MITRAGLIETTA IN SPALLA, IL CIARRA SBARCA AD ANZIO

Inizia questa sera la campagna elettorale di Giuseppe Ciarrapico. Che presenterà il suo programma sbarcando ad Anzio e ricombattendo a Cassino. L'editore abruzzese di rito ciociaro, candidato al Senato al posto numero 11 della lista del Popolo della Libertà nel Lazio sud, infatti ha deciso di esordire in un posto simbolo come il Museo di Piana delle Orme (www.pianadelleorme.it) alle porte di Latina, dove sono raccolti tutti i più grandi cimeli della storia della bonifica pontina, della prima e della seconda guerra mondiale. Lì c'è il carro armato più richiesto nella storia del cinema, quello utilizzato nelle riprese de "Il paziente inglese" e de "La vita è bella". Sceneggiati pure le battaglie di Montecassino e lo sbarco ad Anzio. Ciarrapico è un appassionato collezionista militare. Se volete farlo felice, regalategli qualche soldatino raro... Di truppe avrà bisogno comunque per entrare in Senato. Con i sondaggi attuali il Pdl potrebbe perdere nel Lazio, e il Ciarra resterebbe tagliato fuori. Pronto a fare il tifo per un ingresso nel govermo di Lamberto Dini e Marcello Pera che- dimettendosi- gli lascerebbero il seggio...

E' L'ENI L'ARMA SEGRETA DI BERLUSCONI SU ALITALIA

Esiste o non esiste una cordata tutta italiana per l'Alitalia? Silvio Berlusconi ha lanciato il sasso in campagna elettorale, e a molti è apparsa una boutade. Ma il Cavaliere sta pensando davvero a un'alternativa seria alla soluzione Air France. In campo resta sempre il duo Banca Intesa-Air One, ma l'idea del leader del Popolo della Libertà è quella di affiancare altri istituti bancari (Unicredit-Capitalia, Banca popolare di Milano) qualche imprenditore noto (Luciano Benetton) e soprattutto l'Eni guidato da Paolo Scaroni, che ha le risorse finanziarie necessarie, è il gruppo portabandiera dell'Italia nel mondo e non è del tutto estraneo al business. Sia pure su piccola scala l'Eni possiede già una piccola compagnia di bandiera per i voli privati. Una mini-flotta che effettua servizi interni ma che affitta voli anche al management delle principali aziende italiane e ai privati che lo richiedono. Dell'ipotesi- secondo quanto rivelato da Berlusconi in privato- si è già fatto cenno a Scaroni, il manager che prima del cavaliere ha lanciato la moda del "tutti senza cravatta". Non si sa con quanto entusiasmo l'idea sia stata accolta dal diretto interessato. Ma è probabile, che a poche settimane dal rinnovo delle cariche in Eni, non sia arrivato un "no" scortese e roboante...

Ma sì che c'è un vero fascista in lista con Veltroni!

Sull'onda del caso Ciarrapico e spingendosi a una di quelle affermazioni apodittiche che mai si devono fare, tanto meno in politica, Dario Franceschini aveva sfidato chiunque a trovare un nostalgico del fascismo in lista con il Pd di Walter Veltroni. E ha perso la scommessa: c'è un fascista dichiarato, coordinatore nel Lazio di Alternativa sociale, partito di Alessandra Mussolini. Si chiama Paolo Arcivieri e corre per il Pd nel municipio VI di Roma-. L'ha pizzicato nelle liste depositate E polis, raccontando anche i sette mesi di galera che Arcivieri si è fatto nel 2006 non per apologia di fascismo ma per l'inchiesta sugli irriducibili della Lazio che ricattavano il presidente Claudio Lotito. Ora la candidatura, pare dovuta alla ex Margherita e a Giulio Pelonzi, consigliere comunale rutelliano di fede laziale, crea imbarazzo. E si sostiene che se anche eletto Arcivieri rifiuterò l'incarico. Ma come è finito in quel posto? E quale controllo c'è sulle liste in casa Pd?

CIARRAPICO, IL PAPISTA ANTI-PAPISTA

Giuseppe Ciarrapico ha annunciato urbi et orbi nel week end di non essere fascista, ma "papista e ghibellino", e così tutti i giornali hanno riportato, sintetizzando una intervista concessa dal futuro senatore del Pdl a Petrus, sito non ufficiale dei Ratzinger boys. Nessun giornale si è chiesto come si potesse essere allo stesso tempo anti-papista (ghibellino) e papista. Lunedì 17 marzo però il sito Petrus e il suo condirettore Bruno Volpe hanno corretto l'intervista a Ciarrapico, titolandola: "sono papista e guelfo". Lo stesso Volpe spiega che cosa è accaduto...

CASINI RIVELA I SEGRETI DEL VELTRUSCONI

Lui li ha visti da vicino per anni. Coverà qualche risentimento, ma è un testimone attendibile. Pierferdinando Casini sostiene di sapere già cosa accadrà dopo il voto del 13 e 14 aprile. Non usa toni di propaganda. Parla di governissimo, di un patto già scritto fra le vere eminenze dei due leader che stanno facendo campagna elettorale: Gianni Letta e Goffredo Bettini. Un accordo alla base della decisione di Walter Veltroni e Silvio Berlusconi di correre quasi da soli. Con gli altri, compresa l'Udc, alla finestra: «Se si penserà al bene del paese, ci saremo. Se il patto riguarda solo loro, faremo i cani da guardia. Vigileremo». In una lunga intervista a ItaliaOggi il leader dell'Udc si candida anche ad alfiere dei cattolici... La campagna elettorale è appena all'inizio, ma sembra iniziata da mesi. «Sono stanchissimo...», si sfoga Casini nel suo ufficio a Montecitorio, «ogni giorno un incontro. Sicilia, Lombardia, Bruxelles. E di notte non si dorme...». La moglie, Azzurra, è avanti nella seconda gravidanza. Alle cinque del mattino il piccolo sveglia tutti ancora prima di nascere. Si accumula sonno, e lo sforzo non era previsto. «Ma ormai è acqua passata. Inutile polemizzare». Il quorum è certo alla Camera. Per il Senato al momento sicuro in Sicilia «probabile in Campania, forse in Puglia. Possibile in Veneto o Lazio». Si punta al Senato, perché lì l'Udc (in lista tutti cattolici sicuri) potrebbe diventare determinante per la Chiesa, che in qualche modo è divenuta grande sponsor di questa avventura. Qualche giorno fa, prima di combinare l'intervista, Casini telefonò per replicare a una prima pagina di Italia Oggi che non gli era piaciuta. Cortese come sempre, si era lasciato andare: «Berlusconi aveva immaginato di schiacciarmi. Ora anche lui ha capito che non era possibile...». La rabbia giorno dopo giorno è svanita. Gli errori compiuti dai due padroni della campagna elettorale con la presentazione delle liste, e soprattutto quell'intesa che li costringe a correre paralleli senza mai graffiare aprono un'autostrada inattesa al piccolo centro che non aveva ottenuto la legge elettorale necessaria a diventare l'ago della bilancia. Nell'intervista (che sarà trasmessa anche su Class Cnbc) il leader Udc spiega naturalmente il programma, offre qualche retroscena gustoso delle ultime settimane, non si tira indietro quando si tratta di dare i voti alla campagna elettorale degli avversari. Sembra sincero, e non è poco. Non è un male che riesca a sopravvivere anche al grande patto...

Università di Siena? Mezza bugia di Silvio. Battuto da Walter che non azzecca la verità su nessuno dei candidati del Pd. ECCO LA SFIDA DELLE PATACCHE

Non esiste il rapporto dell'università di Siena che Silvio Berlusconi ha sventolato più volte in questo inizio di campagna elettorale vantandosi di avere una certificazione «di sinistra» sulla realizzazione dell'80% delle promesse elettorali del 2001. O meglio, esiste, è fatto da un centro di studi sulla politica collegato all'università di Siena (finanziato dal 2002 dal governo italiano), non ha professori di sinistra fra i ricercatori, e dice che nei suoi anni di governo Berlusconi ha portato in consiglio dei ministri l'80% dei provvedimenti promessi. Ma gran parte non sono diventati legge, e quindi non sono stati realizzati. Uno spot-patacca. Come quelli di Walter Veltroni sulle false candidature (...)Il leader del partito democratico aveva infatti promesso quote rosa-boom nelle sue liste, poi ha infilato in fondo la gran parte delle candidature femminili, trattandole peggio della servitù. Così si è preso i fischi dall'intera Milano di centrosinistra, città abituata a un sindaco donna, a un presidente di Assolombarda donna, a quote rosa nelle grandi aziende. E oggi scandalizzata a leggere i nomi presentati dal Pd per il Senato, dove sì e no si legge il nome della raccomandatina di turno o della poetessa svampita prestata alla politica. Clamoroso lo scivolone dello stesso Veltroni, che ha voluto presentare personalmente due sole candidate-simbolo: Loredana Ilardi, precaria di Palermo e Franca Biondelli, infermiera turnista di Borgomanero. Le ha presentate così: «Avere 33 anni e guadagnare 700 euro al mese è lo specchio di un paese dove la precarietà è la prima emergenza sociale. Precarietà non ha nulla a che vedere con la flessibilità ma va affrontata e risolta perché é un dovere...». Poi è saltato fuori che la Ilardi precaria non era per nulla: assunta a tempo determinato, ma con un part time di 4 ore al giorno che giustificava ovviamente i 700 euro al mese. E la Biondelli, donna-simbolo delle lavoratrici, al posto di lavoro non metteva piede dal lontano 2002, quando chiese ed ottenne il distacco sindacale, per altro essendo anche eletta in consiglio comunale. Due bugie, dunque. Come quella (a metà) di Berlusconi. E uno che fa? Chiede scusa, spiega di non essere stato ben informato? Macchè. Veltroni, livido di rabbia, si è vendicato sulle poverette: zitto zitto ha fatto slittare la Ilardi dal secondo al nono posto nelle liste in Sicilia. La Biondelli invece all'ottavo e ultimo posto in Piemonte. In fondo, una volta vendute al pubblico, le patacche non riguardano più chi le ha messe in commercio...

PD, ce ne era uno bravo. Ma non è una segretaria. A casa!

Paolo Gambescia è stato direttore dell'Unità, del Mattino, del Messaggero. Dopo una vita da giornalista Piero Fassino e Walter Veltroni due anni fa gli chiesero il grande salto, in politica. Eletto a Montecitorio si è rimboccato le maniche come un ragazzino al primo giorno di scuola. Ha studiato, ascoltato consigli, lavorato. Di 630 deputati è risultato l'11° per presenze in aula, il settimo dell'Unione: ha partecipato al 99,25% delle sedute. Entrato in commissione giustizia è stato relatore dei provvedimenti più delicati, come quello sulle intercettazioni. Un deputato modello, uno dei 100 panda da salvare proposti dai lettori di ItaliaOggi. Bravo. Quindi se ne torna a casa, perché Veltroni non l'ha ricandidato . Ad ascoltare dal diretto interessato anche i modi della liquidazione, senza una telefonata, senza il coraggio di una spiegazione, ben si comprende cosa ci sia dietro ai finti sorrisi in tv e al bon ton bipartisan che doveva fare svoltare questa campagna elettorale. Solo un romanticone un po' ingenuo come Gambescia poteva fidarsi e affidarsi alle moine di questa nuova politica patinata, senza intravedere dietro i sorrisi di circostanza la più tipica dentatura da pescecane. Intendiamoci, Gambescia tornerà a fare il giornalista e fra poco si godrà la meritata pensione (è nato nel 1945), non siamo qui ad occuparci di nuova disoccupazione. Il suo caso però non è isolato. Basta scorrere le liste elettorali del partito democratico e fra un capatàz da salvare con le deroghe alle rigidissime regole di partito, fra una giovane carina e di buoni salotti, un industriale di buona famiglia, una precaria che tale poi non era, una lavoratrice che non lavora da sei anni, una ragazzina fresca di laurea, una portaborse, una figlia del notabile di turno, beh, si fatica a trovarne anche uno bravo e competente. Si contano sulle dita di una mano, il migliore in quelle liste è Giancarlo Sangalli, una vita spesa nella Cna, un curriculum manageriale che pochi possono vantare in Italia, e una passione politica non comune. Portare in Parlamento una squadra così è rischio non piccolo, un dramma in caso di vittoria elettorale: quasi nessuno padroneggerebbe i segreti del palazzo, sarebbe a conoscenza dei regolamenti parlamentari, potrebbe lavorare con profitto. Fra qualche ora saranno rese pubbliche anche le liste del Pdl, che finora ha seguito belletto dopo belletto la grande incipriata di Veltroni. Con un parlamento del genere, molto antipolitico, finalmente si riuscirà a fare peggio. E non era facile...

Compagni, dàglie addosso ad Alitalia che con i suoi ritardi mi fa perdere la Juve!. Un ritratto di Walter da La Stampa del maggio 1997...

La Zingarata di Veltroni ( a La stampa del 20/05/1997, pagina 3) ROMA. L'idea con cui domenica si e' messo in viaggio per Torino era quella della scampagnata fuori porta, insieme a tutta la famiglia, con il pretesto della partita Juventus- Parma, il match dello scudetto. Anzi, con le persone che ha incontrato nella sala d'attesa dell'aeroporto di Fiumicino, il vicepresidente del Consiglio Walter Veltroni l'ha definita una "zingarata". Erano li', per lo stesso motivo, il vicedirettore del Tg5, Lamberto Sposini, e un altro telegiornalista, Piero Marrazzo del Tg2. Convenevoli e battute di circostanza fino a quando il personale dell'aeroporto non informa i passeggeri del ritardo Alitalia. A questo punto tutti i presenti si innervosiscono per il timore di non arrivare in tempo alla partita dell'anno. Anche lui, il vicepremier, non e' da meno. Tanto che ai giornalisti presenti chiede: "Ma perche' non fate un articolo contro l'Alitalia? Questa e' una situazione insostenibile...". Finalmente l'aereo parte. La "zingarata" del numero due di Prodi non e' piu' a rischio. Anche perche' le istituzioni corrono ai ripari: ad attenderlo sulla pista dell'aeroporto di Caselle, infatti, Veltroni trova un piccolo corteo di auto. C'e' la sua, quella della scorta e una civetta della polizia pronta a scortarlo di gran corsa allo stadio. Nella zingarata di Veltroni c'e' posto anche per Sposini, che approfitta di un passaggio per non mancare al match. Marrazzo, invece, sbaglia uscita, perde la carovana degli "zingari" e anche la partita. (r. r.) P.S. Questo La Stampa non lo ha scritto, ma insieme ad altri giornalisti su quell'aereo c'ero anche io. Non andavo alla partita, ma a fare il padrino di battesimo di mia nipote (cosa che non riuscii a fare, per il grande ritardo e poi per il blocco causato dalle auto blu di Veltroni..) F.B.

La Chiesa ha deciso: cattolici, non votate Veltroni!

Alla Chiesa ha offerto solo un rogo-simbolo, come fossimo ancora in tempi di Santa Inquisizione. Walter Veltroni ha deciso di escludere dalle liste un amico come Stefano Ceccanti, che ci è pure rimasto male per i modi. Ma il sacrificio si è reso necessario per bruciare sulla pira l'autore del testo di legge più estremo sui Dico, quello che uscì dagli uffici di Barbara Pollastrini e fu addolcito alla meglio da Rosy Bindi. Il fumo del rogo serviva a nascondere quel che nel frattempo stava avvenendo nella preparazione delle liste elettorali del Pd. Dove tutti i candidati cattolici di punta sono stati resi inoffensivi, spediti alla Camera dove non saranno determinanti. Aspetto che non è sfuggito alla Chiesa (...) Candidati simbolo come Paola Binetti e Luigi Bobba sono stati dirottati a Montecitorio, mentre in testa di lista per il Senato figurano tre radicali guidati da Emma Bonino. La pattuglia dei teodem di palazzo Madama che per la Chiesa è stata garanzia durante i faticosi mesi del governo di Romano Prodi, è stata sostanzialmente annientata da Veltroni. Resta in posizione sicura Emanuela Baio, è in bilico in Calabria Dorina Bianchi che dovrà sudare sette camice e accendere qualche cero per fare fruttare il quarto posto di lista cui è stata confinata (laggiù si eleggono 10 senatori: 6 per chi vince e 4 divisi fra tutti i perdenti). Al Senato approderà invece Umberto Veronesi, e con lui tanti altri sostenitori di leggi che preoccupano la Chiesa cattolica. Forse non era necessario nemmeno questo ultimo schiaffo, ma è probabile che le liste segnino definitivamente la linea del Piave per la Chiesa italiana (e non solo) in questa campagna elettorale. Ho avuto colloqui approfonditi in questi giorni con numerosi e autorevoli esponenti della Chiesa cattolica, al di qua e al di là del Tevere. E non è stato difficile cogliere una certa preoccupazione sulla competizione elettorale in corso. Nessuno tiferà apertamente, e non è più tempo di indicazioni vincolanti o di non expedit. Ma, nei colloqui pubblici come in quelli privati, quel che si coglie è lo scarso entusiasmo per la nascita del Partito democratico e l'impresa stessa tentata da Veltroni. Si è accennato nelle settimane scorse a due linee politiche esistenti, quella della Chiesa italiana ancora impersonata dal cardinale Camillo Ruini, e quella della segreteria di Stato Vaticana, guidata dal cardinale Tarcisio Bertone. La prima assai critica nei confronti del centrosinistra, e in tempi più recenti quasi solidale con il tentativo solitario di Pierferdinando Casini e della sua Udc. La seconda invece più ecumenica. Certo i ruoli solo diversi, e la segreteria di Stato del Vaticano non potrebbe mai permettersi rapporti freddi con qualsiasi tipo di governo italiano. Naturale quindi un rapporto costante di Bertone con il presidente del Consiglio in carica, Romano Prodi, che è anche un cattolico- modello nella vita personale prima che politica. Ma se i pastori seguono virtù e vizi dei singoli, chi guida alla Chiesa pensa più alla sostanza politica. Quali sono i temi che più contano oltretevere? Prima di tutto la vita umana. Viene considerato perciò non trattatabile qualsiasi proposito legislativo in grado di allargare le maglie della 194, di rivedere la legge sulla fecondazione assistita, di imboccare strade che per via diretta o indiretta portino all'eutanasia, e certo anche di smontare l'istituto della famiglia naturale. Propositi che in gran parte albergano nel dna del partito democratico di Veltroni e contro cui non sarà più possibile fare argine- come Prodi aveva garantito, mantenendo la promessa- attraverso la pattuglia dei teodem strategicamente posizionati. Per questo, mi dice un alto esponente delle gerachie vaticane «un cattolico colto e intelligente, in grado di riflettere, non può oggi votare per il Partito democratico. A meno che sia in chiara malafede». Un giudizio di fondo che accomuna le due linee apparenti della Chiesa italiana. Chiuse le porte al centrosinistra si guarda con interesse (pur senza particolare entusiasmo) ai programmi elettorali degli altri schieramenti. Docg quello dell'Udc di Casini, al di là degli stili di vita di molti suoi esponenti (che non sono passati inosservati). Importanti i riferimenti alla libertà di educazione contenuti nel programma del Pdl di Berlusconi e Gianfranco Fini, altri due politici che personalmente non suscitano grandi entusiasmi in Vaticano. Ma, come si dice, questo è quel che passa il convento.

PANDA, CHIUSE LE PRIMARIE. HA VINTO DORINA BIANCHI

Hanno vinto le donne. Si sono chiuse ieri alle 13 le primarie di ItaliaOggi, con ben 30 mila voti validi. Più di altri 15 mila sono stati scartati perché voti ripetuti in serie da supporter scalmanati. Il primo posto è stato conquistato dal deputato uscente del Pd, Dorina Bianchi, che quasi mai in queste tre settimane ha mollato la testa della classifica. Non ce l'ha fatta ad agguantarla il deputato uscente di Forza Italia (ora Pdl) Guido Crosetto, secondo assoluto e primo del suo schieramento. Terzo posto per Laura Ravetto (Pdl). Sei donne fra le prime dieci (al decimo la sorpresa Paola Binetti), dieci donne fra le prime 15. Exploit di due outsider: il 25enne Giovanni Vagnone (Pdl) e il 38enne Antonio Guerrieri (Pd)(...) Fossi in Silvio Berlusconi e Walter Veltroni, a cui trasmetterò la classifica finale come avevo preannunciato, farei un pensierino a inserire nelle liste rispettivamente Vagnone e Guerrieri. Basterebbe leggersi le due loro interviste a pagina otto, per capire come l'Italia abbia bisogno di candidati così. Non sono professionisti della politica, ma nonostante la giovane età hanno idee chiare e una buona preparazione. Guerrieri sembra addirittura finto tanto risponde al modello puro del candidato veltroniano. Ha un cognome comune a tanti altri, e in mezzo a tante scelte roboanti di gente in gamba, ma sempre figlia di qualcuno più in gamba e più noto, anche un caso normale come il suo servirebbe a riportare passione politica. Sono sicuro che Veltroni, che fin qui non ha sbagliato una mossa, non si farà scappare un'occasione simile, come terrà presente le quote rosa indicate dai nostri lettori anche per il suo partito, dalla Dorina Bianchi alla Binetti, e poi ancora Anna Finocchiaro, Silvia Bartolini, Emma Bonino, Mercedes Bresso. Dala società civile altra indicazione: le quasi mille preferenze ottenute da Riccardo Alemanno, presidente dell'Istituto nazionale dei tributaristi. Stesso consiglio a Berlusconi, che se ne fa dare pochi: Vagnone non è solo giovanissimo, ma è un candidato-simbolo per un partito nuovo come quello che sta costruendo. E alzi le quote rosa: come indica la classifica sono gradite le più giovani parlamentari del centrodestra, dalla Ravetto alla Gelmini, dalla Carfagna alla Meloni. Fra chi parlamentare non è sorprendente il successo di Renata Polverini, sindacalista dell'Ugl e di Michelina Grillo, presidente dell'Organismo unitario dell'avvocatura. Che bel parlamento sarebbe con tutti loro eletti

Operazione Panda, stop ai voti. Oggi si chiude referendum. Ultima sorpresa, la Biancofiore

Da Italia Oggi in edicola... Oltre 5 mila mail e contatti in un solo giorno. La febbre da Panda è diventata ormai una vera e propria influenza. I lettori di ItaliaOggi hanno solo poche ore per far sentire la loro voce e gli aspiranti a un posto in lista hanno ancora poche ore per mobilitare i loro supporter. Risultato? Una miscela esplosiva di mail e post che hanno letteralmente fatto tracimare la casella di posta elettronica del direttore Franco Bechis.

Come avevamo già registrato in questi ultimi giorni, la situazione è estremamente fluida. Mentre rimangono solidamente in testa alla classifica i due beniamini dei nostri lettori, cioè Dorina Bianchi del Partito Democratico, e Guido Crosetto, di Forza Italia-Popolo della libertà, che però in un solo giorno hanno raccolto oltre 500 consensi ciascuno, la vera novità è venuta da Micaela Biancofiore. La bionda deputata altoatesina di Forza Italia-Pdl ha fatto registrare una prepotente scalata della classifica dei Panda da salvare, raccogliendo in uno solo giorno quasi mille preferenze (martedì erano 299, ieri 1234!).

Ma non è il solo dato clamoroso che la nostra «classifica» ha fatto registrare ieri. I due giovani outsider Antonio Guerrieri e Giovanni Vagnone, rispettivamente del Pd, il primo, e del Pdl, il secondo, si sono scavalcati a vicenda e si trovano ora in uno stretto testa a testa in quarta e quinta posizione, scalando in un solo giorno diverse posizioni (Guerrieri martedì era quindicesimo, con 426 preferenze, mentre Vagnone era ottavo, con 513 preferenze).

Una corsa all'ultimo respiro, insomma, nella quale a fare le spese, sono stati Gioacchino Alfano, di Forza Italia-Pdl, che in un giorno ha raccolto «solo» 200 consensi, non sufficienti a mantenere il quinto posto che aveva martedì (ieri era undicesimo), e Giuseppe Consolo, deputato di Alleanza Nazionale-Pdl.

Resta invece sostanzialmente stabile la parlamentare di Forza Italia-Pdl Laura Ravetto, che però ha raccolto in un solo giorno circa 500 consensi.

Ma anche nelle «retrovie» della classifica si sono registrati parecchi sommovimenti. Entra prepotentemente in gioco, per esempio, la candidatura dell'elefantino Giuliano Ferrara, che ottiene circa 300 preferenze in un solo giorno. New entry anche Veronica Lario Berlusconi, che in poche ore raccoglie 71 preferenze, un decimo di quanto preso dal marito. Nel partito dei professionisti, invece, subito dopo la presidente dell'Organismo unitario dell'avvocatura, Michelina Grillo, si registra la scalata del presidente del Consiglio nazionale dei Consulenti del lavoro, Marina Calderone, che in poche ore raccoglie oltre 200 consensi.

Tra i dati da registrare anche la scalata dei leader delle due coalizioni, cioè Silvio Berlusconi, primo, al 14esimo posto, con 714 preferenze complessive, e, alla distanza, il segretario del Partito Democratico, Walter Veltroni, con 326 voti. Il segretario di Alleanza Nazionale, Gianfranco Fini, ha raccolto, invece, complessivamente 270 preferenze.

Ultime ore per il voto. Per consentire a tutti di esprimere le ultime preferenze abbiamo deciso di chiudere il referendum alle ore 13 di oggi. Se i flussi di voti saranno pari a quelli registrati ieri, non abbiamo dubbi che sfonderemo abbondantemente quota 20 mila contatti. Un bel segno di democrazia rappresentativa!

E ora sopra i 5 mila voti per gli onorevoli Panda da salvare

Superata quota 5 mila preferenze per i cento onorevoli Panda da salvare nella prossima legislatura. In testa Guido Crosetto, Dorina Bianchi e Laura Ravetto. Ma incombono anche Giustina Destro e Giuseppe Consolo. Si può ancora votare fino alla prossima settimana, quando consegneremo le vostre scelte a Silvio Berlusconi, Walter Veltroni, Pierferdinando Casini, Bruno Tabacci, Fausto Bertinotti, Francesco Storace ed eventuali altri candidati-premier. Lo faremo con filmati che testimonieranno a voi la consegna in diretta tv. Votate quindi qui, sul sito www.italiaoggi.it o per mail a classroma@class.it o fbechis@class.it. Resta l'unica primaria in questo momento possibile...

SUPERATE LE 3 MILA PREFERENZE PER GLI ONOREVOLI PANDA DA SALVARE - Ecco il gruppo di testa

Grazie ai naviganti di questo blog, a chi ha votato sfruttando la finestra sul sito www.italiaoggi.it e soprattutto a chi ha usato la mail (la maggiore parte) inviando la propria terna di "onorevoli panda da salvare e ricandidare" a fbechis@class.it o a classroma@class.it Sono più d tre mila le segnalazioni arrivate la scorsa settimana, e nel gruppo di testa dei prescelti ci sono Guido Crosetto (Fi), Dorina Bianchi (Pd), Luca Volontè (Udc), Gianni Mancuso (An), Giuseppe Valditara (An), Paolo Guzzanti (Fi), Osvaldo Napoli (Fi), Roberto Maroni (Lega), Sergio Chiamparino (Pd), Antonio Di Pietro (Idv). Hanno avuto oltre una preferenza più di 200 ex parlamentari, e oltre 70 non parlamentari (amministratori locali ed esponenti della società civile). E' importante votare ancora questa settimana, che sarà decisiva e alla fine di quella successiva abbiamo già appuntamento per consegnare le vostre preferenze al leader del Pdl, Silvio Berlusconi e siamo in attesa di avere conferma dal leader del Pd, Walter Veltroni. Entrambi gli incontri verranno filmati e trasmessi su questo blog e sul sito di Italia Oggi. Naturalmente consegneremo le vostre scelte anche ai leader della cosa rossa, della rosa bianca e di eventuali altre formazioni che corressero da sole. Votate, votate, votate. In fondo si può farlo solo qui...

I 100 PANDA DA SALVARE E RICATAPULTARE IN PARLAMENTO- Suggerite i nomi dei parlamentari di cui non volete l'estinzione

L'iniziativa è partita dal quotidiano Italia Oggi, ed è rivolta a tutti i lettori e naturalmente a chiunque da Internet dovesse incrociare questo blog. Si andrà a votare fra qualche settimana, e ancora una volta il potere di scegliere i candidati sarà esclusivamente nelle mani dei leader politici che faranno le liste come previsto dalla attuale legge elettorale, il "Porcellum". Unica possibilità dei cittadini-elettori sarà quella di provare a suggerire in anticipo la composizione di quelle liste. Per questo si raccolgono proposte e adesioni a i "100 onorevoli Panda da salvare e ricatapultare in Parlamento". Un'iniziativa trasversale a tutti i partiti: basta segnalare il nome di tre parlamentari che in questi due anni si siano ben comportati e spiegare in due- tre righe le motivazioni delle nomination. Tutte le segnalazioni saranno pubblicate su Italia Oggi e alla fine stilata la classifica degli onorevoli Panda da salvare. Basta scrivere un post qui o inviare le segnalazioni a fbechis@class.it o a classroma@class.it

RIFIUTI, per difendere Bassolino l'Unità intervista il sindaco riciclone della Campania. Ma è della Cdl...

Nel dossier rifiuti de l'Unità scritto dal gruppo consiliare Pd della regione Campania, per difendere strenuamente il lavoro di Antonio Bassolino e mostrare la sua rivoluzione (invisibile) nella raccolta rifiuti, si intervista anche un sindaco "riciclone", il primo cittadino di Mercato San Severino (22.500 abitanti), Rocco D'Auria, campione della raccolta differenziata. I suoi meriti effettivamente sono riconosciuti da Legambiente, organizzazione ambientalista di area Pd che più volte lo ha premiato. Peccato però che D'Auria sia un sindaco Cdl...

Bassolino, oplà. E i rifiuti non ci sono più. Sull'Unità

La Campania? E' già uscita dall'emergenza rifiuti. E' bastato un salto di Antonio Bassolino. Oplà. Ma solo sull'Unità. Dove sabato il gruppo consiliare del Pd della Regione Campania ha pubblicato quattro pagine piene sotto il titolo "Dossier Rifiuti- La Campania oltre l'emergenza", non si sa se accolte a pagamento (non c'è la dizione "informazione pubblicitaria"), per interesse giornalistico o per contiguità politica. Domina nell'inserto una appassionata autodifesa di Bassolino, che prima rivendica tutte le mirabolanti azioni sue da presidente della Regione e naturalmente da commissario all'emergenza rifiuti, osteggiate dal suo nemico numero uno, la camorra, seguita dal nemico numero due, la Cdl, e dal nemico numero tre, Rifondazione comunista. Ma dopo avere replicato punto dopo punto alle accuse ricevute, Bassolino si lascia andare alla mozione d'affetti: ah, ma chi glielo ha fatto fare di andare a presiedere la Regione Campania? Fosse stato per lui sarebbe rimasto sindaco di Napoli, dove il suo cuore oggi ferito è restato: "Napoli", scrive Bassolino, "è la cosa più importante della mia vita. Una città dove ho fatto il lavoro d Sindaco, quello che più mi ha coinvolto e che purtroppo non ho potuto continuare perché la legge lo vietava". Significa che Bassolino è pronto a gettare la spugna, a travolgere con sè Rosa Russo Jervolino e a riprovare la scalata alla poltrona di primo cittadino di Napoli? Macchè. Per lui le polemiche sono già alle spalle: "Emergenza rifiuti, nuovi strumenti per le nomine, statuto, deleghe agli enti locali. Questa è la partita che ci stiamo giocando. E' la partita dello sviluppo e della democrazia. Per vincerla abbiamo bisogno di stabilità istituzionale e di rinnovata energia decisionale..." ...

POLTRONISSIME, Il dilemma di Cattaneo: meglio la vecchia carta La russa- Tremonti o la nuova Rovati-Micheli?

L'amministratore delegato di Terna, Flavio Cattaneo, come molti altri manager pubblici, sta vivendo ore di apprensione: lui, manager targato centrodestra, aveva stretto legami e amicizie trasversali in questo biennio e naturalmente pensava non fossero di impaccio alla sua riconferma nell'assemblea di aprile. Così quando ha letto sui giornali che la sua nomina era stata difesa a spada tratta dal centrodestra (i vecchi amici Ignazio La Russa e Giulio Tremonti), ma osteggiata da palazzo Chigi che ha il potere di nomina, si è confidato con alcuni collaboratori: "Io inviso a palazzo Chigi? Pura falsità. Ho passato le due ultime estati in vacanza con Angelo Rovati, di cui sono grande amico. E sono in buoni rapporti anche con Enrico Micheli...". Certo, il manager ha amicizie a tutto tondo come ha mostrato la sua recente partecipazione alla festa degli 80 anni di Ciriaco De Mita (ma il legame lì forse poggia sul vecchi amico Rai, Gigi Marzullo). Ma di questi tempi essere trasversali non è detto che paghi. La campagna elettorale alle porte rischia di fare qualche vittima eccellente...

SILVANA, CHIAMA LA TIPOGRAFIA, CHE SI VOTA- Gli ordini al telefono di Antonio Di Pietro alla sua tesoriera...

Sabato 26 gennaio, ore 13 circa, sala Alitalia Freccia alata aeroporto di Roma. Antonio Di Pietro è appena stato al Quirinale per le consultazioni di rito, ha appena dichiarato alle agenzie che certo ci vuole un governo per fare le riforme istituzionali. Parla al telefonino "Silvana, chiama le tipografie per farti fare il migliore prezzo per i manifesti, inizia la campagna elettorale...". Di Pietro chiude e un metro più in là nota la deputata di Forza Italia, Jole Santelli. Sorride: "Ma sì... Parlavo con la Mura, la mia tesoriera. Certo che si va a votare, e bisogna attrezzarsi subito per spuntare i prezzi migliori con lo stampatore...". Di Pietro scappa, la Santelli sorride e spiega al suo vicino che certo si voterà- ma in carica resta ancora Romano Prodi e lui farà le nomine di tutte le spa di Stato. Così se anche vincesse le elezioni Berlusconi, i poteri forti saranno di Prodi e governare impossibile. "Berlusconi non sembra preoccupato, dice che tanto poi c'è lo spoil system, ma non è così. Dovrebbe porre il problema al presidente della Repubblica alle consultazioni di martedì...". Ma non c'è tempo per risposte: si sta imbarcando il volo per Lamezia Terme. Giusto il tempo per un saluto sulla porta con un altro deputato dell'Italia dei Valori: Leoluca Orlando. In mano un solo quotidiano, e salta all'occhio: la Frankfurter Allgemeine Zeitung...

DITE CHE IL PAPA HA UN RAFFREDDORE- Esclusivo: cosa disse Amato al cardinale Bertone per evitare il caso Sapienza

Una lunga telefonata per descrivere quello che sarebbe accaduto sia dentro che fuori l'Università La Sapienza di Roma. Da un capo del filo il ministro dell'Interno italiano, Giuliano Amato, dall'altro il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato Vaticano. Fu così che mentre il comandante della Gendarmeria vaticana, l'ex capitano della guardia di Finanza, Domenico Giani, stava mettendo a punto il sistema di sicurezza intorno al Pontefice con la questura e la prefettura di Roma, il governo italiano cercava- riuscendoci- di ottenere una rinuncia della visita. Secondo fonti di altissimo livello di cui ho raccolto testimonianza diretta, nella telefonata Amato ribadì che non ci sarebbe stato alcun problema per l'incolumità personale del Pontefice, che sarebbe stato coperto da una schiera a protezione anche di lancio di uova o vernici. Ma tutto intorno sarebbe stato probabile l'inferno: auto rovesciate, incendiate, scontri anche violenti con "possibili feriti e anche peggio". Fu a quel punto che Amato disse a Bertone: "Eminenza, io sconsiglierei la visita alla Sapienza. Può sempre dire che al Papa è venuto un raffreddore e la febbre...". Soluzione presa dall'Urss di Breznev, probabilmente. Che ha lasciato attonito Bertone e addoloratissimo il Papa...

OFFERTA DI NOMINE UDEUR- Il racconto di un testimone- Gino Capotosti, deputato Udeur

Gino Capotosti, avvocato e deputato Udeur, era presente mercoledì pomeriggio nel cortile di Montecitorio insieme a Mauro Fabris, vicesegretario Udeur e ad altri due esponenti del partito: Paolo Del Mese, presidente della commissione Finanze di Montecitorio e Pasqualino Giuditta. In attesa del voto di fiducia a Romano Prodi il capannello si è messo a parlare di nomine pubbliche. E con un sospiro Paolo Del Mese ha spiegato la rinuncia a 30 poltrone. Fabris ha commentato :"l'Udeur non è Giuda, non prende 30 denari". Al colloquio erano presenti due giornalisti, io e l'inviato de La Stampa, Augusto Minzolini. Entrambi abbiamo riportato su Italia Oggi e su La Stampa il contenuto di quel colloquio (www.italiaoggi.it). Il giorno dopo hanno reagito duramente Romano Prodi ed Enrico Micheli, negando l'offerta. In Senato ne abbiamo riparlato con i diretti protagonisti. Ecco la prima testimonianza, quella di Gino Capotosti, che era presente a quel colloquio e che spiega come l'offerta fosse una percentuale di circa 600 poltrone in consigli di amministrazione vari su cui i principali partiti di maggioranza stavano già discutendo. Nel documento audio-video tutti i particolari...

PRODI PIU' CHE CADUTO E' ROVINATO- Un onore delle armi ingiustificato

Romano Prodi non è solo caduto. E' rovinato scegliendo forse la peggiore uscita di scena mai vista nella pur ricca storia della Repubblica italiana. Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini hanno concesso l'onore delle armi, ammirandone il coraggio con cui ha sfidato il Parlamento fino all'ultimo istante. A me non è sembrato coraggio, ma cocciutaggine e anche qualcosa in più. Fino all'ultmo Prodi ha pensato di farcela, sguinzagliando i suoi a caccia di voti nelle fila degli incerti come in quelle degli avversari. Ci sono molti si dice, difficili da provare. Ma c'è anche un fatto purtroppo ormai confermato: l'assunzione a 24 ore dal voto di fiducia dell'assistente (legato anche da strettissima amicizia) del senatore Udeur Nuccio Cusumano (che infatti ha votato per Prodi in dissenso dal suo gruppo) in una agenzia controllata dal ministero delle Politiche agricole e forestali. Assunzione effettuata- per interessamento del ministro titolare, il prodiano Paolo De Castro. Ha detto di avere a cuore il bene del Paese e l'urgenza delle riforme, ma Prodi ha fatto tutto meno quel che le avrebbe rese possibili: un suo passo indietro prima della fiducia, evitando lo scontro frontale fra gruppi in Senato. Ha pesato di più il desiderio d minare il più possibile il cammino di Walter Veltroni che la possibilità di un passo da statista o da civil servant. Brutta fine. Da archiviare in fretta...

IN RAI NOMINE POLITICHE? Guai a pensarlo. Si offende "la persona" giuridica. Che vuole 2 milioni di danni

C'è qualcuno che ha mai sospettato che la nomina di un direttore di un Tg, di un manager, di un caporedattore Rai possa essere stata suggerita da rappresentanti della politica e delle istituzioni? Beh, si tenga stretto e segreto il suo sospetto, perché se reso pubblico offenderebbe la dignità della persona. Quale persona? La Rai, naturalmente, che è anche persona giuridica. Mi è arrivato infatti l'atto di citazione civile della Rai- Radiotelevisione italiana- che chiede 2 milioni di euro di anni per un articolo di Italia Oggi in cui si riportava un'indiscrezione sulle indicazioni di palazzo Chigi su alcune nomine Rai. Ecco i passaggi della citazione: "(...) E' noto che la dottrina e la giurisprudenza più attente ai valori della persona hanno elaborato da tempo- accanto al diritto al nome e all'immagine, alla vita e alla integrità fisica, nonché al diritto all'onore- il diritto all'identità personale, inteso come diritto alla verità personale e sostanziantesi nel diritto ad essere conosciuti per quello che realmente si è, quindi di essere rappresentati o narrati in modo veritiero (...) Come è ben noto anche le personalità giuridiche sono ricomprese fra i soggetti titolari di diritti della personalità e che pertanto, in particolare, anche esse sono legittimate a reagire alle lesioni dei diritti della reputazione e all'identità personale (...) Nell'articolo edito il 28 novembre 2007 si riferisce, in sostanza, che 'le più importanti nomine Rai'- vale a dire quella di Gianni Riotta a Direttore del Tg1 e quella di Maurizio Braccialarghe a Direttore del personale- sarebbero state 'determinate' da 'un bigliettino' che 'Angelone Rovati, il mitico amicone-consulente dell'attuale Presidente del Consiglio Romano Prodi', avrebbe 'consegnato al Direttore Generale di viale Mazzini, Claudio Cappon... su richiesta del presidente del Consiglio'. Il teorema, dunque, è inequivocabilmente quello a tenore del quale i ruoli più rilevanti nella Rai sarebbero attualmente ricoperti non già in base a considerazioni di merito, di effettive capacità e di idoneità a rivestirli, ma esclusivamente in base a diktat dell'attuale premier (...) Alla stregua di tutto quanto sopra, l'articolo in questione risulta gravemente lesivo del diritto all'identità personale della Rai, per contenere affermazioni non veritiere, nonché offensivo della reputazione della stessa, in quanto certamente idoneo a vulnerare la considerazione che il pubblico dei lettori ha di essa: invero, lo scritto del 28 novembre 2007 contiene- lo si ribadisce- inequivoco riferimento alla matrice esclusivamente politica della nomina del Direttore del Tg1 e del Direttore del personale della Rai, disancorata dunque da qualunque merito e supinamente recepita, ciò è certo devastante per l'immagine dell'odierna deducente presso il pubblico dei telespettatori..."

PRODI E' SICURO: UNO DI LORO TRADIRA'- Prevista l'influenza per uno dei 35 senatori del centro destra che perde la pensione se finisce la legislatura

Romano Prodi lo ha confidato ai suoi. giovedì in Senato qualcuno del centrodestra tradirà. Un'improvvisa malattia potrebbe colpire nelle prossime ore uno dei 35 senatori che dicendo no- come chiede il partito di appartenenza- al governo di Romano Prodi rischia di non maturare il preziosissimo diritto al vitalizio parlamentare, che scatta solo dopo 30 mesi di legislatura, e quindi nel prossimo mese di ottobre. I 35 sospettati sono quelli della foto (tutti alla loro prima legislatura). Partendo dall'alto, da sinistra verso destra. Nella fila in alto: Vincenzo Barba (Fi), Tommaso Barbato (Udeur), Sergio Divina (Lnp), Sergio De Gregorio (Misto), Sandra Monacelli (Udc), Salvatore Ruggeri (Udc), Paolo Amato (Fi), Nicola Buccico (An), Nedo Lorenzo Poli (Udc), Michelino Davico (Lnp). Nella seconda fila. da sinistra verso destra: Mauro Libè (Udc), Massimo Fantola (Udc), Marcello De Angelis (An), Luigi Di Bartolomeo (Fi), Luca Marconi (Udc), Laura Allegrini (An), Giulio Marini (Fi), Giovanni Pistorio (Mpa), Giorgio Stracquadanio (Fi), Franco Malvano (Fi). Nella terza fila, sempre da sinistra verso destra: Francesco Pionati (Udc), Francesco Divella (An), Francesco Casoli (Fi), Filippo Piccone (Fi), Fedele Sancio (Fi), Dario Fruscio (Lnp), Claudio Fazzone (Fi), Cinzia Bonfrisco (Fi), Antonio Paravia (An), Antonella Rebuzzi (Fi). IN quarta e ultima fila, da sinistra: Andrea Augello (An), Andrea Fluttero (An), Albertino Gabana (Lnp), Achille Totaro (An) e Vincenzo Taddei (Fi)

DE MAGISTRIS non applica la legge? Allora facciamolo giudice, così i cittadini si sentono più protetti/ L'incredibile filosofia del Csm

Del pubblico ministero Luigi De Magistris il procuratore generale della Cassazione, Vito D'Ambrosio, ha sostenuto davanti al Csm che «manca nella condotta dell’incolpato il principio costituzionale per il quale i giudici sono soggetti soltanto alla legge, un principio che è il limite interno per la magistratura. L’autonomia e l'indipendenza delle toghe sono assicurate in quanto si ha la certezza che il giudice sia vincolato all’applicazione della legge e alle regole disciplinari anche a quelle che non piacciono». Di più- chiedendo la revoca dalle funzioni- ha detto che De Magistris ha avuto «comportamenti sleali» e ha contestato al pm di Catanzaro «l'adozione di provvedimenti al di fuori del Codice». Il Csm ha accolto la tesi di D'Ambrosio e ha proposto il trasferimento di De Magistris sia dalla sede- Catanzaro- sia dalle funzioni di pubblico ministero. Dopo averlo accusato di non applicare la legge, di fare come vuole senza rendere conto al codice, di essere assai parziale hanno cioè punito un pm - la parte di un processo- proponendo di trasformarlo in giudice- una funzione terza. Ora o le accuse a De Magistris sono fondate o non lo sono. Ma fare diventare giudice un pm accusato di tante nefandezze sarebbe una punizione non per lui, ma per i cittadini che dovranno essere giudicati! Questa è una delle tante follie dell'ordinamento giudiziario italiano...

Trovato il Papa nero, Lombardi torna dal Papa bianco. Il Vaticano è stato senza portavoce nella bufera Veltroni-Sapienza

La 35° Congregazione mondiale dei gesuiti, 218 elettori sui 226 presenti ai lavori (tre membri ex officio e cinque membri nominati dal padre generale non hanno diritto di voto), ha eletto questa mattina il nuovo superiore generale, il cosiddetto "Papa nero" (perché è l'unico altro incarico vitalizio presente nella Chiesa): si tratta dello spagnolo Adolfo Nicola, che succede a padre Peter-Hans Kolvenbach, che -caso unico-ha voluto lasciare all'incarico. Nella notizia- importante perché i gesuiti sono l'ordine religioso più diffuso al mondo- ce ne è anche un'altra. Dal conclave per l'elezione del Papa nero- iniziato il 7 gennaio scorso- esce finalmente anche padre Federico Lombardi, il portavoce ufficiale del Vaticano. Che così può tornare dal Papa bianco, Benedetto XVI, che ne ha dovuto fare a meno proprio nei giorni più complicati del Vaticano. Il portavoce di Joseph Ratzinger infatti era chiuso a pane acqua in conclave- secondo la regola- e non poteva avere alcun contatto con l'esterno. Padre Lombardi non ha sostituti ufficiali, e così il Vaticano si è trovato sostanzialmente muto dopo l'incontro fra il Papa e Walter Veltroni, con tutto il seguito di polemiche, così come in pieno caso Sapienza. Le funzioni di padre Lombardi sono state rilevate impropriamente dal segretario di Stato, Tarcisio Bertone, che però non ha in agenda i numeri dei direttori di giornali e di tutti i vaticanisti...

INCHIESTA MASTELLA- C'è anche polpa sulle sponde del Sele

Da Italia Oggi in edicola:

Carlo Camilleri non è solo il consuocero di Clemente Mastella. Non è solo l'uomo di raccordo per tutte le nomine campane dell'Udeur. È anche segretario generale dell'Autorità di bacino del fiume Sele. L'autorità della riva sinistra, perché ce ne è anche una per la riva destra. Sarebbe toccato a lui e ai suoi tecnici dare il parere decisivo per la costruzione di un villaggio turistico a Sapri che stava a cuore ai mastelliani locali. Tutti danno parere negativo. I suoi tecnici avvertono: «Se lo chiede, è negativo!». Lui guarda il progetto. Dice «Ma sono dei pazzi, lì mi scoppia il tubo sotto il centro abitato e salta tutto il paese». Sono dei pazzi, ma il villaggio si deve fare. Basta non fare la domanda, dare un parere generico (...) L'intercettazione, contenuta nella maxi-ordinanza sul caso Mastella, risale all'estate scorsa. Camilleri è al telefono con un certo Antonio Barbieri, interessato al progetto di villaggio turistico. Sentendosi ringraziare risponde: “... ci mancherebbe. A disposizione... E' un dovere da parte mia. Ma deve ringraziare il cielo che ci stai tu. Perché poi... vedi... il tecnico mi ha confermato quello che mi hanno detto i miei. Perché là... sai che cazzo hanno fatto per passare... sono dei pazzi! (...) camminano sul vecchio programma di fabbricazione e poi concedono a tutti queste cose come variante alla... Questo intervento sta a monte dell'abitato. Che cosa hanno fatto? Hanno pensato bene poi... nel centro del paese- perché attraversa tutto il paese il vallone... di intubarlo, Per cui io non solo non mi ritrovo con le sezioni aperte che- bene o male- se sondo non faccio grandi danni e può darsi che allago solamente senza fare niente... no. Ma essendo incubato... dice... quello mi scoppia il tubo...». Può saltare in aria un paese, ma pazienza. E' stato sufficiente dare un ok più generico, che non affrontava il fatto. E il favore al potente mastelliano locale è stato fatto. Ci sono anche fatti di questo tipo nelle centinaia di pagine dell'inchiesta della procura della Repubblica di Santa Maria Capua a Vetere. Fatti gravi, non di solo costume campano. Perché sono altrettanto preoccupanti le decine di pagine che raccontano i concorsi per l'assunzione o per le consulenze all'Autorità di bacino del Sele, riva destra o riva sinistra non importa. Ingegneri, geometri, geologi, tecnici che dovrebbero essere superqualificati perché si occupano della sicurezza di un intero territorio, di decine di migliaia di cittadini. Viene lottizzata la commissione di esame, ma qualche esterno qualificato bisogna pur inserirlo. Servono 6 ingegneri, 8 geometri, altrettanti geologi. Tutti gli esami si riducono a una farsa. Perché i candidati sono accompagnati da auguste sponsorizzazioni: il sindaco di quel paesino, l'assessore di quell'altra città, il dirigente Udeur, l'assessore regionale. Un ingegnere super-raccomandato si presenta e fa scena muta. Dramma, ci sono anche esterni, non è stato in grado di rispondere alle domande più elementari della selezione. Se ne rende conto anche lui, rassegnandosi alla sconfitta. Camilleri però non demorde: insiste con i commissari di esame, prova ogni strada possibile, giunge perfino a minacciare velatamente il presidente della commissione. Alla fine il candidato che non dice una parola esce fra gli ammessi. Con una furbata: non può essere fra i 6 ingegneri, perché anche esterni hanno assistito all'esame imbarazzante e non sarebbe stato motivato. Finisce però quarto fra i geometri e il posto così è ottenuto. Purtroppo fra i candidati ce ne era anche uno bravo, bravissimo. Esame straordinario. Perfino un buon cognome: Iervolino. Parente? Macchè. Raccomandato da qualcuno? Niente, nemmeno da un segretario di una comunità montana. Al concorso si è presentato con le sue gambe. Irritazione di Camilleri: “ma come ha fatto, nemmeno uno sponsor?”. Già, come è possibile in Campania, in un concorso pubblico? Soluzione di un esaminatore: “peccato, così bravo. Credo proprio che sarà fra i primi esclusi...”. Secondo escluso. Così non si correva proprio il rischio che entrasse. CI sarebbe da ridere, come c'è da sorridere per molti altri episodi contenuti in quella inchiesta. A dire il vero per quasi tutti i fatti imputati direttamente ai coniugi Mastella. Ma gestire così un'Autorità di Bacino è ben altra cosa. E non fa ridere: quando una frana si abbatte su Sarno, quando un'alluvione sommerge interi paesi, quando parti intere dell'Italia vivono in continua emergenza ambientale rischiando tragedie, è anche perché un ingegnere che ci sapeva fare si trova senza lavoro e uno che non sa rispondere alle domande- ma è raccomandato- trova alla fine almeno un posto da geometra. In un'inchiesta in più parti zoppicante (lo riconosce anche il gip che ha cassato molte richieste dei pm), dove si scambia la barzelletta per un reato, ci sono fatti gravi che la giustificano. Uno spaccato tutt'altro che minore del cancro che divora questo paese e lo ha messo in ginocchio...

La vendetta di Anselma sugli ayatollah di Fisica- Tagliati i fondi per un film di Cini

Probabilmente nemmeno era a conoscenza della parentela. E ancora più probabilmente Anselma Dall'Olio, gentile consorte di Giuliano Ferrara nonchè autorevole membro della commissione cinematografia ministeriale, era all'oscuro di chi fosse l'azionista della Talpa sas, società di produzione cinematografica che più volte ha bussato alla porta del ministero dei Beni culturali per chiedere un finanziamento pubblico per l'ultima creazione artistica. Fatto sta che l'Anselma, il 13 dicembre scorso, ha chiuso le porte alla Talpa sas, escludendola (ottava fra gli esclusi, con punteggio 67, ma servivano almeno 74 punti) dalla ripartizione dei 4 milioni di euro per l'interesse culturale opere prime/seconde & cortometraggi. Ignara o cosciente che fosse, la Dall'Olio strapperà ora un sorriso beffardo all'autorevole marito (sempre che ci legga): perché a bussare alla cassa di Francesco Rutelli sia pure vestito da Talpa sas era Marcello Cini. Sì, proprio lui, l'autore dell'appello che ha trovato altri 67 seguaci nella facoltà di Fisica per sbarrare a Benedetto XVI le porte dell'Università La Sapienza di Roma. Certo, Cini è uno scienziato. Ma anche gli scienziati tengono famiglia. E il figlio Daniele si diletta di cinematografia. Così insieme padre e figlio dal 19 luglio 1990 hanno aperto una società in accomandita semplice, la Talpa: socio accomandatario il figlio Daniele (classe 1955), socio accomandante il padre Marcello (classe 1923). L'oggetto sociale indica la “produzione e/o distribuzione di prodotti filmati, audiovisivi e videoregistrati, testi giornalistici nonché opere teatrali e musicali”. Questa volta Daniele sperava di strappare un contributo per il suo “Noi che siamo ancora vive- Storie di donne sequestrate all'Esma”, un docu-film che comunque ha ottenuto il sostegno dell'Istituto Luce, co-produttore. Ma non si tratta di un'opera prima. Il suo maggiore successo è stato Last food, uscito nel 2003, ma già finanziato nel 2001 dal ministero dei Beni culturali e nel 2002 dalla film commission di Torino. Una storia di cannibalismo in Tibet dopo un disastro aereo con due soli sopravvissuti: il titolare di una ditta di catering e uno chef cordon blue. Cinema a parte il giovane Cini e il padre sono protagonisti anche di una piccola opera letteraria. Firmata da Daniele ed uscita nel 2004 per le edizioni Voland di Roma, è intitolata “Io, la rivoluzione e il babbo”. Testo dove rivela come lui bambino e papà Marcello già negli anni Sessanta sfilavano contro il Papa: “Avevo già manifestato” rivela Cini jr a pagina 10, “contro Ciòmbe sulle spalle di mio padre a sette anni, dopo l'uccisione di Patrice Lumumba e la benedizione dell'assassino da parte di papa Paolo VI”. E il 68? “C'era qualcosa di simile all'Iran degli ayatollah (...) ma non vigeva la Shar'ja del Vaticano...”. Ah, beh... Sì, beh...

EVVIVA L'UNIVERSITA' LIBERA- I nuovi Ayatollah di Fisica

Benedetto XVI non potrà parlare domani all'Università La Sapienza di Roma. Un gruppo di 67 ayatollah docenti alla facoltà di Fisica è riuscito a tappare la bocca al Papa, mettere in ginocchio un intero governo, quello italiano, e una tradizione secolare di libertà e tolleranza, quella dell'Occidente. Lo ha fatto con l'aiuto di una cinquantina di studenti scalmanati che ieri hanno occupato il Rettorato dopo averne imbrattato i muri e preparato una possibile mini-guerriglia per il giorno dell'evento. Nessuna voce (salvo le isolate e lodevoli eccezioni di Livia Turco e Francesco Rutelli) si è levata in tempo per evitare una censura che nemmeno l'islamica Turchia ha osato nei confronti del capo della Chiesa cattolica. Quando ieri, visto il clima che si stava creando, il Vaticano ha comunicato la rinuncia all'incontro di domani, la prima reazione ufficiale del governo italiano è arrivata da Giuliano Amato. Che altro non ha saputo balbettare se non “La colpa non è mia”, spiegando come la rinuncia non fosse dovuta a questioni di sicurezza e che il ministero dell'Interno aveva già saputo con maestria garantire a George W. Bush una recente visita romana ben più complessa. A parte la meschinità di un'annotazione simile nel momento in cui in Italia veniva impedita in modo tanto clamoroso la libera espressione del pensiero, che ad Amato garantire la sicurezza del presidente degli Stati Uniti non nella giungla, ma in Italia, fosse sembrata impresa eccezionale dà già la misura della professionalità del ministro dell'Interno. Ricordo che allora fu impedita a Bush- proprio perché Amato nemmeno quello era in grado di garantire- una visita a Trastevere alla Comunità di Sant'Egidio, e il grottesco episodio fece il giro del mondo. Ma la reazione di istinto del ministro dell'Interno, subito accompagnata da analoga annotazione del presidente del Consiglio, Romano Prodi (che almeno dopo ha provato a volare un po' più alto) semplicemente scopre con ingenuità anche questo fianco. Perché la sicurezza del Papa proprio poche ore prima non era stata garantita in forma piena proprio dai tecnici dell'Interno durante un incontro congiunto con le autorità vaticane. La presenza di centri sociali, la protesta che sembrava coinvolgere anche soggetti assolutamente estranei alla vita dell'Università aveva creato allarme fra le forze dell'ordine italiane, e certo il governo non aveva fornito le necessarie garanzie ai collaboratori di Benedetto XVI. Ma appunto ridurre a un tema di sola sicurezza il più clamoroso attentato alla libertà di pensiero mai verificatosi in Occidente rende ancora più chiara l'assenza e l'improvvisazione del governo in carica, che da ieri sera sulle tv di tutto il mondo e oggi sulle prime pagine della stampa internazionale rimedia una figura assai più barbina di quella appena ottenuta con i cumuli di spazzatura fra le strade di Napoli. L'unico sussulto di dignità- sia pure tardivo- è giunto dal ministro dell'Università, Fabio Mussi, che ha usato le parole adatte e l'indignazione necessaria ieri mattina prima della rinuncia del Papa e in serata in Parlamento, dove subito si è innescato un acceso dibattito. Ben altro atteggiamento hanno avuto leader della sinistra, come Oliviero Diliberto, e perfino qualche radicale che deve avere scordato negli anni il proprio carico di principi libertari. Resta la vittoria inusitata di quel manipolo di 67 ayatollah della facoltà di fisica e dei giannizzeri che sono riusciti ad infiammare nella loro campagna per negare il diritto di espressione fra le mura universitarie. E da lì dovrebbe ripartire il ministro titolare per radiografare un'istituzione- quella universitaria- che sempre più assomiglia a un cumulo di macerie. Non per censurare la libera espressione- per quanto rozza- degli ayatollah, ma per trovare riparazione a una ferita che rischia di diventare cancrena. In questa stessa culla, nella stessa intolleranza ha trovata bambagia il triste periodo degli anni di piombo, gran parte della violenza che ha ammorbato gli anni Settanta e parte del decennio successivo. Impedire ora è compito non solo del governo, ma della stessa classe politica. E sull'onda delle sue parole anche Mussi dovrebbe studiare e organizzare rapida riparazione al vulnus. Tenendo presente - come si racconta nelle pagine interne- che gli stessi autori del manifesto dell'intolleranza magari il giorno successivo bussano alla porta di un qualche ministero a chiedere un piccolo finanziamento per questa o quell'opera. E' il caso di Marcello Cini, che con il figlio ha costituito una piccola società di produzione cinematografica ben conosciuta ai Beni culturali dove spesso è in gara per trovare la benzina necessaria...

AIUTO, MI E' CADUTA L'IVA!- Finisce la festa fiscale, addio tesoretti e aumenti salariali

Signori, la fesa fiscale è finita! Lunedì 14 gennaio sono arrivati i dati analitici sulle entrate tributarie al 30 novembre 2007. Cifre buone, come ci si attendeva, perchè è proseguito il boom del fisco, con una crescita complessiva superiore all'8 per cento rispetto allo straordinario 2006. Ma all'interno- e il ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa lo sa molto bene- è suonato il primo vero campanello di allarme sulla frenata dell'economia. Si tratta del dato sulle entrate Iva, che nel mese di novembre è sceso dell'1,3% rispetto allo stesso mese dell'anno precedente. L'Agenzia delle Entrate ha spiegato che in parte il dato è influenzato da dati tecnici sugli incassi, avvenuti ad ottobre. Il fatto è che il bimestre ottobre-novembre dell'Iva è superiore solo dello 0,86% allo stesso bimestre 2006. Secondo le aspettative sul mese di dicembre (oggi i versamenti), l'ultimo trimestre 2007 indicherà una crescita inferiore al tasso di inflazione. Anche perché il taglio delle tredicesime per le compensazioni fiscali di fine anno probabilmente ha provocato una stretta nei consumi più tipici di dicembre, quelli natalizi. Un dato tanto più preoccupante, perché si unisce alla caduta ufficiale della produzione industriale a novembre. L'Iva è l'allarme più immediato: se la frenata è congiunturale, come accade ciclicamente, dopo qualche mese viene seguita dai dati su Irpef ed Ire. Cari signori, per chiunque resti al timone, i tesoretti resteranno un pallido ricordo…

DA ITALIA OGGI IN EDICOLA/ Il comandante Bassolino e il suo esercito di spazzini

Antonio Bassolino è uno dei pochi politici santo già in vita. È il santo protettore degli spazzini, perché nessuno al mondo vuole bene loro come il presidente della Regione Campania. Ogni anno paga infatti 176,5 milioni di euro in stipendi per lo smaltimento dei rifiuti. Nel 2001 in un colpo solo ne ha assunti 2.316, pagandoli ogni anno 55 milioni. Secondo le tabelle sui conti pubblici territoriali del ministero dello sviluppo economico, nessun'altra regione in Italia (e probabilmente anche all'estero) spende così tanto. Nella Lombardia di Roberto Formigoni la stessa spesa ammonta a 27,99 milioni di euro, circa un sesto della Campania. Solo la Toscana ha puntato sugli spazzini.Spendendo la metà...Il Piemonte spende 57 milioni l'anno in spazzini, il Veneto appena 18,5, l'Emilia Romagna una sessantina, la Sicilia ne spende 66, la Calabria 33 milioni. Non c'è nessun paragone con il cuore assai generoso di Bassolino. Il piccolo esercito cui è stato garantito uno stipendio sicuro a fine mese fa naturalmente quello che può, come si può vedere dalle immagini di queste settimane. Anche perché lo stipendio lo riceve, lavorare è un'altra cosa. Secondo la relazione di uno dei tanti commissari all'emergenza, Catenacci, solo nel 2005 per la prima volta 700 fra quei 2.316 spazzini assunti dal presidente della Regione Campania sono stati impiegati effettivamente. Molti altri prendevano lo stipendio, non si presentavano a un lavoro che non c'era e arrotondavano altrove. I mezzi loro affidati, pagati dallo Stato italiano con i trasferimenti alla gestione commissariale campana, o sono rimasti in deposito o sono usciti con le proprie gambe trafugati (una settantina) dai consorzi messi su alla bell'e buona dalla camorra per offrire (facendoseli pagare) il servizio ai comuni minori dell'area. Ovunque ci si addentri fra le migliaia di pagine delle varie relazioni dei commissari delegati o delle commissioni di inchiesta parlamentari sulla gestione dei rifiuti in Campania, saltano fuori perle di questo genere. Quelle pagine- che non sono scritte da un oppositore politico, ma da chi ha provato in qualche modo a tappare la falla- non sono un atto di accusa nei confronti di Bassolino: sono molto di più. Basti la storia della Pan, la società creata dal presidente della Regione Campania per assorbire altri 200 lavoratori socialmente utili e mettere in piedi un call center ambientale. Per quella gestione fallimentare la Corte dei Conti ha chiesto 3,2 milioni di danni direttamente a Bassolino, lo scorso 27 dicembre. Ma la Pan dal 2002 ad oggi ha bruciato per nulla più del doppio di quella somma. Allora oggi saranno politically correct tutte le rampogne sulla solidarietà nazionale, sul dovere di venire incontro a un'emergenza che danna la vita anche a migliaia di cittadini incolpevoli. Ma la domanda non è fuori luogo: comprereste un'auto usata da uno che ha gestito l'emergenza rifiuti come Bassolino? Se la risposta fosse no- come gli stessi cittadini napoletani pensano in queste ore- perché mai altri dovrebbero prima togliergli le castagne dal fuoco e poi magari drenare altre risorse per farle gestire proprio a chi le ha bruciate in questo modo? E' d'accordo- ad esempio- su nuovi finanziamenti alla Campania (magari per assumere qualche altro spazzino in vista di una tornata elettorale) un ministro rigorista sulla spesa come il titolare dell'Economia, Tommaso Padoa Schioppa? Considera possibile la continuazione di questi sprechi non solo di fronte al mondo, ma anche a chi giustamente bussa in queste settimane alla sua porta invocando misure per ridare potere di acquisto ai salari? Perché se soldi non ci saranno per quanto chiedono i sindacati nei tavoli a palazzo Chigi, è anche perché si buttano via così. E stiamo parlando di oltre 6 miliardi di euro gestiti da Bassolino presidente della Regione Campania, non di noccioline.