Tonino fa il politico, il palazzinaro, l'operaio (con canotta in vista) e ora anche l'agricoltore


La decisione l’ha presa alla fine del 2007. Da quel giorno Antonio Di Pietro non è più solo il nome di un ex magistrato divenuto molto famoso fra il 1992 e il 1994. Non è solo il nome di un uomo politico italiano che ha fondato anche un suo partito. E nemmeno il nome di un imprenditore del ramo immobiliare che per operare nel settore ha fondato la Antocri srl (sigla che riunisce le iniziali dei nomi di tre figli). Dal 28 settembre 2007 Antonio Di Pietro è anche il nome di un’impresa agricola con sede in Contrada Piscone a Montenero di Bisaccia, provincia di Campobasso. E non è un caso di omonimia: il titolare firmatario della impresa è proprio lui, il Tonino pm-politico-immobiliarista, nato a Montenero di Bisaccia il 2 ottobre 2050 e residente a Curno, provincia di Bergamo, in via Lungobrembo. Appena ha aperto la sua azienda agricola in Molise ha dichiarato alla Camera di commercio di Campobasso l’inizio della sua attività: “coltivazioni miste di cereali e altri seminativi”. Qualche mese dopo ha modificato l’attività in “coltivazioni miste di cereali, legumi da granella e semi oleosi”. Dipendenti dichiarati: nessuno. Bilanci non depositati. Ma finanziamenti pubblici, sì. Più o meno due volte al mese. Perché Di Pietro a Montenero non va spessissimo: solo quando ha voglia di riposarsi un po’. Qualche amico deve dare un’occhiata a terreni e coltivazioni, perché se ci si dovesse basare sul suo personale olio di gomito sarebbe già andato da tempo tutto in malora. Ma quando Tonino veste i panni dell’agricoltore monta subito sul suo trattore, lo avvia e chiama qualche amico fotografo per poi spendersi il servizio con la stampa popolare e familiare a cui lui tiene più che a Marco Travaglio. L’azienda agricola un po’ lo tiene occupato di sicuro. Almeno così pare ai funzionari del ministero delle Risorse agricole che si vedono recapitare da Di Pietro o da qualche suo messo ogni quindici giorni una richiestina di finanziamento o di rimborso anche minuscolo, da qualche decina di euro.
Al cervellone dell’Agea, l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura guidata dal leghista Dario Fruscio, risultano al momento quattro pratiche di un certo rilievo in stand- by sotto la voce “processo automatizzato di cui alla circolare n. 43 del 30 luglio 2009”.  Una porta la data del 18 agosto 2009 e il suo stato è “in istruttoria”. Una la data dell’8 ottobre ed è ferma perché “discordante”. Ce ne è una terza del 9 ottobre che risulta “in comunicazione” e infine una del 3 marzo 2010 che per fortuna di Tonino viene definita pratica “concordante”. Non si conoscono gli importi, ma basta consultare il cervellone sotto altre tipologie di finanziamenti, e le domande del leader dell’Italia dei valori per la sua aziendina agricola saltano subito all’occhio. Ce ne sono due dell’ultimo trimestre 2009, che hanno già avuto soddisfazione: una da 2.215,69 euro e una da 946,58 euro. Due pagamenti unici però per domande multiple anche nel 2008, per qualche migliaio di euro complessivo. Risulta perfino un pagamento da 256,05 euro del 16 febbraio 2007, che è precedente di alcuni mesi alla denuncia di inizio attività dell’impresa agricola. Ma la cifra è così piccola che deve costato più il viaggio a Roma per fare domanda che l’importo alla fine riscosso.
Altra interrogazione al cervellone Agea, ed ecco saltare fuori ogni domanda di Di Pietro per i contributi Feaga diretti: poco più di mille euro nel 2008, poco meno di 4 mila euro nel 2009. E giù una pioggia di domandine da pochi euro con tanto di finanziamenti erogati al leader dell’Italia dei valori. Vendita di titoli ordinari o da ritiro con terra? Seicentoottantaquattro euro e 960 centesimi stanziati per Tonino. E poi ancora alla stessa voce 267,140 euro. Altre due mini erogazioni sotto la voce “fissazioni”: una da 134, 06 euro e una addirittura da 21,450 euro. Nel 2008 in portafoglio dell’agricoltore Di Pietro 12 titoli agricoli per un totale di 3.165,270 euro. Nel 2010 l’azienda è cresciuta e vengono censiti 15 titoli per un totale appena più alto: 3.259,770.  Anche se da lì soldi non ne verranno, quella di Montenero non è più una pasioncella da week end, ma ormai una vera e propria attività che costringe l’ex pm a una caccia serrata al contributo pubblico (ce ne sono anche dell’Unione europea e della Regione Molise) che certo non manca mai all’agricoltura italiana.

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