballo del quaquaraquà




Camera, 10 ottobre 2013. Si discute del finanziamento pubblico dei partiti. Il deputato M5s Riccardo Fraccaro infiamma l'aula dando del "ladro" a tutti gli altri colleghi, che si incazzano. Sembra un dramma. Poi prova a buttarla sull'ironico il Pd Gianclaudio Bressa, che dice ai 5 stelle: "Siete solo chiacchiere e distintivo", come disse Robert-De Niro Al Capone nel film gli intoccabili. Si rischia la nuova rissa. Parla Riccardo Nuti, M5s, e ributta citando Leonardo Sciascia: siete solo "quaquaraquà!". E qui che si trasforma in farsa. Il deputato Pd Ettore Rosato non vuole incassare, però incespica con la lingua e accusa Beppe Grillo di essere un "qua-QUARA-quaquà". E a Montecitorio tutti iniziano a ballare con Romina Power il ballo del qua qua....

Alfano e il mitico Mentana




Ore 8, 05 di giovedì 3 ottobre. Diretta Tg la7, collegamento con Lampedusa. C'è il ministro dell'Interno, Angelino Alfano. Preoccupatissimo di chi conduce il tg che lo ospita...

La furia di Pannella su Epifani: "maiale, zozzone, avvoltoio"



La mattina di venerdì 13 settembre 2013 davanti a Montecitorio Marco Pannella ha partecipato a una manifestazione sull'eutanasia promossa dalla associazione Luca Coscioni. Nell'intervento il leader radicale ha avuto parole di fuoco nei confronti del segretario Pd, Guglielmo Epifani, cui contesta il radicalismo giustizialista mostrato in tv nei confronti della vicenda di Silvio Berlusconi, sui referendum promossi da Pannella e delle ipotesi di amnistia. A Epifani il leader radicale ha dato prima del "gran zozzone", poi del "maiale", infine dell' "avvoltoio", arricchendo così il già nutrito vocabolario zoologico della politica italiana.

Berlusconi dissanguato da Pdl e Forza Italia, si incazza con i suoi eletti morosi



Silvio Berlusconi si è letteralmente svenato per le sue due creature politiche nell'ultimo anno. A febbraio 2013 ha firmato un assegno personale da 15 milioni di euro per coprire una parte dei debiti della vecchia Forza Italia. Quei soldi sono subito stati girati però al Pdl, che si è visto saldare un vecchio debito azzurro da 14.807.342 euro. Ma non è bastato: ad aprile il cavaliere ha firmato un altro assegno da 2,8 milioni di euro girato al Pdl come “prestito infruttifero con scadenza 30 aprile 2014”. Come se tutto ciò non bastasse, il Cavaliere ha ancora garantito con fidejussioni personali da 102.720.617 euro i conti assai dissestati di Forza Italia, che nel 2012 ha chiuso un bilancio in rosso di 25,5 milioni di euro accumulando un disavanzo patrimoniale complessivo di 65,9 milioni di euro. Sempre Berlusconi ha aumentato le fidejussioni personali anche nei confronti del Pdl, portandole da 4 a 14,8 milioni di euro. I due partiti politici gli stanno costando un vero sproposito. E soprattutto le tasche del Cavaliere sono le uniche ad essere state svuotate: né dirigenti, né eletti, né elettori si stanno svenando per il leader del centrodestra. Per il Pdl sono addirittura tracollate le quote associative annuali: nel 2011 ammontavano a 13,7 milioni di euro, nel 2012 sono scese ad appena 40.710 euro. O nessuno si è più iscritto, o certo non ha pagato la propria quota. Stessa taccagneria da parte dei parlamentari Pdl. Tanto che a questo punto Silvio si è incazzato. E andrà a caccia dei portafogli degli eletti. Nel bilancio Pdl si annuncia infatti che “è impellente il recupero più ampio possibile degli arretrati dei versamenti mensili dovuti dai parlamentari e dai consiglieri regionali”.

Forza, taglia!


http://www.liberoquotidiano.it/blog/1271093/FORZA-TAGLIA.html


Dice il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni: “Vogliamo rilanciare l'economia riducendo le tasse su lavoro e imprese. Non possiamo farlo aumentando il debito, quindi dobbiamo ridurre le spese”. Siccome siamo in recessione, non si può tagliare gli investimenti: “Vogliamo ridurre”, continua Saccomanni, “le spese correnti ma non è un lavoro che consenta nel giro di poche settimane di reperire miliardi di euro come se avessimo la bacchetta magica”. Vero: ci vuole tempo per vedere i risultati di un taglio alla spesa. Infatti è per questo che immaginavamo che dal primo giorno le forbici di Saccomanni fossero già in azione. Invece deve esserci qualcuno che si è messo di traverso. Perchè il ministro spiega che oggi la spesa pubblica ammonta a 800 miliardi e tolti “redditi da lavoro, prestazioni sociali, interessi, spese in conto capitale, il totale su cui si può lavorare ammonta a 207 miliardi di euro”. Micca noccioline: in una somma così ci sarà abbastanza panna cui attingere, no? Però... Sì, c'è un però che fa capire lo stesso Saccomanni: “analizzeremo i tipi di spesa su cui intervenire più rapidamente, ma sia chiaro che i tagli indolori non esistono”. E ancora: “nessuno si illuda che vengano fuori spese misteriose da tagliare senza che nessuno protesti”. Ecco, se il ministro dell'Economia mette le mani avanti così, significa che fino ad ora qualcuno le ha già messe davanti alle sue forbici per fermarle. Noi quel qualcuno lo conosciamo bene, perchè sono anni che ci sgoliamo per fermare il partitone della spesa pubblica. E' la sinistra che in quella panna è sguazzata in questi anni, costruendo sulle tasche di tutti gli altri italiani carriere politiche e sindacali personali, gruppi di potere e di consenso. Poi certo, il partito della spesa pubblica ha una sua trasversalità: ma il suo cuore è li, al centro del bandierone rosso.
E' per questo che oggi viene voglia di gridare a Saccomanni: “Forza, taglia!” E non sarebbe male che l'urlo, la spinta, l'affiancamento al ministro senza se e senza ma venisse proprio da chi oggi desidera ridare vita a “Forza Italia”. Perchè quel programma “meno tasse” e “via la panna della spesa pubblica”, era proprio alle origini di quel movimento nel 1994. Dunque, Forza, taglia! E taglia per ridare una possibilità a questa Italia.
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Vista la necessità assoluta di non piegare ulteriormente i cittadini di questo Paese dopo l'anno e mezzo che hanno passato, avremmo voluto Enrico Letta e i suoi ministri con quelle forbici in mano a tagliare e ritagliare giorno e notte dai primi di maggio per trovare quelle risorse fondamentali con cui abbassare una pressione fiscale ormai intollerabile e rimettere qualche soldo nelle tasche di cittadini e imprese invece che in quelle dei pochi privilegiati che oggi vivono e si arricchiscono con quella panna. Ma non è ancora così tardi, e se quel “però” ripetuto da Saccomanni è un Sos lanciato per avere una mano con chi lo ostacola dentro maggioranza e governo, eccola qui la mano tesa. Tagliare si può, e qualsiasi dolore è lenito da un utilizzo saggio di quelle risorse ottenute. Tagliare si può anche in breve tempo, e su questo una vera lezione l'ha data durante il governo di Mario Monti il suo commissario alla spending review, Enrico Bondi. E' grazie ai suoi tagli che è stato evitato per sempre (non per tre mesi) un aumento dell' aliquota intermedia Iva dal 10 all'11%. Ed è stato spostato e coperto per un anno (non per tre mesi) anche l'aumento dell'aliquota ordinaria Iva dal 21 al 22%. Bondi mica disse che era impossibile, che poi qualcuno gli avrebbe fatto il broncio. In pochissime settimane ha guardato che cosa si spendeva, e ha tagliato. Può avere sovrastimato quella riduzione, che però ha funzionato per quasi 8 miliardi di euro strutturali. Quindi si può. E si deve:la panna è ancora molta, e perfino il risultato del governo Monti (che pure c'è stato) si è rivelato timido: nel 2012 la spesa pubblica si è ridotta di mezzo punto di Pil finalmente andando in contro-tendenza, ma il Pil si è impoverito di più scendendo del 2,4%. Anche quel taglio dunque è stato modesto. C'è tanto spazio, anche per non fare diventare distorsione della spesa pubblica qualche nuova protezione sociale che doveva essere temporanea (come quella della cassa integrazione in deroga). E allora, forza Saccomanni. Forza, taglia!

Il terribile dubbio della Boldrini: che mi metto al gay pride?



Laura Boldrini parteciperà per la prima volta al gay pride di Palermo insieme al ministro Josefa Idem. Con un dubbio in testa: come vestirsi per una sfilata così variopinta? Il guardaroba del presidente della Camera in questi tre mesi è sembrato assai austero, con poche variazioni sul tema. Uniche eccezioni: sciarpe e pashmine dai colori cangianti e soprattutto la vera passione della Boldrini: gli orecchini. A vedere le foto nelle occasioni ufficiali, il presidente della Camera ne deve avere una collezione importante, assai simile a quella di scarpe che rese celebre Ia first dittatrice delle Filippine, Imelda Marcos. Non le sarà difficile trovare quello adatto al gay pride...


Quei 180 dipendenti se li paghino i Pd di Roma

Il governo di Enrico Letta si fa bello abolendo il finanziamento pubblico ai partiti. E' in gran parte falso, ma comunque ipocrita. Primo perché soldi pubblici arriveranno ancora per tre anni. Secondo perché ai partiti è dato un premio speciale. detrazioni al 52% per chi dona loro fino a 5 mila euro. Tanto per capirci quei 5 mila euro donati alle Onlus consentono una detrazione oggi del 19%, dall'anno prossimo del 26% (la metà esatta). E' ingiusto: i partiti OCCUPANO lo Stato, le Onlus si sostituiscono allo Stato dove colpevolmente manca. Di fronte a questa cinghia fasulla da tirare il tesoriere del Pd, Antonio Misiani, ha trovato l'uovo di Colombo: con la scusa dei soldi pubblici che mancano, ha annunciato a 180 dipendenti del partito che li manderà in cassa integrazione. In deroga, naturalmente: 18 mesi di stipendio pagati tutti dai contribuenti italiani. Così che cambia? Io un'idea ce l'ho: quei 180 dipendenti siano stipendiati tutti dai circa 60 parlamentari del Pd (Enrico Letta compreso) che vivevano a Roma già prima di essere eletti. Prendono 3.500 euro al mese di diaria per le spese di soggiorno a Roma (che non hanno) e 1.100 euro al mese di rimborso taxi per raggiungere l'aeroporto e volare a Roma (per loro grottesco). Con quei soldi si pagano almeno 120 dipendenti del Pd...

Il giurista più amato da Travaglio e Grillo: Berlusconi? Eleggibile!





Silvio Berlusconi è eleggibile, perché ormai è stata interpretata così la famosa legge del 1957. E non una, ma due volte. Quelle pronunce della giunta per le elezioni nel 1994 e nel 1996 (poi ripetute nel 2002 e nel 2006) fanno ormai giurisprudenza e integrano quella legge, rendendo inutile la discussione. A chiarirlo è stato- nel silenzio generale, Gustavo Zagrebelsky intervistato da Piazza Pulita. Una vera sorpresa, perché Zagrebelsky è amato (oltre che dal Pd) sia da Beppe Grillo che da Marco Travaglio, che lo volevano al Quirinale per la sua indipendenza. Proprio i due che volevano fare fuori Berlusconi con quella leggina sono stati "fregati" da quello che apertamente hanno definito "il più grande giurista italiano".

Il bluff di Grillo: M5s si è innamorato del Porcellum




Ogni volta che ne ha parlato Beppe Grillo è stato tranchant. L’ultima volta è accaduto domenica 21 aprile a Roma, durante la conferenza stampa alla Città dell’altra economia. “Legge elettorale?”, si è chiesto il portavoce nazionale del Movimento 5 stelle, “tutti parlano di legge elettorale, ma ci si può mettere d'accordo in un attimo: i tre gruppi principali si riuniscono e abroghiamo il Porcellum (...) Ci mettiamo mezz’ora, poi andiamo a votare con la legge precedente”. E invece mercoledì 24 aprile il Movimento 5 stelle ha presentato in Senato la sua proposta di legge elettorale. E a sorpresa la legge preferita è proprio il Porcellum, sia pure corretta in un solo punto, grazie all’introduzione di una preferenza. Il disegno di legge porta il numero 452, ha come primo firmatario il capogruppo M5s a palazzo Madama, Vito Antonio Crimi ed è controfirmata in ordine alfabetico da tutti i senatori del gruppo: da Alberto Airola a Giuseppe Vacciano. Il disegno di legge di fatto è composto di due parti. La prima serve a modificare il decreto legislativo sulla incandidabilità che Mario Monti ha varato lo scorso 31 dicembre. La seconda parte del ddl di fatto opera nel dettaglio una sola modifica al testo di legge del tanto vituperato Porcellum. La legge elettorale infatti resta in tutti i suoi punti fondamentali quella ideata da Roberto Calderoli e attualmente in vigore. Resta il premio di maggioranza alla Camera senza l’introduzione di alcuna soglia, grazie a cui anche avendo il 25% o meno dei voti si può più che raddoppiarne la rappresentanza che diventa del 55%. Resta identico il sistema elettorale al Senato della Repubblica, con quel rischio di non assegnare a nessuno la maggioranza relativa dei seggi rendendo ingovernabile il Parlamento. La modifica riguarda l’introduzione del voto di preferenza: nella scheda elettorale del Porcellum a fianco di ogni simbolo di partito sia alla Camera che al Senato sarà inserita una riga per esprimere una sola preferenza, scegliendo uno dei candidati inseriti nella lista. Votando quel candidato si voterebbe il suo partito automaticamente anche senza inserire crocetta sul simbolo.
La modifica alla legge Monti sulla incandidabilità riguarda due estensioni della normativa. Una per tutti i parlamentari che hanno già alle spalle due legislature, e che non potrebbero più essere candidati (di fatto si estenderebbe a tutti i partiti la regola che vale per M5s). La seconda per tutti “coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva per delitto non colposo ovvero a pena detentiva superiore a mesi dieci e giorni venti di reclusione per delitto colposo”. Questi 10 mesi e 20 giorni sarebbero la pena minima comminata http://www.senato.it/documenti/repository/leggi_e_documenti/ultimi_atti_stampati/mer/452.pdftenendo conto degli sconti di legge e delle attenuanti per l’omicidio colposo “quando il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro”.
Questo Porcellum sposato a tradimento dal M5s (perfino ieri la loro delegazione ha chiesto provocatoriamente a Enrico Letta perché non viene abrogata la legge-porcata) indica come a Grillo in realtà interessi quel premio di maggioranza abnorme, che consentirebbe in caso di vittoria di governare da soli senza alleanze. Basta la preferenza, che è più democratica. Crimi prima spiega che “l’eliminazione del voto di preferenza ha anche favorito l’elezione di persone condannate per la commissione di reati”. Poi però ammette la regola della democrazia: “Se la nostra fosse una società di corrotti e delinquenti, allora sarebbe giusto che anche in Parlamento sedessero corrotti e delinquenti”.

Una storica Velina rossa

Di fronte alla decisione del PD di candidare Romano Prodi oggi una storica Velina rossa di Pasquale Laurito. Soprattutto per l'incipit. Eccola:

"Meno male che Silvio c'è , e Silvio ci sarà !". Questo e' il solo commento che si può fare di fronte all'Europa.time decisioni del PD di candidare il professore Romano Prodi alla presidenza della Repubblica, non rendendosi conto che questa candidatura provocherà una spaccatura nel Paese. Le elezioni potranno arginare i vari populismi che ormai sono penetrati nei partiti più seri e in particolare modo nel centrosinistra. Chi ha condotto finora in modo disastroso le operazioni del PD dovrebbe sentire il dovere, dopo avere fatto come si diceva una volta autocritica, di cedere ad altri la guida del PD. Non può il sindaco di Firenze risolvere i problemi del Paese che sono grandi e non si riducono ai quartieri fiorentini. Si pretende la lotta politica e n voti chiaro: in questo momento dobbiamo sottolineare che l'unica formazione che abbia connotati politici e' proprio il fronte del Cavaliere"

E Renzi festeggia con il cinema hot di Seul


Matteo Renzi sa come usare il fisco per fare ripartire l'economia. Con delibera della giunta comunale di Firenze pubblicata nell'albo pretorio il 15 aprile scorso, è stato approvata una griglia di sconti fiscali per il tradizionale Festival del film della Corea del Sud giunto ormai alla sua undicesima edizione. Il povero Renzi probabilmente non ha visto il cartellone di quest'anno, in grado di fare arrossire più di un boy scout come lui per la nutritissima sezione del film erotico. A cui è stata concesso uno sconto Cosap dell'80%, e il dimezzamento di tutte le tasse su pubblicità e affissioni. Decisione saggia, perché i film erotici coreani hanno fatto un vero e proprio boom quest'anno, con sale sempre piene, applausi e richieste di bis. 

Quell’amore che brucia nel vuoto lasciato dai padri




Come una fiamma, che avvolge e brucia. E un secondo dopo sei già cenere. Una vampata, due ottobre 2012. Julia e Valerio sono fidanzati. Amore subito che scoppia a venti anni. Che non si tiene, esplode in piazza. Anche sulla piazza virtuale di questi anni, la bacheca Facebook. Julia con i suoi cuoricini. Julia che lo chiama “patatino”, “piccolo dolce koalino”. Valerio che le grida “Amoreee da morireeeee”, con l’eco di cento e che fanno divampare più forte, davanti a tutti quel sentimento. Tre mesi di fiamma. Brucia e subito si spegne. Ancora una vampata. Due febbraio 2013, Julia e Alessandro sono fidanzati. Pioggia di foto insieme. Lei che giocherella con il piercing sulla lingua che sporge sbarazzina. Lui che mostra muscoli e tatuaggi, per cui si sente uomo. Alessandro è un capo, e si vede. Pieno di amici. Sono tutti amici del cuore, perché anche l’amicizia brucia a venti anni oggi. Lo chiamano “Matto”, “Big”, “Toro”, qualcuno più affettuoso “Fratè”, si capisce che non è un tipo comune. Il fuoco con Julia divampa. Lei è poco più di una ragazzina, ma le fiamme trasformano, e ci si sente donna subito. Capelli biondi, capelli bruni. Foto di donna, biancheria intima sfoggiata come una grande attrice, baci vissuti, muscoli del tuo amore mangiati con gli occhi. Ci si sente grandi. Ma si è ancora piccoli, a riempire bacheche con frasi che ruberebbe la Perugina per i suoi nuovi baci. 

Sei mesi, due grandi amori. Fiamme che bruciano e si spengono. Una notte di fine marzo, sono le 3 appena scoccate, tutto in cenere. Un uomo mascherato butta giù la porta di casa, tira giù dal letto Julia e Alessandro. Lui reagisce, un colpo di pistola lo brucia per sempre. Una spranga sulla testa di Julia, colpo di pistola che la ferisce di striscio, poi si inceppa, lei urla e il mostro scappa. Quel mostro- dice la polizia- è il padre di Valerio, che l’ha mandato lì così armato. Vendetta per l’abbandono. Per un fracco di botte ricevute da Alessandro qualche giorno prima. Fiamma, e poi fiamma. Sei mesi ed è già cenere. E lacrime. Julia che ogni giorno scrive sulla bacheca di Alessandro: “Amore… ora sono io la tua guerriera”, “abbiamo combattuto e continueremo a farlo mano nella mano”, “la morte non è niente, sono solamente passato dall’altra parte”, “lasciami credere che ritornerai, angelo mio…”. Julia, e tutti gli amici. Quella bacheca Facebook è diventata la Spoon River dei nostri anni. Si riempirà e riempirà, nessuno potrà cancellare, e poi anche quella sarà cenere. Il fuoco di un’epoca che brucia così in fretta, fa esplodere e divampa ancora. A venti anni così si sono già vissute cento vite.


Il dramma di Perugia è una storia antica, d’amore e morte. Tragedia greca o scespiriana. Raccontata in ogni epoca: furono i grandi poeti, oggi sono i vincitori di X factor. Ogni tempo ha il suo fuoco. Oggi avvolge una notte con la ragazza, un peluche da coccolare, il nuovo foro sulla lingua, qualche gioco alla play, dove sfogare tutto, quel che non hai, quel che non sei. Eppure anche oggi li leggi e trovi le trac benedette di cuori che palpitano. Attraversano quella banale quotidianità passioni mortali, perchè totalizzanti, sostitutive di un tutto che manca. Palpitano di desideri, e il desiderio più grande è l’infinito, il per sempre. Mai. Mai ti dimenticherò. Dimmi che potrò rivederti. Se c’è un grido più forte di questo. Che sia vinta la morte. E’ il grido di Orfeo, che scendeva agli Inferi per strappare al buio la sua Euridice.  Non importa che duri tre mesi: è un per sempre, non  un per un poco.  Il poco non basta. Scriveva Alessandro che “la sofferenza è un lampo... la bellezza della vita dura per sempre...”. Anche se la fiamma brucia subito, in loro non è morto il desiderio che arda per sempre. Non è quello che manca. Il vuoto non è nelle loro bacheche facebook, in quella giovinezza che gioca subito a farsi adulta. Il vuoto è quello della generazione di noi padri. C’è un solo padre in questa tragedia, ed è quello che impugna la pistola per vendicare la scazzottata subita dal figlio. Il nostro è un vuoto, e non siamo capaci di capire. Guardiamo i ragazzi e ci sembrano così mancanti di energia, volontà, ideali, impegno.  Ragazzi che  fanno notizia solo quando esplode  il loro istinto, quando ogni cosa intorno esalta l’istinto e una libertà che è fare e avere quello che vuoi. Eppure questi ragazzi che al vuoto dei padri appaiono così sentimentali e leggeri, non scenderanno nel gorgo muti. Parlano, con parole che stringono l’anima, scrivono, chiedono, gridano. Bruciano. I muti siamo noi

La Boldrini parroca per piacere: nel 2011 si è comprata una Chiesa con la santa dentro




Laura Boldrini non è solo presidente della Camera dei deputati. Dal 15 giugno 2010 è anche comproprietaria di una chiesetta nelle Marche, nel paesino di Mergo, provincia di Ancona. Quel giorno ne è diventata comproprietaria insieme al fratello Ugo, acquistandola per un prezzo top secret dalle due azioniste precedenti, Margherita Marina e Laura Cenci firmando l’atto davanti al notaio Federica Carbone di Jesi. Al registro del catasto si spiega solo che “l’atto ha ad oggetto il trasferimento della quota di due sesti della chiesa privata aperta al pubblico denominata Chiesa di Santa Marciana, in passato denominata chiesa di Santa Maria santissima delle Grazie, e già al servizio del fabbricato sito in Mergo, via Castellaro, denominato palazzo Borgiani”. Mergo è il paese dei Boldrini, che per lunghi anni hanno vissuto a Jesi, e non è strano che l’acquisto sia stato compiuto lì. Il fratello del presidente della Camera, Ugo, è anche consigliere comunale lì. La curiosità è stata però quell’acquisto: la chiesa è piccolina (quattro file di banchi), fu costruita alla fine del Settecento e inizialmente dedicata a San Placido. Grazie a una serie incredibile di giri, e al formale intervento del vescovo di Camerino dell’epoca, in quella chiesetta fu portato il corpo di Santa Marciana vergine, martire in Mauritania nel quarto secolo dopo Cristo, durante le persecuzioni di Diocleziano. Il corpo è integro, non si tratta di reliquie, e la santa è da secoli venerata in zona. La chiesetta che inizialmente apparteneva alla famiglia Borgiani, proprietaria dell’omonimo attiguo palazzo, deve quindi restare aperta sia al culto (è consacrata), sia alla venerazione che i fedeli hanno per la santa martire. Che intenzioni avessero i Boldrini con quell’acquisto, è davvero difficile sapere. Perfino in loco non era nota quella comproprietà. Vero che pochi mesi dopo quell’acquisto di parte della chiesetta è stato completato dai fratelli Laura e Ugo con l’ottenimento della piena proprietà di terreni limitrofi, in parte venduti loro dalla provincia di Ancona che ne era titolare. E’ possibile che i Boldrini siano devoti o particolarmente affezionati a Santa Marciana, e abbiano voluto proteggere quel luogo e il corpo stesso della santa con il loro investimento. Possibile anche che abbiano piani di sviluppo dell’area, grazie alla nuova proprietà dei terreni. Vero però che all’acquisto non è seguito alcun altro atto, e nemmeno risulta una domanda di cambio d’uso al comune di Merge. Difficile anche presentarla, visto il possibile conflitto di interessi del fratello dell’attuale presidente della Camera. Il ruolo politico di Ugo nel recente passato aveva già causato qualche problema anche per un atto ben più banale: la concessione della cittadinanza onoraria alla Boldrini, presentata da un gruppo consiliare e poi restata nel cassetto mentre altri comuni limitrofi si strappavano a suon di cerimonie l’onorificenza da consegnare all’allora alto funzionario Onu, molto popolare in zona viste le sue numerose presenze televisive. Così la Boldrini è diventata cittadina onoraria di Jesi e del piccolo comune di Monteroberto, sempre nella stessa zona.
La comproprietà della chiesetta si aggiunge al patrimonio di famiglia. Il presidente della Camera divide con il fratello molti terreni a Mergo dove si è comprata nel 1997 anche una bella e grande casa da 16 vani. A Roma invece la Boldrini è proprietaria insieme alla figlia Anastasia Nicosia (avuta dal giornalista Luca Nicosia) di un bell’appartamento da 6,5 vani subito sotto il Gianicolo.

Ecco la storia della Santa della Boldrini:
Santa Marciana vergine, la martire il cui corpo oggi è indirettamente controllato dal presidente della Camera Laura Boldrini e da suo fratello Ugo, nacque nel quarto secolo dopo Cristo a Russucur di Mauritania. Si convertì giovanissima al cristianesimo e prese il voto di verginità, trasferendosi a Cesarea nella stessa regione. La sua battaglia contro il paganesimo le costò alla fine la vita. Nella pubblica piazza di Cesarea amputò un braccio alla statua di Diana, chiedendo agli abitanti del luogo di non venerare più i falsi dèi. Quelli la presero assai male, e dopo averla presa a sassate la fecero arrestare e portare davanti al giudice. Prima fu presa a verberate, poi la pena decisa fu quella di infamarla facendole perdere quella verginità che difendeva con il suo credo. Santa Marciana guardò in faccia il giudice che la condannava, urlandogli di adorare Gesù Cristo e abbandonare gli idoli. Fu consegnata a un gladiatore di nome Flammeo perché la violentasse. Quello non si fece ordinare la cosa troppe volte, anche per Marciana era giovane e assai graziosa. Ma quando tentò di afferrarla andò a sbattere contro un muro invisibile che per miracolo si frappose fra lui e Marciana. Il gladiatore ne fu tanto sorpreso da gettarsi in ginocchio davanti alla Santa, chiedendo perdono e convertendosi a quel Dio così potente. Lei gli promise che presto sarebbe stato uomo libero, e non più schiavo. La storia del miracolo arrivò però alle orecchie del giudice, che non si arrese affatto. Consegnò Marciana a un latro gladiatore, con lo stesso ordine: “Falle perdere la verginità”. Ma non ci fu nulla da fare: ogni volta che si avvicinava a lei, ecco sorgere dal nulla il muro che lo impediva. Furono cambiati quattro gladiatori, e quattro muri miracolosi protessero la verginità di Marciana. Il giudice furibondo la condannò allora ad essere sbranata dalle fiere nell’arena di Cesarea. Per il grande spettacolo- era il 9 gennaio- a furore di popolo fece impalare in mezzo all’arena Marciana liberando un leone affamato e furioso. In occasione di quella esecuzione che venne presa come una festa, il giudice rese libero il gladiatore Flammeo, realizzando la profezia della santa. Il leone si avvicinò a Marciana, la annusò e se ne andò via scodinzolando. Rabbia e furore del giudice, che la condannò ad esser incornata da un toro. Altra festa nell’arena , altri gladiatori liberati, Marciana legata al palo e il toro che scalpitava. Corsa furiosa e incornata: questa volta la ragazza fu colpita e ferita in una mammella, facendo sgorgare fiotti di sangue. Ma quel taglio miracolosamente si cicatrizzò in pochi secondi, e al giudice per poco non venne un colpo. Ma non si arrese: fece di nuovo legare Marciana e chiese di scatenare un leopardo. Fu la santa a questo punto ad alzare gli occhi al cielo e gridare: “Io vi vedo, Signore. Io vi seguo. Ricevete l’anima della vostra serva. Siete stato con me nella prigione, e avete difeso e conservato la mia castità”. Il leopardo a quel punto le saltò addosso azzannandole la gola, e Marciana spirò così vergine e martire.
Venerata fin dai primi secoli, fu portata a Toledo per essere imbalsamata, e lì rimase per secoli fino a quando il suo corpo fu acquistato dal vescovo di Camerino e portato nella chiesetta che sarebbe diventata di Laura Boldrini, presidente della Camera dei deputati