C’è anche un bosco, e che
bosco, fra le proprietà immobiliari della Archidiocesi di Napoli ora guidata
dal cardinale Crescenzio Sepe. Una distesa di 17 ettari alle porte
della città partenopea che secondo disposizione testamentaria del benefattore
debbono appartenere non alla archidiocesi, ma al’arcivescovo pro tempore della
Archidiocesi di Napoli. E così avviene: appartenevano a Michele Giordano, ora
quegli ettari sono divenuti proprietà pro tempore del cardinale Sepe. Sarà
anche per questo che il porporato non sentirà troppa nostalgia dell’epoca in
cui stava al vertice della Congregazione di Propaganda Fide, da cui lo rimosse
proprio l’attuale Papa Benedetto XVI promuovendolo arcivescovo della sua
amatissima Napoli. Da papa Rosso il cardinale che organizzò alla perfezione il
grande Giubileo del 2000 vegliava su un patrimonio immobiliare di 761
fabbricati e 445 terreni. Ma con quelle distese, è chiaro, qualcosa poteva ben
sfuggire anche all’occhio di un amministratore attento come Sepe. Provocando i
guai che ora si vedono emergere dalle inchieste della procura di Perugia sulla
cricca degli appalti. A Napoli no, l’occhio può vigilare con più attenzione,
mettere a reddito e fare funzionare in modo oculato. Ma anche nella nuova
avventura il mattone a Sepe non è mancato. La sua archidiocesi di Napoli
direttamente o indirettamente (anche attraverso il locale istituto per il
sostentamento del clero), controlla 138 fabbricati e 47 terreni, compreso quel
bel bosco che in qualche modo è destinato alle passeggiate dell’arcivescovo.
C’è un po’ di tutto: sedi di istituti religiosi, conventi, case parrocchiali,
uffici, esercizi commerciali e anche abitazioni vere e proprie messe a reddito
con inquilini estranei alla curia. Grazie alla propria squadra di consulenti
portata con sé il cardinale Sepe è riuscito a mettere ordine alle finanze di
curia e a fare fruttare quel patrimonio immobiliare che era in alcuni casi non
censito e assai trascurato. Ha trovato così risorse necessarie alle nuove
iniziative lanciate dalla curia. La prima è stata la creazione di una sorta di
finanziaria di mutuo soccorso. Si chiama Fondo spes, è stato creato in
collaborazione con Unicredit bank e il Confidi Pmi Campania ed opera sul
modello di una finanziaria per il microcredito. Concede- senza chiedere alcun
tipo di garanzia patrimoniale- prestiti entro i 20 mila euro per avviare o
riconvertire iniziative imprenditoriali o commerciali e riuscire così a
superare i morsi stretti della crisi finanziaria. Ha già ottenuto qualche
successo soprattutto fra i commercianti di Napoli. L’altra iniziativa è ancora
tutta da creare. Ma le fondamenta sono già state poste fra la fine del 2009 e
la primavera del 2010. E’ stato allora che Sepe ha dato i natali alla Verbum
ferens srl, società controllata dall’arcivescovado che ha intenzione di farne
la propria holding in campo editoriale. A febbraio scorso ha chiesto e ottenuto
dall’Autorità di garanzia nelle comunicazioni l’iscrizione nel Roc, il registro
degli operatori della comunicazione. L’ok è arrivato il 18 febbraio scorso dal
direttore del servizio ispettivo e di registro della sede napoletana della
autorità, Nicola Sansalone. La
Verbum ferens è diventata così attiva, ma per il momento il
piano di sviluppo resta riservato. Nel suo oggetto sociale c’è per altro la
comunicazione (il Verbo da portare) a 360 gradi. La società infatti ha diritto
alla “pubblicazione, distribuzione e commercio di libri, riviste e periodici di
qualunque tipo e specie, sia in lingua italiana che in lingua straniera;
l’attività tipografica; l’esercizio e la gestione di reti radiofoniche e
televisive e la gestione di agenzia di stampa e/o di concessionarie di
pubblicità”.
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