Meglio avere un compagno
attore ricco che uno statale di troppo fra i piedi. Il Pd ha deciso di
divorziare definitivamente con la sua tradizione sindacalista e di sinistra
gettando nella mischia della legge finanziaria un emendamento che nemmeno
Renato Brunetta avrebbe mai immaginato nella sua guerra santa ai fannulloni.
L’emendamento porta il numero 2.0.12 e la firma di Vincenzo Vita, ex
sottosegretario alle comunicazioni, di Anna Maria Serafini (sposata con Piero
Fassino), di Vittoria Franco e numerosi altri volti noti del Pd: Rusconi,
Giaretta, Garavaglia, Marcucci, Procacci, Legnini e Mercatali. Lo scopo
principale è quello di trovare risorse aggiuntive per finanziare il fondo unico
dello spettacolo, soldi cioè da riversare su registi, attori, sceneggiatori,
fondazioni liriche e teatranti vari che ne beneficiano ogni anno. Per rimediare
ai tagli operati in regime di ristrettezza dal ministro dei Beni culturali
Sandro Bondi, il pd cerca di mettere sul piatto una fiche pesante, anzi,
pesantissima. Cento milioni di euro aggiuntivi all’anno e per tutti i tre anni:
fanno 300 milioni tondi tondi. Roba da premiare davvero fino in fondo quel
Fabrizio Gifuni, il celebre attore ( e celebre figlio del segretario generale
del Quirinale più potente della storia repubblicana) che ha risvegliato di
fronte a Pierluigi Bersani l’assemblea del Pd chiamando gli astanti “compagni”
e provocando applausi scroscianti mai visti su altri palchi professionali.
Cento milioni sono tantissimi, anche per il Fus che non ne distribuisce pochi
ogni anno. E il problema- quando si tratta di emendamenti alla legge
finanziaria- è sempre lo stesso: dove trovare le risorse per fare contenti i
compagni attori? Semplice, semplicissimo: nelle tasche degli statali. E’ un po’
la moda di quest’anno, come il ritorno dei “compagni” a sinistra, e se l’ha
fatto Giulio Tremonti, anche il Pd può osare. Il modo è però un tanti nello
brusco. Per non vedersi gli impiegati assediare la nuova sede del partito, Vita
e gli altri hanno pensato prima di tutto a punire i dirigenti fannulloni. Ma
non bastava. Allora via lo stipendio accessorio anche ai dirigenti che non
cacciano via i fannulloni. Comprensibile e digeribile. Non bastava nemmeno
questo. Allora “è fatto divieto di attribuire aumenti retributivi di qualsiasi
genere ai dipendenti di uffici e strutture che siano stati individuati per
grave inefficienza, improduttività lo sovradimensionamento dell’organico”. Sì,
acqua fresca. L’aveva fatto anche Brunetta. E non basta per dare tutti i soldi
che servono ai compagni attori. Ecco allora l’ideona: via buona parte della
retribuzione ai dirigenti pubblici che non abbiano avviato “il procedimento
disciplinare nei confronti dei dipendenti in esubero che rifiutino la
mobilità”. E questo onestamente non l’aveva tentato nemmeno Brunetta. Perché
pur dicendone di cotte e di crude agli statali, anche nel centro destra si sa
che essere in esubero non è una colpa personale. E magari quando si hanno
moglie e figli che vanno a scuola, trasferirsi a centinaia di km di distanza
può non essere facile. Come difficile digerire anche di lavorare bene tutto il
giorno e trovarsi in esubero. Non è una colpa, non è una mancanza. Ma per il Pd
anche quegli statali andavano presi a frustate, perseguiti disciplinarmente. E
tagliati gli stipendi dei loro capetti (lì è più facile e ci si sente la
coscienza posto) che non li avevano frustati a dovere, magari avevano pure
coperto i loro drammi familiari. Ma non è tempo di stare dietro ai diritti
sindacali o alle questioni familiari dei travet. I compagni attori hanno
bisogno di soldi pubblici per i loro film. Il biglietto lo paghino pure gli
statali in esubero.
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