UN BAMBOCCIONE A SVILUPPO ITALIA/2- La difesa (e qualche minaccia) di chi ha assunto Visco jr

Egregio direttore, ci sono alcuni elementi, relativi agli articoli apparsi sul suo giornale e inerenti all'assunzione del dott. Gabriele Visco da parte dell'Agenzia che meritano una precisazione. E' sicuramente disdicevole che ci sia stato chi, interrogato dal suo giornalista - che faceva il proprio lavoro, quello di cercare conferme ad una notizia avuta – ha invitato il cronista a parlare con i sindacati “che di solito queste cose le sanno”. Questo è un comportamento intollerabile da parte di una società pubblica. Nei confronti di chi lo ha assunto si stanno prendendo gli opportuni provvedimenti. Quanto alla trasparenza di cui lei lamenta la carenza nella nostra Agenzia, vale la pena ricordare che sul nostro sito figura l'elenco di tutte le consulenze, comprese quelle che non sono state rinnovate, (che è facile accorgersi essere più numerose) tant'è che ritengo da quella fonte abbiate appreso alcune delle dettagliate notizie riportate nell'articolo. Nulla può esserci di segreto, e nulla infatti di segreto vi è, in una società con oltre mille dipendenti in cui, come ha avuto modo di verificare, anche i centralinisti sono edotti di posizioni e ruoli, pure apicali. Sarebbe oltremodo grave, mi permetta un commento, vista l'eredità che abbiamo ricevuto, condannare per l'ennesima volta quest'azienda a reiterare comportamenti che nulla hanno a che fare con la sua natura, i suoi obiettivi e la sua attualità. Non abbiamo scheletri negli armadi, salvo quelli che non abbiamo ancora scoperto, ma persone che lavorano nelle stanze e nei corridoi con l'etichetta nominativa ben in vista su ogni porta. Persone che finalmente si sottopongono ogni giorno al giudizio, anche impietoso, dell'opinione pubblica e della stampa. E infine un commento sul protagonista suo malgrado dei suoi articoli. Il suo curriculum, la sua esperienza professionale, il coraggio di essersi assunto l'onere di un cambiamento così radicale - e, perché no, una mole di allusioni e provocazioni - credo valgano di più del suo cognome. Almeno questa è la mia opinione, quella di un capo azienda chiamato a risanare una situazione disastrosa che ha non solo il diritto, ma soprattutto la necessità di avvalersi di un gruppo di collaboratori coeso e consolidato negli anni. Cordiali saluti Domenico Arcuri* * amministratore delegato dell' Agenzia Per l'Attrazione degli investimenti e lo Sviluppo di Impresa (già Sviluppo Italia spa) Risponde Franco Bechis. Ai lettori una premessa doverosa per comprendere la lettera di Domenico Arcuri. Gabriele Visco, ex dirigente Telecom, dopo un certo periodo di rodaggio come consulente di Sviluppo Italia (per 46 mila euro da luglio a settembre) è stato assunto dallo stesso Arcuri come dirigente. Abbiamo raccontato anche qualche difficoltà nel verificare la notizia, che oggi viene autorevolmente confermata da questa lettera. Gabriele Visco è uno dei due figli del viceministro dell'Economia Vincenzo Visco. Sviluppo Italia, per quanto ribattezzata, resta una società controllata al 100 per cento dal ministero dell'Economia, come documenta il grafico sulle partecipazioni che si può trovare sulla home page del sito Internet dello stesso ministero. Sono felice che finalmente un amministratore di una società pubblica dimostri interesse per la trasparenza. Vorrei anche credergli fino in fondo, ma ho qualche dubbio per il tono minaccioso che traspare dalla lettera quando si annuncia la caccia alla fonte che avrebbe divulgato a Italia Oggi la notizia. Scusi, se l'informazione era sacrosanta, che le importa chi l'abbia data? Ha fatto solo il suo dovere...

UN BAMBOCCIONE A SVILUPPO ITALIA/1- Lo strano caso dell'assunzione del figlio di Vincenzo Visco

Alla fine ce l'ha fatta. Domenico Arcuri, il dinamico amministratore delegato di Sviluppo Italia (da qualche mese ribattezzata Agenzia), è riuscito a portare a lavorare con sé come dirigente il giovane e bravo Gabriele Visco. Per alcuni mesi nell'estate scorsa l'aveva chiamato come consulente (per 46 mila euro da luglio a settembre), poi il rapporto si era interrotto, rischiando di reinserire il manager in quell'esercito di bamboccioni mal sopportati dal ministro dell'economia Tommaso Padoa-Schioppa. Un rischio per fortuna scongiurato: ci sarà un bamboccione in meno. Anche se non troppo lontano da casa: Gabriele è il figlio di Vincenzo Visco. Sviluppo Italia è controllata al 100% dal ministero dell'economia (...) Formalmente non scatta il conflitto di interessi, perché se l'azionista unico di Sviluppo Italia è lo stesso ministero di cui papà Visco è viceministro, la delega sugli indirizzi di gestione spetta al ministro dello Sviluppo Economico, Pierluigi Bersani, che a sua volta ha affidato l'incarico al suo viceministro, Sergio D'Antoni. Sicuramente Gabriele Visco avrà le caratteristiche professionali necessarie all'incarico, e già dopo le prime polemiche sulla consulenza affidata Arcuri aveva spiegato di conoscere personalmente il giovane manager e di averne potuto apprezzare le qualità in passato quando si erano incontrati ognuno dei due lavorando per un'azienda privata. Ma certo non ci sono stati megafoni ad amplificare una notizia che qualche rilievo politico o per lo meno di costume, sembra avere. L'avrebbe in qualsiasi paese del mondo. Per noi è stato difficile se non quasi impossibile verificarla nell'ultima settimana, anche se l'avevamo appresa casualmente da fonte assai qualificata. Stefano Sansonetti, il giornalista di Italia Oggi che da settimane conduceva un'inchiesta sulle consulenze dello Stato e delle società controllate e sulla scarsa trasparenza che ancora le circonda, ha provato a percorrere la strada maestra, telefonando direttamente alla società. L'ufficio stampa ha sostenuto di non potere essere utile, non avendo possibilità di verificare questo tipo di informazioni. E si è dovuto aggirare in una selva di no comment, di mezze ammissioni, di affermazioni “non ufficiali”, perfino invitato a rivolgersi ai sindacati “che di solito queste cose le sanno”. Non male per chi è tenuto dalla legge alla più assoluta trasparenza. Ma d'altra parte anche sulle consulenze Sviluppo Italia comunica un po' quel che vuole. Qualcosa ha messo sul proprio sito Internet- come dice la legge- la capogruppo, molte società controllate e quasi tutte le società regionali invece rimandano a un chiarimento interpretativo sulle norme stabilite dalla finanziaria del 2007 su cui evidentemente non è riuscito in più di un anno a fornire lumi il ministero dell'Economia. Alla fine sono stati assai più utili e trasparenti in questi giorni i vari centralinisti di Sviluppo Italia, che non solo hanno provato inutilmente a passare Gabriele Visco al telefono (non c'era come la maggiore parte dei dirigenti del gruppo), ma alla bisogna hanno fornito l'interno e perfino la qualifica in azienda come riportata sul loro elenco telefonico aziendale. Se si basa sulla predisposizione dei centralinisti la trasparenza tanto vantata dal governo e dalla pubblica amministrazione, temo che le polemiche sulla casta e le successive promesse di cambiamento abbiano prodotto risultati assai scarsi. Basta leggersi le tre pagine di inchiesta che oggi pubblichiamo su cosa avviene negli Stati Uniti nel cuore della campagna elettorale per le presidenziali che stanotte ha avuto il suo primo significativo test nello Iowa. Mentre qui bisogna arrangiarsi alla meglio per strappare qualche notizia, negli Usa ogni minimo particolare del presidente in carica, del suo staff, dei suoi familiari, dei candidati alla successione con relativo staff e famiglia e in pari modo di ogni membro del congresso è esposto al pubblico non volontariamente, ma in base a una legge federale. Non solo: tutto è verificato da una apposita commissione indipendente (la Fec) che rende immediatamente pubblici i risultati dell'esame. George W. Bush è stato costretto a dichiarare di avere ricevuto dal cantante Bono in regalo un banale Ipod così come ogni movimento finanziario (acquisto o vendita di azioni) compiuto da lui e da membri della sua famiglia. La senatrice Hillary Clinton è tenuta a pubblicare i nomi di tutti gli esponenti del suo staff che, recandosi in un qualunque posto dell'America per tenere una conferenza hanno ricevuto gratuitamente un passaggio aereo. Ogni tre mesi viene aggiornata anche questa lista, con l'indicazione di chi ha usufruito del piccolo benefit, del valore economico dello stesso, con tanto di nome del benefattore. Qualsiasi membro del congresso americano, oltre a tutti i movimenti finanziari che direttamente o indirettamente lo riguardano, è obbligato a rendere pubbliche tutte le linee di credito concesse. Perfino se si tratta di una carta di credito rateale. Prima, durante e dopo le elezioni...

CHE DISASTRO CALABRESE TESTIMONIAL! Il 26 fa lo spot pro Kenya sul Tg1 e il paese sprofonda nella guerra civile...

Gianni Riotta l'aveva scelto come testimonial sul Tg1 per non scoraggiare gli italiani vacanzieri in Kenya. Così il 26 dicembre scorso, subito dopo la notizia sull'uccisione a pochi km da Malindi dell'animatore torinese Andrea Pace durante una rapina, il primo telegiornale italiano si è collegato per telefono con Pietro Calabrese, ex direttore di Panorama. Pronto, come molti vip italiani, a festeggiare in Kenya il Capodanno 2008. E lo spot sembrava riuscito: "Vengo a Malindi", ha raccontato Calabrese quella sera, "da tanti anni. E' un posto dove i rischi che si corrono sono certamente inferiori ai rischi che si corrono in una qualunque grande città italiana". Nemmeno otto ore dopo l'infausto spot di Calabrese il Kenya è precipitato nella guerra civile. Città messe a ferro e fuoco, centinaia di vittime civili, una chiesa bruciata con numerosi bambini periti nell'incendio. E la Farnesina, che già il 27 mattina aveva messo in guardia i turisti italiani dalla recrudescenza della criminalità comune, che ora consiglia a tutti di non partire per il Kenya, preparandosi ad organizzare il rimpatrio dei 3 mila italiani lì in vacanza. Compreso il serafico e sfortunato Calabrese...

GESUALDI IN FILA PER IL DOPO SACCA'

L'unico dubbio è che avvenga con un braccio di ferro fra legali o attraverso un accordo consensuale e relativo pagamento di buonuscita, ma il divorzio fra la Rai di Claudio Petruccioli e il direttore di Rai fiction Agostino Saccà è ormai scontato. Tanto che si stanno scaldando i muscoli numerosi pretendenti. Molti all'interno dell'azienda, dove si esclude la possibilità di un nuovo interim al vicedirettore generale, Giancarlo Leone (da sempre critico su Saccà). Ma la candidatura più accreditata è esterna: si tratta dell'attuale segretario generale della Regione Lazio, Francesco Gesualdi, che prima di intraprendere la carriera di burocrate pubblico, è stato lunghi anni al vertice del gruppo Cinecittà. Prima come assistente di Luigi Abete, poi per cinque anni consigliere di amministrazione e membro del comitato esecutivo di Cinecittà spa e per più di 4 anni anche come direttore generale di Cinecittà holding e presidente di Cinecittà cinema. Gesualdi, che ha presieduto anche Mediaport spa e Globalmedia srl (secondo gruppo italiano di multiplex) e dal luglio scorso è diventato membro del comitato di direzione di Romafictionfest, ha dalla sua una discreta militanza nel centrosinistra e buoni rapporti con alcuni autorevoli esponenti del centrodestra, in testa Gianni Letta. Ma sopratutto non va più d'accordo con il presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, che farebbe qualsiasi cosa pur di mandarlo a Rai fiction...

DIVENTANO UN BUSINESS I BAMBOCCIONI DI TPS

Dopo mesi, in un'intervista al Corriere della Sera, il ministro dell'Economia, Tommaso Padoa Schioppa, ha fatto una mezza retromarcia sulla sua infelice battuta di inizio autunno sui "bamboccioni" che se ne restano troppo lungo a casa, a pesare sulle finanze familiari. Tps ora sostiene di pensare positivo sui giovani, e che quella battuta fu male interpretata e strumentalizzata. Eppure, proprio alla vigilia della retromarcia del ministro, Roma è stata tappezzata di manifesti di una campagna che rigirava a fini pubblicitari la scivolata del ministro dell'Economia. Per Confalone, azienda di arreddamento, i bamboccioni sono infatti diventati un business. E a loro, cacciati di casa da Tps, vengono offerti comodi divani al 50% del prezzo di listino su cui poltrire in una nuova casa. Svendita speciale per bamboccioni, per un'Italia sempre più in declino...

AUGURI A TUTTI, E UNA CURIOSITA'

Ringraziando chi li ha fatti direttamente o su questo sito, auguri di cuore a tutti. Quelli inviati per Natale via sms contenevano una frase di Rainer Maria Rilke, uno dei miei autori preferiti. Un verso di una poesia, Annunciazione: "So kam ich vollendete/dir tausendeinen Traum./ Gott sah mich an: er blendete.../Du aber bist der Baum" (Sono venuto a compiere/la visione Santa./Dio mi guarda, mi abbacina.../ Ma tu, tu sei la Pianta"). Buone feste a tutti. E una curiosità: sono stato a Torino, dove sono nato. E ho dato una sbirciata alle foto tenute in solaio da mio nonno e recuperate da mia madre. Alcune sono piene di storia non solo familiare. Una mi ha incuriosito più di altre. Ed è questo autografo strappato da mio nonno materno, Aldo Colombo, a Parigi nel 1927. Non riesco a decifrare bene la firma: il nome è Renato, il cognome sembra Nirvana, Niwana o simile. Vestito da Lawrence d'Arabia come è, sarà stato un attore dell'epoca, e probabilmente il nome è d'arte. Chissà se si riesce a rintracciarne l'identità... Magari, chi passa di qui, può essere utile... PS. Fino al 30 sarò a Barcellona, spero di potere inviare qualche post di lì...

Da Italia Oggi in edicola/ BERLUSCONI AL TELEFONO NON HA DIRITTO ALLA PRIVACY

Silvio Berlusconi ha presentato al garante della privacy, Franco Pizzetti, un esposto contestando la pubblicazione su un sito internet del gruppo Espresso della registrazione audio di una sua telefonata con il direttore di Rai fiction, Agostino Saccà, risalente a poco più di un mese fa. Si tratta del colloquio, in parte già noto, in cui il leader dell'allora Forza Italia raccomandava al dirigente della tv di stato due attrici per una particina. Nella telefonata, che ItaliaOggi pubblica integralmente alle pagine 4 e 5, Berlusconi si lascia andare a considerazioni pesanti sui consiglieri di amministrazione Rai della Cdl e si crogiola nelle adulazioni di Saccà: «Mi scambiano per il Papa», dice gongolante. Nella telefonata oltre a raccomandare la messa in onda di una fiction su Federico Barbarossa che sta tanto a cuore di Umberto Bossi, Berlusconi chiede a Saccà di ricevere due attrici. Esordisce andando al sodo: «Allora ascoltami». Saccà, che è abbastanza furbo da capire che quella visita della Guardia di finanza nel suo ufficio qualche giorno prima porta qualche conseguenza (ad esempio quella di avere il telefono sotto controllo), risponde: «Lei è l’unica persona che non mi ha chiesto mai niente ... voglio dire ...». A Berlusconi, assai meno guardingo, devono tornare in mente le immagini estive, lui a Villa Certosa con cinque splendide fanciulle sulle ginocchia. E si bea con Saccà: « Io qualche volta di donne ... e ti chiedo ... perché ..». Il povero direttore di Rai Fiction, che non sa come fargli capire di avere il telefono sotto controllo, riprova: « Sì, ma mai...». Lo sventurato Berlusconi, ormai dimentico dell’esordio della telefonata in cui spiegava che la gente lo venera come il Papa, si cala nel nuovo look da superuomo, che va in giro con una t-shirt a due gradi sotto zero e con uno sguardo fa cadere ai suoi piedi mille femmine: «Io qualche volta di donne... e ti chiedo... perché... per sollevare il morale del capo...». Inutile il disperato, eroico tentativo di Saccà di allontanare quelle parole dell’appuntato in ascolto: « Eh, esatto, voglio dire ... ma, mi ha lasciato una libertà culturale di ... ideale totale .. voglio dire .. totale .. e questo lo sanno tutti » Fin qui il testo della telefonata più celebre dell’anno. Innocua forse dal punto di vista penale (se poggia solo su queste parole l’accusa di corruzione, Berlusconi ha ben poco di cui preoccuparsi), ma non inutile a descrivere ambienti, personaggi e costumi. Ha fondamento in questi come in altri casi il lamento del Cavaliere nei confronti di una magistratura così curiosa sopra e sotto le lenzuola della vita di un solo politico italiano. Basta andare a rileggere il diario di Paolo Murialdi che fu consigliere di amministrazione della Rai fra il 1993 e il 1994 per avere persone, fatti e addirittura date di analoghi comportamenti da parte di autorevoli esponenti del centrosinistra. Pressioni e interventi sulla gestione, sulla scelta dei direttori e dei conduttori tv vennero perfino da Claudio Petruccioli, che oggi finge di indignarsi da presidente Rai e allora- da politico- chiedeva o intimava. Vera questa storia dei due pesi e delle due misure, ma è talmente scoperta ed evidente che si trasforma in forza politica per Berlusconi: per gran parte d’Italia lui è sempre vittima. Detto questo, il ricorso al Garante della privacy appare fuori luogo. Porterà magari a un nuovo editto come quello che fu emanato ai tempi di Silvio Sircana e se così non fosse, finirebbe tritato dalle polemiche il povero Pizzetti, colpevole nel caso dei soliti due pesi e due misure. Scrisse all’epoca Mario Cervi sulla prima pagina de Il Giornale: «Per i personaggi pubblici, gratificati da mille privilegi, il diritto alla privacy deve ritenersi secondo molti - me incluso – attenuato fin quasi a scomparire. È troppo comodo crogiolarsi nel bozzolo dorato dei vip e poi rivendicare l’oscurità dei signori nessuno». Valeva per i Sircana o per i Piero Fassino, Nicola Latorre e Massimo D’Alema pizzicati al telefono con Giovanni Consorte, vale anche per Berlusconi. Che cosa dovrebbe essere protetto dalla privacy? Il fatto che un leader politico- per altro proprietario di tre tv- chieda a un dirigente di un’azienda mantenuta dal canone pagato da tutti gli italiani di produrre una fiction che sta tanto a cuore di Bossi, e di pagare una comparsata in telenovela a qualche bella donna che «tira su il morale del capo» o che è utile per convincere un senatore della maggioranza a passare dalla sua parte? Questi non sono fatti privati, ma pubblici. Come deve essere pubblico ogni aspetto della vita privata di chi si candida alla guida di un Paese. E’ così in Francia, in Gran Bretagna, in Olanda, in Spagna, negli Stati Uniti in cui fior di politici- ministri e presidenti in carica- hanno dovuto affrontare fatti per così dire privati in pubblico, giocandosi o meno la carriera. Sono gli elettori che poi sanno digerire o meno quelle rivelazioni. Ma a quel giudizio in democrazia bisogna sottoporsi...

ALITALIA, E' NATO IL GOVERNO CROZZA

Il governo di Romano Prodi ha chiesto a quello francese di spingere Air France a mettersi d'accordo con Air One e Banca Intesa presentando una proposta comune sull'acquisto di Alitalia. Che su richiesta di Walter Veltroni o di Maurizio Crozza (non è ancora chiarissimo) verrà acquistata dai francesi ma anche dagli abruzzesi ma anche dalla prima banca italiana, che è lombarda. Così d'altra parte aveva chiesto il segretario del Partito democratico nella lunga intervista pubblicata martedì sulla prima pagina de Il Foglio. Un testo che ha lasciato qualche dubbio in chi leggeva: non pochi avevano infatti immaginato una beffa di Giuliano Ferrara. Perché mai il nuovo leader del Partito democratico si era calato così perfettamente nei panni della sua caricatura più nota e riuscita. Solo il Maurizio Crozza-ma-anche-Veltroni poteva rispondere così alla domanda su quale compratore- Air One-Gruppo Intesa o Air France- avrebbe preferito per Alitalia: "La cosa che mi piacerebbe di più è che le proposte di Air France e Air One si incrociassero. Per garantire la forza di un soggetto come Air France e la forza di un soggetto finanziario come banca Intesa, e al tempo stesso però il radicamento nel paese di una compagnia nazionale. Conta l'offerta che viene fatta, contano le strategie industriali, conta sapere per il paese che esito avrà la sua compagnia nazionale". Triplo salto, che nemmeno Crozza avrebbe mai immaginato: uno, ma anche il suo opposto, ma anche la via di mezzo. Un sogno, e non sorprende che esca dal politico sognatore per eccellenza. Uno che nella stessa intervista dice a proposito del mancato registro romano sulle coppie di fatto: "Alla mia domanda ai presentatori della proposta del registro sulle coppie di fatto, 'cosa cambia nella vita delle coppie di fatto di cui parliamo?', la risposta è 'Nulla, ma ha un valore simbolico'. Ecco a me piacciono le cose concrete. Mi piace dedicare una strada a un omosessuale che è stato ucciso e che è vittima dell'omofobia. Mi piacciono le cose che hanno una loro concretezza nella vita delle persone". Beh, a parte il finale grottesco di una via dedicata a un morto che ha però "concretezza nella vita delle persone", Veltroni è proprio fatto così. Un taglio di nastro, una targa commemorativa nelle sue mani restano il nulla che sono ma anche diventano tutto. Crozza ci sorride, ma quello è davvero un metodo di governo. Basta ripercorrere gli ultimi anni a Roma. Immaginarsi la città moderna, profondamente cambiata, ripulita, senza traffico descritta in questi anni dalla stampa locale. Tenersi a mente i nastri tagliati, le cerimonie ufficiali, l'agiografia di Veltroni. Fissarla nella mente, e provare ad andare in giro: sulle prime non sembrerà così, ma alla fine ci si convincerà. Un po' di realtà ma anche tanta immaginazione, e si vive tutti meglio. Se davvero Alitalia riuscirà ad andare ad Air France, ma anche ad Air One, ma anche a Banca Intesa, non resterà che arrendersi: il metodo Crozza è quello giusto, vincente. Si varerà una legge proporzionale ma anche maggioritaria, che regala tutto ai due partiti principali (Pdl e Pd): è il Vassallum. Si tiferà per la Juventus ma anche per la Roma, come ha già fatto Veltroni in questi anni. Per l'Inter, ma anche per il Milan: così finirà la violenza nel calcio. Si pagherà il canone alla Rai e anche a Mediaset, il colpo di ghigliottina ideale a tutti gli inciuci fra i due gruppi tv. Quanto al proprio credo, si andrà alla funzione il venerdì in moschea, ma anche il sabato in sinagoga, ma anche la domenica in Chiesa: un po' faticoso ma anche molto profondo, e con un bel vantaggio: dal lunedì al giovedì si potrà peccare fregandosene del Corano, ma anche del Talmud, ma anche del Vangelo. Si potranno fare coppie di fatto da sfoggiare nelle serate che contano, ma anche essere sposati per le occasioni in cui serve. Finalmente finirà il carico di lavoro che opprime tutti i tribunali: tutte le cause pendenti verrano sciolte dando ragione a uno ma anche all'altro. Crozza non lo sa, ma facendo ridere ha anche indicato a Veltroni il suo vero modello di governo per un paese. Si inizia dalla compagnia di bandiera, ma si applicherà all'intera Italia. Seppellendo sotto quel "ma anche" secoli di guerre intestine, fra guelfi e ghibellini, fra fascisti e comunisti, fra Prodi e Berlusconi...

CONSORTE ACCUSATO DI VIOLARE LA LEGGE AL TELEFONO CON FASSINO, LATORRE D'ALEMA. E dall'altro capo del telefono?

Pubblico qui il testo del reato di insider trading previsto dal testo unico della finanza. Eccolo: Art. 180 Abuso di informazioni privilegiate 1 . È punito con la reclusione fino a due anni e con la multa da venti a seicento milioni di lire chiunque, essendo in possesso di informazioni privilegiate in ragione della partecipazione al capitale di una società, ovvero dell'esercizio di una funzione, anche pubblica, di una professione o di un ufficio: a) acquista, vende o compie altre operazioni, anche per interposta persona, su strumenti finanziari avvalendosi delle informazioni medesime; b) senza giustificato motivo, dà comunicazione delle informazioni, ovvero consiglia ad altri, sulla base di esse, il compimento di taluna delle operazione indicate nella lettera a). 2 . Con la stessa pena è altresì punito chiunque, avendo ottenuto, direttamente o indirettamente, informazioni privilegiate dai soggetti indicati nel comma 1, compie taluno dei fatti descritti nella lettera a) del medesimo comma. 3 . Ai fini dell'applicazione delle disposizioni dei commi 1 e 2, per informazione privilegiata si intende un'informazione specifica di contenuto determinato, di cui il pubblico non dispone, concernente strumenti finanziari o emittenti di strumenti finanziari, che, se resa pubblica, sarebbe idonea a influenzare sensibilmente il prezzo. Questa ipotesi di reato è stata contestata dalla procura di Milano all’ex presidente di Unipol, Giovanni Consorte. Per avere comunicato notizie riservate, in grado di incidere sull’andamento dei titoli coinvolti, ad alcuni interlocutori al telefono: Piero Fassino e Nicola Latorre, che durante una di queste telefonate passa il suo cellulare a Massimo D’Alema, cui Consorte offre altri particolari della scalata Unipol a Bnl. Se la procura contesta questo reato significa che Clementina Forleo non era poi così sola quando scriveva la richiesta di utilizzo di quelle intercettazioni alle Camere. Ma sarebbe curioso che la stessa ipotesi di reato non venga contestata a quegli interlocutori al telefono. Se è colpevole Consorte infatti, potrebbero esserlo anche i suoi interlocutori, messi nelle condizioni di sfruttare a proprio vantaggio o vantaggio di terzi quelle informazioni riservate. Per appurarlo- come accadrebbe a qualsiasi altri cittadino- bisognerebbe iscrivere nel registro degli indagati Fassino, Latorre e D’Alema, fare le relative indagini e magari scoprire che il reato non è mai esistito, avendo tenuto ognuno per sé quelle informazioni privilegiate. Per escludere questa ovvia ipotesi di reato bisognerebbe avere già indagato, e avere raccolto le prove dell’innocenza dei tre politici Ds. Che quindi sarebbero indagati da tempo. La terza ipotesi non si può nemmeno prendere in considerazione: che a Milano ci siano magistrati in grado di concedere un’immunità di principio a Fassino, Latorre e D’Alema. Pm che più o meno procedano così: “Ma no, quei tre sono persone per bene. Non possono avere nemmeno per ipotesi utilizzato a proprio vantaggio quelle informazioni riservate che contestiamo a Consorte di avere loro rivelato. Né a vantaggio loro, né a vantaggio del loro partito, di un banchiere o imprenditore amico successivamente raggiunto al telefono… Indagare su questo? Sarebbe come mettere in discussione la verginità della Madonna”. Sono certo che un magistrato così non esista né a Milano né in un’altra qualsiasi procura di Italia Quindi per l’insider trading di Unipol sono certamente indagati tutti e tre i politici diessini. E certamente tutti e tre sapranno dare prova della propria innocenza…

PECORARO SCANIO, IL PORTOGHESE SUI MEZZI DELLE FIAMME GIALLE

Che cosa emerge se si opera un confronto reale fra quanti passaggi più o meno istituzionali abbia chiesto alla Guardia di Finanza il governo di Silvio Berlusconi rispetto a quello di Romano Prodi? Che il centrosinistra si trova più a suo agio in mare e sembra avere più paura di volare rispetto al centro destra. Perchè alla Finanza entrambi i governi hanno chiesto circa tre passaggi al mese, senza particolari variazioni. In 59 mesi infatti 19 membri del governo Berlusconi hanno chiesto 200 passaggi alle Fiamme Gialle. Di questi 117 sono avvenuto in aereo o elicottero e 83 via mare. La media è 3,3 passaggi al mese. Il ritmo è rimasto più o meno identico con il governo successivo: 55 passaggi in 18 mesi, con una media di 3,05 passaggi al mese. Solo che in questo caso le Fiamme Gialle hanno dovuto imbarcare il governo 31 volte via mare e 24 volte per via aerea. Per altro i due più assidui portoghesi sui mezzi della Finanza sono entrambi ministri del governo Prodi: il titolare dell'Economia, Tommaso Padoa Schioppa, ha utilizzato barche e aerei al ritmo di 1,11 volte al mese. Al secondo posto il ministro dell'Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio: 0,88 passaggi al mese. Terzo posto per l'ex ministro delle attività produttive, Antonio Marzano: 0,74 passaggi al mese. Solo al quarto posto l'ex ministro dell'Economia, Giulio Tremonti: 0,64 passaggi al mese. Se si escludono dunque i titolari del ministero dell'Economia, che hanno diritto istituzionale a viaggiare in certe condizioni sui mezzi della Finanza, il re dei portoghesi sui mezzi delle Fiamme Gialle è proprio Pecoraro Scanio, che evidentemente vede nei finanzieri i suoi tassisti di fiducia...